Novembre 2012 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
ABSTRACT
La ricerca-azione (RA) è, per sua natura, un metodo che richiede un approccio plurale poiché “il self reflective enquiry sulle proprie azioni è più proficuo se viene condotto in gruppo con colleghi” e poiché ”la ricerca deve essere resa pubblica” (Coonan, 2000). Questo principio è valido per la generalità dei lavori condotti da studiosi e sperimentatori a partire dalla scienza tradizionale fino agli ambiti più innovativi, ma diventa elemento fondante della RA sia nel momento finale della diffusione del progetto concluso (che nel nostro caso coincide con il convegno di Venezia), sia durante le varie fasi attraverso le quali si snoda il procedere della ricerca.
1. INTRODUZIONE
La RA prevede una fase iniziale di ricognizione, composta dai primi sondaggi atti a mettere a fuoco il problema che si vuole risolvere o l’ambito di analisi che si desidera approfondire. Durante questa fase si è chiamati a realizzare una prima raccolta di dati, ad esempio proponendo agli studenti un questionario o intervistandoli, dati che verranno analizzati e discussi dal gruppo di ricerca che, per quanto ristretto, contribuirà in modo decisivo alla messa in discussione, all’analisi e alla riflessione sul procedere del conseguente piano d’azione. La RA non è mai autoreferenziale: il singolo si confronta sempre e comunque con l’altro da sé, sia esso costituito dagli studenti di italiano L2 o LS, dai fruitori di progetti di diffusione dell’italiano all’estero, dai colleghi, dal tutor del Master, dai colleghi di corso. Le riflessioni, perfino le percezioni espresse dai vari soggetti coinvolti nel progetto hanno dignità e valore pari a quelle del soggetto che gestisce il cambiamento; è dal confronto reciproco e dalla comparazione di dati provenienti da fonti diverse che ha origine la triangolazione, principio su cui si fonda il valore oggettivo della ricerca.
I partecipanti al convegno hanno lavorato ad un primo micro-livello realizzando progetti su tematiche di vario genere, avvalendosi della collaborazione per la maggior parte di colleghi in qualità di amici-critici (secondo la definizione di Burns, 1999) sia in presenza che a distanza.
Durante la seconda fase del percorso, molti di loro hanno allargato il cerchio e si sono confrontati con i colleghi del Post Master, scambiando pareri, opinioni e letture all’interno della comunità virtuale del forum.
La terza fase ha visto concretizzarsi l’opportunità di confronto in presenza a Venezia, momento che ci auguriamo diventi punto di partenza per altri scambi e altri progetti. L’approccio plurale diventa quindi il punto di convergenza che accomuna e attraversa le esperienze individuali e le rende importanti e significative proprio perché trasformate e arricchite dal confronto e dalla discussione di gruppo, pur nella diversità dei contesti di realizzazione, dei soggetti coinvolti e dei temi trattati.
2. IL RUOLO DEI PARTECIPANTI
Altro elemento fondante della comunità creatasi è la relativa scomparsa dei ruoli al suo interno: i docenti, sia che operino nel settore dell’istruzione, sia che si occupino della diffusione e valorizzazione della lingua italiana nel mondo, successivamente al percorso del Master hanno continuato a lavorare a progetti di RA socializzando nel forum le loro opinioni e i loro suggerimenti in riferimento ad alcuni macro-temi lanciati da un tutor. Il tutor, un membro della comunità stessa messosi a disposizione per gestire trimestralmente i forum, ha avuto la funzione di coordinare e orientare, più che dirigere la discussione. Nel corso del convegno la presenza di alcuni tra i maggiori esperti del settore ha avuto la stessa funzione di orientamento e sollecitazione intellettuale in un clima di dialogo. In sede di forum prima e di convegno poi, gli appartenenti alla comunità hanno quindi realizzato esperienze di peer tutoring, che si dimostra ancora una volta una delle modalità più efficaci di formazione e crescita professionale. In questa prospettiva, la RA si connota come pratica autenticamente democratica (Elliott, 1991).
3. CONOSCENZA ED ESPERIENZA
Come abbiamo detto, la circolarità della conoscenza e dell’esperienza si realizza attraverso la collaborazione e lo scambio reciproco a livello di rapporti interpersonali, ma anche, e soprattutto, a livello di metodo. In base al modello di Kemmis e McTaggart (in Lopriore 2002), si parte da un’ipotesi o da un interrogativo di ricerca, si verifica l’effettiva veridicità del quesito posto mediante una prima raccolta dati, per liberare il campo da possibili errate percezioni o interpretazioni esclusivamente soggettive e non rispondenti al vero. Si va quindi a delineare un piano d’azione che, scandito in varie fasi opportunamente monitorate, porterà alla soluzione, totale o parziale, del problema inizialmente posto. La riflessione finale consentirà di valutare gli esiti raggiunti e di ripartire, se necessario, con un altro progetto, secondo un andamento a spirale che costituisce una delle caratteristiche pregnanti del metodo.
Il processo di RA vede come protagonisti i ricercatori stessi, soggetto e oggetto della ricerca, il gruppo di lavoro e quanti operano nel contesto osservato, senza alcun controllo delle variabili, a differenza di quanto avviene nella ricerca sperimentale.
All’interno di questo processo, conoscenza ed esperienza si alternano e si alimentano reciprocamente in uno scambio continuo. La realtà viene letta e interpretata alla luce della conoscenza e la lettura dell’esperienza sarà tanto più profonda quanto più ampia sarà la conoscenza e questa troverà nella concretezza dell’agire il proprio senso e la propria ragione d’essere. Nella RA viene quindi superata la dicotomia aristotelica tra teoria e prassi, ossia tra il sapere astratto e l’azione, tradizionalmente considerata di livello inferiore poiché fondata sulla pratica. La RA si pone dunque come un’alternativa ad un certo stereotipo che considera l’agire sul campo una pratica verso cui il ricercatore deve mantenere un prudente, nobile distacco, limitandosi ad un’osservazione asettica di ciò che viene percepito come semplice laboratorio di analisi e riservandosi il diritto di trarre le conclusioni sulla base di esperimenti svolti nella sua veste di esperto, in contesti le cui variabili sono tenute sotto controllo, per pervenire a verità generalizzabili.
Le esperienze di studiosi quali Lewin, Stenhouse e Elliott (Losito, Pozzo, 2005) dimostrano invece come esperti di RA siano scesi in campo, operando fianco a fianco con docenti e operatori e assumendo in alcuni casi essi stessi il ruolo di insegnanti e operatori. La figura del docente-ricercatore nasce dalla convinzione che solo chi è addentro ai fenomeni in uno specifico contesto può conoscerli e comprenderli appieno e operare cambiamenti, purché il soggetto sia in grado di riflettere criticamente sulle proprie azioni non in forma individuale, ribadiamo, ma all’interno di un gruppo di ricerca.
Ci auguriamo che la varietà e pluralità di esperienze, di conoscenze e di contesti rappresentati al convegno di Venezia siano il punto di partenza per la nascita e la condivisione di altri progetti, l’esplorazione di nuovi contesti e la produzione di nuove conoscenze.
4. INTRODUZIONE AGLI INTERVENTI DEL CONVEGNO
Procediamo ora con una breve analisi dei contributi dei partecipanti al Convegno, cercando di individuare alcuni filoni di lettura. Il Prof. Paolo E. Balboni descrive problemi e potenzialità legate alla figura del docente di italiano L2 sia a livello giuridico-istituzionale che a livello metodologico-didattico. Partiamo innanzitutto dalla formazione: esistono in Italia realtà molto differenziate a riguardo e il panorama individuato dagli intervenuti al Convegno lo conferma. Nel corso degli ultimi anni molto è stato fatto e l’offerta dei corsi è varia ma non ancora sufficiente a colmare i bisogni urgenti di un’utenza quanto mai eterogenea. Oltre ai Master di I e II livello che offrono alti standard di formazione, corsi organizzati dal Miur e dalle Direzioni Regionali e Provinciali sono stati affiancati da iniziative di reti locali gestite da Comuni o da cooperative sociali e di volontariato.
4.1. LA FORMAZIONE E L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO L2
Sara Pisani descrive la sperimentazione in atto in territorio mantovano, che consiste nella condivisione in piattaforma di materiali di diverso tipo, sia di ordine didattico che formativo, per docenti desiderosi di autoaggiornarsi. La piattaforma, nata grazie ad un finanziamento pubblico iniziale, è stata pubblicata nel sito del Consiglio d’Europa ed è occasione di formazione continua per docenti di scuole di ogni ordine e grado, per operatori interculturali e volontari interessati alla gestione di classi multietniche e alla condivisione di buone pratiche. Il mezzo tecnologico diventa opportunità di scambio e di life long learning.
Nasce come cooperativa sociale il progetto di Sabina Salari, che con l’aiuto di mediatrici linguistico-culturali accoglie donne non alfabetizzate in lingua italiana ed i loro bambini e cura la prima alfabetizzazione attraverso la valorizzazione e messa in comune di valori, pensieri e stili di vita personali, all’interno di un ambiente protetto che diventa comunità di apprendimento.
“Scioglilingua” è il nome di una cooperativa sociale di Modena, creata nel 2010 da Ilaria Cardascia, che offre servizi educativi, ricreativi e linguistici. La sua attività principale consiste nell’insegnamento dell’italiano L2 ad adulti e bambini presso enti pubblici e privati. I suoi ambiti specifici d’intervento sono corsi di alfabetizzazione e di italiano per lo studio nella scuola secondaria di I grado e progetti teatrali con aspetti ludici e interattivi, in cui l’apprendimento della lingua si realizza attraverso esperienze che puntano sullo sviluppo della creatività. Di creatività di occupa nello specifico Ilaria Pezzola, che dimostra come creatività e apprendimento abbiano una matrice comune, poiché si attuano pienamente in presenza di curiosità, impegno, sperimentazione e assenza di giudizio. Partendo dalle riflessioni di Buzàn, ideatore delle mappe mentali, e De Bono, teorizzatore del pensiero laterale, si dimostra come il processo creativo permei vari aspetti dell’apprendimento linguistico come la motivazione, l’attenzione, l’affettività e come sia possibile realizzare concretamente in aula esperienze di questo tipo.
Successivamente ad una prima fase di prima alfabetizzazione dei nuovi migranti, con il passare del tempo si è vista in molte realtà consolidarsi la presenza di apprendenti con bisogni linguistici che andavano oltre la lingua della comunicazione. Di qui la necessità di esplorare sul piano teorico la ricerca legata all’utilizzo delle BICS e delle CALP e sul piano operativo creare nuove ipotesi di curricoli, sillabi e modelli glottodidattici in grado di sviluppare competenze specifiche, rispondenti agli effettivi bisogni dell’utenza. La dott.ssa Barbara D’annunzio dell’Università di Venezia presenta un progetto realizzato per la Provincia di Vicenza che fornirà ai docenti, sia in formato video che in cartaceo, un’utile guida all’insegnamento della lingua dello studio. Anche il progetto realizzato da Sonia Ambrosi in un Istituto Comprensivo della Provincia Autonoma di Trento si colloca in questa direzione, poiché nasce dal bisogno di colmare le lacune di una prima alfabetizzazione per offrire agli studenti strategie efficaci per affrontare lo studio delle discipline. Il progetto assume anche una valenza sociale in quanto cerca di arginare l’insuccesso scolastico e i ritardi nella scuola dell’obbligo, spesso causa di frustrazione, demotivazione ed emarginazione culturale e sociale.
L’esplorazione delle cause dell’insuccesso scolastico è realizzata da Sara Biscioni, che affronta il problema della lingua dello studio in studenti non italofoni comunemente definiti “di seconda generazione” e inseriti nella scuola superiore. Si discutono sia il ruolo dei facilitatori linguistici che l’efficacia dei laboratori di italiano L2. Si rivolge agli studenti di scuola superiore anche il progetto di Nadia Moretti, con l’obiettivo di apprendere la L2 per lo studio, mediante la comprensione di testi facilitati e didattizzati e attraverso l’uso delle nuove tecnologie. Queste, oltre ad essere apprezzate dagli studenti, forniscono risorse audio, video e iconografiche che possono integrare efficacemente i normali contenuti disciplinari.
Di lingua dello studio per l’apprendimento della L2 si occupa anche Elena Laura Baratono, docente nei corsi rivolti a studenti Erasmus dell’Università di Torino. Il suo progetto di RA esplora i metodi da adottare e la tipologia di unità di lavoro che possano motivare gli studenti, favorendo la loro interazione. La risposta sembra arrivare da alcune tematiche del metodo suggestopedico, ma soprattutto da attività svolte in modalità blended all’interno di un forum e di una piattaforma wiki che offre opportunità di apprendimento della lingua italiana oltre i corsi in presenza. E’ rivolto a studenti universitari, in particolare sinofoni, il lavoro di Isabella Matteini, che esplora il contributo della neurolinguistica allo studio delle lingue e affronta il tema dell’efficacia di un modello di insegnamento la cui forma mentis è plasmata su modelli linguistici, culturali e di apprendimento lontani da quelli occidentali, come nel caso degli studenti cinesi.
Un ambito molto particolare è quello esplorato da Luisa Scandola, che descrive i risultati di un progetto realizzato nell’ istituto penitenziario di Verona, dimostrando come le strategie didattiche utilizzate costituiscano una sfida intellettuale, umana e professionale, legata alle specifiche variabili ambientali. Come è noto, alto è il numero dei detenuti stranieri e i corsi di italiano all’interno delle carceri devono essere flessibili, rivolti a classi plurilivello e adatti ai vincoli imposti dal contesto.
4.2. LA FORMAZIONE E L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO LS
Presenteremo ora gli interventi riguardanti l’insegnamento dell’italiano LS, iniziando con l’analisi della figura e ruolo del docente all’estero. Fondamentale a questo riguardo è il contributo della dott.ssa Ornella Scarpellini, in rappresentanza del Ministero degli Affari Esteri che offre un quadro dettagliato della distribuzione degli insegnanti di italiano nelle diverse aree geografiche e indica gli attuali orientamenti ministeriali in materia di assunzione e formazione. Maria Grazia Menegaldo, presidente della Rete AIM (Associazione di Italianisti nel mondo) e Emilio Porcaro, presidente dell’ADMIS (Associazione dei Diplomati in Master di Italiano) presentano le molteplici finalità delle rispettive comunità, quali l’informazione, organizzazione di convegni di studio, la valorizzazione della lingua e cultura italiane all’estero e il riconoscimento dei titoli acquisiti.
Patrizia Ceola analizza lo stato giuridico dei docenti di italiano in Senegal, descrive le modalità di formazione e aggiornamento degli insegnanti, la loro distribuzione sul territorio e riporta gli esiti di un progetto riguardante gli stili di insegnamento, i metodi utilizzati e gli esiti ottenuti.
La figura del docente-ricercatore viene esplorata da Jaime Magos Guerrero, docente universitario in Messico, che vede nella RA un metodo efficace di esplorazione e di analisi della realtà educativa, grazie al quale il docente può monitorare e verificare l’efficacia dei progetti di ricerca. Sul piano operativo, un programma radiofonico in lingua italiana che cura personalmente si presenta come un valido veicolo di promozione linguistica e culturale.
Una particolare figura è quella del lettore di lingua italiana all’estero, di cui M.S. Matilde Sciarrino esplora gli aspetti normativi legati al reclutamento e alle mansioni del lettore e riferisce gli esiti di un sondaggio effettuato tra i colleghi in servizio all’estero, descrivendo la loro attività in relazione all’istituzione ospitante e al MAE. Livia Novi ci introduce nella Volkshochschule di Monaco di Baviera, dove grazie all’utilizzo di questionari per gli studenti, osservazioni in aula e interviste ai docenti, ha sperimentato l’efficacia di due manuali per lo studio della lingua italiana, verificando gli interventi operati dagli insegnanti sul sillabo del testo, la percezione dei corsisti relativamente a motivazione personale e progressi nell’apprendimento, per pervenire alla definizione di una forma di “prontuario” di lettura glottodidattica del sillabo dei manuali ad uso dei docenti di italiano all’estero.
Esplora in dettaglio i sillabi in uso nei corsi semestrali per studenti universitari Dorella Giardini, che illustra gli esiti di un progetto di autoaggiornamento di un gruppo di insegnanti allo scopo di analizzare i curricoli e pervenire alla definizione di un nuovo modello condiviso di progettazione curricolare. Della correlazione tra progettazione ed esiti conseguiti dagli studenti si occupa anche Carmela Dell’Aria, che propone un modello innovativo di formazione “on line” basato su tecniche teatrali e ludiche applicate alla didattica, in un gioco di ruoli che vede coinvolti attivamente insegnante e studenti, in uno scambio continuo tra realtà e finzione.
4.3. I PROGETTI PER LA CONOSCENZA E PROMOZIONE DELLA LINGUA E CULTURA ITALIANE ALL’ESTERO
Veniamo ora ai progetti per la conoscenza e promozione della lingua e cultura italiane all’estero. La dott.ssa Silvana Vassilli (I.I.C. di Atene) introduce il tema e illustra le iniziative svolte e in programma in Grecia. Laura Cusimano si occupa della diffusione della lingua italiana in Angola ed è docente nel corso organizzato dall’Ambasciata d’Italia presso l’Università Cattolica a Luanda. Clelia Capua ha progettato e dirige una scuola di lingua e cultura italiane ad Amsterdam e nel corso del Master ha pianificato e realizzato un progetto complesso, in grado di rispondere alle richieste specifiche del contesto in cui opera.
5. L’APPROCCIO PLURALE
Come abbiamo affermato, la RA si configura come un approccio utile a superare l’autoreferenzialità del docente, per aprirlo alla collaborazione e al confronto reciproco. Questo processo, iniziato nel corso del Master di II livello, ha avuto un suo sviluppo naturale nella comunità on-line dei diplomati del Master, all’interno della quale si è svolta la discussione su vari temi di interesse.
Il convegno di Venezia ha rappresentato un esempio concreto di comunità di pratica (vedi il contributo di Paola Celentin in questo numero), in cui docenti e operatori, provenienti da ambiti molto diversi, hanno messo in comune le loro esperienze per conoscerle, discuterle e approfondirle secondo i propri ambiti di competenza, nell’ottica di un approccio non più individualistico, ma collettivo e quindi plurale.
BIBLIOGRAFIA
BURNS, A., 1999, Collaborative Action Research for English Language Teachers, Cambridge University Press.
COONAN, C. M. (a cura di), 2000, La Ricerca Azione, Cafoscarina, Venezia.
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LOPRIORE, L., 2002, “La Ricerca Azione”, Perspectives, A Journal of TESOL – Italy, 29, 1, 227-251.
LOSITO, B., POZZO, G., 2005, La Ricerca Azione. Una strategia per il cambiamento nella scuola, Carocci, Roma.