Giugno 2009 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
AUTORI: K. Wilson
TITOLO: Drama and Improvisation
CITTÀ: Oxford
EDITORE: Oxford University Press
ANNO: 2008
Il merito di Ken Wilson sta nel riconoscere uno spazio all’improvvisazione nell’ambito della didattica di una lingua.
L’improvvisazione è un role-play basato sull’ “accetta ed aggiungi”: chi vi prende parte accetta qualsiasi suggerimento dato dall’esterno (una parola, un commento, un oggetto, ecc.), che a tutta prima parrebbe disturbare la sua performance, e lo integra all’interno del dialogo/monologo che sta intessendo.
Si tratta di un’attività che trae forza dalla flessibilità allo stimolo, la possibilità cioè di vedere le cose in maniera divergente.
Gli esercizi sono molti, ben pensati, ritagliano un ruolo attivo, all’interno della scena, a più studenti, compresi quelli che parlano meno volentieri in LS.
Ci sono attività che stupiscono per la loro semplicità. Un esempio che ricorda una scena di La vita è bella di Benigni: una coppia di studenti si presenta davanti alla classe, uno è un esperto di fama internazionale (la disciplina può essere decisa dai compagni), che proviene da un posto remoto e parla solo la sua lingua (assai poco diffusa); l’altro è l’interprete, tenuto a una traduzione consecutiva degli interventi dell’esperto, mentre questi è spronato dalle domande della classe.
Grande spazio è dedicato ad attività di warm up fisico, a giochi di presentazione, al lavoro sui copioni. Insomma, un libro che segue degnamente il solco segnato da Maley & Duff (a cui va il merito di aver dato alle stampe, nell’84, il primo volume di glottodrama), con la caratteristica di circoscrivere ed approfondire una discussione attorno all’uso dell’improvvisazione nella classe di lingue.
A nostro dire, è questa la direzione da seguire –far leva sulla creatività per facilitare l’interiorizzazione delle procedure– se si vuole fare dell’apprendimento un evento memorabile; checché ne se ne dica nei molti corsi di memoria (e di apprendimento veloce) sparsi per la penisola.
L'autore della recensione parla per esperienza personale: aver frequentato uno di questi corsi -a suo parere costosissimo quanto assolutamente inutile (Brain Up, di esso serbiamo ricordi indistinti), è la prova che la via da seguire è un’altra. Non mnemotecniche che servono, tutt’al più, a ricordare i numeri di un’agenda telefonica o la sequenza di cifre della carta di credito (sic!!), ma emozione e movimento.
La lingua è fatta di parole, e le parole hanno un legame diretto con il mondo delle emozioni. Qualsiasi attività didattica o proposta formativa che ignori questa relazione è destinata a fallire. Wilson questo l’ha capito.