Novembre 2012 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
ABSTRACT
Questo progetto prende vita da un sogno fatto con lucidità. Del sogno, esso ha la forza ideologica e l’urgenza di realizzazione. Mentre ne ragiono, si muove nelle stanze del non ancora realizzato e attende approvazioni, consigli e molto altro. Come ogni spinta all’ideale, anche la mia deve fare i conti con aspetti realistici che ne danno l’indice di realizzabilità.
Un’insegnante di un qualsiasi corso estivo che prenda in consegna bambini per un corso intensivo d’italiano nei giorni di poco precedenti l’inizio della scuola può scegliere, se vuole, tra due atteggiamenti differenti. Può preoccuparsi di comunicare con le loro mamme oppure concentrarsi solo sui bambini, su didattica e obiettivi che fisserà per quel gruppo di piccoli sconosciuti, se li incontra per la prima volta. Può raccomandare ai visi timidi di quelle mamme di “ritirare in tempo i bambini” sapendo che in linea di massima il suo messaggio è stato accolto, anche perché già ascoltato dalle maestre di scuola in altri momenti. Oppure può cercare di penetrare “l’assordante silenzio” di quei visi, notare quanto il problema della comunicazione con queste speciali “alterità” non sia solo linguistico ma anche culturale e sociale, e che liquidarlo con l’aggettivo “linguistico” sia riduttivo.
Allora, se l’insegnante è donna, può avvertire un senso di partecipazione al problema di altre donne come lei, ma isolate e di diversi Paesi. Da insegnante formata per l’italiano L2 può, infine, avere la volontà di agire, intervenendo non solo glottodidatticamente per migliorare la qualità della comunicazione e ascoltare le armonie degli infiniti suoni contenuti in quei messaggi silenziosi.
In questo lavoro si desidera illustrare le motivazioni e le caratteristiche principali di un progetto socio-educativo il quale, nato per promuovere l’apprendimento dell’italiano L2 insieme all’inserimento sociale delle donne alloglotte e dei loro figli, si è arricchito di altri obiettivi.
Ho voluto chiamare Attiva-Mente, il progetto di cittadinanza attiva che dovrebbe tenere desta la mente di tutte le persone coinvolte.
1. AREE D’INTERVENTO
Il progetto prevede due macro-aree d’intervento: socio- educativa e formativa.
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Area socio-educativa: riguarda le famiglie migranti e in specifico le donne con i loro bambini in età prescolare; i figli grandi in età scolare.
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Area formativa: si dirige verso gli adolescenti e gli adulti, migranti e non, e si propone di formarli come mediatori linguistico-culturali, in conformità a un profilo di competenze studiato in accordo con l’Università Cà Foscari di Venezia cercando di aderire alle richieste della Provincia autonoma di Bolzano.
2. LE RAGIONI DI FONDO: LE DONNE SONO IL SEGRETO DEL SUCCESSO DELL’INTEGRAZIONE CULTURALE
In ogni cultura, nel passato e nel presente, la donna è o dovrebbe essere la chiave tradizionale per la trasmissione, all’interno della famiglia d’origine, di saperi procedurali e dichiarativi, presenti nella lingua madre, provenienti dalla cultura. Molte culture sono rappresentate all’interno del nostro tessuto sociale. Dovrebbe essere possibile non soltanto penetrare questi saperi per comprenderli, ma anche scambiarli su un piano di reciproca comprensibilità non solo linguistica.
Per attivare lo scambio, è importante fornire alle persone, in questo caso donne, gli strumenti linguistico-culturali per capire, esprimersi e spiegarsi, acquisirli noi stessi. Farlo nel rispetto delle reciproche culture, limitandosi a proporre un’offerta didattica che riconosca l’importanza spettante nell’ambiente familiare al ruolo delle donne per la formazione degli individui.
Le donne sono la chiave per promuovere la movimentazione d’idee e valori. Attraverso lo scambio comunicativo e i gesti di tutti i giorni, le donne avviano il cambiamento nella vita quotidiana.
Osservando le cose in questo modo, facilmente ci sentiamo consapevoli del fatto che le donne sono il segreto del successo dell’integrazione culturale per le loro famiglie e per la loro cultura di origine, se messe in condizione di interagire nel nuovo ambiente. Sia perdonato il gioco di parole: interazione per integrazione, cioè interagire per integrarsi e integrare. L’interazione è azione, è l’atto di mettere in comune munera: si tratti di oggetti o pensieri, opinioni o valori, ciò che generosamente è offerto su un piano di comprensibilità ed efficacia nei differenti contesti comunicativi quotidiani, agisce sui partecipanti in modo che tutti si rinnovino attraverso lo scambio. Integrare non significa rinunciare a una parte di sé, bensì accettare di communicare1, mettere in comune il proprio munus per vederlo tornare a sé diverso al termine del processo di costruzione comune.
Per interagire consapevolmente è necessario attivare dei saperi, trasformarli in competenze, esercitare in base alle proprie capacità gli strumenti linguistici e paralinguistici di una lingua, per agire sul piano dello scambio efficace ed esente da fraintendimenti.
Di ogni grammatica bisogna saper impiegare i linguaggi appropriati, utilizzando la lingua come uno strumento di comunicazione e autopromozione, utile sia per inserirsi socialmente, sia per trasmettere propri valori culturali da consegnare ad altri, perché ne facciano elementi integrabili e/o identificabili con la propria cultura.
La mia domanda, osservando le donne fuori dalla scuola dei loro figli, si dirige intorno alla definizione del quanto: quanto sapranno usare la lingua? Quanto desidererebbero usarla? Quanto si sentiranno condizionate dalla riservatezza che fa parte di loro e quanto in là si estende questo condizionamento che forse è tale, nel suo significato di limite, solo per me? Quanto desidererebbero integrarsi per capire e partecipare? Quanto vorrebbero acquisire gli strumenti per parlare con gli insegnanti dei loro figli e spiegare come sono e cosa fanno il pomeriggio e se hanno finito i compiti, scambiare due parole con altre persone che non siano i loro connazionali o fare la spesa la mattina?
3. L’ANALISI DEL TERRITORIO
L’offerta linguistica per persone adulte della città di Bolzano, non soddisfatta dai Centri Territoriali Permanenti (CTP), che arrivano fino al confine territoriale della Provincia autonoma di Trento compresa, prevede iniziative interessanti e varie.
Il ruolo dell’apprendimento linguistico, mancando i CTP, è assegnato ad Agenzie di Educazione permanente leader nel settore, come l’Alpha Beta Piccadilly e l’AZB, o cooperative sociali come il Consorzio Lavoratori Studenti (CLS), e la Cooperativa onlus Cedocs.
Esistono poi progetti finanziati dalle Comunità comprensoriali, come il “Mami lernt Deutsch", in base al quale le mamme straniere imparano il tedesco insieme ai loro bambini. Mentre scriviamo, è in preparazione a Bolzano una mappatura dettagliata delle opportunità linguistiche offerte agli stranieri nel territorio provinciale.
L’Associazione “Donne Nissà” promuove l’inserimento sociale e lavorativo delle donne straniere con azioni didattiche e ricreative, che si dirigono verso l’apprendimento e l’integrazione sociale con l’uso della lingua.
Eppure, a quanto ci risulta, in Alto Adige nessuna iniziativa come invece ha fatto quella della Comunità Comprensoriale Val Pusteria per il tedesco, ha provveduto a indicare in una struttura protetta un luogo privilegiato e unico in cui le mamme possano entrare con i loro figli e dedicarsi ai propri apprendimenti, mentre altre donne si occupano di quelli dei loro bambini in modo ludico.
4. LA PRIMA PARTE DEL PROGETTO: LE MAMME CON I BAMBINI
Il modello, applicato nei già detti CTP di Trento e Rovereto, sta riscuotendo in questi ultimi anni grande approvazione per la sua funzionalità e umanità e potrebbe essere esportato a Bolzano.
L’approccio utilizzato nei CTP potrebbe rappresentare il punto di partenza per il progetto che si vorrebbe sviluppare a Bolzano.
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Donne adulte |
Bambini |
Istruzione |
Incentivazione linguistica
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Scuola materna
Nido
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Tutela e salvaguardia |
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Vantaggi |
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Tab. 1: i vantaggi del progetto
Le sue caratteristiche peculiari possono essere individuate in primo luogo nella risposta al bisogno elementare di tutela e salvaguardia del minore e dell’integrità familiare delle fasce sociali bisognose; in secondo luogo, lo schema risponde al bisogno di istruzione delle madri di famiglia; in più intende prendersi cura di quel bisogno e soddisfarlo integrando la tutela con l’incentivazione linguistica nei confronti dei piccoli in età prescolare, dei quali le mamme possono “dimenticarsi” in tranquillità, dedicandosi a se stesse per due ore del loro tempo la mattina, mentre i figli più grandi sono a scuola e i mariti al lavoro.
Il nostro progetto, rispetto a quanto già detto, svolgerebbe un servizio importante per le scuole, che riceverebbero bambini già introdotti all’uso della lingua. Quest’ultimo aspetto ne rappresenta un valore aggiunto.
Il progetto, ci preme evidenziare, si conforma pienamente alle disposizioni sul bilinguismo, allargando l’offerta didattica all’italiano e al tedesco con un sistema di apprendimento bilingue riservato ai bambini.
Dopo il servizio alle scuole, la seconda ricaduta diretta del progetto sarebbe nell’istruzione delle madri all’abilità di comunicare nei più svariati ambiti della vita quotidiana, favorendo il settore della scuola e dell’interazione con gli insegnanti dei loro figli più grandi e/o con i datori di lavoro.
Sempre più donne straniere, inoltre, rivestono un ruolo oltre che come madri, anche come compagne dei loro uomini nel lavoro. Basti pensare a quante donne alloglotte ormai si possono vedere ai banchi del mercato, a quante consegnano la posta o fanno le badanti, puliscono i palazzi o dirigono imprese di pulizia.
Ci domandiamo perché dunque queste donne non dovrebbero essere in grado di interagire con una cliente e consigliarla su cosa comprare, o capire e rispondere adeguatamente all’insegnante del proprio figlio.
Queste donne potrebbero un giorno essere in grado di aiutare il figlio nei compiti o capire una semplice consegna o una circolare scolastica.
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Donne |
Bambini |
Sede attività mattutine |
Casa Laboratorio |
Casa Laboratorio |
Modalità di apprendimento |
Corsi di lingua Dibattiti a tema Moduli specifici (informatica, sartoria…) Scambi di cucina Riti tradizionali (tè, festa di fine Ramadan…) |
Gioco |
Sede dei corsi |
Un appartamento/negozio
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Sede dei dibattiti e incontri |
Scuola |
Scuola |
Certificazione linguistica |
Corsi di preparazione Plida |
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Tab. 2: i corsi
I corsi di lingua, impostati sull’approccio comunicativo, sarebbero organizzati nella Casa-Laboratorio.
La Casa è immaginata come uno spazio tranquillo e intimo, organizzato per comunicare, cioè scambiare valori.
Nella Casa s’impara, si discute, ci si aiuta, si scambiano favori e opinioni, in italiano e in tedesco. La gestione è comune e a turno si contribuisce ad aiutare la maestra nella custodia dei bambini. Quando impegnate con i bambini, le donne che non possono partecipare alle lezioni ricevono i compiti e gli appunti dalle compagne.
Si offrono scambi culturali come ricette di cucina, rituali come quello del tè o del caffè, consulenze e moduli su argomenti specifici e progetti di apprendimento dell’italiano e del tedesco in base al Quadro Comune Europeo per le lingue.
Ogni percorso linguistico potrebbe essere integrato con corsi di preparazione alla Certificazione di conoscenza linguistica (Plida) utile per il lavoro, lo studio e il permesso di soggiorno di lungo periodo.
Immaginiamo la Casa come un’impresa gestita dalle insegnanti in collaborazione con le loro allieve.
La sede di Attiva-Mente dovrebbe essere prossima a una scuola, già identificata, per facilitare l’osmosi nel contatto con la struttura scolastica, polo di attrazione di tutte le occasioni ufficiali coinvolgenti le madri allo stesso modo dei figli più grandi inseriti nella stessa scuola.
Buone occasioni d’integrazione di valori e sistemi di vita potrebbero essere rappresentate da tavole rotonde a tema, feste interculturali e di cucina, oppure esibizioni di lavori e progetti portati in essere dalle madri in Casa-Laboratorio.
Lo scambio osmotico con la scuola dovrebbe rappresentare comunque l’approccio essenziale, utile soprattutto ad avvicinare la famiglia alloglotta alla scuola, alla società e viceversa.
Perché la vera utilità della scuola è questa: non solo un luogo dove s’imparano contenuti, ma anche un luogo dove si vive communicando.
5. LA SECONDA PARTE DEL PROGETTO: LO SPORTELLO COMPITI PER I FIGLI GRANDI
Ci occupiamo qui della formazione dei ragazzi alloglotti inseriti nella scuola dell’obbligo, con una proposta di sportello, riservato loro, per l’aiuto dei compiti a casa.
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Giovani adolescenti |
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Sede attività pomeridiane |
Casa – laboratorio/ Scuola |
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Modalità di apprendimento |
Esecuzione dei compiti assegnati per casa
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Altri interventi |
Su richiesta della scuola, attività di formazione e aggiornamento per gli insegnanti.
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Da inserire in calendario |
Riunioni per scambio d’informazioni e programmazione comune tra le figure educative
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Tab. 3: lo sportello dei compiti
L’idea, maturata in accordo con l’Istituto Comprensivo già indicato in precedenza, svilupperebbe in un progetto pilota un modello esportabile nelle altre scuole della città e mirato ad arginare gli insuccessi e gli abbandoni scolastici.
È fondamentale, per il successo dell’offerta formativa e per arginare i rischi da straniamento culturale nella classe o peggio da esclusione (Zoletto 2004: 60-61), l’approccio operativo e la sinergia con il collegio docenti.
È necessario quindi destinare all’aggiornamento e al confronto occasioni istituzionali da ufficializzare nel POF e calendarizzare, allo scopo di dare coerenza, trasparenza e armonia a tutti gli interventi diretti all’alunno straniero.
In questo intervento è fondamentale, crediamo, l’azione in rete e in corrispondenza con i facilitatori e i mediatori e lo scambio di buone pratiche anche con l’istituzione di una banca dati in cui lasciare materiali utili a tutti.
6. LA TERZA PARTE DEL PROGETTO: FORMARE IL MEDIATORE LINGUISTICO-CULTURALE CON L’APPRENDIMENTO IN CLASSE VIRTUALE
S’introduce qui la parte più ambiziosa, più assordantemente silente, del progetto, che attiene all’Area formativa riservata ai giovani adulti e diretta alla formazione professionale dei mediatori.
6.1 CONSIDERAZIONI GENERALI SULLA FIGURA DEL MEDIATORE. UNA RICERCA DELL’ISFOL
La figura del mediatore e la definizione del suo ruolo sono state oggetto di studi attenti fin dagli anni ‘90.
Dalla “Ricerca esplorativa e conoscitiva sulla figura del Mediatore culturale in sei Paesi europei” finanziata per l’Italia dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, (Casadei, Franceschetti 2009) emergono dati e riflessioni importanti.
Quello che più interessa ai fini di queste riflessioni è che fin dal 1997 alcune regioni italiane hanno provveduto, con apposite delibere, a definire caratteristiche professionali, ruolo, competenze, formazione e ambiti di intervento dei mediatori, allo scopo di costituire elenchi ufficiali o albi regionali in cui pubblicare nomi di persone formate alla professione in tal modo direttamente fruibili dalle aziende, enti o scuole che ne avessero necessità.
Allo stesso scopo le regioni si sono interrogate sulla definizione della figura professionale, sottesa al ruolo che le era attribuito.
Nelle delibere della Provincia autonoma del Trentino-Alto Adige, sono definiti “mediatori interculturali”, MIC, o “mediatori/trici linguistico-culturali”, MLC, coloro che si occupano di promuovere e progettare politiche di accoglienza e integrazione multiculturale in diversi ambiti d’intervento: politico, sociale, educativo e formativo, aziendale, sanitario, lavorativo.
Sostengono Casadei e Franceschetti (2009: 9):
“La mediazione ha una funzione diretta a risolvere problemi, proporre soluzioni, governare fenomeni, valorizzare risorse della società multietnica e multiculturale. L’impiego e la formazione dei mediatori sono fortemente influenzati dal modello d’inserimento ed integrazione delineato dalle varie politiche per gli immigrati.
La figura del mediatore è promossa dalle Ong e dalle associazioni (laiche e cattoliche) che offrono assistenza agli immigrati. La sua utilità è recepita da funzionari di Questure, Ospedali (San Gallicano) e amministrazioni (Comuni di Roma, Bolzano, Firenze e Torino). La figura è coinvolta anche nelle prime realtà di accoglienza straordinaria e di emergenza (Comiso, primi Centri di permanenza temporanea, centri per minori e per adulti di secondo livello) e viene chiamata primariamente in causa per fungere da “ponte” fra le differenti comunità etniche nei diversi contesti di riferimento. I mediatori svolgono il loro ruolo non solo con e per i servizi pubblici, ma anche accanto alle grandi organizzazioni che si occupano di emergenza (Protezione Civile, Croce rossa, Misericordie, Caritas, Compagnia delle Opere, Cir, Acnur).”.
Per prima la Toscana nel 1997, infine le Province autonome di Bolzano e Valle d’Aosta, hanno normato questa figura professionale, dotandola di definizioni che fanno risaltare la natura tecnica, linguistica e culturale della professione del mediatore, quale operatore addetto alla comunicazione interculturale e all'inclusione, a conoscenza diretta dei codici linguistico-culturali della popolazione migrante di riferimento.
In due regioni italiane (Friuli Venezia-Giulia e Valle d’Aosta) si è provveduto in questi anni a pubblicare un elenco regionale dei mediatori qualificati in base alle caratteristiche professionali richieste, raggiunte attraverso corsi di formazione professionalizzante.
Nella Provincia di Bolzano un tale elenco non esiste ancora, ma verrà istituito, come previsto dall'art. 9 della legge provinciale 12/2011 "Integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri"2. Al momento manca ancora il regolamento di attuazione che dovrà disciplinare la tenuta dell'elenco e i criteri di ammissione. Nella necessità di stabilire i criteri a sostegno dell’elenco, l’Area Umanitaria della Formazione professionale italiana sta al momento conducendo uno studio sui mediatori interculturali in Provincia di Bolzano.
6.2 CARATTERISTICHE E COMPETENZE DEL MEDIATORE: MEDIATORE LINGUISTICO-CULTURALE E MEDIATORE INTERCULTURALE
Riflettiamo sulle caratteristiche del futuro mediatore, iniziando dal profilo dei possibili utenti.
Ipotizziamo altresì la frequenza di un corso professionalizzante, al termine del quale il formando, dopo apposito tirocinio, possa acquisire il titolo ed esercitare la professione.
Riflettiamo anche sulle caratteristiche delle due figure di mediatori già citate in precedenza.
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Corso professionalizzante |
Corso professionalizzante |
Qualifica professionale |
Mediatore/mediatrice linguistico-culturale (MLC) |
Mediatore/mediatrice interculturale (MIC) |
Utenti |
Giovani adulti
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Provenienza |
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Titolo di studio necessario |
Diploma di Scuola superiore ottenuto in Italia o equipollente |
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Situazione legale |
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Ambiti d’intervento (riconosciuti dalle Delibere regionali) |
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Precompetenze |
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Altre precompetenze (non caratterizzanti) |
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Conoscenze da curare in partenza |
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Tab. 4: profilo degli utenti
Tutte le competenze sopra esposte conducono al (ibid. 2009: 13):
“comune denominatore relativo al supporto nella facilitazione e comprensione sia linguistica che culturale, nella figura di ponte e di cerniera tra persone, operatori, enti istituzioni, famiglia e comunità culturali in genere.”.
I percorsi formativi sono praticamente uguali per le due figure professionali. Le differenze subentrano con l’aggettivo “linguistico”. Interviene infatti una discriminante se si entra nell’area linguistica, perché essa presume competenze più facilmente rintracciabili in studenti italiani. Per tale ragione il percorso professionalizzante del MLC potrebbe essere esteso a studenti di madre lingua italiana.
Potrebbe, ma non dovrebbe: il vero valore aggiunto di una classe mistilingue può essere rintracciato nello scambio culturale che ne conseguirebbe, a tutto vantaggio della competenza interculturale degli studenti. Riteniamo, quindi, la presenza degli studenti italiani un vantaggio in una classe mistilingue, ma ci sembra limitante indicare negli italiani i più adatti a un percorso di formazione per MLC. Ci sembra invece giusto allargare l’opportunità a tutti, italiani e migranti.
La profonda conoscenza dell’italiano, come fanno notare gli studiosi dell’Isfol, si rende necessaria nelle situazioni che formalizzano l’esposizione del migrante al pubblico, dove la competenza linguistica è necessaria e irrinunciabile. Ma nei contesti in cui insieme alla competenza interculturale si esercitano le strategie di empatia, psicologia e ascolto o mediazione, che, ad esempio, si richiedono nelle relazioni educative o nei colloqui di inserimento, e in cui è necessaria la conoscenza dei codici verbali e paraverbali della cultura coinvolta, la quota di “centralità” della competenza linguistica scende a vantaggio di altre competenze (ibid. 2009: 14). Nelle relazioni educative, dove è possibile un lavoro di collaborazione con insegnanti e facilitatori linguistici, il mediatore può dare e ricevere aiuto e sostegno.
Potremmo ipotizzare, infine, percorsi di apprendimento linguistico propedeutici alla scelta professionale caratterizzante e quindi qualificanti - e determinanti - per la scelta di prosecuzione degli studi fino al titolo di MLC o MI.
6.3 LA FORMAZIONE DEL MEDIATORE
Immaginiamo di seguito un percorso di formazione, dal quale tralasciamo gli obiettivi formativi. Di seguito, gli aspetti importanti del progetto:
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sarebbe organizzato dall’Università come un corso di formazione indipendente dalla Laurea, ma basato comunque sul sistema creditizio.
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Sarebbe gestito per conto dell’Università da un Ente, Cooperativa o Associazione, con un piano formativo costruito sulle richieste provinciali ora in via di elaborazione (cfr. par. 6.1), e, per collegare la formazione professionale al lavoro, in sinergia con l’Ufficio del Lavoro, della formazione professionale e l’Ufficio donna di Bolzano.
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Allaccerebbe alla concessione di crediti la motivazione necessaria al desiderio di proseguimento degli studi.
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Il percorso didattico avrebbe un’impostazione teorico-pratica marcata.
6.4 SCHEMA DI PROGETTO
È nostra intenzione adeguarci al profilo per mediatori linguistico-culturali in via di costituzione in Alto Adige. Il profilo, che sarà pubblicato sul portale della Provincia Autonoma, sarà l’obiettivo al quale il percorso di formazione mirerà in modo da formare una figura professionale competente e coerente con l’offerta. Il nome dei formati dovrà apparire in elenco.
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Corso professionalizzante |
Mediatore/mediatrice linguistico-culturale (MLC) Mediatore/mediatrice interculturale (MIC) |
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Requisiti di accesso |
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Ammissione |
Con prova d’ingresso
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Titolo di studio necessario |
Diploma di Scuola superiore ottenuto in Italia o titolo equipollente |
Durata |
Da minimo 500 a massimo 800 ore: quota di 35-50% spendibile in stage e laboratorio |
Percorsi |
Percorso base:
Al termine del percorso, chi vuole può proseguire con il percorso caratterizzante. Chi non lo ritiene necessario avrà comunque frequentato un corso che gli certifica:
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Percorsi caratterizzanti:
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Modalità di svolgimento |
Classe blended organizzata in struttura modulare
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Competenze in uscita |
(introdurre una comunicazione efficace e non violenta; saper ascoltare; comporre le situazioni di conflitto).
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Strumenti di osservazione/ autosservazione |
Questionari, note di campo, schede di osservazione, registrazioni audio-video.
Diario di bordo dello studente e dell’insegnante. |
Certificazione linguistica in entrata |
Plida B1 |
Certificazione linguistica in uscita |
Plida B2, C1, C2 |
Tab. 5: schema di progetto
Per riassumere: il mediatore, linguistico-culturale o interculturale, è una figura chiave nel processo d’integrazione dei migranti. Italiano o straniero, facilita le relazioni fra immigrati e società di accoglienza. Affianca gli operatori italiani, pubblici e privati, nelle attività di consulenza, informazione, formazione, orientamento e accompagnamento rivolte agli immigrati.
Ha un'adeguata conoscenza della lingua italiana, una buona conoscenza della lingua madre o della lingua veicolare scelta ai fini della mediazione e dei codici culturali sottesi al gruppo immigrato di riferimento e dell’ambito situazionale in cui l’attività si svolge. È dotato di adeguate capacità comunicative, di relazione e di gestione dei conflitti.
7. CONCLUSIONE
Il progetto presentato è nato dall’idea di offrire un servizio a donne con bambini e si è progressivamente esteso ad altre possibili fasce di utenti, in considerazione di due aspetti importanti: i bisogni urgenti della scuola e le potenzialità dei giovani adolescenti alloglotti, che capita di osservare e conoscere approfonditamente, spesso quando arriva il momento di lasciarli andare.
I bisogni osservati nella scuola sono molti e non è possibile dedicare loro più dello spazio che una conclusione concede. Ne riassumeremo quattro.
Il primo bisogno riguarda le competenze: la scuola non è esente dalla confusione riguardo a quello che gli operatori interculturali sanno e sanno fare. Il fatto che tali competenze non presentino aspetti di omogeneità è evidente a cominciare dai diversi modi in cui sono chiamati, denotanti la confusione intorno al loro ruolo. La confusione ne impedisce il corretto utilizzo, come la loro professionalità giustamente merita.
Il secondo bisogno riguarda l’azione didattica: la necessità irrinunciabile di rendere di prassi e trasparenti i contatti tra educatori e operatori interculturali, ai fini della coerenza degli interventi. Anche un’iniziativa banale come uno sportello dei compiti, se attuata con coerenza, può essere di aiuto per incoraggiare e motivare studenti e insegnanti.
Il terzo bisogno riguarda il rapporto tra la scuola e la famiglia: il dialogo tra le istituzioni scolastiche e le famiglie deve essere dotato di strumenti che riducano le distanze, invece di aumentarle. Quanto detto è valido ancor più per le famiglie alloglotte e soprattutto per le madri, che spesso non hanno gli strumenti culturali e linguistici per comunicare con le figure di riferimento.
Il quarto bisogno riguarda gli alunni: è l’importanza di ridurre il rischio d’insuccessi e abbandoni scolastici dei ragazzi stranieri e limitarne l’incanalamento a imbuto verso le scuole professionali. Non perché esse rappresentino una soluzione negativa, ma perché non dovrebbero essere l’unica o la maggioritaria.
Per quanto riguarda i giovani adolescenti, riteniamo che dei soggetti ben formati e valorizzati per quanto sanno e sanno fare, con madri in grado di dirigerli e aiutarli, siano la chiave per entrare a passo di marcia nella nuova società del domani, che dovrà essere serenamente interculturale.
BIBLIOGRAFIA
BALBONI, P., 2008, Le sfide di Babele, UTET, Novara.
CASADEI, S., FRANCESCHETTI, M., 2009, Il Mediatore culturale in sei Paesi europei, (Italia, Francia, Germania, Grecia, Regno Unito e Spagna) ambiti di intervento, percorsi di accesso e competenze. Report di ricerca. [Internet] (128 pagine), ISFOL, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, ISSN 2037-2582, http://www.isfol.it/DocEditor/test/File/2009/Strumenti_Isfol/Il_Mediatore_culturale_in_sei_Paesi_europei.pdf, (data ultima consultazione: 30/05/2012).
FAVARO, G., LUATTI, L., 2004, L’intercultura dalla A alla Z, Angeli, Milano.
SERENELLI, M., Indagine su Mediatori culturali e Facilitatori Linguistici aa.ss. 2006/2007 e 2007/2008, [Internet] (71 pagine), Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica, ex IRRE, http://www.integrazionemigranti.gov.it/mediazione/Documents/indagini%20mediatori%20serenelli.pdf, (data ultima consultazione: 30/05/2012).
SOLDINI, A., 2007, L’elefante invisibile. Breve riflessione sull’insegnamento italiano nelle differenze, [Internet] (11 pagine), Studi di Glottodidattica, 3, 101-111, http://ojs.cimedoc.uniba.it/index.php/glottodidattica/article/view/27/26 (29/05/2012).
ZOLETTO, D., 2007, Straniero in classe, Una pedagogia dell’ospitalità, Raffaello Cortina, Milano.
SITOGRAFIA
Agenzie di Educazione permanente in Bolzano
http://www.azb.cc/it/home.aspx
Centro informativo per l’immigrazione in Trento
http://www.cinformi.it/index.php/guide_pratiche/macrobisogni/studiare/corsi_di_italiano
Centro Territoriale permanente di Rovereto
Il portale della scuola in trentino
Centro Eda, Centro Territoriale Permanente di Trento
http://www.istitutotrento5.it/index.php/centro-educadione-adulti/finalita-eda.html
Associazione Donne Nissà, che si propone come luogo di incontro e aggregazione interculturale, rivolta soprattutto alle donne migranti.
http://www.nissa.bz.it/140.html
Corso on-line di approfondimento, apprendimento di tematiche giuridiche, metodologie e tecniche didattiche e gestionali per manager e quadri. Molto ricca in epistemologia.
La gestione dell'aula per manager impegnati in attività formative. La vera etimologia della parola comunicazione: dono e còmpito.
http://www.praxismanagement.it/aula/files/corso143.htm
Sito ufficiale della Comunità comprensoriale della Val Pusteria. Molto ricco di offerte per le famiglie migranti.
Mami lernt Deutsch in Bruneck. Deutschkurse für Sprachneulinge.
1 Dal Vocabolario della Lingua italiana Treccani, I A-C (1987: 867): comunicare, lat. communicare, da communis (comp. da con-munus, propr. “che compie il medesimo ufficio”; [...] che appartiene o si riferisce a tutti o ai più), dal lat. eccles., communicare altari: “partecipare all’altare”. L’atto del: “1) Rendere comune, far parte ad altri di ciò che è proprio; 2) per lo più di cose non materiali [...]: c. pensieri, idee, sentimenti; c. la propria scienza; c. il coraggio, il timore. Inoltre, molto bella la definizione che si trova sfruttando il canale giuridico. In http://www.praxismanagement.it/aula/files/corso143.htm, Valenti (2009): “Sostantivo e verbo derivano direttamente dall'aggettivo communis, formato a sua volta da cum + munis (munus), che significa avere in comune con altri un obbligo, in quanto si ha consapevolezza di un dono. Sia munis, "obbligato, riconoscente" (cfr. anche munia, "doveri, cariche, funzioni") che munus, parola latina con ampio ma omogeneo spettro di significato che va da "dono" a "dovere" a "compito", derivano infatti dalla radice indoeuropea *mei - che significa "cambiare", nel senso dunque di qualcosa che viene scambiato come dono e per il quale ci si sente in obbligo, ma anche come sottolineatura del cambiamento presente nel donare e nell'impegnarsi.“.
2 L.P. 12/2011, art. 9, Mediazione interculturale: “Al fine di promuovere la mediazione interculturale […] in particolare nei settori dell’istruzione […], è istituito l’elenco provinciale delle mediatrici e dei mediatori interculturali in possesso delle necessarie competenze professionali”.