Educazione bilingue
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Negli anni Novanta, in Val di Fassa, Trentino, la Federazione delle Scuole Materne decise di impostare un progetto di educazione bilingue italiano/ladino, affidandone la direzione scientifica a Paolo E. Balboni.
Il glottodidatta veneziano puntò sulla dimensione psicologica anziché su quella sociologica: in altre parole, pose come fine del processo di educazione bilingue la creazione di una “personalità bilingue”, secondo la teorizzazione di Renzo Titone: una persona che si riconosce in entrambe le lingue e culture presenti nel territorio, superando secolari divisioni basate sull’appartenenza. Il volume descrive questo progetto (ancor oggi, 2005, il progetto in corso con vita autonoma, gestito dalle persone formate negli anni Novanta), presenta dei saggi di alcune personalità che parteciparono alla formazione degli insegnanti, dai canadesi Jim Cummins e Marcel Danesi, alla francese Andrée Tabouret-Keller, agli italiani Giovanni Freddi, Renzo Titone, Cosimo Scaglioso (per gli aspetti pedagogici), Remo Job (per quelli psicolinguistici). Nella seconda edizione è stato aggiunto un corposo saggio in cui Carmel M. Coonan traccia un quadro dell’educazione linguistica in Europa.
Il volume non presenta solo saggi, ma offre anche tutti gli strumenti operativi, dal curricolo alle schede di valutazione, e riporta i risultati del primo triennio di sperimentazione. Tra i dati più interessanti c’è la smentita di una delle regole più diffuse, “una persona una lingua” (cioè l’idea che un docente deva parlare solo una lingua): non solo questo modello non funziona operativamente (vengono presentati altri modelli organizzativi più efficaci), ma è controproducente in quanto vuole educare al bilinguismo presentando modelli di insegnanti monolingui.
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