Aprile 2011  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Corsi di lingua e cultura italiana: il ruolo dei CLA e l’esempio dell’Università per Stranieri di Siena di Antonella Benucci

ABSTRACT

L'articolo è il frutto di riflessioni ed esperienze pratiche scaturite dalla frequentazione di un Centro linguistico per circa trent'anni, dapprima in qualità di insegnante, poi come ricercatrice e infine come suo direttore. Si tratta di brevi cenni alla storia del centro Cluss che fin dalla sua nascita si è confrontato con vari aspetti della didattica dell'italiano a stranieri e può essere un riferimento per analizzare l'evoluzione di questa disciplina in Italia. Nel corso degli anni infatti vi si sono susseguite sperimentazioni sul testing, sui curricoli, indagini motivazionali ecc. e, naturalmente anche proposte didattiche di vario tipo come quella qui presentata per un corso di civiltà e cultura italiana.

 

 

1. L'INSEGNAMENTO DELL'ITALIANO NEI CLA: TRA PASSATO E PRESENTE

 

Credo che i Centri linguistici si dibattano entro alcuni limiti dati dalle loro origini in quanto centri di sevizio nei quali si concretizzava la vecchia idea di formazione linguistica come mera conoscenza di strutture, senza riflessioni su come insegnare/apprendere le lingue.

Da una parte mantengono una forte vocazione tradizionale di luoghi destinati alla formazione pratica al servizio di altre discipline “più nobili”, offrendo corsi di lingue straniere che permettono agli apprendenti di poter poi leggere testi di letteratura, economia ecc. in lingua, e sostenere i relativi esami universitari; corsi un tempo affidati a “lettori” che il più delle volte non possedevano una preparazione professionale specifica se non quella di essere madrelingua.

D'altra parte però al loro interno si è via via concretizzata la ricerca di coerenza nelle offerte e la necessità di inquadrare la didattica impartita in un sistema teorico che possa permettere di analizzare e di interpretare i processi di apprendimento/insegnamento, oltre che di sperimentare interventi per il suo miglioramento: grazie anche al progressivo riconoscimento in Italia di una disciplina di recente istituzione come la glottodidattica che ha avuto come precursori Freddi e Titone già negli anni '70 ma verso la quale si registra tutt'ora, almeno in alcuni ambiti accademici, una certa diffidenza.

Al di là di questa generale esigenza di conciliare istanze teoriche e pratiche nell'educazione nelle e alle lingue straniere, da alcuni anni si è presentata poi la necessità di inserire tra le lingue offerte nei Centri linguistici anche l'italiano come L2 (preferisco differenziare tra LS e L2 poiché credo che l'ambiente nel quale si svolge l'insegnamento ricopra un ruolo non secondario per le modalità didattiche e la qualità degli input offerti). L'italiano L2, quindi insegnato in Italia a stranieri, assume una dimensione più che mai strumentale in quanto generalmente slegata da altre discipline presenti negli ordinamenti delle facoltà ma propedeutica all'inserimento dello studente straniero nei corsi di laurea, Master ecc. Italiano che deve dunque fondarsi su principi di spendibilità, usabilità, con una forte componente pragmatica ma anche di rigorosa competenza linguistica, necessaria per gli studi futuri e per il loro successo, e di competenza socioculturale, per un orientamento nella realtà italiana, accademica e non.

E' bene ricordare che fino a dieci anni fa circa in Italia vi erano solo alcuni atenei deputati all'insegnamento dell'italiano: alcune realtà “storiche” come Bologna, Venezia, Bergamo, Trento e altre più giovani come Udine, Ancona, Firenze, Parma, Roma Tre e Napoli Orientale. Ciò se ovviamente si escludono le due Università per Stranieri di Perugia e Siena. Oggi quasi tutti i Centri linguistici offrono corsi almeno stagionali, è solo quindi nell'ultimo decennio che si è avuta un'articolazione su tutto il territorio dell'insegnamento dell'italiano a stranieri. Tale considerazione diviene fondamentale per analizzare i dati sui frequentanti i corsi di italiano L2 dai quali risulta che in tutte le realtà c'è un aumento di presenze; Siena e Perugia Stranieri registrano invece un calo delle iscrizioni rispetto ad alcuni anni fa, fatto che ci dice chiaramente che le due Università per Stranieri hanno perso la loro posizione esclusiva cedendo utenza alle altre università. Ma questo dato ci indica anche che le finalità per le quali si impartiscono i corsi di italiano L2 non sono più quelle di un tempo quando le due Stranieri erano popolate essenzialmente da giovani studenti, soprattutto europei e americani che, spinti da interessi quasi sempre legati a finalità di formazione personale e amore per il nostro paese – quindi di formazione culturale -, sceglievano di effettuare un soggiorno più o meno prolungato in Italia, perfezionando o intraprendendo lo studio della lingua italiana. Sono stati successivamente affiancati dagli studenti in scambio Erasmus, distribuiti anche tra i vari atenei italiani, e poi da nuovi pubblici come i giapponesi, i coreani e infine i cinesi.

Oggi la panoramica dei destinatari dei corsi di italiano L2 evidenzia una presenza nei Centri linguistici di molti studenti universitari (programmi Erasmus, Mundus, Marco Polo, Turandot); i contingenti più sostanziosi per annualità sono a Firenze, Roma Tre, Bologna, Venezia ma in alcune realtà vengono attivati anche corsi per programmi americani (pochi rispetto al passato, data la tendenza delle Università americane a organizzarsi autonomamente con sedi distaccate) e Summer School. L'insegnamento dell'italiano settoriale dovrebbe essere quello più impartito negli atenei ad esclusione delle due stranieri dato che la gran parte del pubblico dei CLA è generalmente costituita da studenti Erasmus, che invece presentano spesso livelli di competenza iniziale inadeguati per seguire lezioni disciplinari ed hanno esigenze di formazione in italiano di base, situazione che si verifica anche con quelli del programma Marco Polo.

Altre tipologie di corsi risultano da contatti esterni: corsi per pubblici specifici come operatori bancari, personale dell'aeronautica, studenti delle Accademie di Belle Arti, corsi per giuristi e medici, in autoapprendimento, per richiedenti asilo/rifugiati politici, di cultura italiana attraverso le canzoni, per parlare in pubblico, per non vedenti.

E' da notare tuttavia che i CLA hanno ormai iniziato anche ad avviare collaborazioni con scuole, enti locali, direzioni regionali ecc., con i Centri di documentazione, con la Provincia, la Regione e gli Enti locali, con soggetti privati e Onlus per l'italiano a immigrati.

Inoltre i CLA sempre più divengono anche centri per la formazione degli insegnanti di italiano come L2/LS, un tempo attività svolta quasi esclusivamente dalle due Stranieri, e da essi è scaturita una ampia riflessione che è maturata unitamente al diffondersi negli atenei italiani di una sensibilità glottodidattica.

A Siena, per esempio, si intraprende la difficile via della formazione dell'insegnante di italiano a stranieri fin dai primi anni '80 con il Corso di aggiornamento per docenti di italiano per stranieri Italiano, Lingua e Letteratura (1983), il convegno Internazionale Lingua letteraria e lingua dei media nell'italiano contemporaneo (1985), i primi Corsi di aggiornamento per insegnanti di lingua italiana all'estero (1986), l'istituzione di Corsi di aggiornamento per lettori di italiano all'estero (1985), seminari e corsi di aggiornamento con esperti del Consiglio d'Europa per le lingue (1987-1989), proseguendo poi con il convegno Il testing nell'insegnamento dell'italiano come lingua straniera (1990). Attività supportate da riflessioni teoriche come quelle contenute nella Collana “I libri dell'arco” edita da Bonacci (1994 – 1999), o più applicative come quelle dalla Rivista S.I.& N.A. (1995 – 2000) e poi sfociate in offerte più strutturate: dai primi Corsi di Perfezionamento in didattica dell'italiano a stranieri (1993 – 2004) al Master in “Didattica dell'italiano a stranieri (2005 – 2006) poi Master in “Contenuti, metodi e approcci per insegnare italiano a stranieri” (2007-2009).

 

 

2. L'ITALIANO A STRANIERI IN ITALIA E IL CENTRO LINGUISTICO CLUSS

 

La specificità del Cluss, Centro Linguistico dell'Università per Stranieri di Siena, risiede nella sua natura statutaria e nella sua nascita antecedente a quella stessa dell'Università: dal Cluss hanno transitato svolgendovi la loro attività per periodi più o meno lunghi e lasciando la loro impronta scientifica, alcuni importanti esperti di didattica delle lingue straniere che hanno reso possibile la crescita professionale e scientifica degli insegnanti che vi operavano e il maturare di riflessioni originali che non sarebbero state possibili senza il contatto tra ricerca scientifica e pratica di classe.

Il Centro, specializzato da decenni nella didattica dell'italiano come LS/L2, ha prodotto curricoli, sillabi, materiali per la formazione di docenti, modelli didattici per scopi speciali e per la valutazione, in uno stretto rapporto, come si accennava, tra gli esperti e le diverse figure che al suo interno impartivano l'insegnamento della lingua.

Tutt'oggi continua ad offrire corsi di lingua ordinari, strutturati per moduli, Diplomi di I e di II grado in Lingua e Cultura Italiana, corsi intensivi e speciali, corsi per docenti di italiano come lingua straniera, anche se la settorializzazione dei campi di interesse della glottodidattica odierna ha portato la Stranieri di Siena ad affiancare al Cluss altri centri con specifiche vocazioni.

Ripercorrere le tappe dei dibattiti che si sono sviluppati al suo interno serve anche per osservare più in generale i temi affrontati riguardo all'italiano a stranieri.

 

La ricerca glottodidattica centrata sull'italiano LS/L2, e quindi anche quella condotta in alcuni CLA italiani e al Cluss, si è concentrata negli anni '80 sull'impiego degli audiovisivi, prima del laboratorio linguistico e poi del video e di ipertesti con ausilio del pc. Nelle due Stranieri sono state svolte anche alcune tra le prime indagini motivazionali e analisi dei bisogni degli apprendenti (Covino Bisaccia 1989 e 1990 e Maggini, Parigi 1983-85): tradizionalmente a Siena questa area di studio è sempre stata di grande interesse, a partire dall'applicazione del Livello Soglia di Galli de' Paratesi (1981) per proseguire con l'indagine di Bandini et al. 1999 e infine con la più recente Italiano 2000 (De Mauro et al. 2002) alla quale ha partecipato un gruppo di ricerca senese guidato da Vedovelli.

Negli anni ‘90 gli interventi dei CLA si sono focalizzati sugli aspetti della programmazione, in concomitanza con le azioni che nel frattempo aveva intrapreso anche il Consiglio d'Europa per le lingue vive. Si tratta di studi di notevole rilievo perché prima di allora non esistevano criteri condivisi per la ripartizione degli apprendenti nei livelli, questi ultimi non erano omogenei e non erano uguali in tutte le realtà. All'interno del Cluss sono state elaborate originali proposte a partire dalla seconda metà degli anni '80. Mi riferisco innanzi tutto al Sillabo “Galli de' Paratesi” (1987-88), materiale grigio redatto da Diadori, Cini, Benucci in collaborazione con esperti europei e italiani (Richterich, Béacco, D'Addio Colosimo, Evangelisti Allori, Giunchi e naturalmente De' Paratesi), ma in particolar modo al Curricolo (1995) fondato su una indagine dei programmi di insegnamento nel mondo guidata da Vedovelli, con la puntualizzazione di obiettivi glottodidattici a cura di Balboni. Dopo un altro momento di riflessione interna che ha prodotto il Sillabo 1997- 2000 sotto la direzione di Lo Duca e Catricalà, nel 2007 è uscita un'altra proposta formalizzata di Sillabo, frutto di una forte scelta politica (Benucci 2007). Quest'ultima sistematizzazione è ispirata al concetto di trasparenza per chi opera dall'interno e per i destinatari dell'offerta, tramite uno strumento operativo che permette sequenzialità e graduazione dei contenuti, unendo all'attenzione al testo in quanto déclancheur la presenza di liste di aspetti culturali sulla base di domini e di aspetti socioculturali: indicizzati e ripartiti per i sei livelli del QCER come le altre categorie di contenuti del Sillabo.

Intorno agli anni '90 la ricerca e la sperimentazione glottodidattica italiana si è rivolta anche al controllo, alla correzione e alla verifica delle conoscenze e al testing, ambiti di interesse di cui si è occupato anche il Cluss (Micheli 1994) e che poi si sono sviluppati più organicamente all'interno di un apposito centro, il Centro CILS, dedicato alla certificazione delle competenze linguistiche degli apprendenti.

Verso il 2000 lo sforzo di tutti i CLA si rivolge alla nuova tipologia di utenza per l'italiano, gli immigrati.

Da una prima presa d'atto si passa sempre più ad interventi di cui la scuola non può occuparsi, vale a dire la formazione degli adulti o di particolari gruppi con specifiche esigenze, come nel caso di corsi per badanti, corsi per infermieri ecc., concentrandosi non sull'italiano dello studio di competenza specifica della scuola, ma sull'italiano “lingua per la professione”, “lingua per la socializzazione”, “lingua per la sopravvivenza e il successo migratorio”, o “lingua per le attività trattamentali e il recupero” come nel caso dei corsi nei penitenziari. A questa ultima categoria di apprendenti il Cluss ha dedicato i suoi interventi a partire dal 2005 sviluppando prima di tutto una glottodidattica interna, o glottocentrica (usiamo la definizione di Cambiaghi 2008: 192), che indagasse sui processi di apprendimento ma anche su quelli psicologici e socioculturali dell'apprendente, per poi rivolgersi ad una glottodidattica didattico-centrata, proponendo tecniche e strumenti operativi per l'insegnante che opera nell'ambiente penitenziario.

 

 

3. ASPETTI CULTURALI E INSEGNAMENTO DELL'ITALIANO A STRANIERI

 

Un ulteriore campo di indagine già attivo dalla metà degli anni '90 a Siena è quello inaugurata da Balboni, che a quell'epoca dirigeva il Centro Cluss, per la trattazione degli aspetti culturali, o meglio interculturali, dell'apprendimento delle lingue.

A Siena non si è però formato un gruppo di ricerca per la descrizione delle lingue -culture coinvolte nei processi migratori fortemente orientata sulla componente interculturale come a Venezia (mi riferisco ai numerosi contributi sulle lingue e culture dell'immigrazione del progetto ALIAS e di molti ricercatori di Ca' Foscari) mentre invece è ormai un punto di riferimento nazionale il suo Osservatorio linguistico permanente dell'italiano diffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia diretto da Vedovelli, con una sensibilità più spiccatamente linguistica e sociolinguistica.

La complessità del processo educativo trova in questi due diversi ma complementari campi di indagine, senese e veneziano, i due punti focali del problema, cioè il rapporto tra formazione interlinguistica e interculturale.

Sempre a Siena fin dalla metà degli anni '90 si è sviluppata però un'altra dimensione di studio, quella sull'intercomprensione (grazie alla partecipazione a progetti della comunità europea come ARIADNA, MINERVA, REDINTER: cfr. Capucho, Alves, Martins, Degache, Tost, 2007, Benucci 2005 e 2008), che non sarebbe possibile senza fondarsi su un'idea di comunicazione linguistica, e di educazione linguistica, che non comprendesse al suo interno anche la competenza interculturale e quindi costituisse un punto di sintesi tra i due campi di studio ai quali si accennava sopra.

I progetti sull'intercomprensione puntano tuttavia, a differenza di ciò che avviene nella scuola italiana, non tanto sulla ricchezza della diversità ma sulla ricerca di basi comuni per la reciproca comprensione. In tale ottica la valenza del mantenimento e della valorizzazione della L/C1 fa sì che il parlante straniero di qualsiasi età a contatto con una nuova lingua/cultura si costruisca una grammatica non solo in base all'input a cui è esposto, ma anche attraverso processi di generalizzazione e di transfert, di analisi e comparazione che possono essere potenziati con adeguate procedure didattiche. Questa attitudine può essere sviluppata attraverso lo sfruttamento delle similitudini tra le lingue con le quali si è entrati in contatto ma anche usando consapevolmente le conoscenze sul funzionamento del linguaggio che già si possiedono, nell'ambito della promozione dell'autoapprendimento ma anche nell'apprendimento strutturato: con procedure didattiche fondate su una concezione cognitivista e costruttivista del processo stesso di apprendimento che si basi sia sulle sue componenti linguistiche che su quelle culturali.

Ciò che interessa è sfruttare l'esperienza accumulata dagli studenti e utilizzare gli abiti acquisiti in altri percorsi di apprendimento per sviluppare strategie specifiche di comprensione ed espressione, tenendo conto in particolare che tale circostanza è stata raramente presa in considerazione in passato nelle metodologie dell'insegnamento di LS/L2, in cui prevalgono tendenze etnocentriche.

In tali progetti l'analisi delle categorie operative diviene fondamentale per precisare in quale misura i differenti strati linguistico-culturali e la situazione comunicativa intervengono nel processo di intercomprensione, analizzando cosa è attinente alla natura delle lingue, ai sistemi linguistici o alla dimensione socio-culturale.

Nella convinzione che non c'è contenuto culturale di un gruppo umano che non debba passare prima o poi attraverso il mezzo linguistico, ho da sempre avuto un particolare interesse alla componente culturale dell'apprendimento proponendo dapprima brevi riflessioni (Benucci, Cini 1986, Benucci, 1995a, Benucci, 1995b, Benucci, Cini, Lafuente, 1991) e poi sperimentando materiali didattici orientati a sviluppare la competenza culturale, con un atteggiamento descrittivo, senza fornire apprezzamenti, nell'ottica dei progetti sull'intercomprensione.

Se oggi ci si orienta allo studio dell'italiano in quanto lingua del lavoro e dell'integrazione sociale (immigrati e profughi), della scuola e della formazione di base dell'individuo (bambini e adolescenti), del commercio e delle imprese ecc. permane anche però l'interesse per tutto ciò che costituisce la cultura italiana, dalla tradizione letteraria, all'arte, al cinema, all'opera, al made in Italy e che accorda all'Italia un suo prestigio nel mondo.

 

 

4. I CORSI DI CULTURA DELL'UNIVERSITÀ PER STRANIERI E IL CORSO DI “CULTURA E CIVILTÀ ITALIANE”

 

Da anni il Cluss impartisce in collaborazione con la Facoltà di Lingua e cultura italiana corsi di cultura per studenti che desiderano conseguire il Diploma di I e di II livello. Ho sempre pensato che al di là delle varie discipline che possono costituire l'oggetto di questo tipo di offerta, senza dubbio di grande interesse per lo straniero come la storia del cinema italiano o la storia dell'arte, occorresse prevedere anche un corso “propedeutico” di avvicinamento alla cultura italiana che fornisse un metodo specifico di apprendimento o per lo meno modelli di analisi per una fruizione autonoma e consapevole.

La “civiltà” come oggetto di apprendimento è entrata nella didattica verso la metà degli anni '60 del secolo scorso, ma si limitava a materiali non reali e astratti sia dal punto di vista culturale che linguistico, era costruita per temi, esaustiva, presentata separatamente dalla riflessione linguistica e riservata alle classi avanzate, spesso frustrante per gli adulti. E' stata poi progressivamente sostituita dalla “cultura”, che dovrebbe essere appresa in modo ciclico, attraverso materiali autentici, gli stessi dell'apprendimento linguistico, fin dai livelli più bassi, con continui riferimenti alla cultura materna.

Verso la fine degli anni '80 il binomio “lingua e cultura” costituisce una formulazione sintetica ormai accettata e coerente con la quale però ciascuno intendeva forse concetti diversi che andavano dal valore tradizionale e consolidato di cultura alta, umanistica, insieme di manifestazioni spirituali, artistiche e filosofiche, a quello di un insieme di modi di vita, credenze, soluzioni tecniche ecc.

Oggi appare improprio parlare di insegnamento di una data lingua senza che con tale termine intendiamo un sistema di comportamenti socialmente e culturalmente strutturati attraverso i quali gli individui agiscono e interagiscono per scopi personali e sociali. Il possesso di complesse regole di natura sociale e culturale, oltre a quello delle regole strettamente linguistiche, consente agli individui e alle società di acquisire diversi livelli di sviluppo concettuale e di comunicazione e allo straniero di entrare in contatto con tali società.

Se tutti ormai concordano sull'importanza di non tenere separati i fatti di lingua da quelli di cultura non tutti però all'atto pratico della didattica ne tengono conto e molti insegnanti tendono a sottovalutare il peso della competenza culturale, per esempio nella comprensione di un testo scritto, nello svolgimento di una prova di verifica, nella capacità di interagire in un contesto non nativo.

Nel Corso organizzato dal Cluss per cultura si intende sia quella in senso umanistico, accezione forte in cui cultura è solo quello che è scritto, tramandato e che costituisce esempio di eccellenza, sia in senso antropologico, accezione debole, per cui tutto è in qualche modo cultura, anche le manifestazioni materiali e del quotidiano. Ritengo infatti che in educazione linguistica il termine cultura dovrebbe usato in tre sensi:

 

  1. qualsiasi elemento materiale o spirituale trasmesso all'uomo attraverso la società (civiltà);

  2. raffinamento individuale (generalmente rivolto al passato);

  3. modi di vedere la vita che conferiscono a un particolare popolo il suo posto caratteristico nel mondo.

 

Oltre alle dichiarazioni di principi, ormai condivisi, si ricerca una realizzazione in classe che su di essi si fondi concretamente. Il tentativo è quello di presentare una cultura autentica, viva e dinamica al posto di quella statica e, spesso, stereotipica che viene portata a modello dai materiali didattici standard (su carta, video, disco ecc.). Trattandosi però di un corso trasversale non può focalizzarsi su determinati aspetti culturali veicolati da precisi testi, ma intende invece fornire le coordinate per poter fruire di tali contenuti una volta che lo studente li incontri in un corso di lingua o nella propria vita sociale. Lo scopo non è tanto quello di insegnare la cultura e la civiltà italiane ma di insegnare a interpretarle. Tra i corsi di cultura offerti nel nostro Ateneo ci sono infatti quelli di storia della lingua, di storia dell'arte, di storia del cinema, ecc., temi che vengono affrontati anche in questo corso di “Cultura e civiltà italiane” ma senza l'intenzione di formare conoscenze specialistiche, né di trattare certi periodi in maniera esaustiva, anzi qui si tenta di intrecciare le varie discipline in modo da formare una conoscenza generale e interdisciplinare.

Ritengo che in qualsiasi corso di lingua seconda o straniera sarebbe bene condurre non all'acquisizione di elementi rappresentativi della cultura in oggetto ma a quella di un apparato regolistico che ne gestisca il senso. Lo scopo non è quello di appropriarsi di nozioni (necessariamente limitate) ma di raggiungere la capacità di analisi e di applicazione del bagaglio culturale a qualsiasi situazione e tipo di testo, di portare lo studente all'osservazione distaccata della realtà della Cultura Straniera o Seconda, di altre eventualmente coinvolte, e all'oggettivazione di quella materna: in questa ottica l'apprendimento culturale è inteso come procedimento e non come bagaglio di conoscenze.

E' mia opinione che neppure nel caso di corsi per immigrati o figli di immigrati la didattica per l'insegnamento della L2 debba relegare la L/C1 al ruolo di conoscenze buone ma inutili, e che la L/C1 e la L/C2 non debbano essere intese in un rapporto gerarchico, in cui la L/C2 prevalga sulla L/C1 in quanto legata alla sopravvivenza sociale e all'integrazione. L'insegnamento della C2 (come quello della L2) non deve minacciare l'identità dell'apprendente ma deve essere uno strumento di apertura verso nuove esperienze.

Il rapporto L/C1-L/C2 deve essere indirizzato ad una convivenza tra le due lingue-culture, in cui l'apprendente si senta rassicurato nell'interazione tra le sue conoscenze presenti e passate, conoscenze che lo possano guidare in riflessioni e confronti sempre nuovi, progettando percorsi che insegnino il valore della conoscenza di più lingue e culture.

L'obiettivo fondamentale è dunque la preparazione linguistica, psicologica e culturale che vada a costituire un bagaglio personale di conoscenza dato che il contatto con lingue-culture altre promuove il rispetto per stili di vita e punti di vista diversi dai propri: la scoperta della pluralità è sempre una ricchezza che può essere utilizzata come mezzo di conoscenza reciproca.

 

 

5. UN MANUALE PER UN CORSO: “IO E L'ITALIA” (BENUCCI – D'AMICO)

 

Sintetizzando quanto detto fino ad ora pare dunque che la dimensione culturale debba giocare un ruolo fondamentale nell'educazione linguistica e che, in secondo luogo, sia l'unica strategia educativa accettabile se volta a rilevare i punti di contatto piuttosto che a mettere in luce le differenze.

La riflessione a monte del manuale che qui presento, pur collocandosi all'interno dell'universo concettuale della cultural awareness, vuole essere orientata in senso più strettamente glottodidattico, vuole cioè fornire agli insegnanti coinvolti delle linee concettuali precise, frutto di molti interrogativi che ci siamo posti. Ci siamo chiesti quale sia l'accezione del termine “cultura”, che ruolo essa svolga in un curricolo di lingue, con quali metodi possa essere proposta agli studenti, come gli insegnanti possano procedere ad osservazioni della propria cultura in modo da uscire dalla mera intuizione per giungere ad un approccio più riflesso.

E' bene però chiarire da subito che con questo volume non vogliamo presentare un panorama esaustivo della cultura italiana ma fornire elementi che stimolino l'interesse per approfondimenti successivi: i vari periodi della storia culturale italiana sono affrontati partendo sempre da una angolazione: per esempio per i Romani non si fa la storia di Roma dal suo inizio fino alla fine, si parte da una lettura sull'imperatore Adriano e da lì si intrecciano alcuni temi. Lo scopo del manuale è infatti quello di stimolare ad approfondire lo studio della lingua e della cultura italiane attraverso la conoscenza parziale di alcuni elementi presentati rapportandoli, tutte le volte che è possibile, al vissuto e alla cultura di appartenenza dello studente. Il materiale ha l'obiettivo di risvegliare nell'apprendente una coscienza delle similarità culturali tra le differenti culture e in particolare tra quella di appartenenza e quella italiana, in modo da condurlo a sviluppare strategie di approccio che gli permettano di accedere a una conoscenza della cultura italiana dell'ordine della “sopravvivenza”, senza un vero e proprio apprendimento sistematico e in profondità, tramite il ricorso all'osservazione e all'interpretazione e gestione di indici culturali.

L'impostazione del volume non è simile a quella di altri manuali in circolazione poiché prevede l'azione diretta dello studente nella scoperta degli elementi culturali, strategia già in uso per i contenuti di lingua ma non per quelli di cultura, non segue un approccio descrittivo, unisce aspetti di cultura “classica” e di “cultura del quotidiano”.

Riteniamo che la nostra proposta sia in sintonia con un approccio affettivo-umanistico e costruttivista, cioè di interesse e apprezzamento per gli aspetti linguistico - culturali della lingua italiana da parte dell'apprendente verso i quali viene spinto con attività e materiali che lo obbligano ad un ruolo attivo: secondo un procedimento ciclico e globale che permetta di farsi un'idea generale della materia senza pretendere di occuparsi di tutto (cosa impossibile sia nel caso della cultura che della lingua) ma scegliendo ciò che è rappresentativo e soprattutto suscettibile di stimolare la sua mente, la sua fantasia e la voglia di continuare lo studio, una volta terminato il ciclo scolastico o universitario. Mira infatti a sviluppare nell'apprendente la capacità di:

 

  • identificare comportamenti culturali,

  • comprendere gli aspetti specifici e caratterizzanti dei comportamenti culturali perché differenti da quelli della Cultura Materna;

  • orientamento nello spazio culturale e linguistico della lingua Seconda/Straniera;

  • mettere in atto una analisi aliena da pregiudizi nei confronti della Cultura Materna e della Cultura Seconda/Straniera.

 

Il volume presenta inoltre il vantaggio di unire due approcci alla conoscenza della cultura di lingua straniera: quello innovativo-deduttivo, fornito dalle Attività nelle quali è lo studente stesso che scopre l'Italia e gli italiani, e quello tradizionale-informativo, attraverso le letture della Revisione che costituiscono la verifica delle ipotesi elaborate nelle attività.

In genere lo studente è abituato dai sistemi scolastici ad un approccio di tipo nozionistico e ad una visione della cultura essenzialmente esplicita. Con questo volume, dopo essersi avvicinato ai temi di cultura selezionati all'interno delle unità in maniera tale da crearsi delle ipotesi attraverso lo svolgimento delle varie attività, è forzato a riflettere su ciò che egli sa della cultura italiana, sulle idee che di essa aveva all'inizio del corso, può verificare nella Revisione le proprie ipotesi e ampliare quanto ha scoperto svolgendo le Attività con i dati aggiuntivi che vi trova.

In questo modo viene sfruttato anche l'aspetto ludico dell'apprendimento e la curiosità del lettore che si sente partecipe dell'azione didattica e non si annoia. Tale approccio permette inoltre al docente di introdurre importanti temi della cultura italiana nel suo corso in modo stimolante e originale. Dunque si tratta di favorire una predisposizione psicologica di tipo empatico che occorre mantenere per tutto l'apprendimento e, anzi, fare in modo che essa possa essere alimentata in modo autonomo anche quando questo sembra finito. La cultura è infatti di per sé un fatto altamente motivante per lo studio delle lingue straniere. Ma occorre tenere conto che la domanda di italiano risponde oggi per la maggior parte dei casi a interessi culturali vari ed è quindi generica, comprende varie manifestazioni (cinema, giornali, televisione, moda, cucina, design) oltre a quelle artistico-letterarie tradizionali.

 

L'unità minima dell'apprendimento culturale è il modello culturale (cfr. Balboni 1999, 2006, 2007), cioè la soluzione che una data cultura trova ad un problema: per esempio il modo in cui un popolo risponde al bisogno di difendersi dal clima, (abbigliamento, abitazioni, refrigerazione, riscaldamento, alimentazione, ecc.) e dagli eventi naturali. Occorre accertarsi però dell'autenticità dei modelli e specificare se essi siano validi per tutta una cultura o solo per una parte di essa (per esempio nel sud di Italia la cucina regionale è caratterizzata da condimenti piccanti, nel nord da una maggiore presenza di grassi e di zuccheri). Si deve infatti tenere conto anche che non si può continuare a parlare di cultura italiana perché non esiste una cultura italiana ma culture differenziate, non nel senso di culture inferiori ma di varietà dei modelli culturali, come di quelli linguistici: molto ampie. I modelli culturali cambiano poi nel tempo, in base all'età di chi ne fruisce, in base al sesso, e ai punti di vista: è quindi necessario che lo sguardo dello straniero non si soffermi su un solo gruppo o su un solo aspetto perché potrebbero prodursi degli stereotipi.

Quando si costruisce un materiale didattico sugli aspetti culturali relativi sia al passato che alla contemporaneità si deve prestare particolare attenzione anche al rischio di inattualità: molti dati e elementi culturali presentati dai testi spesso in poco tempo non sono più autentici perché superati (ad esempio uno degli elementi più a rischio è la situazione politica), si è cercato quindi di non entrare nel dettaglio nella citazione di personaggi e aspetti dei nostri giorni riportando solo quelli che si possono comunque utilizzare per una visione diacronica. Spetterà all'insegnante integrare questa lacuna del corso ricorrendo a fonti dai mass media e aggiornando di volta in volta i contenuti delle varie sezioni.

 

 

6. LA STRUTTURA DEL VOLUME

 

Io e l'Italia (Benucci, D'Amico 2009) è un volume sulla cultura italiana che ripercorre tratti della storia italiana dalle origini ai giorni nostri attraverso documenti e testimonianze autentici, rivolto ad apprendenti generici, adolescenti e adulti, a partire da un livello B1 (livello intermedio) di competenza comunicativa, secondo la classificazione del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (2001) .

Può essere utilizzato come manuale per corsi di lingua e cultura italiana come LS e L2, come materiale propedeutico a corsi di letteratura e storia italiana o in situazioni di autoapprendimento, infine come testo di ampliamento per corsi di lingua.

Ciò che ha impegnato di più nella sua redazione non è stata tanto la scelta dei temi, o dei modelli culturali – essendo il corso incentrato su una dimensione storica e di retaggio scolastico della cultura come condivisione di conoscenze di un nativo mediamente istruito (diploma di scuola superiore) – ma è stata la selezione delle immagini, che rivestono un ruolo particolare nell'insegnamento della cultura, sono esse stesse cultura e come tali vanno presentate. Vi si è fatto ricorso tutte le volte che è stato possibile e sono state usate quasi sempre come testo input dell'unità, in base alla loro funzionalità per lo svolgimento delle Attività, come supporto ai processi didattici attivati, raramente per il loro puro potere evocativo.

I riferimenti scientifici, storici, letterari, riguardano di solito autori e temi molto studiati nelle scuole medie superiori e dunque servono a fornire una panoramica dei più frequenti topoi della cultura scolastica dell'italiano medio. Infatti tanto più un riferimento è radicato nel bagaglio culturale dei destinatari del messaggio tanto più potrà essere reso in forma breve ed evocativa (per esempio Renzo e Lucia, alcuni versi di Dante e Petrarca): molti di questi riferimenti sono da considerare come tipicamente italiani, altri sono comuni a più culture, soprattutto quelle più vicine. Ma tutti si presentano in quanto manifestazione evidente di condivisioni e memoria collettiva sommersi.

 

Il manuale Io e l'Italia è composto di 5 Unità più una Unità 0; ogni unità a sua volta è costituita da Attività.

Si è cercato di strutturare le attività nel modo più possibile omogeneo, infatti in ciascuna si trovano:

 

  • un brano o alcune immagini che avviano la procedura didattica con compiti costruiti per stimolare ipotesi sull'argomento e favorire il confronto interculturale (riempimento di tabelle e griglie, risposte a domande aperte, orientamento su mappe e piantine, formulazione esplicita di ipotesi, interpretazione di immagini e della funzione di certi oggetti/luoghi, confronti ecc.);

  • la spiegazione di lessico non presente nel Lessico di Base;

  • le note, che partono dall'elemento contenuto nel testo con una prospettiva sul presente e con elementi di curiosità;

  • una revisione: costituisce la verifica delle ipotesi che lo studente ha fatto nei compiti dell'Attività, riporta rimandi alle altre Unità e Attività in cui viene trattato lo stesso argomento; è la parte più tradizionale dell'unità che serve anche per rassicurare l'apprendente;

  • una lettura di appoggio (non per tutte le Attività): si tratta di un documento, senza commenti e spiegazioni, tendente verso l'attualità, di curiosità, spesso ironico, che serve per essere utilizzato liberamente dall'insegnante o per una lettura individuale da parte dello studente.

 

Il Questionario presente nell'Unità 0 è stato distribuito a partire dal 1993 agli studenti dell'Università per Stranieri di Siena; risistemato e analizzato, è servito a evidenziare gli stereotipi, gli immaginari e le notizie più presenti sull'Italia e gli italiani tra gli stranieri e quindi a scegliere i contenuti e le attività del volume, sperimentati in più occasioni nel corso di alcuni anni. Il Questionario è diviso in 4 sezioni –Per cominciare, L'Italia e la sua cultura, Confronto interculturale, Motivazioni e atteggiamento–: si tratta in pratica di una attività preliminare allo svolgimento del Corso, di elicitazione sull'idea che gli apprendenti possiedono dell'Italia, degli italiani, dell'apprendimento della lingua e della cultura italiana. Ha valore se viene ripetuto alla fine del corso e lo studente viene invitato a rilevare se e cosa è cambiato nel suo rapporto con la cultura italiana

Gli articoli e i brani riprodotti sono in genere autentici, brevi, anche se spesso adattati e semplificati.

Senza dubbio la vicenda di trasformazione della lingua e della cultura italiana, a partire dalla metà del XIX secolo, è fondamentale per appropriarsi della realtà quotidiana attuale, ma non per questo sono meno necessari anche riferimenti ad epoche più lontane. Si è scelto dunque di partire dalle origini –Etruschi e Romani– anche se le Unità sono concepite in modo che si possa iniziare da una qualsiasi di esse.

L'approccio seguito permette di tornare sui temi incontrati con successivi approfondimenti e da angolazioni diverse, con continui rimandi tra fatti e avvenimenti del passato e della contemporaneità, tra la cultura di appartenenza e la cultura italiana.

A chiusura del volume si trova un glossario in italiano e inglese (in quanto lingua ponte) nel quale è riportato in elenco alfabetico il lessico spiegato nelle Unità.

La reazione degli apprendenti al manuale è stata indicativa del valore stesso del tentativo effettuato. Tenendo presente che raramente sono abituati ad un apprendimento realmente “attivo”, ad essere i protagonisti dei processi didattici –ottica più evocata dagli interventi teorici e formativi tra esperti che effettivamente tradotta in materiali e metodi pratici–, all'inizio si trovano sconcertati. è infatti molto più semplice ascoltare l'insegnante, prendere magari appunti, fare qualche domanda che agire in prima persona, in alcuni casi sostituendosi all'insegnante stesso, essere costantemente obbligati al confronto con la propria o altre culture, a interpretare ciò che si legge o si vede, a cercare la verifica delle proprie ipotesi. Nel migliore degli scenari sono abituati a farlo nei corsi di lingua ma non in quelli di cultura.

Tuttavia dopo un po' si rendono conto che questo approccio è molto più stimolante, personalizzato e soprattutto per sua natura aperto ad ulteriori esperienze che, mossi dalla curiosità di completare conoscenze parziali acquisite, vanno a ricercare sul territorio italiano, o su altri libri.

 

 

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