Novembre 2012  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Due manuali: tanti pubblici. Programmazione di due libri di testo per l'italiano LS di Livia Novi

ABSTRACT

L'ambito d’interesse del presente saggio è la formazione dei docenti. L’analisi di due manuali d’italiano come lingua straniera, di recente pubblicazione, è alla base dell’analisi empirica su come questi due manuali vengano percepiti nel processo di apprendimento-insegnamento di una lingua straniera in un’istituzione di Lifelong Learning in Germania, al di fuori di schemi istituzionali di valutazione e certificazione linguistica, quindi con una motivazione quasi esclusivamente intrinseca. Tale percezione avviene a due livelli: i docenti valutano i materiali programmandoli e implementandoli nella loro attività didattica, i corsisti li valutano a loro volta, usandoli per imparare, ma attraverso il filtro della programmazione e implementazione didattica del docente. Queste ultime risultano, quindi, essere la parte centrale del processo di apprendimento e il docente, come allenatore e regista, è il fulcro intorno a cui ruota non solo quello che avviene in classe in termini di motivazione, attenzione e progressione positiva dell’apprendimento, ma anche per quel che riguarda la percezione del manuale stesso. Il seguente contributo vuole sviluppare, in base alle indicazioni fornite dall’analisi empirica, delle linee operative di programmazione didattica che aiutino i docenti meno esperti a guidare, con apprendenti adulti, corsi d’italiano frequentati non per bisogni prettamente estrinseci, forse in sé di più semplice gestione.

 

1. RILEVAZIONE DEI DATI: CONTESTO E MODALITÀ

La ricerca empirica di cui illustrerò, in questo saggio, le modalità e i risultati, nasce da una necessità pratica: introdurre un nuovo manuale per i corsi d’italiano lingua straniera in un’istituzione tedesca preposta alla formazione degli adulti, la Volkshochschule (VHS) di Monaco di Baviera. Sul mercato editoriale germanofono sono stati pubblicati negli ultimi anni diversi manuali anche in seguito alla “rivoluzione” rappresentata dal Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER) ormai entrato di diritto in tale tipo di istituzioni, anche se in ritardo, come modello di riferimento per la strutturazione e la valutazione delle competenze linguistiche. Inoltre, la diffusione delle risorse web nella didattica delle lingue ha reso urgente la redazione di manuali nuovi da un punto di vista di contenuti, ma anche corredati di attività extra e di supporti per i docenti on line.1 La mia scelta si è concentrata su due manuali pensati espressamente per la formazione linguistica, non specialistica, di adulti e quindi più adatti per un tipo di pubblico in sé eterogeneo per età, biografie scolastiche e esperienze di formazione, ma accomunate da una motivazione all’apprendimento delle lingue simile: intrinseca e legata per lo più ad interessi personali e generici, come per es. viaggi in Italia.

La VHS offre al momento ca. 700 corsi d’italiano all’anno di ogni livello e rappresenta una delle scuole di lingua per l’italiano più grandi sul territorio tedesco.2 I corsi, per lo più serali, sono strutturati per livello seguendo il QCER e sono suddivisi, a loro volta, per tipologia: i corsi A1 e A2 possono essere intensivi (180 minuti o più di lezione a settimana) o standard (90 minuti di lezione a settimana) a cui si affiancano corsi di ripetizione e di conversazione per principianti. A partire dal livello B1 vengono offerti anche corsi di microlingua, ai livelli superiori (B2-C2) predominano i corsi di conversazione, dei quali alcuni affrontano anche delle tematiche specifiche. Nei primi due livelli i corsi standard serali sono divisi in corsi per Lerngeübte, cioè coloro i quali conoscono già delle lingue romanze e corsi aperti a tutti. La scelta di imparare l’italiano nasce per la maggior parte dei corsisti dall’interesse verso l’Italia come paese di vacanza: la vicinanza con l’Italia svolge sicuramente un ruolo importante in questo senso, ma anche la numerosa comunità italiana di Monaco rappresenta un incentivo a voler comunicare in italiano, è una motivazione, quindi, prevalentemente intrinseca.3 Un numero notevole di corsi è quello per la “terza età” (Seniorenkurse), corsi che si svolgono in genere di mattina e che perseguono degli obiettivi diversi: una progressione più lenta e un’attenzione maggiore ai bisogni degli apprendenti non necessariamente legati all’Italia come meta turistica, ma anche come paese che rappresenta un canone culturale ancora molto presente nella popolazione tedesca più anziana, riassumibile in quella che Benucci definisce motivazione “elitaria, legata alla grande tradizione artistico-letteraria” (2007: 31).

I dati empirici analizzati in questo saggio sono sessantanove questionari compilati dai partecipanti di otto corsi di livello A1 in cui vengono testati i due manuali: ciascun manuale viene provato in un corso intensivo, in un corso standard per Lerngeübte e in uno per tutti e, infine, in un Seniorenkurs. A questi si affiancano otto verbali d’osservazione compilati da me durante lo svolgimento di una lezione in ogni corso.4

 

2. I MANUALI PRESI IN ESAME

L’analisi contrastiva5 dei due manuali si sviluppa in quattro fasi: una prima analisi in base al QCER (2002), una seconda globale sulla struttura e l’aspetto grafico, una terza più dettagliata sulle singole unità, la quarta, ed ultima, sui materiali ausiliari on line messi a disposizione dalle case editrici.6

Entrambi i manuali sono stati pubblicati nel 2010, sono divisi in nove ovvero dieci unità intervallate da tre unità di ripasso e/o di ampliamento lessicale; i due volumi contengono al loro interno anche una parte separata, in fondo al volume, di attività per il ripasso e il rinforzo, anch’esse suddivise secondo le unità. Sono concepiti per utenti adulti che vogliono imparare l’italiano in scuole di lingua e istituti per la formazione agli adulti, prevedendo un monte ore pari a tre corsi standard di circa 30 ore di lezione (di 45 minuti) ciascuno. Sulla copertina di tutti e due i volumi viene riportato il simbolo A1 del Quadro anche se i riferimenti espliciti sono contenuti in maniera generica, tuttavia, le situazioni comunicative scelte si rifanno direttamente ai descrittori del QCRE per il livello A1, scegliendo però temi del dominio pubblico adeguati ai destinatari: quindi campi semantici che riguardano il parlare di sé, il tempo libero, i viaggi in Italia.7

Una novità rispetto ai manuali di qualche anno fa, e conseguenza diretta dei nuovi sviluppi glottodidattici, sono elementi di riflessione interculturale sviluppati in una sezione a parte, in questo caso con delle differenze: in un manuale alla fine di ogni lezione c’è una scheda dedicata ad un tema interculturale collegato all’unità didattica, mentre nell’altro le schede di riflessione interculturale sono all’interno delle sezioni intermedie alla fine di ogni tre unità e gli elementi culturali trattati in ogni unità sono sistematizzati in una sezione dell’indice del volume.

Un altro elemento nuovo e comune ai due manuali è il portfolio anche questo contenuto in una sezione a parte. In un manuale si trova alla fine di ogni unità della parte degli esercizi, mentre nella parte per il lavoro in classe viene presentata, anche in questo caso in ogni unità, un’attività da inserire nel dossier del Portfolio. Nell’altro manuale il Portfolio si trova alla fine di ogni unità ed è essenzialmente un’autoanalisi dei risultati raggiunti, ma contiene anche una scheda di riflessione metacognitiva.8

L’aspetto grafico dei due volumi si differenzia per alcuni aspetti: in uno, i testi e le immagini si susseguono uno dopo l’altro, nell’altro, invece, sono distribuiti per abilità con dei sottotitoli, ricorrenti in ogni unità. In tutti e due i manuali le immagini hanno doppia funzione: sia per illustrare dialoghi ed attività sia come elementi dell’attività stessa.

I test d’ingresso, strumento fondamentale in un’istituzione come la VHS che ha bisogno di test adeguati per l’inserimento di corsisti con diversissime biografie d’apprendimento linguistico, sono già stati elaborati per un manuale, mentre per l’altro sono ancora in preparazione.

Entrambi i manuali seguono espressamente le direttive del QCRE non solo per quel riguarda i contenuti ma anche per l’approccio glottodidattico: la comunicazione e le attività orientate all’azione sono in primo piano, cioè il ‘saper fare’ in italiano in delle situazioni date. Infatti, sia gli elementi morfosintattici introdotti, sia quelli lessicali sono scelti in rapporto agli atti linguistici proposti. Tutti questi elementi sono organizzati all’interno di ogni unità, seguendo una sistematizzazione diversa: in un manuale le unità didattiche, che corrispondono a quelle del libro, sono introdotte da un input motivazionale relativo a tutta l’unità didattica e sono sviluppate con unità di apprendimento9 in cui ad un ascolto o lettura (globalità), più o meno introdotti da elementi lessicali, seguono attività di analisi e a queste produzioni libere orali e/o scritte (sintesi) che precedono, a volte, la riflessione grammaticale presentata in modo induttivo. Nell’altro manuale, invece, l’unità didattica non è veramente rintracciabile, ma le unità del libro raggruppano degli obiettivi afferenti ad uno o più indicatori del QCRE: le unità di apprendimento, in questo caso, si susseguono l’una dopo l’altra, presentando un testo di input e un’attività d’analisi di diversa tipologia: lessicale, grammaticale e di produzione libera orale o scritta. All’interno delle singole unità di entrambi i manuali vengono esercitate tutte le abilità, ma dato l’approccio glottodidattico seguito, quelle comunicative in senso stretto (parlare, ascoltare e leggere) sono in primo piano. Un’analisi a parte è necessaria per quel che riguarda la scelta dei testi audio: in un manuale i testi audio sono similautentici, all’inizio brevi, via, via di lunghezza più ampia; alcuni sono divisi in due parti: una prima che funziona da motivazione ovvero per sviluppare l’expectancy grammar, stessa funzione delle attività lessicali prima dell’ascolto. Nell’altro manuale gli ascolti più brevi servono come input per le attività, quelli più lunghi, invece, sono per l’educazione all’ascolto. I testi scelti per le letture, in entrambi i volumi, si rifanno espressamente alle linee del QCRE: sono depliant, annunci anche pubblicitari, test di e-mail scritte dagli autori o brani presi da articoli on line da portali per il tempo libero e le vacanze.

Riassumendo con Balboni (2002: 26-28): un approccio (nel caso di entrambi i manuali quello comunicativo, orientato espressamente al QCER) viene tradotto in modelli operativi e in materiale didattici attraverso un metodo (nel caso in oggetto mettendo al centro l’azione, il ‘saper fare’) che, a sua volta, seleziona le tecniche glottodidattiche per raggiungere degli obiettivi, laddove una tecnica è un’attività o un esercizio per lo sviluppo delle abilità. Da qui deriva, secondo me, il ruolo centrale delle tecniche scelte per un manuale da usare nella VHS: devono essere chiare nelle consegne, avere degli obiettivi precisi ed essere passibili di cambiamenti per adattarle a pubblici diversi ed essere dirette alla comunicazione.

L’analisi dei due manuali mette in evidenza come anche per quanto riguarda le tecniche didattiche si sia ormai arrivati a degli standard di implementazione editoriale delle linee guida fornite dalla ricerca glottodidattica. Infatti, le consegne sono in entrambi i manuali chiare e fino a metà del volume bilingui per poi passare al solo italiano10 e le attività sono molte varie, intervallate da attività ludiche e mescolano, in maniera mirata, molte tecniche: in alcuni esercizi ci si deve muovere, in altri la produzione orale libera è esercitata con role play guidati e non, ecc.

Per quel che riguarda le attività lessicali, in un manuale, come già detto, sono usate in parte per introdurre gli ascolti e sono quindi più numerose, nell’altro invece il lessico è più legato alle funzioni comunicative.

Le schede grammaticali alla fine di ogni unità in entrambi i libri sono volutamente molto ridotte in un’ottica di grammatica pedagogica di tipo induttivo. Alla fine del volume, in tutti e due i casi, sono riportati, in forma riassunta, i contenuti grammaticali trattati.

Come materiale ausiliare on line le case editrici di entrambi i manuali offrono delle attività realizzate per la piattaforma Moodle che i docenti possono caricare su quella attivata alla VHS. Questo materiale extra è concepito per l’apprendimento autonomo, aspetto che per quanto riguarda gli utenti della VHS meriterebbe un’analisi a parte, in quanto non esistono dati specifici a riguardo. L’impressione superficiale, e quindi senza alcun valore scientifico, ricavata dalle osservazioni in classe, è che data l’eterogeneità del pubblico l’educazione all’autonomia dell’apprendimento linguistico non può essere la stessa di altre istituzioni, come per es. la scuola o l’università, dove un sistema di valutazione e controllo ‘regola’ la parte di autoapprendimento per raggiungere degli obiettivi, ma deve necessariamente essere lasciata a discrezione degli utenti dei corsi, fornendo solo spunti e consigli. In questo senso l’uso della piattaforma Moodle potrebbe rappresentare uno stimolo ’guidato‘ utile e flessibile.

 

3. LA PROGRAMMAZIONE DEL SILLABO DA PARTE DEL DOCENTE

I docenti della VHS sono liberi professionisti pagati con un contratto solo per le ore d’insegnamento. I corsi si svolgono nella sede centrale della VHS e in quelle distaccate di zona, ma anche, e per lo più, in aule scolastiche affittate dalla VHS stessa. Le strutture d’insegnamento sono, quindi, per la maggior parte prive di qualsiasi attrezzatura multimediale e fornite solo di un registratore. Questo lega lo svolgimento delle lezioni essenzialmente alla figura del docente che si trova ad essere l’unico tramite, insieme al materiale didattico, tra la classe a Monaco e l’Italia. La formazione pregressa dei docenti della VHS è estremamente eterogenea: alcuni hanno svolto studi umanistici in Italia (per lo più in lingue straniere), altri provengono invece da studi meno specifici, li accomuna il fatto che molti di loro sono arrivati ‘per caso’ all’insegnamento dell’italiano, avendo deciso di vivere in Germania e che insegnano da molti anni. Altri più giovani, e il loro numero aumenta negli ultimi anni, hanno invece nella maggior parte dei casi già ricevuto, prima di decidere di voler insegnare, una formazione glottodidattica, anche se molto diversa per livello, grazie allo sviluppo negli ultimi venti anni dell’insegnamento e delle certificazioni di glottodidattica nelle università italiane. A questi diversi punti di partenza del personale docente corrispondono quindi diverse competenze didattiche cui si aggiunge un’alta fluttuazione, data la precarietà. In altre parole: ad un pubblico estremamente eterogeneo corrispondono dei docenti altrettanto eterogenei per presupposti professionali ed esistenziali. Entrambi questi aspetti, sommati all’alto numero e alla varietà dei corsi, rendono difficile, nel contesto d’insegnamento della VHS, creare degli strumenti di formazione adeguati. Questo è un dato di fatto che tuttavia in parte viene arginato con un seminario per nuovi docenti di sei moduli pensato però solo per chi vuole iniziare a lavorare come insegnante alla VHS. Dopo quest’introduzione alla didattica dei corsi d’italiano alla VHS, tuttavia, la formazione rimane a discrezione dei docenti, anche se esistono corsi di formazione sia organizzati dalla VHS sia con il contributo finanziario delle case editrici e offerti a costo zero. Bisogna però sottolineare che la formazione per i docenti della VHS, che non sanno ancora se veramente l’insegnamento dell’italiano sarà la loro professione e se soprattutto di questo potranno vivere, è un investimento all’inizio ‘in perdita’ e in itinere della loro professione legata a investimenti economici e di tempo considerevoli non sempre equiparati al rientro finanziario attraverso l’attività didattica. Per fare un esempio: la VHS offre dei corsi di aggiornamento in cui imparare ad usare la piattaforma Moodle per poi poterla utilizzare nei corsi. Alcuni dei docenti hanno preso parte a questi corsi o lo stanno facendo, anche se non sanno in che termini, soprattutto economici, questo aggiornamento servirà loro.

Tutto ciò insieme alla precarietà dell’insegnamento e alla fluttuazione del corpo docente, rende il manuale uno strumento fondamentale a cui attenersi soprattutto nei corsi per principianti in cui inizia il processo d’apprendimento di una lingua. Le guide per gli insegnanti, offerte insieme ai manuali, rappresentano la fonte sicuramente più usata per programmare il corso. Nel caso dei due manuali in oggetto, tutte e due le guide, all’inizio, introducono alla concezione teorica del manuale e ne illustrano la struttura. Seguendo la suddivisione delle unità, vengono poi presentati gli obiettivi e i procedimenti per introdurre e svolgere le varie attività. Tali guide per l’insegnante, tuttavia, sono concepite molto in generale e non possono, gioco forza, tener conto dei tanti settings d’insegnamento né tantomeno dell’esperienza e della formazione dei docenti. Risultano essere, quindi, delle indicazioni generali per una lezione ‘ideale’ programmata secondo il punto di vista degli autori del manuale.

Da questa constatazione è nata l’idea di andare a vedere in loco come questi nuovi manuali, che vengono testati per decidere quale o quali introdurre nei corsi, vengono utilizzati a lezione, andare cioè ad osservare diversi stili d’insegnamento dati da diverse biografie professionali e di confrontare tra di loro le osservazioni fatte. Quindi, al di là della programmazione ideale consigliata a priori dalle case editrici, osservare come questa programmazione funziona nel contesto reale d’insegnamento dell’istituzione in questione.

Le osservazioni sono di tipo non strutturato (Trinchero 2002: 194-195), cioè non state condotte in base a schede di osservazione preparate precedentemente. La decisione di condurre questo tipo di osservazione dipende dalla natura esplorativa (= come funziona la programmazione?) della raccolta dei dati non finalizzata, quindi, a produrre dei dati tra di loro confrontabili, ma dei verbali di osservazione in cui si potessero focalizzare i diversi procedimenti usati e le diverse modalità di agire all’interno della classe. Sono dati, quindi, a basso grado di strutturazione che non permettono di generalizzare i risultati dell’analisi, ma che possono essere fonte di spunti ed idee per sviluppare delle linee guida di formazione ad hoc per il corpo docente della VHS.11

L’analisi contrastiva dei verbali d’osservazione ha messo in risalto l’importanza della gestione dell’ascolto e della lettura come attività di educazione alla comprensione, data i diversi presupposti di autonomia nell’apprendimento dei corsisti. Per gli ascolti soprattutto è necessario insistere sulla comprensione globale e non su quella analitica e bisognerebbe far ascoltare i testi almeno cinque volte. In questo senso, è fondamentale presentare i temi e gli obiettivi di ogni attività, rifare sempre il punto della situazione, alla fine dell’attività, fissando sulla lavagna in modo schematico i contenuti principali. Inoltre, la gestione della classe sembra funzionare meglio laddove vengono introdotti ‘rituali’ ben precisi all’inizio di ogni lezione come per esempio un gioco o un’attività di produzione libera orale simile in ogni lezione nelle consegne. Nei corsi per principianti il libro dovrebbe essere spiegato in tutte le sue parti per renderne l’uso agevole anche da parte di chi non ha esperienza di apprendimento linguistico e si trova per la prima volta dopo molti anni un manuale tra le mani. Il docente, quindi, deve non solo fornire input linguistico, allenare all’ascolto e alla lettura, spiegare le regole morfosintattiche, introdurre e gestire le attività di analisi e di sintesi, ma anche creare un quadro di riferimento e di orientamento per il corsista così da far nascere un gruppo da apprendenti con biografie e stili d’apprendimento completamente diversi. Proprio perché “la variabilità dei profili degli apprendenti va considerata, per l’italiano L2, la base per azioni formative che gestiscano la variabilità dei bisogni di apprendimento in modo tale da rispondervi secondo linee ugualmente differenziate se vogliono avere possibilità di successo” (Vedovelli 2010: 150). Quindi, partire dalla variabilità e ricondurla con rituali, punti di riferimento, ripetitività di temi, variandone le attività di rinforzo e soprattutto con il rendere trasparenti gli obiettivi in una cornice omogenea in cui le differenze possono essere usate come risorse. Questo è possibile, a mio avviso, solo adeguando la formazione al contesto, creando degli standard di riferimento per ogni docente. Partendo, quindi, dai bisogni formativi dei docenti e cercando di adattare i contenuti dei corsi di programmazione a questi bisogni.

 

4. I CORSISTI, I MANUALI E LA PROGRAMMAZIONE DEL DOCENTE

I corsisti, all’inizio del loro apprendimento dell’italiano e, in alcuni casi, dell’apprendimento tout court di una lingua dopo un’esperienza scolastica che risale a molti anni indietro, non sono veramente in grado di valutare il manuale con cui imparano sia perché a volte è il primo libro d’italiano che si trovano in mano senza avere termini di paragone sia perché spesso non hanno alcuna esperienza, al di là di quelle scolastiche, di apprendimento linguistico. Quello che possono valutare sono essenzialmente gli aspetti esteriori: “lo studente principiante ne [del manuale] apprezzerà le immagini, gli schemi, la chiarezza dell’impostazione grafica e, nel migliore dei casi, la progressione dei contenuti, i temi rispondenti ai suoi interessi, le situazioni e i modelli di lingua utile ai suoi scopi comunicativi” (Diadori 2011: 20). Ciò restringe le possibilità di rilevazione dei dati che, se rilevati con un maggior numero di item, potrebbero sfalsarsi perché risultano, in effetti, da un’osservazione superficiale, centrata sulla propria esperienza contingente di apprendimento. Partendo da questo assunto, il questionario autocompilato, in tedesco, suddiviso in quattro parti, è stato concepito, insieme a due docenti che hanno incominciato a testare i due manuali nell’ottobre del 2011, inserendo delle domande chiuse di posizionamento con una scala a cinque risposte, incentrate sugli aspetti formali del manuale e su quelli relativi al proprio processo d’apprendimento.12 La scelta di questi item permette una maggiore confrontabilità dei dati: restringendo il focus su aspetti più generali si possono ottenere dati empirici più consistenti. Le due batterie di domande (sezione B e C) sono introdotte dalla richiesta dei dati personali e delle conoscenze linguistiche dei corsisti (variabili di sfondo), così da avere un’idea, anche se sommaria, dell’eterogeneità del pubblico. La parte finale del questionario prevede due domande aperte che, ovviamente, non possono essere confrontate l’una con l’altra, ma che riportano indicazioni interessanti sulla percezione del manuale. L’analisi del questionario è di tipo quantitativo, cioè contando il numero di risposte date alle scale per ogni item, anche se i risultati non sono, in alcun modo, generalizzabili: i questionari non sono stati somministrati in base ad un campione e il loro numero, relativamente esiguo, permette solo di rilevare delle tendenze di percezione dei due manuali. Di seguito riporto il questionario, tradotto in italiano, uguale per tutti e due i manuali con l’unica differenza che dopo ’manule‘ nel questionario distribuito nei corsi è stato introdotto il nome del volume in questione.

 

 

A) DATI PERSONALI

Uomo

Donna

Età ………………………………………………………………

Professione …………………………………………………

Titolo di studio ……………………………………………

Quali lingue ha imparato ovvero quali lingue parla? …………………………………………………………

B) VALUTI PER FAVORE IL MANUALE ………………. SECONDO I SEGUENTI CRITERI (1 = ottimo 5= insufficiente)E IN BASE ALLA SUA ESPERIENZA

Obiettivi delle singole attività

1

2

3

4

5

Successione dei temi

1

2

3

4

5

Layout, grafica

1

2

3

4

5

Chiarezza delle consegne delle attività

1

2

3

4

5

Chiarezza delle spiegazioni e delle tabelle grammaticali

 

 

 

 

 

C) VALUTI PER FAVORE IL MANUALE ………………. SECONDO I SEGUENTI CRITERI (1 = molto adeguato 5= per niente adeguato)E IN BASE ALLA SUA ESPERIENZA

Materiali extra (CD, offerta on line, ecc.)

1

2

3

4

5

Difficoltà degli ascolti

1

2

3

4

5

Difficoltà dei testi di lettura

1

2

3

4

5

Ritmo di apprendimento

1

2

3

4

5

Quantità delle attività scritte

1

2

3

4

5

Quantità delle attività orali

1

2

3

4

5

Adeguatezza dei temi e degli esempi

1

2

3

4

5

Il manuale è motivante?

1

2

3

4

5

Il manuale è interessante?

1

2

3

4

5

È nel complesso soddisfatto/a del manuale?

1

2

3

4

5

Che cosa le è piaciuto di più usando il manuale……………………? …………………………………………………………

Che cosa meno? …………………………………………………………

Ha dei consigli su come migliorarlo? …………………………………………………………

 

Tab. 1. Questionario corsisti libro A e B

 

L’analisi del questionario conferma quanto presupposto, al di là della differenze nel valutare aspetti specifici (come per esempio gli ascolti o la chiarezza delle consegne e delle tabelle grammaticali), per i due item riassuntivi sulla motivazione e l’interesse legati al manuale le risposte non differiscono veramente: in tutti e due i casi più del 65% trova il manuale motivante ed interessante. Le risposte alle domande aperte confermano che la valutazione del manuale si avvale in primo luogo delle proprie esperienze: molti corsisti si soffermano sulle tabelle dei vocaboli. Ciò potrebbe essere messo in relazione con l’insegnamento delle lingue straniere in Germania che, soprattutto fino a dieci anni fa, ma ancora oggi tende a privilegiare l’uso di liste di vocaboli da imparare a memoria senza contestualizzazione. Di seguito riporto le percentuali delle risposte.

 

Item manuale A n=37 / B n=32

sezione A (valutazione della qualità di singoli aspetti)

 

1 (ottimo)

2

3

4

5 (insufficiente)

Obiettivi delle singole unità

35% / 6%

46% / 53%

8% / 37%

5% / 3%

0% / 0%

Successione dei temi

19% / 16%

65% / 60%

11% / 16%

3% / 6%

0% / 0%

Layout, grafica

30% / 31%

49% / 50%

16% / 16%

5% / 3%

0% / 0%

Chiarezza delle consegne delle attività

13% / 6%

54% / 53%

24% / 34%

8% / 6%

0% / 0%

Chiarezza delle spiegazioni e
delle tabelle grammaticali

27% / 19%

40% / 53%

24% / 25%

0% / 0%

3% / 3%

sezione B (grado di adeguatezza di singoli aspetti)

 

1 (ottimo)

2

3

4

5 (insufficiente)

Materiali extra e on line

40% / 41%

49% / 37%

5% / 16%

3% / 0%

0% / 0%

Difficoltà degli ascolti

13% / 6%

27% / 53%

46% / 28%

13% / 9%

0% / 3%

Difficoltà dei testi di lettura

19% / 16%

49% / 56%

24% / 25%

5% / 3%

3% / 0%

Ritmo di apprendimento

24% / 6%

57% / 59%

16% / 19%

3% / 15%

0% / 0%

Quantità delle attività scritte

11% / 9%

62% / 59%

19% / 22%

3% / 6%

3% / 0%

Quantità delle attività orali

11% / 9%

65% / 62%

11% / 19%

8% / 9%

0% / 0%

Adeguatezza dei temi e degli esempi

30% / 12%

46% / 50%

22% / 31%

3% / 6%

0% / 0%

Il manuale è motivante?

22% / 12%

49% / 53%

22% / 28%

5% / 3%

0% / 0%

Il manuale è interessante?

24% / 12%

57% / 53%

16% / 28%

3% / 3%

0% / 0%

È nel complesso soddisfatto/a del manuale?

16% / 12%

67% / 53%

13% / 28%

3% / 3%

0% / 0%

 

Tab. 2. Risposte (in percentuale) al questionario libro A e B

 

Nonostante le differenze di struttura dei due manuali i molti aspetti comuni, frutto, come abbiamo visto, del tener conto del QCER e degli sviluppi recenti delle teorie glottodidattiche li rendono entrambi adatti al pubblico per cui sono stati concepiti. Si tratta, pertanto, a seguito della decisione di introdurre uno, o tutti e due i manuali, nella VHS di definire come si debba procedere per renderli efficaci nel mantenere la motivazione e per soddisfare le esigenze del pubblico che li usa per apprendere l’italiano. Una possibilità, la più semplice, potrebbe essere quella di adeguare alle diverse tipologie di corso la quantità di unità da trattare in un semestre, in modo da legare la progressione d’apprendimento al gruppo. Un’altra, più complessa, è quella di creare, come già detto, degli standard di riferimento. Quest’ultima mi sembra ancor più necessaria se si vuole rispettare una progressione più standardizzata come è il caso in un’istituzione aperta a tutti che presuppone sillabi trasparenti di corsi per chi vuole iniziare ad imparare, ma anche per chi vuole proseguire nell’apprendimento dell’italiano, imparato già in altri contesti.

 

5. BISOGNI FORMATIVI DEI DOCENTI

Il modello di Hymes nato come modello di analisi di un evento comunicativo e riassunto dall’acronimo SPEAKING si può anche utilizzare quando ci si riferisce alle variabili di cui tener conto nella fase di programmazione di un corso.13 Le lettere dell’acronimo si riferiscono alle seguenti variabili: S = setting (luogo fisico in cui si tiene un corso, ma anche scena culturale dello stesso); P = participants (attori del corso); E = ends (obiettivi delle attività didattiche); A = acts (atti comunicativi del docente); K = key (atteggiamento psicologico degli attori); I = instruments (strumenti tecnologici della comunicazione); N = norms (norme di interazione); G = gender (generi comunicativi per insegnare). Declinando questo modello, in base ai verbali di osservazione, al contesto d’insegnamento ed apprendimento nella VHS, nei corsi di formazione si dovrebbe discutere: 1) dell’aula in cui si svolge il corso in cui creare una situazione collaborativa, ma anche su come essere in grado di far agire i partecipanti tra di loro in un’aula non adatta; 2) dell’eterogeneità dei partecipanti, e quindi delle interazioni tra di loro e con il docente che deve sviluppare anche una forma di autorevolezza non top-down, ma che faccia accettare ai partecipanti quello che propone loro come attività. Fondamentale è 3) far riflettere i docenti su come rendere trasparenti gli obiettivi con uno stile comunicativo chiaro. Questo aspetto va a toccare il tema della lingua da usare in classe: partendo dal presupposto che il docente è anche colui che fornisce input linguistico è indubbiamente necessario parlare italiano il più possibile, ma laddove si avverte la nascita di filtri affettivi si può passare anche alla lingua tedesca, anche se in presenza di partecipanti di altre nazionalità potrebbe creare dei problemi. Si dovrebbe evitare di tradurre quello che si sta dicendo in italiano, senza però farne un dogma, ma usando la traduzione solo in maniera mirata e riducendola con la progressione dell’apprendimento. Una buona possibilità per spiegare le parole è anche farlo con una pantomina o usare altri canali di comunicazione come il disegno alla lavagna, l’indicare sugli oggetti in classe o sulle immagini del libro, insomma tutte le forme comunicative non verbali. L’attrezzatura tecnologica è, come già detto, molto limitata quindi l’uso del registratore è spesso l’unico strumento che si ha a disposizione, ciò rende fondamentale fare almeno un ascolto ad ogni lezione, usando anche i materiali, per esempio, previsti nella parte degli esercizi; un altro strumento efficace per sviluppare la comunicazione è l’uso di materiale iconografico estrapolato dal libro ed ingrandito. Infine, discutere di come 4) variare le attività in classe, facendo attività di gruppo, non solo con il vicino o la vicina, ma anche facendo spostare i partecipanti dal proprio posto oppure creando delle squadre, anche in questo caso in ogni lezione ci dovrebbe essere almeno un paio di produzioni libere orali con partner alterni. Il lavoro in gruppo spesso viene visto come una perdita di tempo o come una produzione linguistica non corretta e i docenti dovrebbero imparare a spiegarne gli obiettivi.

Un altro ambito formativo su cui fra riflettere i docenti 5) sono i tagli necessari in rapporto al gruppo di apprendenti che si ha davanti per evitare di non essere in grado di finire il programma e quindi di adattare il manuale al gruppo semplicemente rallentando il ritmo di apprendimento. In questo senso si dovrebbe rendere chiari ai docenti i concetti di unità di apprendimento e come queste sono state sviluppate nel manuale per far evitare di romperne la struttura, cioè insegnare a non togliere le fasi di sintesi e ridurre l’unità di apprendimento a globalità e analisi o viceversa usare solo le attività di sintesi, senza quelle di analisi.

Un altro ambito formativo fondamentale è, a mio avviso, far riflettere i docenti su quale Italia presentare. Essendo loro il più importante trait d’union tra la classe e l’Italia è fondamentale usare tutte le parti del manuale in cui si riflette sulle differenze culturali senza scadere, però, in stereotipi e correggendo anche quelli che possono venir presentati dai corsisti.

L’ultimo aspetto che può rientrare nei bisogni di formazione è 6) una riflessione sulle modalità della correzione dei compiti in classe che fornisca gli strumenti su come sviluppare l’autonomia di apprendimento nei corsisti, quindi per esempio un corso di aggiornamento sugli strumenti che offre il Portfolio e sulle sue componenti meta cognitive. Oppure uno sulle possibilità di intercomprensione delle lingue romanze e su come utilizzarle in classe per lavorare con il lessico.

Da tutto ciò ne consegue che la formazione dovrebbe essere in primis una formazione come guida e non solo come presentazione di attività nuove da usare in classe, quindi formazione ad hoc per l’istituzione, in questo caso la VHS, dove si mettano in luce i meccanismi su come lavorare con un manuale. In sintesi una formazione che indichi: 1) come e dove tagliare le proposte didattiche del manuale per poter raggiungere gli obiettivi preposti; raggiungere per es. il livello A1 con tre corsi standard, insistendo sui contenuti fondamentali per un apprendimento consapevole e motivante. 2) Come gestire la classe e soprattutto 3) una formazione che offra ai docenti strumenti per riflettere in itinere sulla propria attività d’insegnamento. Perché “un buon insegnante non è quello che applica “un buon metodo” (che, in astratto, non esiste), ma quello che nell’applicare il suo metodo lo trova plausibile, perché è in grado di riflettere su come e perché funziona, su quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze, quali sono gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli, insomma sa cosa sta facendo e perché” (Pallotti 2001: 1)

 

6. CONCLUSIONI

Questo saggio ha carattere di work in progress. Non ha quindi presentato un percorso di ricerca concluso, ma partendo da un’analisi di due manuali per l’insegnamento dell’italiano LS, ha formulato delle linee concettuali su cui poter articolare una formazione di valutazione e verifica del proprio operare per i docenti di un’istituzione per il Life Long Learning. Formazione che coniugando risposte teoriche a problemi didattici sappia offrire spunti di riflessione sui processi di apprendimento, sugli stili comunicativi, sulle dinamiche in classe e sugli interventi opportuni nel manuale adottato per raggiungere gli obiettivi stabiliti, insegnando ad un pubblico eterogeneo.

Le prospettive che si aprono dopo queste riflessioni vanno in due direzioni: da una parte istituzionalizzare degli incontri per e con i docenti a tema in cui soffermarsi su problemi contingenti all’attività didattica, coinvolgendo anche, e soprattutto, le tante risorse di osservazione, riflessione e creatività dei docenti stessi e, al contempo, incentivare l’uso della piattaforma Moodle non solo per coadiuvare le lezioni in presenza, ma anche per creare una comunità di esperti non solo pensata come luogo dove scambiarsi materiale o informazioni, ma soprattutto come luogo per riflettere insieme. Si potrebbe, infine, riflettere sull’uso del Portfolio europeo per la formazione degli insegnanti di lingua (PEFIL), uno strumento creato nel 2007 dal Centro Europeo per le Lingue Moderne (ECML) a Graz,14 che in analogia a quello europeo per le lingue, già citato, potrebbe essere lo spunto per discutere sulle sue varie parti che riassumono con schede di autoanalisi i punti salienti della glottodidattica: metodologia, pianificazione e gestione delle lezioni, autonomia dell’apprendimento e certificazione, inserendo in questa discussione anche le altre esperienze di formazione svolte dai docenti al di fuori della VHS.

 

BIBLIOGRAFIA

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SEMPLICI, S. 2001,Modelli operativi di analisi di materiali didattici”, in DIADORI, P. (a cura di), Insegnare italiano a stranieri, Firenze, Le Monnier, 201-209.

SEMPLICI, S. 2011, “Approcci e metodi nei manuali didattici di italiano L2” in: DIADORI, P., GENNAI, C. & SEMPLICI, S.(a cura di), Progettazione editoriale per l’italiano L2, Perugia, Guerra, 86-104.

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VEDOVELLI, M. 2010, Guida all’italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue, Nuova Edizione, Roma, Carocci Editore.

 

 

1 Sull’editoria per l’italiano LS sul mercato tedesco, Rita Cagiano (2006) ha stilato un resoconto che tuttavia non può, dato l’anno di pubblicazione, tener conto delle novità editoriali degli ultimi anni. A mia conoscenza non esistono altri saggi sull’argomento.

2 Nel 2010 sono stati offerti da tutte le 938 VHS della Germania 18.285 corsi d’italiano (http://www.die-bonn.de/doks/2011-volkshochschule-statistik-01.pdf: 32). Quelli offerti dalla VHS di Monaco di Baviera (nel 2010 = 594) rappresentano quindi il 3,2% del totale sul territorio tedesco.

3 Con motivazione si intende secondo Pallotti (1998: 212-220) il motivo che spinge all’apprendimento di una lingua per cui si è disposti ad investire tempo ed energia. Quindi, l’attrattività di una lingua è correlata con la motivazione: più la lingua è per me attraente in termini di beneficio personale, più sono disposto ad investire. Tale motivazione può essere ‘estrinseca’ cioè basata sui bisogni (per un avere un posto di lavoro o per sostenere un esame, ecc.) oppure può essere ‘intrinseca’ se basata sul piacere (interesse per la lingua e cultura italiane, contatti con degli italiani, viaggi, ecc.).

4 Il test dei due manuali è già cominciato nell’ottobre del 2011 in quattro corsi ed è stato esteso a otto corsi in tutto il semestre successivo da marzo/aprile 2012. Pertanto, in alcuni corsi i due manuali sono stati utilizzati per due semestri, in altri solo per uno. Ho fatto le osservazioni solo una volta in ogni corso.

5 La decisione di analizzare i due manuali confrontandoli fra di loro ha carattere prettamente euristico: invece di stilare una scheda per ogni manuale, mi sembra più proficuo andare a vedere se e come scelte di contenuti e di loro didattizzazione, in realtà simili, dato il QCRE e il livello, vengano sviluppati in maniera diversa.

6 La struttura dell’analisi dei due manuali è stata concepita in base alle indicazioni di Biral (2000) e Semplici (2001; 2011).

7 I campi semantici scelti in ciascun manuale presentano delle differenze abbastanza irrilevanti: in un testo si parla di come descrivere una persona e nell’altro no, dove, invece, viene introdotto il campo semantico dell’abbigliamento. Sui descrittori divisi per livello v. QCER 2002: 55-124.

8 Il Portfolio Europeo delle Lingue (PEL) prevede, in realtà, tre sezioni: Passaporto delle lingue, Biografia linguistica e Dossier. Nei due manuali ne è stata implementata solo una parte, quella relativa all’analisi sul proprio processo di apprendimento. Per una descrizione del PEL v.: http://archivio.pubblica.istruzione.it/argomenti/portfolio/pelquadro.shtml.

9 Sul concetto di unità didattica e di unità di apprendimento cfr. Balboni 2002: 100-106.

10 Questa scelta segnala chiaramente che entrambi i manuali sono concepiti per l’insegnamento dell’italiano LS in Germania.

11 Pertanto, l’ottica della ricerca, svolta per raccogliere i dati empirici usati per la redazione di questo saggio, è di tipo qualitativo, in quanto la ricerca qualitativa si rifà alla tradizione scientifica della ricerca sociologica interpretativa che, appunto, interpreta i dati ermeneuticamente con metodi di analisi testuale e non li misura con strumenti di analisi di tipo statistico. Sui presupposti teorici dell’osservazione esperienziale cfr. Trinchero 2004: 111-122.

12 Sulle prerogative di questo tipo di questionari cfr. Trinchero 2002: 194;203.

13 Il modello è discusso per questo utilizzo in Balboni 2002: 81-88.

 

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