“Alzati e cammina!". Valenze teoriche, vantaggi e limiti della Total Physical Response nell'insegnamento della L2”
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In quest’analisi a tutto tondo dei fondamenti teorici e metodologici della TPR di Asher, l’imperative drill viene valutato alla luce dell’odierno, complesso concetto di apprendimento linguistico. Mentre di solito gli studiosi mettono in luce gli effetti emotivo-affettivi della TPR, l’autrice considera interessante soprattutto “il nesso tra parlare e agire che informa l’intero sillabo: come nei formati dell’infanzia la lingua assume una valenza simprassica, così nella TPR le parole producono azioni, le regolamentano e con esse coincidono”. Pur facendo esplicito riferimento alle prime forme d’interazione nella lingua materna, Asher tuttavia “non considera l’ampia problematica relativa all’emergere della comunicazione intenzionale negli atti linguistici infantili; egli sembra soprattutto interessato a motivare la propria scelta dell’imperative drill dal punto di vista neuro e psicolinguistico”, con le ipotesi del “bioprogramma” e della “logica ad alta velocità”. Così si ha l’impressione di una concezione riduttiva di apprendimento e di lingua, specie se confrontata con quella sviluppata nell’ambito della psicolinguistica postchomskiana, che non trascura gli aspetti funzionali, comunicativi e contestuali. Altri rilievi dell’autrice si basano su una lunga sperimentazione condotta nelle scuole, con bambini dai quattro ai nove anni. La conclusione è che la TPR funziona molto bene nelle fasi iniziali di apprendimento, per l’atmosfera rilassata e giocosa che si instaura nella classe e per lo stimolo motivazionale che procura ai bambini il riuscire a comprendere molto presto i comandi in L2 e a partecipare attivamente senza dover parlare. Successivamente occorre però affiancare all’imperative drill altre tecniche, se non si vuole rimanere fermi alle abilità del “livello tattico”.
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