Novembre 2006  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
A. Giovannetti L'America degli Italiani di Roberta Barazza


AUTORE: Alberto Giovannetti
TITOLO: L'America degli Italiani
CITTÀ: Modena
EDITORE: Ed. Paoline
ANNO: 1975

 

Una prima emigrazione di massa dall’Italia alle Americhe si verifica intorno al 1860. Vi erano stati però precedenti sporadici episodi fin dal ‘600. L’ Italia, per gli americani di medio-alto livello sociale, era il paese dell’arte e della cultura, del Rinascimento, di Michelangelo e Raffaello. Per cui quando cominciano ad arrivare negli USA masse di gente povera, rozza e ignorante, vi è una reazione di rifiuto e razzismo.

Negli anni 1869-79 circa 20.000 italiani partirono per l'America del Nord o del Sud, e altri 80.000 per l'Europa. Ma già nel 1881 le partenze per le Americhe superarono quelle per l'Europa e arrivarono a 136.000. Nel 1888 furono più di 200.000. Nel 1906 si supera il mezzo milione, a cui si aggiungono le oltre 200.000 per l'Europa e il bacino del Mediterraneo. Nei primi anni di emigrazione gli italiani emigranti provenienti dal Nord d'Italia sono più di quelli del Sud. Nel 1885 il rapporto si rovescia e il Sud supera il Nord. Complessivamente dall'Unità d'Italia al 1900 (39 anni), emigrarono dall'Italia 7 milioni di abitanti. Dal 1900 al 1914 9 milioni. Statistiche sconcertanti. Di questi circa la metà fecero ritorno. In America l'arrivo degli italiani all'inizio del secolo, era definito una pipeline immigration, emigrazione a rubinetto aperto. Nel 1910, dopo Napoli, Roma e Milano, la città col maggior numero di italiani era New York. Ad indurre l'italiano a partire non fu il fascino per la libertà, o le opportunità di elevarsi socialmente e economicamente, quanto piuttosto la miseria e l'impossibilità di sopravvivere. Solo in un secondo tempo si aggiunge l'intenzione di fare più soldi, di 'far fortuna'.

In Italia questa crescente ondata di emigrazione si accompagna a una sempre più organizzata attività di trasporto via mare. Giungevano dall'America italo-americani incaricati di arruolare lavoratori. Sono i cosiddetti 'padroni' che stipavano nelle navi masse di uomini trattati come capi di bestiame. E in Italia nelle scuole, nelle parrocchie, negli uffici vi erano gli agenti di reclutamento che raccoglievano candidati per il Nuovo Mondo. Cresce un fiorente commercio di schiavi umani in seguito regolamentato da leggi dello Stato che in realtà serviranno, più che a difendere i lavoratori, a legalizzarne lo sfruttamento.

L'unificazione della penisola nel 1961 aveva avuto come conseguenza l'abolizione delle barriere doganali interne al territorio nazionale e questo ha danneggiato soprattutto l’economia del Sud. Paradossalmente, proprio l’emigrazione ha sostenuto lo sviluppo economico specie del Sud. Basti pensare che nell'anno fiscale 1909-10 le rimesse degli emigrati raggiungevano il valore di 500 milioni di lire, di cui 350 mandati nel Mezzogiorno e 150 al Centro-Nord. Il debito che il bilancio dello stato italiano e l'industria del Nord hanno verso l'emigrato meridionale è enorme, e la Cassa per il Mezzogiorno non ne è che una tarda riparazione.

L'avventura degli italiani in America cominciava a Ellis Island, isoletta vicina a quella della Statua della Libertà. Qui cominciavano anche le innumerevoli umiliazioni che i nostri progenitori hanno dovuto subire per guadagnarsi da vivere. Le donne che arrivavano sole correvano il rischio di essere arrestate per prostituzione. Nei primi anni di immigrazione sembra che non vi fossero italiane nelle denunce di prostituzione. In seguito pochissime. A Ellis Island gli italiani sentivano, senza capirli ancora, gli insulti che sarebbero diventati loro poi così familiari. Gli italiani erano chiamati 'dago', termine dispregiativo, e qualcuno diceva che 'ci vogliono due o tre dagoes per fare un white man'. Erano anche chiamati ‘wop’, cioè 'without papers’, quelli che in Francia vengono chiamati oggi 'sans papiers'. In un documento della congregazione 'De Propaganda Fide' del 1887 si legge: 'E' umiliante dover riconoscere che, dopo la sparizione degli indiani e l'emancipazione dei negri, gli immigrati italiani sono quelli che rappresentano i paria della grande Repubblica americana ... Molti, ridotti dalla sfortuna o dal vizio a un'estrema miseria, si danno all'accattonaggio.'

All'inizio del secolo ogni grande città americana aveva già la sua Little Italy, e spesso il quartiere era suddiviso in strade in cui vivevano italiani della stessa provenienza: c'era il quartiere dei siciliani, quello dei genovesi, dei napoletani … In alcuni di essi gli italiani vivevano in condizioni disastrose: non c'era acqua corrente; a Filadelfia di media vi era un bagno ogni 22 famiglie, cioè 102 persone. In una casa dormivano numerosi dappertutto, anche sotto il tavolo, o sopra i mobili. Spesso ospitavano gente per raggranellare qualche soldo in più. Non si lamentavano, forse perché in Italia vivevano anche peggio e dormivano a volte insieme alle bestie. Molti italiani arrivavano forti e nerboruti in America, e dopo pochi mesi in queste condizioni diventavano pallidi e macilenti. E capitava che mentre i giovani arrivati in America morivano presto, i loro genitori rimasti in Italia raggiungevano un’età avanzata.

I quartieri degli italiani erano sporchi e rumorosi e anche per questo subivano il disprezzo degli americani. I genitori italiani educavano i figli con durezza, a volte con brutalità. Le ragazze italiane vedevano che le loro compagne americane erano trattate con gentilezza, fatte oggetto di mille attenzioni e godevano di molta libertà. Il disprezzo che in seguito molti figli di emigranti dimostreranno per tutto ciò che è italiano, è legato anche a questo.

Gli italiani non facevano l'elemosina. La mendicità, molto praticata in Italia, non fu esportata in Nordamerica, ma lo fu in Argentina e Brasile. Molti facevano però i suonatori di organetto, spesso con una scimmietta o un bambino al seguito. E sembrava anche che questo lavoro rendesse bene, tanto da incrementare la tratta di bambini dall’Italia, cosa che preoccupò il governo italiano.

In casa si mangiava il più possibile all'italiana. Riuscivano a procurarsi anche il vino, di solito prodotto in California. Gli italiani non si ubriacavano, mentre gli irlandesi erano ben noti per le loro sbronze.

Tra gli italiani in America, il tasso di analfabetismo era molto alto, ma i bambini italiani che andavano a scuola erano considerati, insieme agli ebrei, molto intelligenti e studiosi, e dotati nelle materie artistiche. Sembra che gli italiani, che in patria non leggevano mai il giornale, qui invece lo leggessero di frequente, e furono pubblicati molti giornali in italiano, spesso da giornalisti improvvisati. Interessavano soprattutto le notizie sull'Italia.

Per cercar moglie gli uomini preferivano tornare in Italia. Le ragazze americane erano troppo libere e spesso li disprezzavano. Gli italiani erano molto prolifici, e anche per questo irrisi dagli altri gruppi etnici. In certe case da affittare stava scritto: 'Non si affitta agli italiani'. Sorsero molte associazioni di mutuo soccorso, che spesso servivano solo a intascare i fondi messi a disposizione dallo Stato.

Tra i vari gruppi di diversa nazionalità, i nostri connazionali avevano contatti soprattutto con gli irlandesi. I cattolici erano disprezzati in America e sia irlandesi che italiani erano cattolici. Gli irlandesi spesso accusavano gli italiani di tener prigioniero il Papa, anche per i contrasti politici tra lo Stato italiano e il Vaticano. Gli irlandesi arrivarono in America prima degli italiani e in maggior numero, aiutati da una lingua che già conoscevano. Erano mal tollerati, anche perché rissosi e spesso ubriachi. Per questo quando l'afflusso di italiani aumentò, gli irlandesi poterono vendicarsi delle umiliazioni subite prendendosela con i nuovi arrivati. E se prima erano detestati, ora erano preferiti agli italiani.

Col continuo afflusso di stranieri si pone il problema del rapporto tra le razze, e alla fine dell'Ottocento già circolavano teorie razziste pseudo-scientifiche poi riprese dai nazisti, con la differenza fondamentale che mentre il nazionalsocialismo era ideologicamente anticristiano, il razzismo americano si professava evangelico. Cominciava a diffondersi l'idea che quelli che stavano arrivando in massa, a cominciare dagli italiani, erano, anche biologicamente, esseri inferiori.

Alla fine dell'Ottocento 40 americani su 100 erano o nati all'estero o figli di persone nate all'estero. Sono i cosiddetti Hyphenated Americans (americani con il trattino: tedesco-americani, italo-americani ...). Con gli europei del Nord, gli americani hanno sempre avuto maggiore affinità. Con slavi, ebrei e mediterranei il divario aumenta. Le prevenzioni contro gli italiani erano forti e radicate: erano considerati una minaccia sociale; erano disprezzati perché poverissimi, sporchi e ignoranti. Erano analfabeti e ignoranti, è vero, ma pochi americani riconoscevano che erano anche intelligenti e sensibili. Il disprezzo da cui erano circondati era molto forte e percepibile, e agli italiani non restava che chiudersi sempre più nel loro ghetto, dove si sentivano più sicuri. Che fossero una minaccia sociale era ripetuto ogni giorno nei giornali, con fatti veri e inventati. Spesso rimbalzava alla cronaca il crimine di un italiano, mentre lo stesso crimine di un irlandese, ad esempio, era ignorato. Il direttore di un giornale, al quale era stato chiesto perché ciò avvenisse, rispose che gli irlandesi avrebbero mandato decine di lettere di protesta, mentre gli italiani non reagivano, o preferivano rientrare nel ghetto, ed evitare chi offendeva. Ma c'era un'altra ragione: gli italiani ancora non votavano e quindi non interessavano a giornali, partiti o gruppi di pressione, se non perché li si poteva sfruttare nel lavoro. In seguito, quando diventeranno un elettorato, stampa e partiti saranno costretti ad ingraziarsi anche le loro simpatie.

Prima di allora gli italiani erano uno dei capri espiatori preferiti per qualsiasi colpa. John Foster Carr scriveva nel 1910 che nel complesso gli italiani erano pacifici e osservanti della legge; la mafia siciliana non rappresentava la maggior parte degli italiani, era un'eccezione, ma le sue imprese colpiscono la fantasia popolare per le forme spettacolari con cui si compiono e vengono amplificate dalla stampa sensazionalista. Gli italiani che arrivavano in America all'inizio del secolo XX erano molto diversi da quelli che arrivavano intorno al 1880. Ma la stampa sembrava non essersene accorta e continuava a propinare i soliti luoghi comuni. Spesso si parla di melting pot o di fusione delle razze. Ma si dovrebbe piuttosto parlare di americanizzazione degli stranieri. Chiedere agli stranieri di integrarsi significava soprattutto chiedere loro di diventare americani. Diverso il caso del Brasile dove più propriamente si può parlare di fusione delle razze. Americanizzare il nome, ad esempio, conveniva. Essere identificati come italiani portava a molte forme di esclusione o discriminazione. Molti cambiarono il nome. Lo traducevano (per es. Luigi Piccolo diventa Lou Little); lo anglicizzavano (ad es. Carli diventava Carley, o Tommasi Thomas); altri lo cambiavano totalmente. Certi settori erano controllati da certi gruppi nazionali e per lavorare nel mondo del pugilato, ad esempio, conveniva avere un cognome irlandese, perché lì comandavano gli irlandesi.

Il contributo dei lavoratori italiani alla società americana è stato molto grande. Solo considerando la costruzione di strade, gli italiani avrebbero costruito 40.000 km di strade ferrate (in Italia sono poco più di 16.000). Ogni gruppo nazionale aveva un’area di insediamento preferita: per i tedeschi era il Mid-West, per gli italiani le grandi città della costa atlantica. Alcuni arrivarono anche nella costa pacifica e scoprirono che lì vi era un clima sociale più disteso e gli stranieri erano meglio accolti. Gli italiani, molti dei quali facevano i contadini in Italia, non cercarono di fare i contadini qui, forse per il ricordo di quella dura vita, o forse perché si guadagnava di più e subito nelle grandi città. Ma per 'liberarsi di loro' in un secondo tempo li si invitò ad insediarsi in zone agricole lontane dai grandi centri; dapprima rifiutarono, poi videro i vantaggi di un lavoro che a lungo termine rendeva, e di un isolamento che li proteggeva da razzismo e violenza. In campagna anche i mafiosi lo erano meno.

L'italiano era spesso associato a mafia e violenza. Ma sicuramente la mafia nasce anche perché gli italiani erano nel complesso rifiutati dalla società americana. Molti poliziotti erano irlandesi e se vi era una contesa tra persone di diversa etnia, gli italiani erano più facilmente puniti. Non contavano sulle forze dell'ordine e non se ne fidavano. Per questo sentivano la necessità di farsi giustizia da sé. Anche in Italia la mafia nasce come organizzazione illegale che comanda ma anche difende chi vi fa parte, là dove non si crede nella difesa dello Stato o dove non se ne accetta il potere. In America emigrarono molti italiani onesti, ma anche molti delinquenti. Il tasso di criminalità rispetto al numero degli italiani, in America era più alto di quello in Italia. Ma questo succede anche oggi: nelle prigioni italiane la maggior parte dei carcerati è straniera, mentre gli stranieri sono una minoranza della popolazione italiana. Se gli italiani non si fossero chiusi nei ghetti e nelle Little Italies, la mafia avrebbe avuto probabilmente meno successo perché nel ghetto essa poteva esercitare un potere e un controllo molto più forte che in una società più vasta. Poi c'era il carattere spettacolare dei delitti di mafia che veniva amplificato anche nella stampa. In realtà relativamente pochi italiani erano mafiosi ma questi fatti di cronaca nera colpivano l'immaginario collettivo più della vita delle persone comuni che rispettavano la legge e che erano la maggioranza. Nel 1890 si comincia a parlare di mafia siciliana, in riferimento all'omicidio del capo della polizia di New Orleans, in seguito al quasi furono accusati e poi linciati 11 siciliani. Secondo una statistica del 1904 i tedeschi erano condannati perlopiù per furto con scasso, appropriazione indebita e frode; gli irlandesi per vagabondaggio, ubriachezza, risse; gli italiani per omicidio e violenza. Questi ultimi erano i crimini, giustamente, più detestati dagli americani. Solo che questi dati dicono in realtà meno di quel che sembra. Bisogna considerare che la maggior parte degli italiani in America erano uomini tra i 20 e i 50 anni (mentre negli altri gruppi vi erano molte donne e bambini). L'italiano di solito emigrava da solo e poi faceva venire la famiglia o tornava lui in Italia. Poi si noti che i dati numerici si basavano sui giudizi espressi anche in tribunale, ma molto spesso erano tutt’altro che equi e obiettivi, vista anche l' antipatia di cui godevano gli italiani. Infine questo dato: se il 75% di tutti i delitti nella società rimaneva impunito, il 75% di quelli ad opera di italiani (spesso delitti passionali colti in flagrante) finiva in tribunale. Quindi i delitti degli italiani sembrano rientrare nel 25% di tutti i delitti in America, e per questo il dato non dice chi davvero fosse responsabile della maggior parte dei crimini di tutta la società americana.

Anche gli americani, comunque, non scherzavano con le ingiuste violenze. Il termine 'linciare' deriva dal nome del capitano americano William Lynch, vissuto tra ’700 e ’800, che non sottilizzava nel punire criminali o presunti tali. E anche gli italiani ne fecero le spese. Tra il 1874 e il 1915 vi furono 14 moti di piazza e linciaggi con vari morti tra gli italiani. Simile a un linciaggio fu anche l'uccisione di 4 minatori italiani chiamati a sostituire altri minatori in Pennsylvania nel 1874. Nel 1895 alcuni italiani in Colorado furono sospettati dell'omicidio di un proprietario di un saloon. Si provò che uno solo era effettivamente colpevole, ma la folla ne linciò sei. Nel Sud non venivano linciati solo i neri. Gli italiani, ovunque cittadini di seconda classe, nel Sud lo erano di terza. Spesso frequentavano donne nere e per questo erano oggetto di disprezzo. Nel 1899, in Mississippi, un dottore e un italiano, a cui il dottore aveva ucciso una capra, si ferirono in una rissa. La folla se la prese con gli italiani del luogo e cinque italiani furono impiccati. Nel 1890 a New Orleans, in seguito all'uccisione di un poliziotto, di cui si riteneva responsabile la mafia, si decise l'arresto di tutti gli oltre duecento italiani della città. In seguito furono rilasciati tutti tranne tredici. Dopo vari processi 10 di questi furono dichiarati innocenti, ma rimandati in prigione. La folla, indifferente al verdetto, decise di farsi giustizia da sé. Più di mille persone si presentarono davanti alla prigione 'to do the job'. Le guardie lasciarono uscire gli italiani anziché proteggerli. Tutti e tredici furono linciati.

Qualche accenno ora al tema della religione. L'italiano era disprezzato anche solo per il fatto di essere cattolico. La tiepida religiosità dei genitori italiani, che mandavano i figli in chiesa mentre loro ci andavano solo a Natale e Pasqua, era considerata ipocrisia dagli americani. In America si andava a lezione di religione, mentre gli italiani sapevano a malapena le poche nozioni del catechismo e per questo erano considerati ignoranti. Il carattere spettacolare di molte manifestazioni religiose, processioni e feste italiane, colpiva il gusto più sobrio degli americani e spesso li disgustava. E anche con i cattolici irlandesi vi erano dissapori. L'irlandese era più contegnoso, mentre i meridionali, soprattutto, esprimevano vistosamente sentimenti e pensieri. Non sempre vi erano preti o vescovi irlandesi e italiani per sedi distinte e per questo le due comunità erano costrette a condividere luoghi di culto e celebrazioni. E alla lunga prevalse lo stile irlandese anche per il maggior numero di vescovi irlandesi, e la comunità italiana fu in parte assimilata a quella d'Irlanda.

Certo gli ultimi decenni in America sono molto diversi anche per gli italiani, e anch’essi capirono gli aspetti positivi della vita negli USA. Il torto degli americani fu di non aver saputo distinguere l' analfabetismo dall' intelligenza, la povertà dalla laboriosità, l' ignoranza dalla sensibilità, l'asocialità dalla non conoscenza della lingua inglese, le tradizioni del Sud dalle buone maniere anglosassoni. Durante la I Guerra Mondiale molti italo-americani combatterono nell'esercito statunitense. Durante il fascismo gli italiani in America dimostrarono di essere più americani che italiani e sostennero le scelte politiche del governo americano. Tra le due guerre la paura del comunismo fece molte vittime innocenti anche tra gli italiani, accusati di simpatizzare per movimenti anarchici o di sinistra. E negli anni '20 e '30 furono sviluppate teorie sulla superiorità della razza yankee da far invidia ai nazisti. Ma dopo la II Guerra Mondiale il rapporto tra americani e italiani in America sembra caratterizzato da più benevola disposizione, anche se vecchi stereotipi talora riaffiorano.  

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