Febbraio 2011  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
La promozione della lingua e della cultura italiana a Tokyo. A colloquio con Edoardo Crisafulli di Giuseppe Maugeri

ABSTRACT

Edoardo Crisafulli ha insegnato lingua e cultura italiana nelle università di Dublino, di Manchester e di Gedda (Arabia Saudita). Entrato nei ruoli degli Esteri (promozione culturale) ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Haifa dal 2003 al 2008. Dal 2009 è responsabile dei corsi di lingua e di cultura italiana all’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo.

 

L’INTERVISTA

 

Gentile Prof. Crisafulli, dal momento che Lei si è occupato con successo dei corsi di lingua italiana anche in Israele, quali sono le sfide che deve affrontare a Tokyo?

 

La scuola di lingua e cultura italiana dell’IIC di Tokyo è una macchina di notevoli dimensioni: raccogliamo circa 6.000 iscrizioni all’anno, avviamo una media di 120 corsi a trimestre e gestiamo 55 docenti. È una scuola complessa da gestire. L’organizzazione per trimestri didattici, in particolare, è impegnativa sul piano organizzativo. Ma, del resto, il trimestre didattico è molto apprezzato dal pubblico giapponese. In generale, è difficile lasciare un’impronta in una realtà – qual è quella di Tokyo - che funzionava egregiamente già prima del mio arrivo. A Haifa, dove per vari anni non c’era stato un direttore di ruolo, dovetti riorganizzare i corsi di lingua e cultura italiana, che non erano gestiti in maniera professionale. Un’altra sfida (avvincente) era quella di dialogare con tutte le comunità etniche e religiose del nord d’Israele. Il pubblico giapponese, invece, è piuttosto omogeneo. Le sfide del mio nuovo incarico, dunque, derivano dal fatto che a Tokyo devo gestire una situazione ben più strutturata rispetto a quella che trovai nel 2003 a Haifa.

Ho sempre avuto la fortuna di potermi avvalere di collaboratori straordinari. A Haifa sono stato coadiuvato in maniera eccellente da Paola Dal Lago, direttrice didattica e mia più stretta collaboratrice nel settore dei corsi. Assieme abbiamo rivisto l’offerta didattica, rinnovando e formando al tempo stesso il corpo docente. Il MAE, poi, nel 2008 mi ha sostituito degnamente con Giovanni Pillonca, il quale, tuttora assistito dalla dott.ssa Dal Lago, sta espandendo ulteriormente i corsi. Cito questi nomi perché sono convinto che le imprese di successo siano sempre costruite su un lavoro di squadra. Il passaggio di consegne tra colleghi che lavorano in piena sintonia è fondamentale. Lo è in particolar modo nell’ambito dei corsi di lingua, che richiedono una strategia organica e un investimento pluriennale di energie.

Sono particolarmente fiero dei risultati raggiunti a Haifa, in quanto disponevo di appena un sesto delle risorse umane e finanziarie dell'Istituto fondatore, quello di Tel Aviv. L'Istituto di Haifa, oltre a introdurre per primo in Israele i corsi di italiano scientifico per studenti universitari, ha fatto anche da apripista per quanto concerne l'inserimento dell'italiano come lingua di studio facoltativa nelle scuole superiori israeliane. Questo importante progetto, avviato nel 2003 dal sottoscritto in collaborazione con la scuola italiana di Haifa (diretta dalle suore carmelitane), è giunto solo di recente a completa attuazione.

Da questo punto di vista anche l’IIC di Tokyo è, come si dice oggi, una ‘success story’. C’è chi ha il merito di aver dato un particolare impulso ai corsi di italiano (penso a Silvio Marchetti, che per primo li avviò su vasta scala nel 1997). Ma la ragione del successo dell’Istituto sta soprattutto nella dedizione ininterrotta da parte dei vari direttori e addetti che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni. In appena 12 anni, dal 1997 al 2009, gli iscritti sono passati da un migliaio a quasi 6.000 unità.

Ma torniamo alle sfide attuali. Anzitutto, mi sono proposto di consolidare il rapporto organico tra l’IIC di Tokyo e l’Università per Stranieri di Siena. La prima iniziativa di rilievo, seguito di un corso di aggiornamento intensivo organizzato con Siena nel 2009, è stata uno scambio di docenti tra il nostro Istituto e l’Ateneo senese, ciò che ci ha consentito di organizzare il primo corso sperimentale di formazione-preparazione all’esame DITALS II, rivolto agli insegnanti di italiano come lingua straniera residenti in Giappone, che

ha avuto a luogo a cavallo tra il 2009 e il 2010.

Uno dei miei obiettivi strategici è aggiornare e formare il personale docente, la cui qualità professionale è uno dei fattori del successo di una scuola di lingua. Si tratta di una sfida complessa perché gran parte dei docenti dell’IIC di Tokyo è già preparata professionalmente; alcuni hanno già conseguito il DITALS dell’Università per Stranieri di Siena, o certificazioni equivalenti; altri hanno addirittura un Master in didattica della lingua italiana. Tutti, poi, hanno maturato una lunghissima esperienza di insegnamento in Giappone.

Poiché è sempre necessario avvalersi di validi collaboratori e consulenti, ho pensato, d’intesa col Direttore Umberto Donati, col quale c’è un’ottima collaborazione, di costituire un Comitato per la didattica, presieduto dallo studioso di chiara fama Shigeaki Sugeta, al quale afferiscono la linguista Chiara Zamborlin (Università di Nagoya), il Prof. Michele Camandona (Università di Waseda), la lettrice di ruolo del MAE Katia Gesuato (Università Keio), nonché, a rotazione, gruppi di tre docenti del nostro IIC particolarmente qualificati e motivati. Questo Comitato sarà un laboratorio di idee innovative e un forum di discussione.

Un’altra sfida consiste nell’innovare costantemente la metodologia didattica. Abbiamo già introdotto, in maniera pionieristica, i corsi di italiano con la suggestopedia moderna, in collaborazione con l’Università per Stranieri di Siena. In futuro, intendiamo sviluppare il settore delle glottotecnologie (per es. l’uso di software interattivi per l’apprendimento dell’italiano). Abbiamo già allestito 3 aule multimediali all’avanguardia, con computer dotati di touch screen, proiettore e schermo gigante.

 

Ritiene che negli ultimi anni si sia verificata un’evoluzione della domanda di italiano in Giappone?

 

Credo di sì. Mi devo basare su analisi e fonti attendibili – sono qui da appena un anno. La progressiva diffusione della lingua italiana ha fatto sì che sorgesse una domanda per corsi di approfondimento, di tipo culturale. Una domanda cui si è risposto offrendo un’ampia gamma di corsi specialistici (ma pur sempre di taglio divulgativo) che spaziano dalla letteratura contemporanea, all’opera, all’artigianato, all’arte, al cinema alla civiltà classica e così via. Oggi circa il 25% dei nostri corsi è di questo tipo. Credo che sia un’evoluzione naturale del ‘mercato’: acquisita una discreta competenza linguistica, gli studenti desiderano spaziare e approfondire di più. L’obiettivo non è più solo migliorare la comunicazione di base, bensì conoscere meglio alcuni aspetti della cultura italiana. Il che ci consente di indirizzarci sempre più verso l’approccio integrato allo studio linguistico: gli studenti che approfondiscono, per esempio, il cinema, lo fanno in un contesto comunicativo totalmente italiano, sicché migliorano simultaneamente le competenze culturali e linguistiche. Da segnalare che questo IIC, nel contesto della Settimana della lingua italiana nel mondo, organizza il salone delle scuole di italiano, giunto quest’anno alla quarta edizione, promuovendo in tal modo il turismo culturale legato ai corsi di lingua in Italia. Quest’ultima iniziativa è organizzata congiuntamente con la più importante associazione italo-giapponese di Tokyo, la Nichii-Kyokai, e l’ENIT (l’Ente nazionale per il turismo italiano).

 

In che modo l’italiano si è posizionato nel mercato delle lingue in relazione al contesto esaminato?

 

L’italiano è fra le lingue straniere più studiate in Giappone. Secondo calcoli approssimativi, ma realistici, circa 500.000 giapponesi hanno una qualche familiarità con la lingua italiana. Oltre all’IIC, ci sono centinaia tra scuole private e Università (sia pubbliche che private) che offrono un’ampia gamma di corsi di italiano. Ci sono, inoltre, i popolari programmi di italiano sulla televisione e radio nazionale giapponese (NHK). Poiché la tiratura mensile dei libretti con le attività didattiche collegate a quei programmi oscilla tra le 200.000 e le 220.000 copie, se ne deduce un numero almeno equivalente di studenti.

Detto questo, sembrerebbe che vi sia stata negli ultimi anni una lieve contrazione del mercato delle lingue europee in Giappone, che arretrano a favore di lingue emergenti quali il cinese e il coreano. L’italiano, tuttavia, mantiene saldamente le proprie posizioni. Un fatto eloquente lo conferma: l’uso dell’italiano è diffusissimo nel ‘panorama linguistico urbano’ di Tokyo. Nelle insegne, nella pubblicità, nei nomi di oggetti ecc. vengono spesso impiegati, talora in modo creativo, italianismi o pseudo-italianismi. C’è una letteratura critica su questo argomento, sicché, dopo esserci consultati con il Prof. Massimo Vedovelli, Rettore dell’Unistrasi, abbiamo deciso di avviare proprio su questo tema un concorso fotografico in Giappone, sponsorizzato da prestigiose aziende italiane. Le fotografie migliori verranno esposte all’IIC di Tokyo durante la Settimana della lingua italiana del 2010 e, successivamente, verranno esposte in Italia a cura della Fondazione Italia-Giappone.

 

Quali sono le strategie di comunicazione che l’Istituto ha adoperato per intercettare il target di riferimento ai corsi?

 

Anzitutto sfruttiamo la straordinaria forza propulsiva del settore eventi dell’IIC, che ne organizza oltre 200 all’anno, alcuni di grandissimo livello, sempre in cooperazione con istituzioni ed esponenti della società civile giapponese. Oltre 14.000 visitatori all’anno vengono in IIC per visitare mostre, assistere a concerti ecc. Si tratta di un pubblico già ben predisposto verso di noi, al quale presentiamo con modalità varie (dimostrazioni sul palco, volantini, video, diapositive) i nostri corsi. Organizziamo, poi, lezioni dimostrative di lingua italiana durante le principali fiere nelle varie catene dei grandi magazzini di Tokyo (Mitsukoshi, Seibu, Sogo). Frequenti anche i contatti con le varie università nipponiche al fine di intercettare anche un pubblico giovane. Utilizziamo inoltre una nostra newsletter elettronica, che è in fase di espansione, oltre naturalmente al nostro sito. Sfruttiamo infine una rete capillare di realtà legate in qualche modo a noi, dove ogni trimestre diffondiamo oltre 20.000 brochure e volantini sui nostri corsi (ristoranti italiani, università statali e private, scuole speciali, comune, musei, centri culturali, negozi di musica, agenzie di viaggio).

 

A sostegno della qualità, che tipo di approccio organizzativo Lei ha privilegiato per la gestione dei corsi di lingua italiana?

 

Oltre al Comitato per la didattica, di cui ho già parlato, abbiamo costituito gruppi di lavoro ‘mobili’ su singoli temi. In questi gruppi interagiscono docenti dell’IIC qualificati e particolarmente motivati, che danno un importante contributo di idee alla gestione della scuola. I gruppi non sono permanenti, durano solo finché non sia stata messa a fuoco una proposta operativa. Un gruppo, per esempio, ha dibattuto a lungo la questione della eventuale revisione dei trimestri didattici. Alla fine ho deciso di mantenere, pur con qualche integrazione, il sistema attuale. Ma le varie proposte (corsi quadrimestrali, semestrali, varie ipotesi di calendarizzazione ecc.) sono state estremamente utili. Da un lato, mi hanno consentito di conoscere meglio una macchina complessa. Dall’altro, mi hanno fornito suggerimenti utilissimi. Senza l’interazione con i docenti, non avrei introdotto alcune innovazioni: corsi semestrali in aggiunta (e non in sostituzione) ai corsi trimestrali e aumento dei corsi intensivi nei periodi di interruzione delle attività didattiche.

Rimane naturalmente un problema di fondo: come migliorare la comunicazione, cosa tutt’altro che agevole, dato che abbiamo ben 55 docenti? Il ripristino delle riunioni periodiche trimestrali dovrebbe facilitare le cose. Un’altra soluzione è quella di aumentare progressivamente i corsi in cosiddetto ‘tandem’, cioè con due docenti che si alternano nella medesima classe. Ciò favorirà lo scambio di esperienze tra i docenti.

 

Ci potrebbe descrivere il design dell’offerta linguistica proposta dall’Istituto e i traguardi didattici auspicati?

 

I corsi sono suddivisi in due grandi categorie: corsi di italiano generale (parametrati sul framework europeo, il libro di testo adotatto è Espresso, Alma Edizioni) e corsi culturali (letteratura, corsi sull’opera, enogastronomia, civiltà classica, cinema, storia ecc.). Un traguardo è incoraggiare l’evoluzione del mercato, di cui ho già parlato, ‘ampliando le basi’ della competenza linguistica in modo tale da consentire a un sempre crescente numero di studenti la frequenza ai corsi culturali, la quasi totalità dei quali si svolge interamente in lingua italiana (il corso di ricamo a punto antico è un’eccezione). Un problema è costituito dal fatto che, a causa dei loro numerosi impegni, i giapponesi preferiscono corsi con una sola lezione settimanale. Ciò significa che occorre un periodo di tempo piuttosto lungo per raggiungere i livelli del framework europeo (gli studenti frequentano, in media, 60 ore annuali di lezione frontale col docente – a cui vanno aggiunte però numerose ore di studio individuale). I giapponesi sono molto motivati e disciplinati, quindi percorrono fino in fondo la strada che hanno imboccato. Questo è un grande vantaggio sul piano didattico.

Un altro traguardo è quello di favorire il più possibile la comunicazione verbale in italiano: i giapponesi tendono a essere più riservati e a esprimersi meno anche nella loro lingua madre.

 

In che modo viene valorizzato l’investimento nella formazione delle competenze dei docenti dell’Istituto?

 

Questa domanda solleva una questione difficile. Quasi tutti i nostri docenti insegnano anche altrove (soprattutto presso Università) e quindi l’IIC per loro è un punto di riferimento imprescindibile per quanto concerne la formazione e l’aggiornamento. L’ambiente culturale, poi, è molto stimolante per chi desidera mantenere rapporti fecondi con l’italianità. Ma questo, per quanto importante, non basta: occorre far sì che il docente si senta valorizzato sul piano professionale. Bisogna tener conto del fatto che i nostri docenti hanno maturato una lunghissima esperienza. Hanno quasi tutti una buona preparazione in ambito glottodidattico; c’è chi ha pubblicato materiale didattico di un certo valore. Uno strumento a nostra disposizione è quello di assegnare più classi ai docenti più validi e più motivati. Un altro strumento consiste nel coinvolgere piccoli gruppi di docenti in progetti specifici.

In ogni caso, i docenti sono incoraggiati a presentare proposte per nuovi corsi culturali – così mettono a frutto le loro competenze, che sono le più disparate. Gran parte dell’offerta didattica proviene proprio dai docenti, i quali ci tengono a coltivare i loro interessi.

 

Con quale programmazione culturale l’Istituto ha sostenuto la motivazione degli studenti giapponesi a studiare l’Italiano?

 

Questo, effettivamente, è uno dei punti di forza dell’IIC di Tokyo: una programmazione culturale a tutto tondo, con una media di 3 eventi alla settimana per quasi tutto l’anno, fa sì che la scuola di lingua e cultura italiana sia ben pubblicizzata presso il pubblico giapponese - come già detto, i visitatori ai soli eventi in sede si aggirano intorno alle 14.000 unità all’anno. Quando c’è una grande manifestazione, inoltre, organizziamo eventi collaterali rivolti agli studenti (come, per esempio, le visite guidate, in lingua italiana, alla mostra sui Macchiaioli e a quella sull’Antico Egitto – eventi di straordinario richiamo nell’ambito della rassegna ‘Italia in Giappone 2009’). La Direzione dell’IIC, poi, è molto sensibile al coinvolgimento della scuola nelle attività culturali, sicché, per limitarci a un esempio, un buon numero di biglietti gratis viene dato agli studenti (per la visita a mostre, per i film del Festival del cinema italiano ecc.). Segnalo infine un’iniziativa curata dalla lettrice di ruolo Katia Gesuato: i ‘venerdì del cinema italiano’, rassegna che riscuote grande successo da parte dei nostri studenti.

 

Quali sono, secondo Lei, le possibilità e le opportunità da esplorare e cogliere ai fini di una promozione della lingua italiana più incisiva e radicata nel territorio?

 

Credo che si debba puntare anzitutto al consolidamento della scuola di lingua e cultura italiana dell’IIC di Tokyo, che è anche una decisiva fonte di autofinanziameno per l’IIC. L’ideale, in futuro, sarebbe costituire vere e proprie sezioni sul territorio, a partire dalla vicina città di Yokohama, ma ciò richiederebbe un notevole investimento in termini di energie e di persone.

Per il momento, è più realistico – nonché foriero di risultati quasi immediati -- creare sinergie con importanti imprenditori attivi sul territorio metropolitano. Di recente abbiamo avviato, ad esempio, i corsi di enogastronomia in collaborazione con Eataly e Slowfood Japan. Questi sono corsi sperimentali, che si svolgeranno in parte nella nostra sede e in parte presso la sede dei nostri partner. Al fine di ampliare l’offerta dei corsi di enogastronomia, stiamo coinvolgendo in varie partnership i più importanti ristoratori italiani a Tokyo. Abbiamo anche investito molte energie nell’organizzazione del corso di italiano per bambini (”Il girasole”), che ha luogo in locali idonei forniti dall’Università Sophia. Credo che i corsi per bambini abbiano un futuro qui in Giappone. Bisogna menzionare, poi, i corsi sull’opera, parte dei quali si svolge presso il Nuovo Teatro Nazionale di Tokyo. E, infine, per la prima volta nel 2009, abbiamo avviato corsi a distanza con skype, che consentono una proiezione su tutto il territorio nazionale.  

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