Febbraio 2005 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
Abstract
Lavorare con le immagini permette di ancorare l’input linguistico alla memoria visiva. Le forme, i colori, il gioco di ombre e luci che caratterizzano le immagini stimolano la fantasia, toccano la sfera della creatività, investono quell’immensa sorgente di significati che è l’emisfero destro. Estremamente densa, l’immagine è una sorta di metafora tradotta in visione.1
Così, se nella scuola tradizionale prevale(va) la tendenza all’oralità, in cui lo studente riceve(va) acriticamente il sapere e lo ripete(va) tale e quale in sede di verifica, l’uso delle immagini offre percorsi più esplorativi e più autenticamente comunicativi.
L’immagine fa parte di un linguaggio universale e tuttavia, pur non essendo vincolata ad una cultura, trasmette spesso le caratteristiche peculiari di paese. Può inoltre rivelarsi utile ad integrare il libro di testo; attiva la motivazione; tocca la sfera della proiezione e dell’identificazione, sollecitando l’intelligenza intrapersonale; vale ad ampliare il lessico, ad introdurre nuove riflessioni linguistiche o semplicemente a stimolare la produzione.
É proprio concentrandoci su quest’ultima potenzialità che presentiamo alcune proposte di utilizzo creativo di quattro distinte tipologie di immagini: il disegno surreale, le vignette senza parole, la fotografia, l’annuncio2.
I. I disegni surreali
I disegni surreali (in cui oggetti del reale sono trasfigurati in maniera fantastica), quali quelli che accompagnano le mostre della pittrice e poetessa Elisa Sala e qui in parte riprodotti per gentile concessione dell’autrice3, si sono rivelati nella mia esperienza didattica potenti stimoli per l’inventiva degli studenti.
Lo stesso esperimento realizzato in diverse classi di livello progredito consisteva nell’affidare agli studenti il compito di stendere un testo, a casa, traendo ispirazione dall’immagine scelta in classe. L’entusiasmo per l’attività e la ricchezza dei testi prodotti mi fa supporre che l’indeterminatezza delle immagini favorisca anche lo studente meno propenso alla scrittura.
L’immagine in generale vale mille parole, afferma Mollica4, è quindi logopoietica; ne vale diecimila però, l’immagine capace di evocare simbolicamente qualcosa d’altro, l’immagine capace di ispirare (e diversa perciò dall’immagine-icona, pensata invece per veicolare un messaggio univoco):
“L’immagine, anche considerata in se stessa, è multipla pur essendo sola [...]. La possibilità le si dischiude accanto, potrebbe essere differente ed è forse così come si dà a vedere. La sua natura di astrazione non le procura fissità se non quando un intenso sentimento la accompagna. E in questo caso assurge a icona: l’icona forgiata dall’amore, dall’odio, dal concetto stesso, specialmente quando l’immagine rinserra la finalità”5
Un’attività a carattere interpersonale che stimola il pensiero divergente consiste nell’assegnare ad ogni coppia di studenti un disegno surreale e il compito di formulare almeno quattro domande usando la particella interrogativa “Perché?” oppure, per i livelli più alti, la costruzione ipotetica “Cosa succederebbe se…?”. Pensando al primo disegno che segue, il gatto che guarda in alto, le domande potrebbero essere:
● “Perché il gatto guarda in alto?
● “Perché c’è una linea nera?
● “Perché il cielo è grigio?
● “Perché l’artista ha scelto un gatto siamese?
oppure:
● “Cosa succederebbe se il gatto guardasse in basso?
● “Cosa succederebbe se il cielo fosse in alto?
● “Cosa succederebbe se ci fossero due gatti?
● “Cosa succederebbe se al posto del gatto ci fosse un cane?
Le domande vengono quindi consegnate alla coppia vicina, la quale avrà il compito di rispondere, immaginando di rappresentare il pensiero dell’autore dell’opera.
Il fatto che si preveda, per i livelli bassi, l’uso esclusivo della particella “Perché?” è motivato dall’intenzione di sollecitare risposte creative (rispetto a domande più oggettive, del tipo: “Di che colore è il gatto?”; “A quale razza appartiene?”; “Quanti anni ha?”, ecc. ).
Nel caso in cui fosse possibile invitare l’autore reale dei disegni a lezione chiedendogli di rispondere ai quesiti che gli studenti si sono scambiati (o se l’insegnante potesse intervistarlo e videoriprenderlo), l’intera attività ne guadagnerebbe in autenticità: l’elaborazione delle ipotesi degli studenti, calati nei panni dell’autore, verrebbe messa a confronto (con loro grande sorpresa, ovviamente) con le emozioni e i significati veicolati in prima persona dall’artista!
II. Le vignette senza parole
La curiosità è uno dei segreti dell’apprendere. Einstein amava ripetere che le sue ricerche erano frutto di una grande curiosità, non tanto di una intelligenza fuori dall’ordinario. Del resto, lo stesso etimo di intelligenza rimanda alla voglia di intus legere, di leggere dentro, di curiosare appunto.
Un modo per stuzzicare l’interesse della classe è quello di ricorrere ad una visione di vignette in successione, interrogando gli allievi su cosa si aspettano di vedere dopo ogni singola vignetta.
Se si dispone di una lavagna luminosa, si può agire in questo modo:
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Con un foglio bianco si copre l’acetato su cui il disegno è stato fotocopiato;
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Si scopre una vignetta per volta, chiedendo allo studente di turno di descriverla, riepilogando cosa è successo nelle precedenti e anticipando cosa potrà accadere nella successiva;
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Alla fine della descrizione, si può chiedere che ciascuno riassuma la storiella per iscritto.
L’attività in genere è ben accetta, predispone ad un clima giocoso e, se la vignetta è buffa, crea un’atmosfera divertente.
Ci sono parecchi autori da cui è possibile attingere6; a titolo di esempio presentiamo due vignette che si trovano in rete, rispettivamente di Quino e di Mordillo7.
http://www.xtec.es/~lvallmaj/jardi/quinoemi.jpg
http://ferrotoons.8k.com/Runtzer%20copy.gif
III. La fotografia
Anche lavorare su una sola immagine può dare ottimi risultati.
La celebre foto del bacio a Parigi, ad esempio, può essere un ottimo motivo per una produzione controllata. Ai fini di un’esercitazione sui pronomi (diretti e indiretti), il docente può chiedere a turno agli studenti:
● “Dove si sono conosciuti?”;
● “Che cosa ha detto lui a lei?”;
● “Che cosa ha promesso lei a lui?”;
● “Quante altre volte lui ha incontrato lei?”;
● “Lui ha mai regalato qualcosa a lei?”;
● “E lei che cosa ha risposto a lui?”, e così via.
Il ritmo deve essere incalzante, non importa se la storia che ne viene fuori risulta ai limiti del verosimile, lo scopo dell’attività è appunto il ripasso morfologico, con il piacere e il brio della fantasia.
http://www.unc.edu/~leetaft/images/kiss.jpg
Una produzione scritta può trovare ispirazione anche dalla foto di un qualsiasi personaggio storico o di attualità, meglio se fortemente caratterizzata nell’espressione (pensierosa, svagata, sdegnata, ecc.).
L’incipit della descrizione può essere offerto dall’insegnante. Se, per esempio, presentando il ritratto di Eleonora Duse, l’insegnante intendesse far consolidare il congiuntivo, potrebbe suggerire agli allievi di strutturare il loro testo così:
● “Lei vuole un uomo che sia.. ;
● che sappia... ;
● che possa....;
● che le......;
● che la......;
● che non......”
http://www.asolo.it/turismo/cult_tlib/personaggi/duse.gif
Passando sul versante della produzione libera (produzione non vincolata al reimpiego di specifiche forme linguistiche), suggeriamo tre attività distinte:
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Gli studenti vengono divisi a coppie e fatti sedere di schiena: il primo tiene in mano una fotografia, l’altro la matita con cui cerca di riprodurre fedelmente l’immagine descritta dal compagno (in realtà i disegnatori possono essere anche più di uno e confrontano infine i loro disegni per valutare quale tra i due si avvicina di più all’originale).
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Traendo ispirazione da un’immagine ricca di personaggi, uno o più studenti devono “scolpire” il gruppo classe: i compagni sono elementi marmorei pronti ad essere modellati a seconda delle istruzioni degli “scultori”8.
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Divisa la classe in tre o più gruppi distinti, l’insegnante distribuisce a ciascuno una ventina di fotografie, relative a soggettivi diversi (ambienti, personaggi, paesaggi, eventi, oggetti, ecc.). Gli studenti possono anche essere coinvolti preventivamente nella ricerca del materiale.
Si annuncia che ciascun gruppo dovrà scegliere 8 /10 immagini e disporle in una sequenza ordinata che rispetti la trama di una storia: i membri dovranno confrontarsi sulle immagini da selezionare e accordarsi (sempre a voce) sul racconto da inventare.
Si fanno ruotare i gruppi, in modo che ogni gruppo disponga delle immagini messe in sequenza da un altro gruppo. Ogni nuovo gruppo dovrà stendere per iscritto una storia basandosi sulle immagini. L’attività finale consiste nel confronto con il racconto concepito dal gruppo di origine9.
IV. L’avviso
Gli avvisi, i manifesti, gli annunci e ogni altra forma di comunicazione pubblica veicolano significati culturali.
Nella foto che segue (Asolo, Treviso - 2004) compaiono due avvisi: uno antico (“è vietato abbeverare i quadrupedi”) e uno più recente (“restaurata nel 2003, distrutta nel 2004 con il contributo di un ben noto camion nostrano che andava contromano”). Dal contesto (il muro scalcinato di una casa, presumibilmente tanto vecchio quanto la “defunta” fontana) scaturisce una serie di ipotesi circa il rapporto dei cittadini con le istituzioni, la cura dei beni architettonici (il vecchio annuncio, affisso dall’autorità locale, ha un tono prescrittivo, quello moderno invece, frutto della mano di un anonimo cittadino, è ironico: il fumetto pare dar voce alla stessa fontana!), la cattiva gestione del traffico, ecc.
Si tratta di materiale autentico, che avvicina gli studenti all’italiano reale in un contesto reale10.
Talvolta può anche essere curioso portare in classe errori “pubblici” prodotti da italofoni, come nel cartello che segue (Noto, Siracusa - 2004):
Più in generale, l’esperienza ci spinge a sottolineare quanto possa motivante, specie per gli adolescenti, la proposta di stendere un avviso-manifesto su un cartellone da appendere in classe.
È un’attività che consente un’ampia negoziazione: le caratteristiche formali (il registro, il genere, ecc.) possono essere decise dall’insegnante o lasciate alla libera scelta del gruppo; si può stabilire un concorso a premi che tenga conto di alcuni criteri stabiliti a priori (la grafica, il messaggio, ecc.) e gli allievi possono far ricorso a informazioni acquisite in altre materie.
1 Così si giustifica, nella prassi suggestopedica, la strategia di appendere cartelloni ai muri con rappresentata una sintesi grammaticale, spesso accompagnata da un’immagine, che richiama appunto il tema della lezione. Cfr: LOSI, S., “L’apprendere dolce. Osservazioni sull’applicazione di alcuni elementi del metodo suggestopedico in un corso di lingua straniera”, Selm, IX (1995).
2 Per chi volesse approfondire l’uso delle immagini come stimolo alla produzione linguistica, consigliamo, tra gli altri: HEATON, J. B., 1975, Beginning Composition Through Pictures, Longman, Harlow; HEATON, J. B., 1986, Writing Through Pictures, Longman, Harlow; BYRNE, D., 1988, Teaching Writing Skills, Longman, Harlow; WRIGHT, A., 1989, Pictures for Language Learning, Cambridge University Press.
3 SALA, E., 2000, Diamoci del tu, Edizioni del Leone, Venezia.
4 MOLLICA, A.; ASCHCROFT, J.; FINGER, A. M.; CHIUCHIù, A., 1992, Un’immagine vale mille parole, Editions Publishing, Welland.
5 ZAMBRANO, M., 2004, Chiari del bosco, Bruno Mondadori Editore, Milano: 125 [titolo originale dell’opera: Claros del bosque, 1977, Fundacíon Maria Zambrano].
Per approfondimenti sul rapporto tra immagine e intuizione, rimandiamo a BERMOLEN, A.; DAL PORTO, M. G.; MORETTO, L., 1993, Verso una pedagogia olistica. Tecniche partecipative attive, Bulzoni, Roma.
6 Rimandiamo tra gli altri al sito di Fabio Vettori (www.fabiovettori.com). Le sue formiche stanno diventando ormai un simbolo nazionale.
7 Come è facile intuire, a partire da questi disegni si può impostare agevolmente un’attività di scrittura: sostituendo espressioni in lingua straniera ai caratteri dell’alfabeto misterioso del disegno di Quino oppure inserendo le battute dei calciatori in quello di Mordillo.
Come stimolo alla produzione orale, si possono consegnare le vignette dispari ad uno studente (la prima, la terza, ecc.) e quelle pari ad un altro (la seconda, la quarta, ecc.): a turno, gli studenti, ricostruiranno la storia (senza far vedere le proprie vignette al compagno).
8 DALLE DONNE, E., 1996, L’italiano praticamente, Guerra, Perugia, 69.
9 ROGERSON, P., 1999, Using Pictures in the Classroom, “Europa Vicina”, V (3), 11.
10 Per approfondimenti: DESIDERI, P., (a cura di), 1997, Il segno in scena. Scritte murali e graffiti come pratiche semiotico-linguistiche, I Quaderni della Mediateca delle Marche, Anno III, n. 10.