Febbraio 2005 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
AUTORI: Paolo Meazzini
TITOLO: L'insegnante di qualità. Alle radici psicologiche dell'insegnamento di successo
LUOGO: Firenze
EDITORE: Giunti 2000
ANNO: 2000
PAGINE: 294
Questo testo è una summa che intende coprire una vasta serie di problemi di ordine comunicativo, che hanno una particolare incidenza nell’attività dell’insegnante. L’assunto da cui trae origine è che non ci si può illudere che quando si insegna ci si rivolga a menti disincarnate, né che le sole parole bastino a raggiungere l’intelligenza dell’allievo. Il fascio di competenze che fa di un insegnante un buon insegnante, comprende, oltre alla scienza (la materia) e al metodo (la didattica), la persona (le emozioni) e le sue relazioni (la comunicazione).
È recuperando quindi una competenza personale e una competenza sociale, dice l’autore, che nella scuola si può parlare di qualità e compiere il balzo che porta dall’istruzione all’educazione.
Un’azione didattica così concepita dovrebbe puntare al consolidamento delle seguenti sottocompetenze:
abilità cognitive |
abilità socio-interpersonali |
abilità emozionali e affettive |
usare la memoria in modo strategico |
comprendere emozioni e sentimenti dell’altro ed esprimere i propri |
comunicare e collaborare |
ragionare |
mostrare empatia nei rapporti personali |
essere assertivi |
affrontare i problemi e decidere |
automotivarsi |
competere secondo le regole |
apprendere ad apprendere |
prevenire e gestire lo stress |
parlare in pubblico |
sviluppare creatività e flessibilità |
prevenire e gestire la collera e l’aggressività |
gestire i conflitti e negoziare |
Naturalmente, le abilità trasversali (che dovrebbero costituire l’obiettivo primario della formazione dello studente come persona) possono essere gestite dall’insegnante solo a patto che questi le abbia a suo modo digerite e metabolizzate. Meazzini è fermamente convinto che l’esperienza quotidiana costituisca un ricco laboratorio perché l’adulto rifletta su di sé e migliori la sua competenza personale e sociale. Per questo, oltre a fornire una serie cospicua di testimonianze e di test di autovalutazione, egli dispensa suggerimenti volti a migliorare la qualità della comunicazione, con particolare interesse attorno ai seguenti temi:
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il linguaggio del corpo e la selezione percettiva (per la quale tendiamo inconsciamente a vedere solo alcuni aspetti dell’altro, il famoso effetto Pigmalione, per capirci);
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l’assertività, ovvero la manifestazione serena del proprio pensiero e delle proprie decisioni (la via più efficace, a detta di Meazzini, per la soluzione dei conflitti);
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l’empatia, ovvero la capacità di ascolto attivo e trasparente;
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l’autostima, sperimentata come accettazione dei propri limiti e pratica del pensiero positivo;
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la gestione del tempo come autentico rimedio al burnout, fenomeno diffuso tra chi opera nel sociale, per cui all’entusiasmo degli inizi subentrano la fatica e la demotivazione, e quindi un calo delle prestazioni.
Lo stile del saggio è pulito, chiaro, con qualche peccato veniale di prolissità e di vanitosa compiacenza, ma in sostanza le premesse che il lettore legge nelle prime pagine –presentare un testo utile per chi insegna– alla fine si possono dire mantenute.
Parafrasando Sartre, Meazzini dice che “la nostra prigione è il nostro modo di comunicare senza mai incontrarci”. Si tratta di un’affermazione che però, proprio nello spirito di questo volume, può essere rovesciata e trasformata in un messaggio di speranza: quando si comunica veramente, ogni relazione diventa una rivelazione: si scoprono cose nuove, si conoscono gli altri e ci si fa conoscere agli altri. È il senso profondo dell’educare, inteso come un ex ducere: far in modo che i contenuti e le esperienze diventino le basi per un’appropriazione e una crescita della persona e di chi gli sta attorno.