Novembre 2007  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Il facilitatore linguistico: figura ponte tra l'allievo straniero e la scuola di Greta Mazzocato

ABSTRACT

L’aumento massiccio dei flussi migratori che negli ultimi decenni stanno interessando progressivamente il nostro Paese ha richiesto e determinato la nascita di nuove figure professionali esperte nell’ambito della didattica dell’italiano lingua seconda e della mediazione linguistica e culturale, fra queste quella del “facilitatore linguistico”.

Anche se non vi è ancora una regolamentazione precisa e rigorosa circa i suoi compiti, il facilitatore linguistico è colui che si occupa dell’acquisizione linguistica da parte delle persone straniere - adulti, ragazzi e bambini - presenti in Italia accompagnandone e facilitandone l’inserimento e l’integrazione nei diversi contesti scolastici, lavorativi e sociali.

Per poter svolgere questa funzione di rilievo e responsabilità al facilitatore linguistico sono richieste specifiche competenze e quindi dovrebbe possedere una adeguata formazione linguistica, glottodidattica, pedagogica e interculturale.

Attualmente egli opera principalmente nelle scuole, all’interno di progetti promossi e finanziati da enti pubblici e realizzati con l’ausilio di cooperative ed associazioni private, sociali ed educative. Ma non si esclude che in futuro questa figura possa esercitare un ruolo significativo anche in altri ambiti, come, ad esempio, nelle imprese o negli enti che operano a livello internazionale o nelle aziende italiane dove è sempre più frequente l’impiego di personale proveniente da altri paesi.

Gli scopi di questo lavoro sono di descrivere, precisare e anche chiarire il ruolo e le funzioni della figura del facilitatore linguistico e di raccontare una esperienza di facilitazione linguistica che si sta svolgendo da alcuni anni in un Istituto Comprensivo della provincia di Treviso.

Inizialmente, verranno riportate e commentate alcune indicazioni normative in materia di inserimento degli alunni stranieri nelle scuole, indicazioni che fanno specifico riferimento all’insegnamento dell’italiano come lingua seconda e alle persone della scuola, tra le quali il facilitatore linguistico, che possono assumere questo incarico.

In seguito, si illustreranno i compiti specifici richiesti al facilitatore all’interno dei progetti finalizzati all’insegnamento dell’italiano L2 realizzati nelle scuole.

Infine verranno descritte le modalità organizzative, metodologiche e didattiche e alcuni percorsi realizzati nel laboratorio di italiano L2 organizzato in una delle scuole elementari del suddetto Istituto Comprensivo.

 

 

 

 

1. IL FACILITATORE LINGUISTICO NELLA SCUOLA

 

1.1. LA NORMATIVA SULL’INSERIMENTO DEGLI ALUNNI STRANIERI NELLE SCUOLE E LA FACILITAZIONE LINGUISTICA

 

Di seguito vengono riportate alcune indicazioni normative relative all’inserimento degli allievi stranieri nella scuola che fanno specifico riferimento all’importanza dell’ insegnamento dell’italiano lingua seconda, alle modalità e alle persone chiamate a farsi carico di questo insegnamento.

 

Circolare ministeriale n. 301 dell’8 settembre 1989

 

La vigente normativa, particolarmente con la legge 270/82 e con la legge 517/77, consente la disponibilità di docenti per operare con alunni che presentino specifiche difficoltà di apprendimento […] tuttavia, rimane aperto il problema della disponibilità di docenti qualificati, cioè in possesso di requisiti idonei ad affrontare i problemi educativi con alunni portatori di lingue e culture diverse. E’ auspicabile che nelle località dove si vanno accentuando flussi migratori omogenei si dia avvio a iniziative accelerate di aggiornamento linguistico e culturale di docenti disponibili, ai quali poi affidare la cura educativa degli alunni immigrati.

 

Circolare ministeriale n. 205 del 26 luglio 1990: La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri. L’ educazione interculturale

 

[…] si impiegheranno per tanto le opportune strategie (per esempio formazione di gruppi, laboratori) e le risorse disponibili per colmare quel divario con interventi specifici di consolidamento linguistico.

Nell’esperienza in atto è risultata assai proficua l’alternanza di periodi di presenza degli alunni stranieri nelle classi con momenti di applicazione e attività di laboratorio linguistico in gruppi di soli stranieri.

 

Legge sull’immigrazione n. 40 del 6 marzo 1998 – art. 36: Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale

 

L’effettività del diritto allo studio è garantito dallo Stato, dalle Regioni, e dagli enti locali anche mediante l’attivazione di appositi corsi e iniziative per l’apprendimento della lingua italiana.

 

Con regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma I della legge del 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente capo, con specifica indicazione

a) delle modalità di realizzazione di specifici progetti nazionali e locali, con particolare riferimento all’attivazione di corsi intensivi di lingua italiana, nonché di corsi di formazione e aggiornamento del personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado e dei criteri per l’adattamento dei programmi d’insegnamento.

[…]

c) dei criteri per l’iscrizione e l’inserimento nelle classi degli stranieri provenienti dall’estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi e per l’attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico.

 

D.P.R. n. 394 del 31 agosto 1999 - art. 45: Iscrizione scolastica

 

Il collegio docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento.

Allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni, per facilitare l’apprendimento della lingua italiana utilizzando, ove possibile, le risorse professionali delle scuole.

[…] Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzato mediate l’attivazione di corsi intensivi di italiano L2, sulla base di specifici progetti, anche nell’ambito delle attività aggiuntive previste per l’arricchimento dell’offerta formativa.

 

Circolare ministeriale n. 24 del 1° marzo 2006: Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri

 

Il crescente aumento del numero di alunni stranieri nelle scuole ha fatto sì che già nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (C.C.N.L.) – Comparto Scuola del 1999 (artt. 5 e 29) - venissero previste azioni atte a sostenere l’azione del personale docente impegnato a favorire l’accoglienza e l’integrazione degli alunni immigrati e/o nomadi (CC.MM. 155 del 26.10.2001 del 27.9.2002).

Il contratto collettivo nazionale di lavoro del Comparto Scuola 2002/05, all’art. 9, “Misure incentivanti per progetti relativi alle aree a rischio, a forte processo migratorio e contro l’emarginazione scolastica” ha collocato in un’unica previsione normativa le situazioni territoriali relative alle aree a rischio e a forte processo immigratorio, ha ricompreso in un quadro contrattuale unitario gli obiettivi di lotta all’emarginazione scolastica, ha trasferito alcune competenze dagli Uffici centrali a quelli regionali, ha prefigurato specifiche modalità di raccordo e di collaborazione tra le istituzioni scolastiche.

 

Uno degli obiettivi prioritari nell’integrazione degli alunni stranieri è quello di promuovere l’acquisizione di una buona competenza nell’italiano scritto e parlato, nelle forme ricettive e produttive, per assicurare uno dei principali fattori di successo scolastico e di inclusione sociale

 

Per un pieno inserimento è necessario che l’alunno straniero trascorra tutto il tempo nel gruppo classe, fatta eccezione per progetti didattici specifici, ad esempio l’apprendimento della lingua italiana, previsti dal piano di studio personalizzato. L’immersione, in un contesto di seconda lingua parlata da adulti e compagni, facilita l’apprendimento del linguaggio funzionale.

 

[…] lo studio della lingua italiana deve essere inserito nella quotidianità dell’apprendimento e della vita scolastica degli alunni stranieri, con attività di laboratorio linguistico, con percorsi e con strumenti per l’insegnamento intensivo dell’italiano.

 

[…] un ambito di particolare rilevanza per lo sviluppo professionale dei docenti è relativo alla didattica dell’italiano lingua seconda.

Modelli e metodi per la qualificazione dei docenti nell’insegnamento dell’italiano L2 sono stati esperiti nel corso degli anni in diverse realtà e potranno costituire un’utile risorsa per scambi didattici e laboratori di ricerca-azione da realizzare preferibilmente in reti di scuole.

Per quanto attiene la formazione in servizio del personale della scuola saranno indispensabili collegamenti con il territorio e con le opportunità offerte anche dalle Università.

 

Due sono i punti principali che emergono dalle suddette indicazioni e che meritano approfondimento e riflessione: le modalità organizzative e didattiche relative all’insegnamento della lingua italiana per allievi stranieri presenti nella scuola e la professionalità del personale docente al quale è richiesta una adeguata formazione affinché possa disporre delle competenze necessarie per favorire l’inserimento degli allievi stranieri e il loro apprendimento dell’italiano.

Per quanto riguarda l’organizzazione dell’insegnamento linguistico, la normativa afferma chiaramente che seppur sia auspicabile, per un pieno inserimento, che l’alunno straniero trascorra più tempo possibile all’interno della propria classe di appartenenza, sono altresì utili le attività di laboratorio linguistico affinché lo studio della lingua italiana sia elemento costante dell’apprendimento e della vita scolastica degli allevi stranieri.

Questi laboratori prevedono percorsi e strumenti specifici per l’insegnamento intensivo dell’italiano, sono dedicati a gruppi di studenti stranieri di diversi livelli, età e provenienze e possono essere attivati sia in orario scolastico che extrascolastico.

Relativamente invece alle persone preposte all’insegnamento dell’italiano come seconda lingua, le indicazioni normative invitano “ad avvalersi, ove possibile, delle risorse della scuola”.

Quali sono le risorse interne alla scuola che possono essere “sfruttate” per l’insegnamento dell’italiano L2?

Nel corso degli anni, nelle diverse realtà scolastiche italiane, l’insegnamento dell’italiano L2 è stato affidato principalmente:

 

  1. agli stessi insegnanti delle classi nelle quali gli alunni stranieri sono inseriti, compresi gli insegnanti di sostegno per gli allievi portatori di handicap o con difficoltà di apprendimento, insegnanti che fanno parte del team docente della classe e ai quali può essere richiesto, più o meno regolarmente, di lavorare individualmente anche con gli studenti stranieri;

 

  1. ad altri insegnanti della scuola, che riescono a “ritagliare” al loro orario scolastico qualche ora da dedicare a questa attività;

 

  1. a insegnanti che si rendono disponibili, in orario aggiuntivo, a realizzare moduli intensivi di rafforzamento linguistico attraverso interventi mirati ed individualizzati o organizzando e gestendo dei laboratori di italiano L2.

 

In tutti i casi citati però non è detto che questi docenti abbiano una formazione glottodidattica - può infatti accadere che spesso siano insegnanti non solo dell’area linguistica ma anche di matematica, scienze o altre discipline tecniche - né tanto meno una specializzazione in glottodidattica della lingua seconda, dal momento che tale formazione specifica, anche se suggerita dalla normativa e promossa da molti progetti nazionali che si occupano delle tematiche legate alla didattica dell’italiano L21, non è richiesta ufficialmente e obbligatoriamente a nessuna figura del corpo docente della scuola.

In quei contesti pluriculturali e plurilinguistici, dove la presenza di alunni immigrati è cospicua e dove non è possibile avvalersi delle risorse interne alla scuola poiché non sufficienti o adeguatamente preparate, la legge sull’autonomia e sull’arricchimento dell’offerta formativa prevede di avvalersi anche di collaboratori esterni attraverso contratti di “prestazione d’opera” e contratti a progetto di “collaborazione continuata e collaborativa”.

La collaborazione della scuola con il territorio, indicata nella normativa, si sviluppa soprattutto attraverso azioni congiunte con gli enti locali, in primis i Comuni, che spesso finanziano i progetti di facilitazione linguistica mettendo a disposizione strumenti e risorse umane, tra queste docenti in pensione, operatori di associazioni e cooperative sociali ed educative, laureati o specialisti delle lingue e anche insegnanti esperti e qualificati2 nel campo della didattica dell’italiano L2 ossia i facilitatori linguistici.

 

 

1.2. CHI E’ IL FACILITATORE LINGUISTICO?

 

Il facilitatore linguistico è un professionista esperto nella didattica dell’italiano lingua seconda tanto che, se fosse ufficialmente prevista questa funzione nella scuola, potrebbe essere definito “insegnante di italiano L2” (Favaro, 2002, p. 63).

I facilitatori linguistici sono quindi insegnanti ed educatori, di madrelingua italiana, con una adeguata formazione didattica, glottodidattica e pedagogico-interculturale, che collaborano, autonomamente o come membri di associazioni e cooperative che operano nel territorio, con gli enti locali (specialmente i Comuni) nei progetti di facilitazione linguistica, promossi e finanziati dalla scuola o dagli stessi enti locali.

Questo personale esperto lavora con gli studenti stranieri gestendo e conducendo i laboratori di italiano L2 nelle scuole sia in orario scolastico che extrascolastico (per esempio attività di doposcuola finalizzate allo svolgimento dei compiti, al rafforzamento linguistico e allo studio disciplinare).

Sono quindi persone che svolgono delicati compiti didattici ed educativi che richiedono preparazione e specifiche competenze sia nell’ambito dell’insegnamento della seconda lingua, una disciplina che adotta specifiche metodologie e strategie che devono essere conosciute e padroneggiate da coloro che ricoprono questo incarico, sia nel campo dell’ educazione interculturale per promuovere e facilitare l’incontro, la conoscenza e lo scambio reciproco fra le persone portatrici di culture diverse presenti nelle scuole.

 

 

1.3. I COMPITI DEL FACILITATORE LINGUISTICO NELLA SCUOLA

 

I compiti organizzativi e didattici del facilitatore linguistico possono essere i seguenti:

 

  • collaborare nella definizione di pratiche condivise all’interno della scuola in tema di accoglienza degli alunni stranieri;

  • sostenere e guidare gli alunni neo-arrivati nella loro fase di adattamento, diventando un punto di riferimento per richieste di informazioni e di aiuto;

  • facilitare l’apprendimento della lingua all’interno i laboratori di italiano L2;

  • ricostruire il profilo linguistico, cognitivo e culturale di ogni allievo straniero neo-arrivato nella scuola partecipando con gli insegnanti, i mediatori culturali ed altre figure preposte (ad esempio psicopedagogisti, membri della Commissione Intercultura) alla documentazione e valutazione iniziale delle sue competenze ed abilità e alla rilevazione dei suoi bisogni linguistici e comunicativi iniziali;

  • programmare un percorso didattico coerente con le competenze e i bisogni rilevati dell’alunno e con gli obiettivi comuni di apprendimento linguistico e disciplinare;

  • relazionarsi e collaborare con gli insegnanti nella decisione degli obiettivi comuni da raggiungere per il pieno inserimento dell’allievo straniero e l’apprendimento della lingua per comunicare e per studiare le diverse discipline scolastiche;

  • essere di supporto didattico agli insegnanti fornendo materiali e strumenti utili e suggerendo metodologie per l’insegnamento dell’italiano L2 e la gestione della classe plurilingue;

  • monitorare l’apprendimento degli allievi;

  • valutare e documentare i risultati ottenuti e gli obiettivi raggiunti dagli allievi stranieri al termine del periodo di facilitazione linguistica;

  • promuovere e facilitare il dialogo interculturale fra tutte le persone che vivono la scuola.

 

Come si può vedere quindi, il facilitatore linguistico è chiamato a facilitare l’inserimento dell’allievo straniero nella nuova scuola e nella nuova classe fornendogli gli strumenti linguistici necessari e, allo stesso tempo, fungendo da punto di riferimento e facilitatore della comunicazione tra l’allievo e gli altri, coetanei e adulti, che operano nella scuola, diventando cosi una vera e propria figura ponte tra l’alunno straniero e la classe, gli insegnanti e la scuola.

 

 

1.4. IL FACILITATORE LINGUISTICO VS IL MEDIATORE LINGUISTICO E CULTURALE

 

La figura del facilitatore linguistico non va confusa con quella del mediatore linguistico e culturale, figura altrettanto importante che opera anch’essa nelle scuole e in altri ambiti formativi, educativi e sociali e che gioca un ruolo indispensabile in materia di mediazione fra persone con radici, esperienze e valori culturali diversi ma che condividono gli stessi luoghi di vita.

Dal punto di vista della normativa, le leggi sull’immigrazione (Legge n. 40 del 6 marzo 1998 e n. 189 del 30 luglio 2002) fanno esplicitamente riferimento a questa figura professionale: “ lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni nell’ambito delle proprie competenze favoriscono la realizzazione di convenzioni con associazioni per l’impiego, all’interno delle proprie strutture, di stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali, al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi”.

Il mediatore linguistico e culturale è quindi spesso un madrelingua straniero già inserito in Italia (o un italiano con una adeguata conoscenza di una delle lingue e culture di “migrazione”) e che, a differenza del facilitatore linguistico, non necessariamente dispone di una formazione glottodidattica e pedagogica.

Come si legge nelle Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (C.M. n. 24 del 01.03.2006), a partire dalle esperienze consolidate, si possono individuare quattro ambiti di intervento in cui il mediatore può collaborare e fungere così da supporto al ruolo educativo della scuola. In particolare può svolgere compiti

 

  • di accoglienza, tutoraggio e facilitazione nei confronti degli allievi neo arrivati e delle loro famiglie;

  • di mediazione nei confronti degli insegnanti fornendo loro informazioni sulla scuola nei paesi di origine, sulle competenze e sulla storia personale del singolo alunno;

  • di interpretariato e traduzione (avvisi, messaggi, documenti orali e scritti) nei confronti delle famiglie, di assistenza e mediazione negli incontri dei docenti con i genitori, soprattutto nei casi di particolare problematicità;

  • relativi a proposte e a percorsi didattici di educazione interculturale, condotti nelle diverse classi, che prevedono momenti di conoscenza e valorizzazione dei paesi e delle lingue d’origine.

 

 

2. IL PROGETTO DI FACILITAZIONE LINGUISTICA ATTUATO NELL’ISTITUTO COMPRENSIVO DI VEDELAGO (TV): FINALITA’ E ORGANIZZAZIONE

 

Vedelago è un piccolo comune della provincia di Treviso di circa 15.000 abitanti di cui, secondo i dati rilevati nel 2005 dall’amministrazione locale, il 4,3% è costituito da immigrati.

I flussi migratori hanno interessato Vedelago e le sue frazioni soprattutto negli ultimi anni: nel 2001 la presenza di immigrati si aggirava attorno al 2%, percentuale che è raddoppiata in poco tempo e che è destinata a crescere progressivamente nel futuro.

L’Istituto Comprensivo di Vedelago è formato da una scuola per l’infanzia (Vedelago), sette scuole primarie (Albaredo, Barcon, Casacorba, Cavasagra, Fanzolo, Fossalunga e Vedelago) e dalla scuola secondaria di I° grado con sede a Vedelago.

Gli studenti iscritti nell’a.s. 2006/2007 sono stati 1.375 con una incidenza di alunni stranieri pari al 16 % della popolazione scolastica dell’Istituto.

I paesi di provenienza degli allievi stranieri sono diversi: se fino alla seconda metà degli anni ’90 provenivano principalmente dal Nord Africa, negli ultimi anni gli studenti stranieri presenti nell’Istituto sono soprattutto Macedoni, Romeni, Albanesi, Kosovari e Cinesi.

A partire dall’ a.s. 1999/2000, l’Amministrazione locale e l’Istituto Comprensivo hanno stipulato una convenzione per realizzare un progetto per la facilitazione linguistica destinato agli allievi stranieri neo-arrivati nella scuola. Tale progetto si sviluppa attraverso l’organizzazione e la gestione di laboratori per l’insegnamento dell’italiano L2 attivati in tutte le scuole elementari e nella scuola media dell’Istituto. I laboratori sono condotti da tre facilitatrici linguistiche esterne alla scuola che fanno parte di una associazione educativa onlus presente nel territorio.

Le finalità e gli obiettivi del progetto sono l’insegnamento della lingua italiana per parlare e per studiare le discipline scolastiche del curricolo comune, la facilitazione dell’inserimento e dell’integrazione scolastica.

Il progetto è finanziato dalla Legge 285/97 Disposizioni per la promozione dei diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza.

 

 

3. IL LABORATORIO DI ITALIANO L2 NELLA SCUOLA PRIMARIA DI VEDELAGO (TV)

 

Anche nel corso dell’a.s. 2006/2007 si è svolto presso la scuola primaria di Vedelago (TV) il laboratorio di italiano L2 finalizzato all’accoglienza, inserimento e alfabetizzazione in italiano degli alunni stranieri neo-arrivati nella scuola.

Si tratta di un laboratorio permanente ossia che si è sviluppato durante tutto l’arco dell’anno scolastico per un ammontare di 650 ore di facilitazione suddivise in 20 ore settimanali, tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, in orario scolastico.

Durante l’anno, hanno partecipato alle attività di laboratorio 23 bambini di diverse età (dalla prima alla quinta classe elementare), livelli (A0, A1 e A2 del Common European Framework of Reference for Language Learning), provenienze (Albania, Cina, Marocco, Macedonia, Romania e Kosovo), personalità, stili cognitivi e d’apprendimento.

Di seguito verranno descritte le azioni in ambito organizzativo e didattico che la facilitatrice linguistica ha realizzato all’interno del progetto di facilitazione in base al ruolo e alle funzioni proprie della sua figura professionale.

 

 

3.1. LA RICOSTRUZIONE DEL PROFILO LINGUISTICO, COGNITIVO E RELAZIONALE DELL’ALLIEVO STRANIERO NEO-ARRIVATO

 

Nei giorni che seguono l’arrivo dell’ allievo straniero nella scuola, all’inizio o nel corso dell’anno, la facilitatrice linguistica, utilizzando apposite schede per l’osservazione e il rilevamento dei dati3, ricostruisce il comportamento linguistico e relazionale del bambino per poter avere un quadro della sua situazione linguistica4 raccogliendo dati utili per stabilire dove, quando e con chi il bambino ha imparato a parlare; se ha già avuto esperienze scolastiche; se sì, quale lingua veniva usata nella scuola; se sa già scrivere nella sua lingua materna; quale lingua parla a casa (la lingua ufficiale del paese o una varietà locale o dialettale); se conosce, sa comprendere e parlare altre lingue; se frequenta, o ha intenzione di frequentare, in Italia un corso per continuare ad apprendere e sviluppare la sua lingua d’origine.

 

 

3.2. LA DEFINIZIONE DELL’INTERVENTO DI FACILITAZIONE LINGUISTICA (ORARIO E PERCORSO PERSONALIZZATO) IN RELAZIONE AI BISOGNI DEGLI ALLIEVI E AGLI OBIETTIVI LINGUISTICI E DIDATTICI DA RAGGIUNGERE

 

Una volta ricostruita la “carta d’identità linguistica” dell’allievo, la facilitatrice si interroga sui suoi bisogni linguistici e comunicativi più immediati.

 

Quali sono i bisogni linguistici e comunicativi del bambino straniero appena arrivato nel nuovo contesto scolastico?

 

I bisogni linguistici degli alunni stranieri sono diversi e dipendono dalle loro storie linguistiche, scolastiche e personali. Tuttavia, come si sottolinea nei manuali di didattica dell’italiano L25, quando arriva nella nuova realtà scolastica, ciascun bambino ha bisogno di orientarsi negli spazi e nei tempi della scuola: conoscere e comprendere le regole di questo nuovo ambiente; interagire con le persone, compagni e adulti. A tal proposito il compito degli insegnanti e delle altre figure professionali che operano nella scuola è di grande responsabilità poiché devono fungere da punti di riferimento per gli alunni stranieri ed accompagnarli lungo un viaggio, non sempre facile, di scoperta e comprensione di un nuovo mondo che andrà a convivere con il proprio; di imparare a comprendere e comunicare in italiano nelle situazioni di vita quotidiana: sviluppare le “abilità linguistiche di base” o BICS come definite dallo studioso Cummins6 per interagire con i pari e gli adulti nelle attività scolastiche e di gioco, per soddisfare i propri bisogni e socializzare sia dentro che fuori la scuola; imparare a leggere e scrivere nella nuova lingua e quindi comprendere testi diversi e via via più complessi; mantenere, sviluppare e vedere riconosciuta e valorizzata la propria lingua e cultura d’origine considerando i vantaggi cognitivi, psicologici, affettivi e linguistici che il mantenimento della lingua materna può offrire all’apprendimento della lingua seconda per comunicare, per studiare e raggiungere il successo scolastico.

Poi, rilevati i bisogni, sentite le esigenze e valutate le proposte avanzate dagli insegnanti di classe, la facilitatrice linguistica e la psicopedagogista, una figura importante all’interno dell’Istituto, stabiliscono, per ogni bambino che necessita dell’intervento di facilitazione, un orario individualizzato flessibile e “a scalare”, cioè più intensivo nei primi tre o quattro mesi (fino ad un massimo di due ore al giorno per cinque giorni alla settimana) e più ridotto in seguito (due ore al giorno per due o tre giorni alla settimana).

Ciò significa che gli allievi stranieri frequentano quotidianamente il laboratorio in tempi diversi, in base al loro orario personalizzato e all’interno di più gruppi eterogenei quanto a età, conoscenze e nazionalità.

Stabilito l’orario, la facilitatrice delinea, per ciascun bambino, il suo percorso didattico, definendone obiettivi, tempi, tematiche e contenuti.

 

 

3.3. ORIENTAMENTO NEL NUOVO AMBIENTE

 

Quando un nuovo bambino straniero arriva nella scuola, la facilitatrice lo aiuta ad orientarsi nei nuovi spazi accompagnandolo nella visita dei locali della scuola: di solito assieme anche agli altri bambini che frequentano il laboratorio, tra i quali ci sono sempre uno o più allievi provenienti dal paese del nuovo arrivato e che possono, attraverso la lingua comune e condivisa, fungere da guide esperte del luogo, un compito apprezzato e che li gratifica.

Sempre nei primi giorni di frequenza, la facilitatrice cerca, assieme agli insegnanti di classe e in collaborazione con la segreteria, di soddisfare le esigenze e le richieste di informazione dell’allievo circa l’orario della scuola, il materiale da portare in classe, le modalità per usufruire della mensa scolastica, l’abbigliamento adeguato da usare in palestra, i documenti da compilare in caso di assenza o entrate e uscite dalla scuola in orari diversi; queste istruzioni sono già presenti nei moduli plurilingui preparati dalla scuola e consegnati alle famiglie ma sono tematiche così importanti ora nella sua nuova quotidianità che il bambino desidera comprensibilmente sciogliere i tanti dubbi che possono sorgere in questa fase di adattamento.

 

 

3.4. ALLESTIMENTO DEL LABORATORIO

 

La strutturazione a laboratorio di uno spazio definito segnala che la scuola prende in considerazione la specificità dei bisogni degli alunni stranieri accogliendoli in un luogo nel quale possono riconoscersi perché vi lasciano le tracce visibili del loro cammino” (Bettinelli, 2000).

E’ necessario allestire il laboratorio in modo da renderlo un ambiente di apprendimento dotato degli strumenti adatti a favorire l’esposizione alla lingua e a facilitarne l’acquisizione; deve essere confortevole e accogliente in modo che gli allievi si sentano accolti, a proprio agio, si possano riconoscere in questo luogo e usarlo per documentare i percorsi e i progressi del loro apprendimento.

Lo spazio destinato all’insegnamento dell’italiano usato nel corso dell’anno è un’aula molto ampia ed è stata così allestita:

 

  • carte geografiche, mappamondo, fotografie di città e altri luoghi (reperiti in Internet ma molti portati a scuola dagli stessi bambini), libri, racconti, scritte nelle lingue dei bambini che testimoniano le loro provenienze e identità culturali e linguistiche;

  • fotografie, immagini, disegni, libri, testi scolastici, componimenti in lingua materna, letture, giochi, passatempi, videocassette, CD, oggetti relativi alla vita degli allievi prima del loro arrivo in Italia e che possano perciò narrare la loro storia e vederla riconosciuta e valorizzata; ciò è molto significativo è può contribuire senza dubbio a sostenere la motivazione anche nell’apprendimento dell’italiano;

  • cartelloni con contenuti linguistici, funzionali, lessicali e grammaticali, scritte in italiano relative alle strutture e agli oggetti presenti in laboratorio; alfabetieri, liste plurilingue di parole e espressioni comunicative utili per le interazioni quotidiane; dizionari bilingui; vocabolari illustrati, giochi linguistici; giochi didattici; i lavori degli studenti: cartelloni, disegni e altre attività costruttive, manipolative, creative e ludiche;

  • creazione di “angoli” strutturati (la casa, il supermercato, i negozi…) in cui sia possibile svolgere giochi e attività di simulazione e drammatizzazione.

 

Naturalmente, il laboratorio di italiano L2 non deve essere considerato uno spazio chiuso, isolato e destinato solo agli allievi stranieri, ciò andrebbe contro l’obbiettivo educativo fondamentale della scuola di favorire la socializzazione e l’integrazione fra tutti i suoi allievi indipendentemente dalla loro provenienza. Ecco quindi che è auspicabile che i segni della provenienza e delle storie personali degli allievi nonché i lavori da loro prodotti siano non solo presenti all’interno del laboratorio ma diffusi nei diversi luoghi della scuola affinché si crei continuità e collegamenti tra i vari spazi, i bambini possano parlare di sé ai compagni e venga anche in questo modo promosso il dialogo interculturale.

 

 

3.5. LA METODOLOGIA DIDATTICA NEL LABORATORIO DI ITALIANO L2: L’APPROCCIO UMANISTICO-AFFETTIVO

 

Come scrivono Fabio Caon e Barbara D’annunzio nel loro saggio7, il laboratorio di italiano L2 è un ambiente privilegiato che offre ai partecipanti le possibilità di:

 

  • apprendere lessico e approfondire strutture linguistiche che siano legate a situazioni comunicative rispondenti ai loro bisogni e interessi;

  • socializzare con il gruppo dei pari in una situazione in cui la differenza linguistica e culturale non è significativa come nel gruppo-classe;

  • svolgere attività in cui la competenza linguistica non condizioni il successo delle stesse (per es. attività manipolative, grafico-pittoriche, ludico-didattiche; musicali e creative). Gli alunni hanno così l’opportunità di sperimentare (“imparare facendo”) e far emergere, spontaneamente, le loro potenzialità espressive ed abilità che altrimenti rischierebbero di rimanere nascoste;

  • ritrovare e far emergere elementi della loro cultura d’origine e del loro vissuto personale;

  • acquisire competenze extralinguistiche e socio-pragmatiche relative al nuovo contesto linguistico e culturale.

 

Tenendo conto di queste finalità e dell’eterogeneità del contesto, propria delle classi ad abilità miste, la facilitatrice deve fare delle precise scelte didattiche e metodologiche, che, seguendo una chiara linea di fondo, mirino a rispondere alle esigenze e agli interessi dei discenti, spesso anche molto diversi tra di loro, e ad attivare le strategie e le risorse più efficaci per potenziare e sviluppare le loro abilità e conoscenze.

La metodologia adottata in questo laboratorio si basa su alcune linee teoriche di riferimento proprie della didattica dell’italiano L2 per bambini e specificatamente l’approccio umanistico-affettivo, la didattica ludica e operativa, l’apprendimento cooperativo e l’approccio interculturale.

 

Nell’insegnamento delle lingue, la didattica umanistico-affettiva

 

  • pone particolare attenzione allo studente come persona: con i suoi bisogni linguistici, comunicativi e più personali legati alla sfera affettiva; con le sue motivazioni ed interessi; con un proprio stile cognitivo e di apprendimento, che dipende da diversi fattori quali l’età, le storie personali, la diversa intelligenza sviluppata e, nel caso specifico dell’acquisizione della L2, anche dalle caratteristiche della lingua e della cultura d’origine e delle precedenti esperienze scolastiche;

  • ricerca costantemente un coinvolgimento del discente nel processo educativo in modo che non sia semplicemente uno spettatore ma diventi l’attore principale, attivo e produttivo;

  • si basa e mira a promuovere la relazione tra il discente e le persone, compagni e adulti, con cui egli entra in contatto nella scuola e nell’ambiente esterno;

  • considera fondamentale e quindi favorisce il processo di autorealizzazione dell’allievo in modo che possa realizzare il proprio progetto dì sé a scuola e nella società.

 

Dal momento che gli obiettivi principali dell’azione didattica svolta in laboratorio sono

 

  • promuovere e realizzare la centralità dell’allievo in modo che sia sempre il vero protagonista del suo apprendimento;

  • facilitare l’apprendimento della seconda lingua per comunicare in modo efficace in situazioni e in contesti quotidiani diversi;

  • favorire la socializzazione, la collaborazione, l’aiuto e il rispetto reciproco e quindi la costruzione di significativi rapporti di conoscenza e amicizia;

  • permettere, anche attraverso l’apprendimento della seconda lingua, il raggiungimento del successo scolastico e della realizzazione del proprio progetto di vita

 

adottare un approccio di tipo umanistico-affettivo permette alla facilitatrice, e soprattutto all’allievo straniero, di raggiungere questi importanti traguardi.

 

Tra i metodi umanistici-affettivi, in questa esperienza di laboratorio sono stati adottati in particolare il Total Physical Response (T.P.R.), il Natural Approach, la didattica ludica e l’apprendimento cooperativo.

 

 

3.5.1. IL TOTAL PHYSICAL RESPONSE (T.P.R.)

 

Secondo il T.P.R., metodo elaborato negli anni ’60 dallo psicologo americano James Asher, l’insegnante offre agli alunni input verbale, costituito da comandi che possono variare da semplici ordini (“Prendi la penna”, “Vieni qua”…) a indicazioni più complesse (espressioni lunghe, forme negative, sinonimi…) e gli studenti rispondono fisicamente, usando quindi il linguaggio non verbale (gesti, azioni, attività grafico-pittoriche).

Poiché questo metodo privilegia lo sviluppo delle abilità ricettive piuttosto che quelle produttive, nel laboratorio è stato usato soprattutto nelle prime fasi di inserimento degli allievi neo-arrivati, i quali sono da subito, e per un lungo tempo, esposti alla nuova lingua, sia a scuola che fuori, e quindi necessitano di essere guidati fin dall’inizio nella comprensione di ciò che ascoltano. Inoltre, come avviene quando si impara una lingua materna, anche nel caso dell’apprendimento della seconda lingua, i bambini possono attraversare la fase del silenzio, un periodo di durata variabile, in cui il bambino può comprendere quanto ascoltato ma non è ancora in grado di parlare. Naturalmente è necessario rispettare i tempi e i processi di apprendimento degli allievi, forzarli a parlare provocherebbe solo sentimenti di ansia, stress e paura con conseguente innalzamento del filtro affettivo e blocco della motivazione. La fase silente è molto importante non solo dal punto di vista psicologico ma anche cognitivo perché, durante questo periodo, avviene quella che gli studiosi definiscono “attività di immagazzinamento” ossia il bambino è impegnato a tentare di distinguere tra i suoni che recepisce, parole ed espressioni e a dare loro un significato. Una volta che il bambino ritiene che il proprio “magazzino” sia sufficientemente pieno di parole ed espressioni comprese ed utilizzabili nel contesto, si “butterà” spontaneamente nella comunicazione attraverso produzioni linguistiche autonome, all’inizio semplici e poi progressivamente più ricche.

 

 

3.5.2. IL NATURAL APPROACH

 

Come detto sopra la finalità del laboratorio è insegnare la lingua per comunicare e quindi creare le condizioni necessarie affinché la lingua sia acquisita, cioè interiorizzata stabilmente dall’allievo che può farne ricorso ogniqualvolta che si trova a dover comprendere e produrre in L2.

Dal momento che il Natural Approach, e le cinque ipotesi della Second Language Acquisition Theory (SLAT) di Krashen8 su cui esso si basa, mira a creare le condizioni affinché la lingua seconda, come avviene per la lingua materna, sia acquisita in maniera spontanea, naturale e permanente, questo è stato il metodo seguito nella gestione didattica del laboratorio.

Secondo la SLAT esiste un ordine naturale di acquisizione delle strutture linguistiche e grammaticali e, perché ci sia acquisizione, l’allievo va esposto ad un input che rispetti questo ordine e che sia comprensibile, cioè contenga sia lingua che lo studente già conosce sia strutture (in quantità adeguata e non troppo lontane dal livello posseduto dall’apprendente fino a quel momento) che si collocano sul gradino immediatamente successivo a quelle già acquisite (i+1).

La facilitatrice ha perciò cercato di favorire lo sviluppo della competenza linguistica rispettando l’ordine naturale di acquisizione nel presentare il materiale e proporre le attività e presentando un input vario, comprensibile, interessante e significativo relativamente al tema e al contenuto, ripetuto.

L’input infatti va ripetuto secondo una modalità “a spirale” che prevede la ripetizione del lessico, i contenuti, le strutture comunicative e grammaticali che vanno di volta in volta riproposti, riformulati e arricchiti nei nuovi contesti.

E’ noto che l’acquisizione della lingua è condizionata anche dai fattori psicologici e dagli stati emotivi vissuti dall’individuo, il quale, se vive situazioni di perdita di motivazione e autostima, stress, ansia e paura, si blocca e si innalza quello che Krashen definisce “il filtro affettivo”, un “muro” che si pone tra la mente dello studente e la lingua che, per questo, non verrà acquisita.

Per queste ragioni, la facilitatrice è stata ben attenta a creare un clima di classe positivo e piacevole in cui gli allievi si sentissero a loro agio e sempre liberi di provare, sbagliare, “correggere il tiro” e riprovare nuovamente.

 

 

3.5.3. LA DIDATTICA LUDICA E OPERATIVA

 

Lo scopo perseguito è quello di far diventare la classe di italiano L2 un laboratorio artigianale in cui gli allievi - gli artigiani - svolgono diverse attività operative (la didattica del fare) e costruiscono e affinano, tassello dopo tassello, la loro competenza linguistica e comunicativa.

Tra le modalità operative che possono favorire questa costruzione artigianale della conoscenza vi è sicuramente la didattica ludica.

Il gioco è naturale ed essenziale nella vita di un bambino, perciò le sue potenzialità meritano di essere sfruttate anche per l’acquisizione delle lingue.

Le attività giocose infatti, oltre a creare una situazione accogliente, rassicurante e di grande valore affettivo, permettono all’allievo di imparare facendo e diventano perciò un importante strumento facilitante per l’apprendimento della seconda lingua.

Molti sono i vantaggi didattici, relativi nello specifico all’apprendimento della seconda lingua, e educativi in generale che la metodologia ludica può offrire.

Tra questi

 

  • contribuisce a creare un ambiente rilassato, sereno e piacevole;

  • stimola e mantiene alta la motivazione intrinseca a imparare: una motivazione basata sulla curiosità, sull’interesse, sul piacere del fare e sul divertimento è il primo passo verso l’acquisizione stabile e duratura;

  • coinvolge l’allievo nella sua interezza e complessità e favorisce l’acquisizione naturale della lingua: il bambino viene coinvolto dal punto di vista neurologico, cognitivo, psicologico, emotivo, affettivo e relazionale e tutti i suoi linguaggi e abilità (verbali, visivi, audio-orali, manuali, cinesici, musicali, iconici) vengono sfruttati;

  • sviluppa l’immaginazione, la fantasia e la creatività degli apprendenti;

  • permette di “fare esperienze autentiche con la lingua (socializzare, interagire, conoscere)” (Caon F. e Rutka S., 2004, p. 25): la lingua legata ai bisogni, motivazioni e interessi degli allievi viene scoperta attraverso attività piacevoli e usata in situazioni concrete per raggiungere scopi autentici quali giocare, interagire, socializzare e quindi inserirsi al meglio nel nuovo ambiente scolastico;

  • permette agli studenti di partecipare attivamente anche se hanno livelli diversi di competenza linguistica e comunicativa in L2: attraverso il gioco il bambino non solo mette in atto conoscenze e abilità pregresse che non sono solo legate alla competenza linguistica ma può partecipare in modo attivo svolgendo compiti adeguati per il suo livello e, allo stesso tempo, imparando, per imitazione, strutture e espressioni più complesse dai compagni “più esperti” nella lingua e che fungono da modello.

  • facilita l’acquisizione della lingua per comunicare: il discente ha la possibilità di ascoltare lingua, essere aiutato dal gruppo di pari nella comprensione della stessa (peer tutoring); ottenere un feedback immediato circa la comprensibilità e l’efficacia delle sue produzioni linguistiche; acquisire la lingua senza accorgersi di farlo come sostiene la “rule of forgetting” di Krashen secondo la quale “una persona acquisisce meglio una lingua quando si dimentica che la sta imparando, quando la sua attenzione si sposta sul significato veicolato dalla lingua e non sulla forma linguistica” (Caon F. e Rutka S., 2004, pag. 25);

  • consente all’allievo di “imparare facendo”: il gioco è azione, movimento, costruzione e giocando l’allievo costruisce concretamente la sua competenza linguistica, la sua esperienza e può anche costruire le stesse attività di gioco sviluppando la sua fantasia e creatività, come detto sopra.

  • aiuta gli allievi a costruire le relazioni e imparare a cooperare con gli altri: per il bambino il gioco costituisce la strategia privilegiata attraverso la quale si mette in relazione con il mondo, comprende e interiorizza la realtà circostante grazie ai legami sociali che stabilisce con gli altri;

  • educa a cooperare con gli altri apprendendo importanti abilità sociali quali la capacità di collaborazione e di aiuto reciproco, l’accettazione e il rispetto di regole condivise: al di là quindi di quella sana competizione che è propria del gioco e comunque positiva, la facilitatrice deve anche educare gli allievi alla collaborazione con gli altri proponendo delle attività i cui obiettivi possano essere raggiunti solo attraverso la condivisione di risorse, la comunicazione reciproca e la cooperazione di tutti i partecipanti.

 

 

3.5.4. L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO

 

Dal momento che cooperare significa lavorare assieme per raggiungere uno scopo comune, “l’apprendimento cooperativo è un metodo didattico che utilizza piccoli gruppi in cui gli studenti lavorano insieme per migliorare reciprocamente il loro apprendimento”(Johnson & Johnson, 2004).

Il Cooperative Learning pone il focus sugli studenti che, nelle loro diversità cognitive, linguistiche, personali e culturali, costituiscono la risorsa principale per l’apprendimento.

Esso si basa sul principio dell’”uno per tutti, tutti per uno”: i partecipanti devono lavorare assieme per raggiungere uno scopo comune e ogni allievo dipende dagli altri.

Quindi il gruppo può realizzare gli obiettivi sociali e di apprendimento prefissati (e quindi raggiungere il successo) solo se tra i suoi partecipanti si creano quelle relazioni di interdipendenza positiva in termini di obiettivi, compiti, responsabilità, abilità e competenze, risorse e materiali.

L’interdipendenza è raggiunta quando ciascun membro del gruppo svolge in modo responsabile il proprio compito e collabora con gli altri per il raggiungimento dell’obiettivo comune mettendo in pratica le abilità sociali proprie della cooperazione: apertura; fiducia nell’altro; ascolto, rispetto e aiuto reciproco; accettazione di idee e condivisione di risorse, stimolazione reciproca per una più alta qualità del compito.

La facilitatrice ha quindi adottato questa metodologia perché offre molti vantaggi nell’ambito dell’apprendimento dell’italiano L2:

 

  • gli studenti possono ottenere risultati migliori nel processo di apprendimento perché passano più tempo sul compito, memorizzano meglio e più a lungo e l’interazione con gli altri produce maggiore complessità cognitiva e livelli più alti di ragionamento che a loro volta migliorano l’acquisizione;

  • favorisce lo sviluppo delle competenze comunicative e sociali: ascolto, apertura, accettazione dell’altro e della diversità dei punti di vista, socializzazione;

  • le relazioni che si creano fra gli studenti sono più positive: la collaborazione sviluppa empatia e sentimenti migliori nei confronti dei compagni (rispetto, fiducia, apprezzamento), ciò aiuta a costruire relazioni di amicizia non solo a scuola ma anche al di fuori;

  • favorisce il benessere emotivo e psicologico degli allievi: ciascuno è un anello della catena importante perché il lavoro alla fine sia completo, ciò induce ognuno a dar il meglio e questo rafforza l’autostima e migliora l’ immagine che gli allievi hanno di loro stessi;

  • promuove la partecipazione attiva;

  • educa al rispetto e alla valorizzazione della diversità;

  • crea un contesto favorevole alla comunicazione: dialogo, lingua autentica e ripetuta (ridondanza)

  • aumenta le possibilità di comprensione e la quantità e qualità delle produzioni orali e scritte: il tempo-parola dell’insegnante diminuisce lasciando più spazio e tempo agli studenti;

  • favorisce l’insegnamento tra i pari (peer tutoring): gli studenti posso condividere le loro risorse e insegnare agli altri ciò che hanno imparato e scoperto;

  • permette di assegnare compiti differenziati in base al livello di competenza linguistica degli allievi.

 

 

3.6. L’APPROCCIO INTERCULTURALE

 

La diversità dei suoi protagonisti è una delle maggiori risorse della scuola.

La scuola è incontro fra lingue, culture, esperienze, conoscenze diverse e la ricchezza insita a questa diversità va sfruttata attraverso un approccio interculturale dell’educazione. L’educazione interculturale è l’asse di fondo e quindi una dimensione trasversale all’interno della scuola che non deve interessare solo attività specifiche come il laboratorio di italiano L2, altrimenti si otterrebbe l’effetto contrario: anziché promuovere il dialogo e l’integrazione fra tutti i soggetti della scuola si andrebbe ulteriormente a rafforzare la distinzione tra il “noi e loro”.

Ecco quindi che l’azione interculturale della facilitatrice non deve essere circoscritta all’interno delle mura del laboratorio ma deve, in collaborazione con gli insegnanti e le altre figure professionali della scuola, svilupparsi in azioni, eventi e proposte che effettivamente contribuiscano a favorire l’incontro e il dialogo costruttivo fra le diversità.

 

 

3.7. I MATERIALI E LE ATTIVITA’

 

I materiali didattici usati durante le attività di laboratorio sono libri di testo per l’insegnamento dell’italiano L2 a bambini; attività ludiche; giochi linguistici ed educativi; fiabe e racconti (anche plurilingui); risorse multimediali quali canzoni, spezzoni di film e di cartoni animati, programmi e giochi didattici on line per l’apprendimento dell’italiano L2; dizionari bilingui e vocabolari illustrati; flashcards, poster lessicali e situazionali; carte geografiche e mappamondo, materiali autentici (fotografie, giornali, riviste, volantini pubblicitari, ricette, contenitori di cibi, materiali informativi e divulgativi, giochi e giocattoli con relativi manuali di istruzioni portati in classe dai bambini, comunicazioni della scuola; materiali reperiti in Internet).

Le attività proposte prevedono l’uso della mimica, dei comandi e dei gesti, lo svolgimento di giochi e attività per l’apprendimento cooperativo, dialoghi, simulazioni, scenette tratte dalla vita quotidiana che puntano allo sviluppo delle abilità comunicative dei discenti, attività di comprensione orale e scritta, esercizi per il reimpiego delle strutture acquisite e attività di scrittura.

 

 

3.8. I TEMI E GLI ARGOMENTI

 

I temi e gli argomenti trattati in laboratorio sono relativi alla vita quotidiana e alle situazioni vissute dagli allievi quali l’identità personale (nome, età, provenienza, aspetto fisico, abbigliamento); la scuola (i luoghi, gli oggetti, le azioni e le persone); la famiglia; la casa; il cibo (gusti e preferenze); il tempo atmosferico e il tempo che passa, il calendario e l’orientamento nel tempo; i giochi, gli amici, il divertimento e il tempo libero; gli animali; la città (luoghi ed edifici; negozi, acquisti, mezzi di trasporto e orientamento nello spazio).

Questi argomenti vengono trattati attraverso input che interessano inizialmente l’oralità (prima ricezione e comprensione e poi produzione orale) e poi la scrittura (prima comprensione e poi produzione scritta).

 

 

3.9. ALCUNI ESEMPI DI PERCORSI DIDATTICI PROPOSTI NEL LABORATORIO

 

In questo paragrafo vengono presentati alcuni percorsi didattici proposti nel laboratorio nel corso dell’anno scolastico.

I destinatari sono bambini stranieri provenienti da Cina, Romania, Kosovo, Macedonia; età 6-12 anni, di tutte le classi9; livelli A0, A1 e A2 .10

Si tratta di attività didattiche che vengono proposte ai discenti a partire da un tema comune per poi procedere differenziando e stratificando i compiti in relazione ai diversi livelli, età e pre-conoscenze degli allievi.

In questo modo ogni studente potrà raggiungere uno sviluppo linguistico, cognitivo e psicologico armonico e raggiungere degli obiettivi di apprendimento linguistico individualizzati in base ai suoi bisogni e alle sue competenze.

 

1. Percorso sulla provenienza: DA DOVE VIENI?

 

Obiettivi linguistici

Lessico: i paesi del mondo

Funzioni comunicative: chiedere/dire la provenienza; parlare di sé e dei compagni (nome, età e nazionalità)

Strutture grammaticali: il verbo venire, al tempo presente del modo indicativo; aggettivi di nazionalità singolari, maschili/femminili per il livello A0; anche plurali per il livello A1

 

Obiettivi educativi11

- creare un clima piacevole e rilassato

- sviluppare l’interazione fra i bambini

- incoraggiare l’ascolto, la fiducia verso gli altri, l’aiuto reciproco, la collaborazione e l’empatia

- favorire il peer tutoring o insegnamento fra pari

- condividere risorse e conoscenze

- acquisire consapevolezza circa i propri bisogni linguistici, gli obiettivi da raggiungere e i progressi effettuati

 

Obiettivi interculturali

- conoscere i paesi dei compagni e confrontarli con i propri

 

Attività proposte

Attività comunicative: brevi dialoghi e role-play; attività di lettura (leggere i nomi dei paesi nel mappamondo); attività di scrittura (collega, completa); attività ludiche: il gioco del mappamondo, la gara sugli aggettivi di nazionalità; il gioco del bingo sul verbo venire

 

Materiali e strumenti

Il mappamondo; sacchetto con i cartellini dei paesi; immagini di bambini e bambine di diverse nazionalità; vignetta disegnata alla lavagna (input visivo); ascolto di un breve dialogo (input uditivo); cartellini SI/NO; sei scatole di cartone; il bingo sul verbo venire (cartelle, pedine, flashcards); fotocopie, cartelloni, fotografie portate dai bambini, immagini trovate in Internet, lavagna, CD player, Internet

 

Modalità di lavoro

Da soli, a coppie, tutta la classe

 

Durata

Quattro incontri in laboratorio della durata di due ore ciascuno

 

All’inizio della lezione la facilitatrice illustra, aiutandosi con disegni, schemi alla lavagna ed esempi pratici, le attività del giorno e gli obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso queste attività.

 

ATTIVITA’ 1: IL GIOCO DEL MAPPAMONDO

 

Il gioco consiste in una gara a tempo tra coppie di bambini.

 

Obiettivi: motivare gli studenti, suscitare curiosità verso l’attività proposta; imparare giocando; attivare le preconoscenze; offrire input visivo

Materiale: il mappamondo12; un sacchetto contenente dei cartellini con scritto i nomi di alcuni paesi

Modalità di lavoro: a coppie

 

Svolgimento

 

  1. Brainstorming sull’”oggetto di lavoro”, il mappamondo: come si chiama in italiano e nelle lingue dei bambini; a cosa serve; se lo usavano nella scuola nel loro paese d’origine, se ne possiedono o ne possedevano uno, le dimensioni, i colori; la ricerca sul mappamondo del proprio paese, le dimensioni delle diverse nazioni e continenti13, la distanza o vicinanza rispetto all’Italia.

  2. Gli allievi vengono suddivisi in coppie.

  3. Ogni coppia deve “pescare” da un sacchetto un cartellino con scritto il nome di un paese, leggerlo e cercarlo nel mappamondo entro il tempo stabilito.

  4. Se la coppia riesce ad individuare il paese nel mappamondo, conquista il relativo cartellino.

  5. Vince la coppia che si è aggiudicata più cartellini.

 

La facilitatrice ha la possibilità di formare le coppie più equilibrate: ad esempio i bambini di prima che stanno imparando a leggere e a scrivere possono essere affiancati da compagni che hanno una certa sicurezza nella comprensione della lingua scritta. In questo modo gli allievi collaborano e i più “esperti” fungono da supporto e modello per l’apprendimento dei compagni.

 

ATTIVITA’ 2: DA DOVE VIENI?

 

Obiettivi: presentare la funzione comunicativa: dire e chiedere la provenienza

Materiale: vignetta disegnata alla lavagna (input visivo); ascolto di un breve dialogo (input uditivo); cartellini SI/NO;

Modalità di lavoro: tutta la classe, a coppie

 

Svolgimento

 

  1. La facilitatrice disegna alla lavagna una vignetta con rappresentati due bambini, ciascuno accompagnato da un fumetto: uno contiene il disegno di un paese e al suo interno c’è scritto il nome corrispondente, l’altro fumetto è vuoto.

  2. La facilitatrice spiega ai bambini che ascolteranno un breve dialogo e invita coloro che lo desiderano a fare delle ipotesi (expectancy grammar) circa il possibile contenuto del dialogo tra i due bambini disegnati.

  3. Ascolto del dialogo:

 

A: Da dove vieni?

B: Vengo da _________. Sono __________.

 

Gli allievi possono verificare se le ipotesi che avevano fatto erano esatte.

  1. Domande V/F (orali) per la prima comprensione. I bambini possono rispondere semplicemente con sì o no; nel caso ci siano degli allievi neo-arrivati che stanno attraversando la fase del silenzio, possono rispondere attraverso dei cenni del capo, o usando dei cartellini con scritto SI’ e NO, da alzare a seconda della scelta. Questi cartellini sono presenti in aula, sempre a disposizione degli allievi, fanno parte del materiale di supporto che può essere usato abitualmente all’interno del laboratorio.

  2. Seguono degli ascolti ripetuti del dialogo.

  3. La facilitatrice rivolge la seguente domanda agli allievi : “Da dove vieni?”

Ciascun bambino risponde nel modo in cui sa: potrà dire solo il nome del suo paese, solo l’espressione “Vengo + il nome del paese”, potrà aggiungere anche l’aggettivo di nazionalità (Vengo + il nome del paese e sono ________); potrà sbagliare l’accordo nome-aggettivo ed omettere/sbagliare la preposizione articolata; potrà rispondere in modo completo e corretto (es. Vengo dal Kosovo e sono Kosovaro). L’importante è non forzare nessun bambino ad una produzione linguistica prematura e innaturale o non correggere da subito le sue produzioni rischiando di mortificarlo e provocare un innalzamento del filtro affettivo.

Successivamente i bambini possono rivolgersi reciprocamente la domanda: in questo modo i discenti non solo provano a rispondere ma anche a formulare loro stessi la domanda, inoltre si riduce il tempo parola dell’insegnante e si aumenta quello dei discenti.

  1. Ora dopo gli input visivi e orali può essere introdotto anche quello scritto: l’insegnante scrive il dialogo alla lavagna e lo legge invitando gli alunni che si sentono pronti alla lettura autonoma.

 

ATTIVITA’ 3: DA DOVE VIENE?

 

Obiettivi: presentazione degli aggettivi di nazionalità al singolare (maschili/femminili) per il livello A0, singolari e anche introduzione di quelli plurali (maschili e femminili) per il livello A1

Materiali: fotografie di bambini e bambine trovate in giornali e riviste

Modalità di lavoro: a coppie

 

Svolgimento

 

Livello A0

 

  1. Gli allievi vengono suddivisi in coppie: ricevono dei fogli contenenti delle fotografie di bambini e bambine accompagnati dal nome dei loro rispettivi paesi e una serie di cartellini con gli aggettivi di nazionalità; i cartellini sono distinti in due colori: rossi per gli aggettivi maschili e verdi per quelli femminili. Ogni coppia di studenti riceve una sola copia di materiale (interdipendenza di risorse)

  2. I bambini devono ritagliare le foto (con inclusi i nomi dei paesi) e provare ad associarle all’aggettivo di provenienza corrispondente.

  3. Segue la verifica in plenum.

 

Durante lo svolgimento del compito gli allievi vengono aiutati e guidati dalla facilitatrice nelle attività di individuazione dei caratteri e di lettura delle parole.

 

Livello A1

 

  1. Anche gli studenti di livello A1 ricevono alcune fotografie di bambini e bambine e i rispettivi nomi dei paesi di provenienza ma non devono associarli agli aggettivi di nazionalità bensì scrivere tali aggettivi completando, sempre lavorando a coppie, alcune frasi, riferite ad ogni fotografia, del tipo

 

Saida viene dall’Egitto, è _________________________________________________

Ling Ling viene dalla Cina, è _________________________________________________

Karim viene dal Marocco, è _________________________________________________

Nadia viene dalla Polonia, è _________________________________________________

Carlos viene dalla Spagna, è _________________________________________________

Marie viene dalla Francia, è _________________________________________________

Roberta viene dall’Italia, è _________________________________________________

Margaret viene dall’Inghilterra, è ________________________________________________

Angelo viene dall’Argentina, è ________________________________________________

Yoko viene dal Giappone, è ________________________________________________

Shpend viene dal Kosovo, è ________________________________________________

Michela viene dalla Romania, è ________________________________________________

Edlira viene dall’Albania, è ________________________________________________

 

Per lo svolgimento del compito i bambini possono aiutarsi con dei poster lessicali sugli aggettivi di nazionalità appesi alle pareti del laboratorio.

 

2. Segue la correzione collettiva.

 

ATTIVITA’ 4: IL TORNEO SUGLI AGGETTIVI DI NAZIONALITA’

 

Obiettivi: riflettere sulla formazione degli aggettivi di nazionalità in accordo nel numero e nel genere con i nomi

Materiali: sei scatole di cartone: 2 hanno disegnato una bambina e scritto in grande BAMBINA, 2 riportano l’immagine di un bambino e la scritta BAMBINO, nelle ultime 2 ci sono disegnati un bambino e una bambina accompagnati dall’espressione BAMBINA/BAMBINO; due serie dello stesso numero di cartellini con riportati gli aggettivi di nazionalità; lavagna.

Modalità di lavoro: da soli, tutta la classe

 

Svolgimento

 

  1. Organizzazione dello spazio: la faciliatrice dispone due banchi, uno accanto all’altro ma non attaccati, a un lato del laboratorio e 3 scatole (BAMBINA, BAMBINO E BAMBINA/BAMBINA) di fronte a ciascun banco, ad una certa distanza (vicino alla parete opposta rispetto a dove sono stati collocati i banchi). Sopra ad ogni banco viene “sparpagliata” una stessa quantità di cartellini con gli aggettivi di nazionalità.

  2. Gli allievi vengono divisi in coppie: i bambini di ogni coppia dovranno gareggiare tra di loro per un tempo stabilito.

  3. Ogni giocatore si dispone davanti alle “sue” scatole: quando l’insegnante da’ il VIA, l’allievo deve correre verso il banco degli aggettivi di nazionalità, prendere un cartellino, leggere l’aggettivo di nazionalità, ritornare alla posizione di partenza, vicino alle scatole, e mettere il cartellino dentro la scatola che ritiene giusta. Vince il bambino della coppia che riesce a mettere più cartellini giusti dentro le rispettive scatole, nel tempo previsto.

  4. I vincitori all’interno di ogni coppia si affrontano tra di loro in un piccolo torneo fino alla finalissima che decreterà il vincitore assoluto.

 

Naturalmente la facilitatrice ha formato le coppie di allievi tenendo conto delle loro età, competenze linguistiche ed abilità motorie, in modo da formare coppie omogenee e rendere la competizione, soprattutto all’inizio, quanto più equilibrata possibile.

I bambini hanno dimostrato di apprezzare molto l’attività che hanno affrontato con il giusto spirito competitivo ma soprattutto hanno saputo porre attenzione non solo all’aspetto ludico ma anche a quello linguistico del gioco: quando, al termine di ogni gara di coppia, si procedeva assieme alla verifica della correttezza degli aggettivi messi dentro ogni scatola, tutti i bambini partecipavano spontaneamente alla correzione e, in quel momento, in una situazione autentica quale è il gioco, acquisivano e facevano lingua in modo naturale, senza accorgersene, dimenticandosi che stavano imparando (“Rule of forgetting” di Krashen) perché coinvolti dal gioco e dal divertimento (imparare giocando e divertendosi).

In questo modo la struttura grammaticale dell’accordo nome-aggettivo di nazionalità viene presentata in modo induttivo: durante il gioco i bambini hanno potuto osservare e iniziare ad interiorizzare la formazione degli aggettivi di nazionalità al singolare in accordo con il genere dei nomi, fare delle ipotesi e verificare, assieme ai compagni e guidati dall’insegnante, la correttezza di tali ipotesi, ora sono pronti per tentare di sistematizzare le loro ipotesi e scoprire/ricostruire la regola di funzionamento della struttura linguistica. A tale scopo è stato predisposto un schema vuoto alla lavagna e i bambini hanno cercato di riempirlo incoraggiati dagli stimoli dell’insegnante.

Successivamente sono seguiti degli esercizi orali e scritti per il reimpiego della regola osservata, scoperta, ricostruita e ora sperimentata.

Per i discenti di livello A1 è stato proposto anche un esercizio di “trasforma al plurale” di alcune frasi: come spesso avviene, anche questa volta la facilitatrice ha proposto l’attività a tutti i discenti (all’interno del laboratorio nell’angolo delle risorse, vicino agli altri materiali, c’è anche il tavolo delle attività: in questo tavolo l’insegnante mette a disposizione degli allievi le attività e gli esercizi scritti per il reimpiego pensati per la giornata), tutti gli allievi del livello A1 hanno accettato la sfida ed hanno accolto la proposta dell’insegnante, alcuni hanno voluto fare l’esercizio da soli, altri in coppia, altri hanno richiesto l’aiuto della facilitatrice; anche gli allievi del livello A0 hanno voluto provare a fare l’attività: alcuni hanno rinunciato quasi subito considerandola troppo difficile, altri hanno provato a svolgerla da soli, altri con l’aiuto dell’insegnante che ha semplificato l’attività con opportuni dispositivi di facilitazione (disegni, esempi) adattandola alle loro capacità linguistiche.

La facilitatrice ritiene che, se possibile, sia importante a volte lasciare ai bambini anche la libertà di scegliere l’attività da svolgere tra quelle proposte, naturalmente guidando e consigliando nella scelta il bambino che lo richiede o che non è ancora in grado di farlo autonomamente. In questo modo il discente si rende conto di ciò che sa e di ciò che non sa ancora fare e che quindi necessita di imparare. L’allievo perciò acquisisce consapevolezza dei propri bisogni e vengono favorite l’autonomia e la riflessione metacognitiva nel processo di apprendimento linguistico.

 

ATTIVITA’ 5: IL BINGO SUL VERBO VENIRE

 

Obiettivo: imparare il verbo venire, tempo presente, modo indicativo

Materiali: il bingo sul verbo venire: le “cartelle” che contengono le forme verbali del verbo in tutte le sue persone, le pedine di carta per coprire la forma verbale e alcune flashcards illustrate, una per ogni pronome personale soggetto (IO, TU, LUI, LEI, NOI, VOI, LORO) già acquisiti, altre con alcuni nomi singolari e plurali (es. Lucia, la mamma, i ragazzi, Marco, il signor Bianchi, le zie…) e altre con i nomi dei bambini che partecipano al laboratorio.

Modalità di lavoro: individuale ma è possibile anche creare delle coppie di giocatori di diversi livelli di competenza linguistica e comunicativa che possono aiutarsi nella lettura e nella comprensione.

 

Svolgimento

 

  1. L’insegnante (o i bambini incaricati) distribuisce agli allievi le cartelle (due a testa) e le pedine.

  2. Prima partita: l’insegnante mostra la flashcard e legge quanto scritto (es. la nonna), i bambini possono, in base alle loro capacità linguistiche, pronunciare la forma verbale corrispondente al soggetto mostrato e poi individuarla nella propria cartella e coprirla con la pedina, limitarsi alla risposta orale chiedendo aiuto per la lettura e comprensione scritta o prima cercare il verbo e successivamente leggerlo. Qui, la facilitatrice deve fare molta attenzione a rispettare i tempi di ciascun allievo e garantire a tutti la stessa possibilità di esprimersi e produrre lingua.

  3. Varianti: nelle partite successive l’insegnante può adottare alcune varianti quali: limitarsi a pronunciare il soggetto (senza quindi l’ausilio delle flashcards); decidere di mostrare solo la forma scritta o disegnata, far svolgere il compito dell’insegnante a turno agli stessi alunni, questa soluzione viene sempre accettata volentieri dalla maggior parte dei bambini.

  4. Dopo una serie di partite, quando i bambini hanno acquisito una certa familiarità con questa forma verbale, possono ricostruirla alla lavagna utilizzando colori diversi come fatto in precedenza per altre forme verbali.

  5. Seguono degli esercizi orali e scritti in classe o a casa finalizzati al reimpiego della forma verbale appresa.

 

ATTIVITA’ 6: IL ROLE-PLAY CONCLUSIVO

 

Obiettivo: Utilizzare le strutture linguistiche acquisite nelle diverse attività del percorso per produrre autonomamente un dialogo sulla provenienza

Modalità di lavoro: a coppie

 

Svolgimento:

 

  1. Gli studenti vengono suddivisi in coppie

  2. Ogni coppia svolge il dialogo sulla provenienza (sulla traccia del dialogo proposto all’inizio del percorso, ma gli alunni sono liberi di variare il dialogo in base ad espressioni che hanno già sentito in precedenza, sia a scuola che fuori)14.

  3. Ogni coppia fa sentire alla classe il dialogo prodotto e poi ciascun bambino presenta agli altri il proprio compagno (es. lui/lei si chiama _________, ha ______ anni15, è __________, viene dal/dalla ___________)

 

ATTIVITA’ 7: IL CARTELLONE DEI NOSTRI PAESI DI PROVENIENZA

 

Gli allievi, utilizzando le fotografie dei loro paesi e città portate da loro stessi in classe o reperiti in Internet, costruiscono un cartellone riassuntivo di quanto imparato durante il percorso. Ogni bambino scrive una presentazione di sé stesso (livello A0), anche del proprio paese (livello A1) e, assieme con i compagni, le didascalie che accompagneranno le diverse foto: componimenti semplici o più articolati in base alla competenza linguistica scritta di ciascun allievo.

Il cartellone viene esposto nei locali della scuola come testimonianza di quanto svolto in laboratorio e come mezzo per farsi conoscere maggiormente dai compagni di classe e dagli altri bambini della scuola.

 

Conclusioni

 

Come avviene al termine di ogni percorso (e di ogni giornata in laboratorio), la facilitatrice prepara dei cartelloni in cui vengono elencate tutte le attività fatte: i bambini vengono invitati ad esprimere delle preferenze ed apporre delle faccette allegre sulle attività che sono piaciute e delle faccette tristi invece sulle cose fatte che non sono piaciute o che hanno trovato difficili o noiose. Successivamente ogni bambino motiva la sua scelta in modo che ci sia condivisione di sensazioni, pareri, emozioni. Poi, in un altro cartellone, la facilitatrice aiuta gli studenti a rispondere alla domanda “Cosa abbiamo imparato oggi?”: anche in questo caso i bambini possono rispondere come sanno, con parole isolate, disegni, schemi, frasi complete. Si leggono assieme le risposte degli studenti e si ripercorre quanto fatto durante l’attività, quanto è stato compreso e imparato (gli obiettivi raggiunti) e ciò che invece non è stato capito e che deve essere rivisto.

Questa fase di metacognizione è fondamentale sia per gli allievi che per la facilitatrice perché permette di riflettere su ciò che è stato imparato e sul perché è stato imparato (dove, quando, perché si può usare la struttura/espressione, regola imparata?), su come ciò che è stato acquisito può collegarsi a quanto fatto in precedenza, sugli stati d’animo provati durante le attività, sugli obiettivi non raggiunti, sulle cause che hanno impedito il loro raggiungimento e sulle strategie da mettere in atto per poterli soddisfare in futuro.

 

2. Percorso sugli oggetti della scuola: TUTTI A SCUOLA

 

Obiettivi linguistici

Lessico: oggetti che si usano a scuola, colori e dimensioni

Funzioni comunicative: identificare e descrivere un oggetto che si trova in

classe; chiedere/dare in prestito un oggetto

Strutture grammaticali: genere e numero dei nomi, accordo nome-articolo determinativo, alcuni aggettivi qualificativi per descrivere gli oggetti della scuola

Attività proposte

Gioco del memory, ascolto canzone, mini-dialoghi, cruciverba

 

Modalità di lavoro

Da soli, a coppie, tutta la classe

 

Materiale

Materiale per il gioco del memory: flashcards e cartellini degli oggetti della scuola, CD e CD player, fotocopie, lavagna

 

Durata

Due incontri in laboratorio della durata di due ore ciascuno

 

La facilitatrice informa gli allievi sulle attività che si svolgeranno e gli obiettivi che si potranno raggiungere.

 

ATTIVITA’ 1: PRESENTAZIONE DEGLI OGGETTI DELLA SCUOLA

 

Obiettivi: motivare i bambini, creare interesse e curiosità per l’attività che si va a svolgere; attivare i pre-requisiti: ripasso/rinforzo del lessico relativo alla scuola già appreso; per i bambini di prima, avviamento alla scrittura delle parole della scuola.

Materiali: flashcards degli oggetti della scuola

Modalità: tutta la classe

 

Svolgimento

 

  1. L’insegnante usando flashcards e realia mostra gli oggetti presenti in classe e ne pronuncia i rispettivi nomi, i bambini osservano i disegni e gli oggetti, ascoltano e, se e quando si sentono pronti, ripetono il loro nome.

  2. L’insegnante descrive oralmente (e aiutandosi con il linguaggio non verbale) alcuni oggetti (forma, colore, uso), gli allievi ascoltano e se lo desiderano fanno delle domande.

  3. La facilitatrice con opportune domande (es. “Come è l’astuccio?” “E’ grande/piccolo/bello/brutto/morbido/duro…?” “Di che colore è l’astuccio?”) invita e aiuta i bambini a descrivere gli oggetti.

L’insegnante rivolgerà le domande inizialmente ai bambini con una maggiore conoscenza o che dimostrano di voler parlare e “buttarsi” nella conversazione anche se dispongono di pochi strumenti. I bambini che per caratteristiche personali sono più timidi e preferiscono parlare solo quando si sentiranno sicuri, non solo del contenuto ma anche della correttezza formale delle loro produzioni, possono ascoltare gli input ripetuti più volte (la ridondanza facilita la comprensione e la produzione linguistica) e successivamente provare ad esprimersi autonomamente secondo le loro possibilità.

 

ATTIVITA’ 2: IL GIOCO DEL MEMORY (diversificato per livello)16

 

Obiettivi: riconoscere gli oggetti della scuola e pronunciare il loro nome (livello A0); riconoscere gli oggetti della scuola, pronunciare il loro nome e associarli alla parola scritta (livello A1)

Materiali: carte per il gioco del memory raffiguranti gli oggetti della scuola per il livello A0 e oggetti della scuola e rispettivi nomi per il livello A1; realia (molti oggetti della scuola presenti nel laboratorio)

Modalità: divisi in gruppi per livello, giocano individualmente all’interno di ogni gruppo

 

Svolgimento

 

Livello A0

I bambini giocano a memory: devono formare le coppie di carte che hanno raffigurato lo stesso oggetto della scuola.

 

Livello A1

I bambini giocano a memory: devono associare l’oggetto della scuola (immagine) con il rispettivo nome (parola)17.

 

ATTIVITA’ 3: LA CANZONE “SI’, SI’, NO, NO”18

 

Obiettivi

Lessico: ripetere il nome di alcuni oggetti noti (penna, matita, quaderno, colla, temperino, colori, forbici, pennello); introduzione di un nuovo oggetto: il compasso.

Funzioni comunicative: chiedere/dare in prestito un oggetto della scuola:

Hai ________, per favore?” rispondere di sì e/o esprimere rammarico: “Mi dispiace”

Grammatica: accordo nome/articolo, il verbo avere nelle forme “hai” “ho”

Materiale: testo della canzone “Sì, sì, no, no”, oggetti della scuola, fotocopie del testo della canzone, CD e CD player

 

Svolgimento

 

  1. Ascolto della canzone (senza testo)

  2. Attività per la comprensione globale: la facilitatrice dispone sul tavolo gli oggetti che si usano in classe e chiede a ciascun bambino, a turno, di provare a individuare uno degli oggetti nominati nella canzone ascoltata.

  3. Successivi ascolti della canzone per la verifica dell’attività precedente e per comprendere gradualmente non solo le informazioni principali ma anche altri dettagli del testo (comprensione più analitica).

  4. Verifica della comprensione analitica: esercizio cloze differenziato per livello che gli alunni possono scegliere se svolgere individualmente o a coppie.

 

LIVELLO A0

Per gli allievi di livello A0, viene proposto il seguente esercizio cloze. Le parole su cui gli allievi devono concentrare l’attenzione sono quelle riferite agli oggetti della scuola. Poiché, come detto, sono allievi di prima elementare che stanno imparando a leggere e scrivere per la prima volta, l’attività di scrittura viene facilitata offrendo loro le lettere da utilizzare, riordinandole, per formare la parola.

 

Testo “Sì, sì, no, no” (livello A0)

 

Hai la _________________ ( N – A – P – N – E)?

Pe, pe, pe.

Hai la _________________ (O – G – A – M – M)?

Go, go, go

La ____________________ (T – A – T – M – A – I) ?

Ma, ma, ma.

 

Ritornello: Sì, sì, no, no.

Mi dispiace non c’è l’ho.

Sì, sì ecco qua

Ciò che cerchi se ti va.

Hai il quaderno?

Qua, qua, qua.

Hai la __________________(A – R – G - I)?

Ri, ri, ri.

Il compasso?

Co, co, co.

Ritornello: Sì, sì, no, no.

Mi dispiace non c’è l’ho.

Sì, sì ecco qua

Ciò che cerchi se ti va.

Hai il _________________ ( B – O – L – R – I)?

Li, li, li.

Hai la _________________(A – L – C – L - O)?

Co, co, co.

Il temperino?

Te, te, te

Ritornello: Sì, sì, no, no.

Mi dispiace non c’è l’ho.

Sì, sì ecco qua

Ciò che cerchi se ti va.

 

Hai i ________________ (C- R – I – O – O – L )?

Co, co, co.

Hai le forbici?

Fo, fo, fo.

Il __________________ (L – E – L – N – E – P – O)?

Pe, pe, pe.

Ritornello: Sì, sì, no, no.

Mi dispiace non c’è l’ho.

Sì, sì ecco qua

Ciò che cerchi se ti va.

LIVELLO A1

Per i discenti di livello A1 invece viene proposto il seguente testo: non c’è la facilitazione per l’attività di scrittura prevista per i bambini di livello A0 e le parole da inserire non riguardano solamente gli oggetti della scuola.

 

Testo “Sì, sì, no, no” (livello A1)

 

Hai la ____________________ ?

Pe, pe, pe.

Hai _____ gomma?

Go, go, go.

La _________________ ?

Ma, ma, ma.

Ritornello: ___,____, no, no.

Mi dispiace non c’è l’ho.

Sì, sì ecco qua

Ciò che cerchi se ti va.

Hai _____ quaderno?

Qua, qua, qua.

Hai la ____________________ ?

Ri, ri, ri.

Il compasso?

Co, co, co.

Ritornello: Sì, si, ____, ____.

Mi dispiace non c’è l’ho.

Sì, sì ecco qua

Ciò che cerchi se ti va.

Hai il _________________ ?

Li, li, li.

Hai la colla?

Co, co, co.

Il ________________?

Te, te , te

Ritornello: Sì, sì, no, no.

___ _______non c’è l’ho.

Sì, sì ecco qua

Ciò che cerchi se ti va.

Hai ______ colori?

Co, co, co.

Hai ______ forbici?

Fo, fo, fo.

Il ______________?

Pe, pe, pe.

Ritornello: Sì, sì, no, no.

Mi dispiace non c’è l’ho.

Sì, sì ecco qua

Ciò che cerchi se ti va.

 

  1. Segue la correzione collettiva19.

  2. Si riascolta la canzone più volte e poi si canta assieme20.

 

ATTIVITA’ 4: MI DAI LA PENNA PER FAVORE?

 

Obiettivi

Funzioni comunicative: chiedere/dare in prestito un oggetto presente in classe; rispondere in modo affermativo e/o negativo; esprimere rammarico (“Mi dispiace”)

Materiali: dialoghi scritti alla lavagna; flashcards e cartellini con gli oggetti della scuola

Modalità di lavoro: tutta la classe, a coppie

 

Svolgimento

 

1. La facilitatrice chiede a ciascun bambino di prestarle un oggetto di sua proprietà attraverso le domande del tipo “Mi dai la penna, per favore?” o “Hai la penna per favore?” I bambini ascoltano e danno l’oggetto richiesto all’insegnante (T.P.R.), possono stare in silenzio, usare solo il linguaggio non verbale oppure rispondere nel modo in cui sanno o usando espressioni già sentite in classe21.

2. Dopo aver “raccolto” molti oggetti, la facilitatrice invita i bambini a chiederne la restituzione formulando a loro volta la domanda sentita in precedenza dall’insegnante. L’insegnante di volta in volta risponde con espressioni del tipo “Ecco qua”, “Prendi” “Tieni” o nel caso ci siano più oggetti dello stesso tipo dovrà rivolgere altre domande per es. “Di che colore è?” “Come è?” per saper individuare con precisione l’oggetto richiesto.

3. La facilitatrice scrive alla lavagna i seguenti mini-dialoghi:

 

Dialogo 1

 

A: Mi dai la penna, ____________?

B: Sì, ecco ______

No, _____ _______________, non ce l’ho.

 

 

Dialogo 2

 

A: __________ la penna, per favore?

B: Sì, _________ qua

No, mi dispiace, non ce l’________.

 

Mancano dei termini, gli studenti fanno delle ipotesi sulle parole mancanti e chi vuole le può scrivere alla lavagna completando i dialoghi fino a raggiungere la versione che gli allievi ritengono corretta.

4. Si procede alla correzione con l’aiuto della facilitatrice.

5. Gli allievi vengono suddivisi in coppie.

6. Si dispongono sul tavolo le flashcards degli oggetti della scuola e allo stesso tempo uno dei componenti della coppia (studente B) riceve una serie di cartellini, sempre raffiguranti le cose della scuola.

7. Ciascuna coppia, a turno, svolge il mini dialogo scegliendo tra i due proposti:

Studente A: chiede in prestito uno degli oggetti della scuola rappresentati nelle flashcards poste sul tavolo

Studente B: risponde in modo affermativo o negativo a seconda che l’oggetto richiesto sia tra quelli in suo possesso (presenti nelle carte che gli sono state consegnate) o meno

 

ATTIVITA’ 5: IL CRUCIVERBA

 

Obiettivo: reimpiego del lessico acquisito

Materiale: fotocopia con lo schema del cruciverba

Modalità di lavoro: prima individualmente, poi la verifica a coppie ed infine correzione in plenum

 

Svolgimento

 

1. Gli allievi svolgono l’attività inizialmente da soli. Questa attività serve principalmente come verifica per gli stessi allievi, i quali hanno l’opportunità di verificare se ricordano come si chiamano e si scrivono gli oggetti presentati durante le attività o se necessitano di ulteriori esercizi per la memorizzazione del lessico.

2. Segue la correzione prima in coppia e poi con tutta la classe.

 

Conclusioni

 

Anche al termine di questo percorso avviene la riflessione metacognitiva sulle attività svolte.

 

3. Percorso sul cibo e prodotti non alimentari: AL SUPERMERCATO

 

Obiettivi linguistici

Lessico: riconoscere e denominare i cibi ed altri prodotti che si possono

trovare al supermercato

Funzioni comunicative: fare un’ordinazione, chiedere/indicare un costo, riconoscere ed esprimere numeri e quantità, indicare gusti e preferenze

Strutture grammaticali: mi piace/mi piacciono – non mi piace/non mi piacciono; uso di “Vorrei…; introduzione alla forma di cortesia “Mi dà _______, per favore?; l’imperativo informale per gli allievi di livello A1 e A2

 

Obiettivi Interculturali

Conoscere e condividere cibi e piatti tipici di paesi diversi

 

Attività proposte

Giochi: il telefono senza fili; prendi il cibo e scappa; attività orali per esprimere le preferenze circa i cibi, role-play al supermercato; attività di letto-scrittura per la fissazione del lessico appreso (livello A0) e scriviamo una ricetta del nostro Paese (livello A1 e A2)

 

Modalità di lavoro

Tutta la classe, da soli, a coppie, in piccoli gruppi

 

Materiale

Depliants pubblicitari su cibi e prodotti di alcuni supermercati; scatole, sacchetti ed altre confezioni di prodotti alimentari e non; scatole o altri contenitori di prodotti tipici dei paesi dei bambini e che consumano anche in Italia; cartellini colorati, flashcards dei cibi; televisore e videoregistratore

 

Durata

Due incontri in laboratorio della durata di due ore ciascuno

 

Prima di iniziare le attività, vengono organizzati gli spazi necessari: un grande tavolo al centro dell’aula circondato da isole di banchi sistemati in modo tale da permettere facili spostamenti.

Come nei due precedenti percorsi didattici, anche questa volta la facilitatrice illustra, supportata da immagini, le attività che verranno svolte e gli obiettivi da raggiungere.

Nei giorni precedenti allo svolgimento del percorso, la facilitatrice e gli alunni hanno portato in laboratorio depliants pubblicitari su cibi e prodotti di alcuni supermercati; scatole, sacchetti ed altre confezioni di prodotti alimentari e non; scatole o altri contenitori di prodotti tipici dei paesi dei bambini e che consumano anche in Italia, in questo ultimo caso, guidati dalla facilitatrice attraverso semplici domande-guida e il supporto di parole-chiave, i bambini descrivono i loro prodotti ai compagni.

Gli alunni e la facilitatrice suddividono i prodotti raccolti in base alle seguenti categorie: prodotti alimentari: pane, pasta, riso, pizze, focacce, biscotti, dolci; latte e derivati; carni e salumi; frutta e verdura; bevande; prodotti non alimentari: prodotti per l’igiene personale; prodotti per la casa; prodotti per la scuola; successivamente i gruppi di prodotti così suddivisi vengono disposti ciascuno nelle isole di banchi precedentemente formate, ogni isola rappresenterà un reparto specifico del supermercato (panificio, macelleria/salumificio; latteria; frutta e verdura; tutto per la casa; tutto per la scuola) e ciascun prodotto viene accompagnato da un cartellino con indicato il nome e il prezzo corrispondente, quest’ultimo deciso dagli stessi alunni.

Seguono, all’inizio del percorso, delle attività ludiche per favorire la memorizzazione del lessico presentato.

 

ATTIVITA’ 1: IL TELEFONO SENZA FILI

 

Gli alunni si dispongono in cerchio (attorno al tavolo centrale, o se preferiscono, per terra), uno di loro, a turno, sceglie il nome di uno dei prodotti e lo sussurra al compagno affianco che farà lo stesso con il proprio vicino e così via fino a quando questo “passa-parola” porterà l’ultimo bambino a pronunciare a voce alta la parola detta dall’allievo che ha dato inizio al gioco. Il gioco continua per un periodo a piacere e soprattutto fino a quando gli alunni dimostrano di divertirsi. Gli studenti con maggiori competenze nella lingua scritta possono, al termine di ogni turno di gioco, scrivere alla lavagna il nome del prodotto “pensato”.

 

ATTIVITA’ 2: PRENDI IL CIBO E SCAPPA

 

Questa attività è ispirata al tradizionale “gioco del fazzoletto” o anche detto “bandiera”.

Gli alunni vengono suddivisi in squadre e, all’interno di ogni squadra, vengono numerati in ordine progressivo e disposti in due file, una di fronte all’altra.

La facilitatrice si dispone davanti alle due file, al centro affinché la sua posizione sia equidistante dai due numeri 1 di ciascuna squadra, mostra una flashcard rappresentante un cibo, chiama un numero e i due allievi che possiedono il numero chiamato devono correre velocemente e cercare di prendere per primi il cartellino con il cibo e, successivamente, ritornare dai compagni di squadra facendo attenzione a non essere presi dall’avversario. L’allievo che è riuscito a conquistare il cartellino deve identificare con i compagni il nome del cibo rappresentato e, entro un tempo prestabilito, comunicarlo alla facilitatrice. Ogni squadra si aggiudica un punto per ogni cibo indovinato. Al termine della partita, vince la squadra che ha sommato più punti.

 

ATTIVITA’ 3: MI PIACE/NON MI PIACE

 

Questa struttura già presentata precedentemente, viene rafforzata: ogni allievo sceglie dei prodotti e, a turno, e oralmente, indica le sue preferenze.

 

ATTIVITA’ 4: FACCIAMO LA SPESA

 

  1. Brainstorming sulle strutture linguistiche usate per fare e rispondere ad un’ordinazione in un supermercato o negozio. In questo caso gli alunni di livello linguistico più alto possono costituire una risorsa per i compagni neo-arrivati.

  2. Vengono mostrati agli allievi due spot pubblicitari televisivi: quello del Prosciutto Parmacotto e del Formaggio Auricchio.

  3. Attraverso visioni ripetute, gli alunni, lavorando in piccoli gruppi, provano ad individuare nei filmati le strutture linguistiche che possono essere usare per acquistare e vendere qualcosa e creano un elenco di tali espressioni.

  4. Vengono confrontati gli elenchi prodotti da ciascun gruppo, si apportano le eventuali modifiche e correzioni, le strutture linguistiche emerse vengono trascritte in un cartellone, che costituirà un supporto per lo svolgimento della successiva attività.

  5. Ogni allievo prepara una sua lista della spesa: in base al livello linguistico, gli allievi possono redigere la loro personale lista usando immagini, disegni o parole/brevi frasi, indicando anche le quantità per ogni prodotto che desiderano acquistare.

  6. Gli allievi vengono suddivisi in compratori e venditori.

  7. I venditori scelgono un reparto del supermercato in cui desiderano svolgere il loro ruolo mentre i compratori, in base alla propria lista della spesa, si dirigono verso i reparti del supermercato ed effettuano i loro acquisti.

  8. La facilitatrice controlla le performances degli allievi e facilita e supporta i loro scambi comunicativi.

  9. Scambio di ruolo.

  10. Al termine della simulazione, la facilitatrice forma delle coppie e chiede loro, a turno, di mostrare ai compagni le loro “scenette” circa gli acquisti e le vendite al supermercato. Gli altri alunni osservano le drammatizzazioni dei compagni e provano a correggere eventuali errori commessi (correzione tra pari).

 

ATTIVITA’ 5: LAVORO DI LETTO-SCRITTURA (per il livello A0)

 

I bambini neo-arrivati svolgono, attraverso attività di associa parola/immagine; completa e riordina, un lavoro sulla scrittura e lettura di alcuni dei nuovi termini imparati, oralmente, durante le precedenti attività.

 

ATTIVITA’ 6: SCRIVIAMO UNA RICETTA (per i livelli A1 e A2)

 

Gli allievi di livello A1 e A2, vengono suddivisi in piccoli gruppi in base al loro paese di provenienza e, grazie anche all’aiuto dei loro genitori o attraverso ricerche in Internet, provano a scrivere una ricetta tipica del loro Paese. Al termine del lavoro di scrittura, le ricette prodotte vengono corrette dalla facilitatrice e raccontate ai compagni.

 

Conclude il percorso la riflessione collettiva sulle attività svolte e i risultati linguistici e comunicativi ottenuti.

 

 

3.10. LA VALUTAZIONE

 

La valutazione dei progressi dei discenti stranieri che partecipano al laboratorio viene svolta sia in itinere, cioè periodicamente e al termine di determinati percorsi o unità di apprendimento. Alla termine di ogni semestre viene invece redatto per ogni singolo allievo un profilo contenente i dati anagrafici del discente, il periodo e le ore di facilitazione svolte e soprattutto le informazioni circa quello che l’allievo sa fare e quindi gli obiettivi che ha raggiunto nelle diverse abilità linguistiche (ascoltare/comprendere; parlare; leggere e scrivere) e relazionali. Questo documento viene inserito nella scheda di valutazione del bambino redatta dagli insegnanti di classe.

 

 

4. CONCLUSIONI

 

Come si è visto, il facilitatore linguistico può diventare un valido supporto che va ad attivare e potenziare le risorse della scuola e ad integrare l’azione degli insegnati relativamente all’insegnamento dell’italiano L2.

Questo a patto che il suo ruolo e i suoi compiti siano chiari e ben definiti e che non rimanga una figura isolata all’interno della scuola ma, al contrario, ci sia piena disponibilità al dialogo e alla collaborazione reciproca soprattutto con gli insegnanti.

Il facilitatore mette la sua professionalità ed esperienza nella didattica dell’italiano L2 al servizio dei docenti suggerendo materiali utili, attività operative ed elaborando assieme un percorso ad hoc che soddisfi al meglio i bisogni e gli interessi e favorisca lo sviluppo delle abilità e delle ricchezze dell’allievo straniero.

In questo modo i discenti stranieri potranno essere concretamente facilitati nel percorrere la strada verso una reale integrazione e la realizzazione del proprio progetto personale a scuola e nel contesto sociale.

 

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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VEDOVELLI M., 2002, L’italiano degli stranieri. Storia, attualità e prospettive. Carocci, Roma

 

1Tra questi ricordiamo il progetto ALIAS (www.unive.it/progettoalias) nato nel 1998-99 dalla collaborazione dell’università Ca’ Foscari e dal Ministero della Pubblica Istruzione (MPI); il progetto ITALDUE-ITALIANO L2: lingua di contatto, lingua di culture (www.unive.it/italdue ), progetto pilota condotto dalle Direzioni regionali in collaborazione con 21 università italiane; il Centro Come (www.centrocome.it ), servizio della cooperativa sociale “Farsi prossimo”, promossa dalla Caritas Ambrosiana e che opera dal 1994 nella provincia di Milano; il Centro Interculturale di Torino; il Centro Millevoci di Trento; il Centro Tante Tinte di Verona; il COSPE di Firenze.

2 E’ possibile, tramite superamento di apposito esame, ottenere la certificazione di facilitazione linguistica, detta CEFILS, presso il Laboratorio ITALS dell’Università Ca’ Foscari di Venezia

3 Un esempio valido di scheda per il rilevamento del comportamento linguistico e relazionale degli allievi stranieri è stata elaborata da Francesca Della Puppa ed è disponibile nel sito del Progetto Alias al seguente indirizzo http://venus.unive.it/aliasve/index.php?name=EZCMS&page_id=299;

4 Si veda una traccia per la rilevazione linguistica in Favaro, 2002, pag. 32

5 Balboni P.E., 2002, Le sfide di Babele, UTET Libreria, Torino; Favaro G., 2002, Insegnare l’italiano agli alunni stranieri, La Nuova Italia, Milano; Favaro G. (a cura di), 1999, Imparare l’italiano, imparare in italiano, Guerini e Associati, Milano; Favaro, G., 2000, Il mondo in classe, Nicola Milano, Bologna; Luise M.C., 2006 Italiano come lingua seconda, UTET Libreria, Torino

6 Cummins, J., Swain M., 1986, Bilingualism in Education, Addison Wesley Longman, New York

7 Caon F., D’Annunzio B., 2003, “Il laboratorio di italiano lingua seconda” in Luise M.C. (a cura di) “Italiano Lingua Seconda: Fondamenti e metodi” Vol. 1, Guerra Edizioni, Perugia

8 Krashen, S., 1981, “Second Language Acquisition and Second Language Learning”, Pergamon

9 I bambini di prima hanno iniziato a partecipare alle attività di laboratorio dal secondo semestre: due perché arrivati allora nella scuola, tre perché di solito, per le classi prime, si preferisce, a inizio anno, far rimanere nelle loro classi i bambini stranieri ed eventualmente iniziare il percorso di facilitazione nel corso dell’anno se le esigenze del bambino e degli insegnanti lo richiedono

10 I percorsi didattici sulla provenienza e sugli oggetti della scuola sono destinati specificatamente agli allievi di livello A0 e A1 mentre il percorso “Al supermercato” è stato proposto anche agli allievi di livello A2

11 Questi obiettivi vengono considerati trasversali e saranno quindi sottointesi anche nei percorsi didattici successivi

12 Si è deciso di scegliere il mappamondo rispetto al planisfero per evitare una visione eurocentrica del mondo

13 Un bambino cinese di 7 anni, in Italia da circa uno, un po’ timido ed introverso che di solito parla solo se gli vengono rivolte delle domande, in questa occasione ha espresso spontaneamente il suo stupore e divertimento nell’osservare quanto sia piccola l’Italia rispetto alla “sua” immensa Cina.

14 Nella situazione di apprendimento della lingua seconda, gli allievi sono sottoposti ad input integrato ossia ricevuto a scuola, nel contesto formale di apprendimento e soprattutto ricevuto fuori nelle situazioni comunicative quotidiane; nei negozi, nelle attività di gioco e socializzazione con i pari, nei negozi o in altri luoghi della città dove ascoltano e producono lingua

15 Le funzioni linguistiche e comunicative per chiedere e dire i nomi e l’età, sono già state acquisite in precedenza ed ora queste strutture vengono riprese (secondo la modalità di acquisizione a spirale) e arricchite all’interno di un’espressione più complessa con lo scopo di parlare di sé e degli altri fornendo informazioni non solo sul nome e età ma ora anche sulla provenienza.

 

16 Questo percorso è stato proposto ai bambini durante il mese di gennaio in concomitanza con l’inizio di frequenza del laboratorio da parte dei bambini di prima che, considerata la loro età, sono appena all’inizio del percorso di letto-scrittura

17 In alternativa si può proporre un unico gioco del memory (associazione immagine-parola) per tutti gli allievi del gruppo classe indipendentemente dal loro livello e i giocatori partecipano al gioco a coppie aiutandosi nel riconoscimento degli oggetti e nella lettura dei loro nomi (peer tutoring)

18 La canzone è tratta dal testo Salvini F., 2003 “Parlar Cantando - Canzoni per bambini” , Guerra Edizioni, Perugia

19 Durante tutta l’attività il facilitatore supervisiona il lavoro delle coppie, risponde a domande e richieste di aiuto, offre suggerimenti e feedback per lo svolgimento del compito.

20 La canzone è molto orecchiabile ed è piaciuta molto ai bambini che hanno richiesto alla facilitatrice di cantarla più volte durante i successivi incontri in laboratorio.

21 Sono espressioni che riguardano le routines tipiche della vita scolastica e gli allievi possono essere abituati ad ascoltarle nelle loro classi di appartenenza.

 

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