Giugno 2004 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
Alcuni interrogativi
Non susciterebbe un po' di perplessità sapere che in una scuola di nuoto applicano l'approccio acquatico, in una scuola di calcio l'approccio calcistico e in una scuola di musica l'approccio musicale?
Perché lo stesso grado di perplessità non viene suscitato dal fatto che in una scuola si applichi l'approccio comunicativo?
A cosa mira la stragrande maggioranza delle persone che si accinge allo studio di una lingua se non ad usarla per comunicare?
Poter comunicare nella lingua che si sta studiando, essere capaci di entrare in comunicazione con persone appartenenti ad altri paesi, ad altre culture non è forse una delle maggiori soddisfazioni di uno studente di una lingua straniera? Una soddisfazione che spinge a continuare lo studio e incrementare la propria competenza?
E se questi interrogativi hanno un briciolo di fondamento, non dovrebbero essere gli sforzi degli insegnanti mirati al conseguimento di tale risultato?
Qualche riflessione
C'è un dato di fatto che è sicuramente condivisibile da tutti gli insegnanti di lingua: studiare i meccanismi, le strutture, le regolarità , le irregolarità di una lingua straniera non basta per potere comunicare oralmente in quella lingua.
Accanto a quello studio ci deve essere qualcos'altro che dia la possibilità agli studenti di poter essere soggetti attivi nell'ambito di uno scambio comunicativo in quella lingua con un parlante nativo.
Un altro dato di fatto: essere in grado di produrre frasi corrette da un punto di vista morfologico non garantisce allo studente di essere in grado di partecipare ad una conversazione normale con parlanti nativi.
Una constatazione: la correzione di un errore non garantisce l'eliminazione dell'errore.
Uno strumento: la produzione libera orale (PLO)
La PLO è un'attività durante la quale gli studenti Producono Liberamente lingua Orale, cioè parlano liberamente senza essere corretti. L'occasione, l'argomento, la situazione, oggetto della produzione è offerto dall'insegnante.
La finalità della PLO è aumentare la scorrevolezza, la fluenza, la confidenza con la lingua orale.
Tale obiettivo deve essere esplicitato chiaramente agli studenti.
Lo studente deve percepire in modo inequivocabile la demarcazione che esiste tra le attività che hanno come obiettivo la correttezza, cioè le attività analitiche e le attività che hanno come obiettivo la scorrevolezza, come la PLO. E deve essere chiaro che si persegue un obiettivo alla volta: non si può pretendere la correttezza mentre si sta cercando di "protestare con un interlocutore antipatico" o si sta cercando di approfondire la "conoscenza con un/una collega veramente interessante", così come non si può esigere una buona fluenza da uno studente alle prese con i pronomi o con l'opposizione passato prossimo / imperfetto.
Le difficoltà per lo studente
Mettersi di fronte ad un'altra persona e interagire linguisticamente con questa persona significa prendere delle decisioni incessantemente, significa che lo studente si espone al mondo con mezzi linguistici limitati, che non gli permettono di mostrare la sua vera personalità.
Nella PLO lo studente si sforza di dare la migliore immagine possibile di se stesso e per fare questo deve ricordare, combinare parole, improvvisare, inventare parafrasi, saper chiedere aiuto, usare il suo corpo, partecipare alla gestione della conversazione, controllare che l'interlocutore capisca e così via. E' certamente velleitario immaginare che in classe si possano riprodurre tutte quelle situazioni in cui lo studente sarà linguisticamente coinvolto. Ma le PLO svolte in classe fanno "crescere" lo studente, gli danno sicurezza, gli permettono di mettere a punto strategie per togliersi d'impaccio, lo studente percepisce che non sarà "disarmato" di fronte a un parlante nativo e questa consapevolezza moltiplica i suoi sforzi e la sua energia. Per "crescita" bisogna intendere una sempre maggiore capacità di essere se stesso anche nella seconda lingua; ciò è di importanza fondamentale: appena lo studente percepisce questa potenzialità, è come se una meta, dapprima pensata lontana e faticosa da raggiungere, gli si parasse davanti, fosse lì a portata di mano e finalmente egli può far vedere quanto è colto, brillante, intelligente, simpatico, spiritoso e così via.
Ogni studente dispone di un proprio sistema linguistico, che attiva quando vuole comunicare in quella lingua. Apprendere una lingua è un processo di natura cognitiva. Nel momento in cui parla lo studente si trova in un punto di questo processo, che vede ai suoi estremi il principiante assoluto e il parlante nativo. Gli enunciati da lui prodotti in un determinato momento sono elaborazioni di elementi linguistici organizzati in un sistema attivo in quel momento. Tale sistema è stato chiamato "interlingua".
Naturalmente il sistema linguistico, ovvero l'interlingua di un principiante, è estremamente semplice e il progresso della sua competenza linguistica si può identificare in incessanti passaggi da un sistema semplice a uno più complesso.
Nella nostra pratica quotidiana di insegnamento rileviamo puntualmente che non tutto quello che insegniamo è acquisito e usato dagli studenti.
Evidentemente il programma interno dello studente segue un suo insondabile, personale ritmo di apprendimento che non sempre coincide con il nostro ben ordinato "programma didattico".
Dunque, quando ascoltiamo uno studente che usa elementi linguistici che sono stati trattati in classe, possiamo ipotizzare che quegli elementi sono stati acquisiti dallo studente non soltanto perché glieli abbiamo insegnati noi, ma anche perché andavano a soddisfare una "richiesta" del suo personale programma interno.
Questi passaggi, questa complessificazione, avvengono quando il sistema si rivela insufficiente per comunicare con l'interlocutore, in quel momento il sistema entra in crisi e possono avvenire due cose: lo studente attiva tutte le sue capacità per riuscire a comunicare o rinuncia a comunicare.
Per evitare il blocco dello studente bisogna agire su due fronti: da una parte la motivazione lo stimolo alla comunicazione deve essere forte, pertanto le PLO devono essere interessanti, varie, divertenti, utili stimolanti, originali; dall'altra lo studente deve percepire che non corre rischi ( le brutte figure ), che l'attività che si accinge a svolgere serve a superare tutte le frustrazioni, gli imbarazzi, serve a superare le difficoltà nella comunicazione e cosa c'è di meglio di un gruppo come la classe dove i bisogni e le necessità sono comuni?
Il momento della crisi del sistema (l'inizio della PLO) è un momento molto delicato sia per lo studente che per l'insegnante, il disagio per entrambi è grande.
E' naturale che da parte dello studente ci sia una richiesta di aiuto, può sembrare meno naturale che l'insegnante lo lasci completamente libero (libero, non solo).
Pensiamo un momento all'obiettivo di questa attività: lo studente deve sviluppare la sua competenza nel "parlare", cioè comunicare oralmente a qualcuno quello che si ha nella testa o nel cuore. Questa trasmissione avviene ovviamente con le parole, ma non solo. Ha luogo anche con gesti, sguardi, silenzi, postura del corpo, ecc. Quando uno studente si trova di fronte un interlocutore deve dunque essere in grado di combinare tutti questi elementi. Il prodotto di questo complesso lavoro è un discorso che ha la caratteristica peculiare di essere unico e irripetibile.
Unico perché l'unicità è la caratteristica che da tutti gli altri parlanti distingue il parlante, con la sua personalità, cultura, modo di fare, esperienza.
Irripetibile perché la percezione che il parlante ha dell'interlocutore e il contesto extralinguistico di quel momento hanno prodotto delle scelte linguistiche che hanno la loro ragione d'essere proprio per l'esistenza, in quel momento, di "quella" percezione e di "quel" contesto.
Come far superare il disagio allo studente ?
Le difficoltà per l'insegnante
Per prima cosa lo studente deve percepire un insegnante sereno. Se lo studente vede un insegnante tranquillo e rilassato, che gestisce l'attività con la sicurezza di un regista sul set, sarà anche lui spinto a svolgere il suo ruolo con la tranquillità che proviene dalla consapevolezza di essere al centro di un progetto, di cui forse non conosce i presupposti, ma di cui presto sentirà i benefici.
La convinzione dell'insegnante è un requisito fondamentale per la riuscita dell'attività.
L'insegnante che segue con apprensione le performance degli studenti non è convinto.
L'insegnante che appena sente una difficoltà accorre, non chiamato, non è convinto.
L'insegnante convinto dell'efficacia di questa attività è quello che si mette in disparte, che va ad aiutare se qualcuno lo chiama e torna subito in disparte, che loda gli studenti dopo che hanno finito facendo notare loro lo straordinario risultato raggiunto: aver comunicato in italiano per x minuti.
Il concetto che deve essere chiarito allo studente è questo: il disagio è la molla che attiva le sue capacità di ricerca delle soluzioni linguistiche. Non sapere come si dice qualcosa non è la constatazione di un fallimento, è la scintilla di curiosità che mette in moto le sue conoscenze, che gli consente di ricercare parafrasi, che lo spinge ad usare quelle espressioni necessarie per colmare delle lacune lessicali.
I principianti
In verità il disagio è avvertito in misura maggiore dagli studenti principianti. Infatti sono i principianti ad avere un sistema linguistico elementare, spesso insufficiente ad esprimere ciò che vogliono dire. Ma sono proprio i principianti a riservare a noi insegnanti le maggiori soddisfazioni. Se riusciamo a trasformare quel disagio in energia positiva, gli studenti si sbloccano; se diamo loro lo spazio e la libertà di esprimersi, se li tranquillizziamo dicendogli di non preoccuparsi troppo di come parlano, se gli spieghiamo che questa attività mira a sviluppare la fluenza e la scorrevolezza, mentre la correttezza sarà l'obiettivo di altre attività, gli studenti non saranno assillati dalla paura di sbagliare, non si lamenteranno di avere "poco vocabolario" e si preoccuperanno soltanto di far arrivare nella testa dell'interlocutore quello che hanno nella loro testa. Vorrei a questo punto fare una riflessione: a volte questa attività è vissuta, sia da parte degli studenti che da parte degli insegnanti, come una verifica. La PLO viene vista come uno strumento adatto a stabilire quanto di quello che è stato precedentemente fatto in classe è stato assimilato dagli studenti.
Tale impostazione non può che provocare delusione negli insegnanti e frustrazione negli studenti.
Un'impostazione errata
Torniamo un attimo indietro.
L'errore è proprio nell'impostazione. Se lo studente vive questa attività come una verifica, un controllo, tutte le sue inibizioni, i suoi blocchi, le sue incertezze aumenteranno, si preoccuperà di non sbagliare, cercherà di semplificare la formulazione del suo pensiero per ridurre al minimo la possibilità di errore. Risultato: robotiche conversazioni botta e risposta, risicate e banali conversazioni, forse anche abbastanza corrette.
Non si intravede niente dello stile, della personalità dello studente. E lo studente questo lo percepisce benissimo e ne è frustrato. Bisogna dire che questa sensazione dolorosa che è la frustrazione proviene dalla constatazione di aver fallito un bersaglio, cioè il parlare bene. Ma è proprio qui l'errore: essersi preposti un bersaglio impossibile. Imparare una lingua è un percorso lungo e complesso. Lo studio e la pratica, in eguale misura, garantiscono il progredire di questo processo. Una persona che si trova in un punto di questo processo (che corrisponde al livello della sua competenza) non può pretendere di collocarsi nel punto che costituisce la meta finale.
Chi inizia un corso di nuoto non può sentirsi frustrato perché non riesce a fare cinquanta vasche di seguito, il ragazzo della scuola di calcio non pretende di giocare in serie A e il o la giovane cantante a lezione di canto non chiede di esibirsi con Pavarotti alla Scala.
Conclusioni Con la PLO diamo agli studenti un'opportunità preziosa. Avere lo spazio di esprimersi liberamente consente allo studente di esplorare zone ancora poco conosciute della lingua; consente di rischiare costruzioni linguistiche complesse senza preoccuparsi troppo; lo prepara ad essere un soggetto attivo in una reale conversazione, capace di interagire in modo naturale e spontaneo, realizzando in tal modo l'obiettivo che si era forse proposto nel momento in cui aveva deciso di studiare questa lingua: apprezzare e conoscere veramente quel mondo, quella cultura, quelle persone che per le loro peculiari caratteristiche riescono ad essere tanto apprezzate in tutto il mondo.