Aprile 2004 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
Mark Fletcher, Teaching for Success. The BRAIN-friendly Revolution in Action, English Experience, Folkestone, 2000, pp. 150.
englishexperience@dial.pipex.com
I. LA BIMODALITà
Esistere è modificarsi.
Modificarsi è maturare.
Maturare è ricreare incessantemente sé stessi
Così Henry Bergson intendeva l’esistenza, e così, a distanza di cent’anni Mark Fletcher, noto glottodidatta e autore di Teaching for Success (best seller in Inghilterra), intende la conoscenza.
Per il fatto di conoscere noi cambiamo: ad ogni nuova informazione, la nostra mente non è più la stessa, così che il lettore di quest’articolo non è più lo stesso da quando ha cominciato a scrollare queste righe. In altre parole, l’informazione in entrata è come quel tale che, infilandosi a forza di gomitate nell’autobus all’ora di punta, costringe ogni altro passeggero a spostarsi: c’è chi si mette di sbieco, chi si alza, chi si intrufola in uno spazio improbabile, chi impreca perché fa fatica ad aprirsi un varco verso l’uscita.
Vista dall’esterno, la nostra mente non può essere meglio descritta che dalla metafora del divenire di Eraclito:
non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume
Non si può immaginare cioè di fotografare la mente, per il semplice fatto che è già cambiata nell’attimo che l’abbiamo pensato.
Noi siamo doppi
amava ripetere candidamente Montaigne. Questo vuol dire che la mente, presa in un ipotetico momento zero di attività, è fisiologicamente divisa.
Pensiamo al bambino che si diverte a mettere un lego sopra l’altro: è lo stesso bambino che è disorientato se non ha davanti a sé l’immagine di cosa può costruire: una casetta? Un’astronave? Una barca? Una gru? La sua mente tiene insieme cioè processo e prodotto, premesse e conseguenze, parti e totalità.
Espressioni come “fare mente locale”, “pensare a mente fredda”, diletterebbero un filosofo: si fa mente “locale” partendo da una mente “generale”, e si passa alla mente “fredda” dopo aver attraversato una mente “calda”? Ma non è la stessa mente a pensare queste distinzioni?
Abbandoniamo questi deliziosi sofismi, per entrare in questioni che interessano l’insegnamento.
Emisfero destro ed emisfero sinistro sono nozioni della neurologia divenute patrimonio del senso comune. La mente, pur nell’integrità e nell’intreccio delle funzioni, è «divisa» in due «semisfere », e in ciascuno di noi si può manifestare una dominanza dell’una o dell’altra. È, in altre parole, la preferenza accordata all’analitico o al globale, al ragionamento logico basato su fatti e dettagli o all’elaborazione delle informazioni in contesto, alla struttura o all’intuizione generale, al giudizio oggettivo o alla sensazione, alla convergenza – al risolvere cioè i problemi in base ai dati disponibili – o alla divergenza – dove la soluzione è affidata all’immaginazione e alla scoperta.
Ciò che tuttavia è meno scontato è quanto questo principio della bimodalità (e l’assunto della bidirezionalità ad esso collegato, secondo il quale in ogni apprendente c’è una direzione del sapere che va dal tutto alla parte: ciascuno infatti è portato a chiedersi prima il significato di un evento per poi analizzarlo nei dettagli), incida sulla pratica didattica. Quello che si verifica sovente è che l’insegnante proponga attività che rispecchiano la sua dominanza emisferica ed escluda, o per lo meno limiti, tecniche che potrebbero coinvolgere l’emisfero opposto.
Per fare un esempio, un docente «destro» è portato ad evitare di usare tabelle, schemi, questionari, così come non gli è congeniale pianificare un curricolo, fare una sintesi a fine lezione o una presentazione degli argomenti all’inizio, stendere e somministrare un test, etc. Cosa significa questo? Significa che c’è un filo che passa tra insegnanti e allievi, è invisibile ma potente come lo è l’elettricità: dentro vi passano simpatie, stili cognitivi, linguaggio non verbale, aspettative, pregiudizi, fatiche, pressioni, intonazione e volume della voce, routine linguistiche, il chiamare per nome gli studenti, etc.
Quello che scrive Adrian Underhill ci sembra calzi a pennello[1]:
Il buon insegnante che c’è in me è in contatto con l’entusiasmo ad apprendere, [...] e lo trasmette agli allievi. L’insegnante inefficace che c’è in me perde il contatto con questo interesse, così che io rimango stanco e demotivato e gli studenti annoiati e non stimolati a sufficienza, pur se magari presento loro una stessa attività o uno stesso materiale
Prima ancora Gandhi aveva lucidamente sintetizzato:
Il vero insegnante è colui che si considera studente dei suoi studenti.
L’insegnante «destro», tornando al nostro esempio, dovrebbe perciò sperimentare strategie che fanno presa sugli studenti «sinistri» - pur se ciò a tutta prima potrebbe non apparirgli congeniale. Viceversa il «sinistro».
Si tratta di esperienze che possono avere il magico aspetto di una scoperta: entrare a contatto con risorse che si credevano impossibili o inutili genera energia, entusiasmo, e al tempo stesso equilibrio.
Ii. LA MULTISENSORIALITà
Fletcher innesta nella distinzione emisferica le riflessioni attorno alla multisensorialità che vengono dalla Programmazione Neurolinguistica. Esiste un legame stretto tra la memoria ed i sensi: più un’informazione si lega ad un’esperienza concreta, dove si può vedere, ascoltare, toccare, o esperire attraverso il movimento, l’olfatto e il gusto, una serie di dati, più l’appreso si sedimenta negli strati profondi del ricordo. È vero però che in ogni discente si riscontra la prevalenza di uno o più sensi sugli altri; la gestualità, il modo vestire, gli hobby, il linguaggio, e perfino il movimento degli occhi, sono dei segni rivelatori dello stile di apprendimento preminente. Uno studente che non sta mai fermo durante una conversazione, che ama giocherellare con la penna o toccarsi i capelli, che preferisce abiti comodi e si dimostra propenso al contatto fisico, che è abile nella manualità e ha pieni voti in ginnastica, è evidentemente cinestesico. Uno studente che invece si annota le informazioni perché altrimenti non se le ricorda, che preferisce l’eleganza alla comodità e che si esprime con frasi del tipo: «è chiaro», «vediamo», «non vedo l’ora», oppure che tende a ricordare una nozione richiamando alla memoria il punto esatto del libro in cui l’ha studiata è prevalentemente visuale. L’auditivo può essere invece colto a ripetere con le labbra quello che gli vien detto, di solito legge silenziosamente muovendo le labbra, parla ritmicamente e ama studiare con un sottofondo musicale[2].
Ora, una prassi consolidata ha favorito e continua a favorire solo gli studenti auditivi: alla spiegazione segue lo studio e quindi l’interrogazione, dove il discente non deve far altro che «ripetere» quanto ha letto o ascoltato. Nei ricordi di molti di noi questa prassi richiama sensazioni di passività, apatia, noia. Fletcher riporta le parole di un ragazzino:
Quando chiedo a mio papà dei suoi ricordi di scuola, lui mi risponde sempre che se n’è dimenticato, perché è passato molto tempo, e aggiunge che io devo darmi da fare, così poi saprò molte cose quando sarò grande. Mi sembra assurdo però: imparare un sacco di corse per poi dimenticarmele...
Il piccolo William potrebbe essere rassicurato da un insegnante che gli dimostra che ciò gli è stato insegnato è una materia viva e che, anche a distanza di tempo e senza eccessivi sforzi, egli può richiamare alla mente quei concetti – proprio come succede con i ricordi di una vacanza, con le sensazioni di una festa o di un gioco. In effetti, che cos’è che fa ricordare una vacanza, una festa, un gioco, se non quell’originalissimo intreccio di sensazioni e di emozioni vissute?
Così, immaginando di insegnare nella classe di William dovremmo fare attenzione ad una corretta visualizzazione, per cui la lavagna non dovrebbe essere il campo minato di scarabocchi che solo il docente sa decifrare ma dovrebbe apparire piuttosto come lo specchio chiaro e schematico di quello che si sta per spiegare o che si è già spiegato, si dovrà inoltre puntare all’abbondanza di stimoli periferici (cartelloni, post-it per il lessico, etc.) e ricorrere ad immagini per la comprensione del testo (incastri, abbinamenti, transcodificazioni, etc).
Scendendo nei dettagli, Fletcher suggerisce di elicitare al massimo l’argomento in fase di prelettura o preascolto, spingendo gli studenti ad immaginare le possibili caratteristiche dei personaggi e dell’ambientazione[3]. Propone inoltre di sperimentare il Concerto Passivo in cui, secondo le regole dell’approccio suggestopedico, il lessico presentato alla classe durante un’intera lezione, viene alla fine ripetuto e integrato in una visualizzazione guidata. Consiglia l’uso di mappe mentali, e induce a rappresentare gli elementi morfosintattici attraverso i colori. Nel suo esempio riferito alla lingua inglese:
o in blu si scrivono le azioni che si fanno ogni giorno (Present Simple);
o in azzurro quelle che accadono in questo preciso istante (Present Continuous);
o in marrone scuro quelle passate e conclusesi definitivamente (Past Simple);
o in marrone chiaro quelle fatte abitualmente nel passato (Past Continuous);
o in verde quelle passate ma il cui effetto perdura nel presente (Past Perfect)
o e in giallo quelle prossime (Future).
Accanto alle immagini, terreno in cui si muove agilmente il visuale, Fletcher rivaluta la musica come elemento prediletto dall’auditivo.
La musica strumentale, in particolare, può essere usata per ridar energia o creare uno stacco, come sottofondo per accompagnare un lavoro di gruppo o come ancoraggio (quando si associa un motivo ad una certa fase della lezione: la musica della pubblicità del caffè, per esempio, può avvisare l’inizio della pausa). Dice Sally Goddard Blythe:
La musica è un linguaggio senza le parole. Come ogni lingua, essa comporta un ordine, una struttura, un ritmo, una durata e una discriminazione tra suono e suono. Dà senso al suono. È uno tra i primi insegnanti della vita.
Incidendo negli stati emotivi, la musica è un potente catalizzatore della memoria profonda.
Alcune ricerche condotte in India nel 1965, hanno portato il padre della suggestopedia, Lozanov, a contatto con i fenomeni di ipermnesia degli yogi indù, i quali, immersi in uno stato di completo rilassamento, erano capaci di ripetere (per trasmettere ai posteri) lunghissimi inni vedici, in una cantilena che durava per ore. Quei ritmi (che appaiono così simili alle preghiere sufi, alle orazioni esicaste e alle giaculatorie della devozione popolare cristiana) sono direttamente collegati con il sistema limbico, dove la memoria entra in contatto con i sentimenti e le emozioni. Alcune ricerche statunitensi citate da Fletcher dimostrano come gli studenti, dopo aver ascoltato Mozart per dieci minuti, danno prova di una migliore spigliatezza nel ragionamento logico. Sembra che lo stato di riposo cui la mente si trova durante l’ascolto, aumenti la lucidità e la velocità nel ragionare.
Diversamente, ad una musica spigliata, capace di energizzare e cui si può accompagnare il movimento, come il mimo o la danza, corrisponde (in genere) una notevole predisposizione alla socialità, al lavoro in comune, alla formazione di uno spirito di squadra. Saper dosare ora l’una ora l’altra diventa un compito facile, solo se l’insegnante, nell’atto di stendere il curricolo ha bene in mente il repertorio delle musiche di cui dispone[4], e più in particolare, nell’atto di pianificare la lezione, valuta come «ritmizzare» attività che richiedono concentrazione con attività dinamiche.
Infine il tatto, sicuramente il senso più trascurato dall’educazione tradizionale, la cui preferenza va alla passività e non all’attività, alla parola e non al gesto.
Eppure muoversi, ballare, toccare, manipolare, ritagliare, prendere, togliere, combinare, far passare, incollare, appendere, etc. sono attività che permettono di imparare agendo; detto in altre parole: il compito assegnato può coinvolgere a tal punto da assorbire ogni attenzione, e il dato prendere la forma e la consistenza della memoria profonda. Nella scuola, ripetiamo, accade in genere l’opposto, e cioè che il movimento sia confinato negli anni dell’obbligo (per quanto pure alle elementari e alle medie è diffusa la convinzione che riguardi solo alcuni insegnanti, come di sostegno, o quello di ginnastica o di educazione artistica).
Ora,
il movimento è il primo linguaggio di cui dispone un bambino[5]
e se pensiamo a come il bambino impara a parlare – muovendo le labbra ad imitazione di quelle della madre e regolandosi sulla sua pronuncia – ci è facile intuire come movimento, vista e udito siano intrinsecamente legati al nostro modo di imparare. Drammatizzazioni, differenti percezioni dello spazio (basta a volte far cambiare lo studente di posto che muta la percezione che lui ha di sé nel gruppo e a volte la sua performance migliora), attività di manipolazione (progettazione di cartelloni, puzzle, memory, bingo, etc.) possono effettivamente permettere al cinestesico di far proprie nozioni altrimenti difficilmente assimilabili. Del resto pure pensando al fatto che ben un quarto delle attività del cuore sono spese nel fornire ossigeno al cervello (il cui peso si aggira attorno al solo 2% di quello corporeo), l’importanza di far muovere e sgranchire gli studenti, quando la concentrazione viene meno, pare davvero un imperativo categorico.
Il movimento e lo scambio possono risolvere conflitti, favorire l’armonia del gruppo, la sua dinamica ed unione. Al benessere avvertito è naturale che segua un circolo virtuoso: maggiore predisposizione alla collaborazione, all’apprezzamento reciproco, all’interattività. Se vogliamo poi che l’esprimersi in lingua straniera non sia un ripetere «pappagallescamente» gli scambi tra un anonimo signor Rossi e un’anonima signora Bianchi, ma possieda la forza della comunicazione reale, non dobbiamo semplicemente far immaginare agli studenti il signor Rossi con il suo completo grigio, la sigaretta in bocca, l’ombrello sul braccio, e la signora Rossi, con il suo tailleur marrone, il rossetto vistoso e appena sotto il cappello una frangetta anni Venti, ma occorre dar corpo all’uno e all’altra, e permettere che le emozioni abbiano il colore del vissuto.
Scrive Vittoria Gallo:
Le nostre lezioni sono troppo ferme. Sento cioè che c’è una carica di energia che non si esprime e che invece, se fosse espressa, determinerebbe la migliore riuscita di alcuni lavori. Non si può proporre di stare fermi per quattro ore e non si può scambiare per movimento il fatto di spostare la sedia per andare verso un altro studente[6].
Coinvolgere la fisicità significa conferire corporeità alla lingua e integrare «pezzi» che altrimenti appaiono atomizzati: la parola, il gesto, la voce, le espressioni del viso, la mente, le immagini e i pensieri. Insomma, vogliamo offrire un’occasione in cui ciascuno possa sperimentare la propria libertà, anche a rischio, certo, del giudizio, dell’imbarazzo e della fatica?
IIi. Le emozioni
Fletcher sottolinea a più riprese (sulla scorta delle riflessioni di Daniel Goleman sull’intelligenza emotiva) la necessità di guardare allo studente come persona. Paragona l’autostima ad una porcellana cinese ed afferma che per evitare di scheggiare questo fragile vaso occorre, da parte dell’insegnante, astenersi da ogni forma di giudizio che possa essere fonte di ansia, come per esempio capita quando si presenta la materia come «difficile» o, peggio ancora, si stabilisce che l’alunno non è «portato». Il sarcasmo, un certo senso di sufficienza o un’aria di impazienza (veicolati dallo sguardo, dalla postura, dal sorriso o dal modo di rivolgere la parola) rischiano di essere altrettanto «castranti». Difficilmente uno studente è in grado di aver fiducia nelle proprie strategie, se chi gli sta di fronte soppesa le domande che gli vengono rivolte, giudicando alcune convenienti e altre no; se poi le sue capacità intellettuali (e affettive) vengono sottostimate o ignorate l’insuccesso è garantito. Un buon docente dovrebbe sempre trasmettere la propria autostima agli studenti e far sì che la loro motivazione si radichi in un senso di soddisfazione personale.
IV. La pluralità delle intelligenze
Lo sviluppo della pluralità delle intelligenze di cui parla Gardner, ovvero la scoperta delle risorse latenti e il potenziamento di quelle già note, dovrebbe costituire, insiste Fletcher, l’autentico obiettivo della pianificazione curricolare[7].
- Portare in classe canzoni, musica rilassante, invitare gli studenti ad esercizi di pronuncia e di intonazione, usare il ritmo come aiuto alla memorizzazione stimola l’intelligenza musicale.
- Role-play, mimi, danze, sport, attività manuali (ritagliare, incollare, spostare, appendere, ricevere ordini per eseguire una certa azione, etc.) sollecitano invece l’intelligenza cinestetica.
- Brainstorming, mappe mentali, scalette, cartelloni, diagrammi, grafici, tabelle sono il terreno su cui si muove l’intelligenza spaziale.
- Assegnazione di punteggi, attività classificatorie, problem solving, presentazioni sequenziali della materia sono apprezzate dall’intelligenza matematica.
- Attività di manipolazione sulla morfologia, la sintassi o il lessico, variazioni di registro, descrizioni, giochi linguistici, competono all’intelligenza linguistica.
- Lavori a coppie o in gruppo, presentazioni e negoziazioni di significati, apprendimento collaborativo, toccano la sfera dell’intelligenza interpersonale.
- L’autoapprendimento, il tenere aggiornato un registro sul lavoro compiuto, il prefissarsi un piano di studio, riguardano invece l’intelligenza intrapersonale.
- Arredare la stanza di piante e di fiori, prendere del tempo per un contatto diretto con la natura, proporre attività ludiche in cui gli studenti si possono immedesimare con l’animale preferito, stimolano infine l’intelligenza naturalistica.
Integrare nella prassi didattica strategie che sollecitano le diverse «attitudini», avrebbe conseguenze che andrebbero al di là del miglioramento della resa scolastica:
Se noi potessimo mobilitare tutta la gamma delle abilità umane, la gente non solo si sentirebbe meglio e più competente ma addirittura si sentirebbe più coinvolta e più abile nel lavorare con gli altri, in gruppo, per il bene di tutti.[8]
IV. cinquanta suggerimenti didattici
Dalla brillante sintesi di Fletcher abbiamo estratto e diviso per aree tematiche una serie di utili suggerimenti. Le raccomandazioni a nostro giudizio più stimolanti sono evidenziate in grassetto.
a. l’aula
- CONTROLLA CHE L’AULA SIA OSSIGENATA
- FA’ IN MODO CHE CI SIA SEMPRE DELL’ACQUA DISPONIBILE
- STABILISCI QUALE DEV’ESSERE LA TUA POSIZIONE NELLA CLASSE MENTRE DAI LE CONSEGNE
- CONTROLLA CHE TUTTI GLI STUDENTI POSSANO SENTIRTI E VEDERTI
b. pianificazione
- CERCA DI AVERE SEMPRE DEL MATERIALE DI EMERGENZA
- RILEGGITI I PUNTI SALIENTI PRIMA DI COMINCIARE LA LEZIONE
- CERCA DI ESSERE IL PIÙ ORGANIZZATO POSSIBILE
- METTI IN RELAZIONE OGNI LEZIONE CON UN PIANO GENERALE
- SII PUNTUALE
- ASSICURATI DI POTER CONCLUDERE LA LEZIONE SENZA FRETTA
- MEDITA LA COMPOSIZIONE DELLE COPPIE E DEI GRUPPI
- APPLICA LE COSE CHE INTENDI FARE!
- PREFERISCI LEZIONI DI DURATA MAGGIORE A LEZIONI DI DURATA MINORE (90 MINUTI SONO MEGLIO DI 45)
- TIENI UN QUADERNO CON LE IDEE CHE FUNZIONANO
- FISSATI DEI PROPOSITI AD OGNI INIZIO CORSO
- NON SPENDERE PIÙ DI DUE ORE PER PREPARARE LE LEZIONI (O COMUNQUE CONCEDITI UNA PAUSA!)
- DA’ REGOLARMENTE AGLI STUDENTI QUALCOSA DA IMPARARE A MEMORIA
- CERCA DEI COLLEGAMENTI TRA LA TUA MATERIA E LE ALTRE
- FA’ IN MODO CHE GLI STUDENTI SI POSSANO MUOVERE E SGRANCHIRE FREQUENTEMENTE
- SPERIMENTA UN MODO PER ATTRARRE L’ATTENZIONE CHE NON FACCIA RICORSO ALLE PAROLE
- RESPIRA PROFONDAMENTE PRIMA DI ENTRARE IN CLASSE
c. materiali e tecniche
- TIENI IN CONSIDERAZIONE LA POSSIBILITÀ DI ORGANIZZARE LE INFORMAZIONI ALL’INTERNO DI UNA STORIA DA DRAMMATIZZARE
- ADOTTA METODI DI CORREZIONE CHE NON COMPORTINO L’USO DELLA VOCE
- TIENI IN SERBO ATTIVITÀ DI INIZIO LEZIONE SEMPLICI ED EFFICACI
- PROCURATI DEI CARTONI ANIMATI CHE ABBIANO A CHE FARE CON LA TUA MATERIA
d. motivazione
- INTRODUCI UN ELEMENTO INEDITO NELLA LEZIONE
- PRESENTA COME PIACEVOLI I COMPITI DA FARE, E VARIALI SPESSO
- EVITA DI SUGGERIRE UNA SENSAZIONE DI DIFFICOLTÀ
- STIMOLA ATTIVITÀ DI ELICITAZIONE
- PROVA A RENDERE PIÙ COMUNICATIVE LE ATTIVITÀ TRADIZIONALI
- STIMOLA IN TE E NEGLI STUDENTI (E ANCHE NEI COLLEGHI) SPERANZE DI RIUSCITA
- SVILUPPA UN SISTEMA PER IMPARARE I NOMI VELOCEMENTE (E COMUNQUE CHIAMA SPESSO GLI STUDENTI PER NOME)
- CERCA IL MODO DI PERSONALIZZARE I FOGLI CHE CONSEGNI AGLI STUDENTI
- SE POSSIBILE, COINVOLGI GLI STUDENTI NELLA GESTIONE DELLA CLASSE
e. visualizzazione
- USA I COLORI ALLA LAVAGNA O SUI CARTELLONI
- USA DELLE VISUALIZZAZIONI PER FORNIRE (ED ARRICCHIRE) IL CONTESTO
- SPERIMENTA LA POSSIBILITÀ DI ASSOCIARE I COLORI A DETERMINATE CATEGORIE
- PIANIFICA LA LEZIONE ATTRAVERSO UNA MAPPA MENTALE, SERVENDOTI DEI COLORI
- RICORRI A MAPPE MENTALI PER LA COMPRENSIONE DI UN TESTO E PER LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI
- SE DEVI DISTRIBUIRE DEGLI SCHEMI SU FOTOCOPIA, USA FOGLI COLORATI
f. musica
- CERCA DI AVERE SEMPRE A DISPOSIZIONE UNA CASSETTA DI MUSICA ENERGIZZANTE E UNA CASSETTA DI MUSICA RILASSANTE
g. auto-osservazione
- VERIFICA QUAL È IL TUO STILE DI APPRENDIMENTO PREVALENTE
- CHIEDITI REGOLARMENTE “CHE COSA C’È DI NUOVO CHE IO STO IMPARANDO QUI?”
- VERIFICA SE SEI SODDISFATTO DI COME ESIGI LA DISCIPLINA
- PROVA A COMPIERE DELLE AZIONI (LAVARTI I DENTI, PER ESEMPIO) CON LA MANO OPPOSTA A QUELLA CON CUI SEI SOLITO AGIRE
h. osservazione della classe
- OSSERVA (GENEROSAMENTE) COSA PIACE AGLI STUDENTI DEGLI ALTRI INSEGNANTI
- CERCA DI INDIVUARE NELLA CLASSE L’INTELLIGENZA INTRAPERSONALE
- CERCA DI INDIVIDUARE NELLA CLASSE LO STUDENTE CINESTETICO
i. i colleghi
- COLLABORA CON INSEGNANTI CHE CONDIVIDONO IL TUO STESSO APPROCCIO
- INFORMATI DAI COLLEGHI SUGLI INTERESSANTI SVILUPPI DELLE LORO DISCIPLINE
[1] Cit. in Fletcher.
[2] Olfattivo e gustativo rientrano nel cinestetico.
[3] Le domande però devono essere sapientemente «pilotate», in modo che si evitino rappresentazioni difformi da quelle espressamente riportate nel testo, visto che il confronto potrebbe portare, in tal caso, ad un senso di frustrazione.
[4] Ferencich, R., 2003, “Alcune riflessioni sull’uso della musica”, Bollettino Itals, II.
[5] Sally Goddard Blythe, Direttrice dell’Istituto di Psicologia Neurofisiologica di Chester, cit. in Fletcher.
[6] Gallo, V., 1999, L’attore che è dentro di noi, in Humphris, C., (cur.), Uso dei testi letterari e cinematografici, Dilit Edizioni, Roma,53 – 56.
[7] Tra le varie critiche che sono state mosse alla teoria di Gardner, la più frequente è quella di aver omesso alcuni tipi di intelligenza, come quella “imprenditoriale” e quella “spirituale”.
[8] Gardner, H., 1993, Multiple Intelligences: The Theory in Practice, Basic Books, New York.
Power Point: uno stimolo in più per la produzione scritta |
Piera Buono
Premessa: La difficoltà di scrivere
Insegnare una lingua straniera presenta grandi sfide. Una tra le principali, se non la più importante, è quella di vincere la mancanza di motivazione di molti allievi, soprattutto gli adolescenti, nello scrivere una lingua che non è la propria. La caduta della motivazione può essere aggravata dai continui insuccessi: di fronte ad una produzione scritta valutata in modo negativo, spesso l’adolescente innalza un filtro affettivo che poi diventa arduo da abbattere.
Quante volte capita nella prassi quotidiana, dopo aver assegnato una traccia da svolgere, di vedere un ragazzo che fissa il foglio bianco senza sapere da dove cominciare? Per questi alunni esercitarsi in una produzione scritta è una vera e propria tortura che porta a scrivere e a cancellare continuamente, senza arrivare ad una conclusione. Non è facile motivare alla scrittura con i mezzi tradizionali, quali carta e penna: sono più numerose le ore che un adolescente trascorre davanti ad un computer che quelle che passa con un libro (in questo caso magari il più delle volte solo se costretto dagli adulti). Da qui la necessità di fare del computer un alleato del docente e non un nemico, proponendo attività che comportino l’interazione col mezzo.
Power Point è lo strumento ideale in questo senso. È possibile, combinando le potenzialità di Power Point con la duttilità e la facilità d’uso di Word, elaborare dei percorsi che stimolino gli allievi ad esercitarsi nella produzione scritta.
Il progetto
1. Le coordinate
Presentiamo una proposta didattica elaborata nella scuola media “Leonardo da Vinci” di Bogotà nell’anno scolastico 2000/2001.
Gli obiettivi del progetto:
- presentare un’attività generalmente considerata difficile o noiosa in modo piacevole e divertente;
- vincere la paura del foglio bianco;
- migliorare l’autostima;
- fornire esempi semplici di testi scritti con cui lo studente possa familiarizzare;
- facilitare il processo di scrittura , offrendo una struttura da completare in base alle istruzioni;
- guidare l’allievo a costruire un testo, rispettandone la tipologia, lo scopo, il destinatario;
- permettere all’allievo di operare delle scelte personali;
- arricchire il lessico di base e utilizzarlo in modo adeguato.
2. La realizzazione
2.1. Scelta della tipologia testuale ed elaborazione dell’organigramma
Una volta individuato il tipo di testo sul quale far lavorare gli studenti (per gli alunni di scuola media si può operare una scelta tra: la lettera, il diario, la relazione, il tema storico, la descrizione, la parafrasi, la cronaca, il riassunto), si è steso un organigramma, vale a dire una scansione delle unità che compongono il testo [1].
Presentiamo un organigramma relativo alla tipologia testuale “diario”:
2.2. Lo studente dialoga con Power Point e Word
Ad ogni voce dell’organigramma è corrisposta una diapositiva animata, in cui il testo si andava ad accompagnare ad immagini, colori e suoni (è possibile pensare anche a collegamenti ipertestuali a files o programmi, o a siti selezionati dal docente).
Il percorso è flessibile: in ogni momento lo studente aveva la possibilità di tornare indietro, di soffermarsi su punti lasciati in sospeso, di consultare il dizionario (vedi l’iconcina con il libro aperto e il punto di domanda verde). Il dizionario é consultabile in ogni momento poiché appare come ipervincolo e contiene il lessico specifico relativo alla tipologia testuale prescelta.
L’utente era inoltre chiamato a dialogare con un file Word: nel quale gli veniva presentata una struttura da completare.
L’interazione tra Power Point e Word è intenzionale: l’impatto con l’attività di scrittura è ammorbidito: se da un lato l’attenzione è catturata mediante le immagini e i suoni, dall’altro la difficoltà a produrre è limitata alla selezione di alternative.
In altre parole, Power Point costituiva una presentazione articolata della tipologia testuale con le relative spiegazioni; Word invece permetteva all’allievo di costruire il proprio testo, completando uno schema precostituito dall’insegnante. Facciamo un esempio. Cliccando sulla parola “data” nella diapositiva qui sopra, agli studenti appariva una nuova diapositiva in cui era spiegato:
Gli studenti erano dunque tenuti ad aprire il file Word e a scrivere la data, seguendo le istruzioni ricevute:
La stessa procedura è valsa per ogni altra unità testuale. Così per “la formula di apertura”:
- Caro diario
- Caro amico - Caro…….( nome persona) |
Per l’ “Introduzione”:
- Oggi è stata una giornata particolarmente difficile per me. Ora ti racconto cosa è successo
- Stamattina mi sono alzato e non mi sentivo bene. Che spavento ! - Adesso che è tutto passato, posso tirare un sospiro di sollievo. Ma che paura ho avuto oggi ! - Quante emozioni , oggi ! Ora te le racconto. - Finalmente è finita ! Una giornata proprio da dimenticare ! |
Per lo “Svolgimento”:
-Sono stato male tutta la notte. Un mal di pancia che non ti dico ! Non ho potuto riposare per niente. Appena sveglio, la mamma ha chiamato il medico....
- Come tutti i giorni mi sono preparato per andare a scuola. Ma ho perso l’autobus e sono arrivato in ritardo. Accidenti proprio oggi che c’era la verifica ! L’insegnante mi ha accolto con un bel rimprovero e non ho avuto il tempo di ripassare un bel niente, anzi…. Ho avuto meno tempo dei miei compagni ! Che ingiustizia !.... - Come ti avevo preannunciato, oggi era il gran giorno, quello della gita scolastica ! Da tempo mi ero preparato con i miei amici, tutto deciso, dovevamo divertirci ! Alla prima sosta, siamo scesi tutti felici , per comprare qualcosa da mangiare. Che noia i proff con le loro raccomandazioni ! Ma, usciti dal bagno, ci aspettava una bella sorpresa: il bus era già andato via ! .... - Il mio primo appuntamento con una ragazza/ un ragazzo. Beh, non si può parlare di un vero e proprio appuntamento, ma per la prima volta dovevo studiare con un compagno di sesso diverso. Aggiungi che, come ben sai, non mi dispiace per niente !!! Che emozione ! Mi sono preparato/a di tutto punto. Un bel bagno, capelli in ordine, il vestito adatto. Ma… non ho calcolato che... |
Per la “Conclusione”:
- Grazie al cielo, la giornata è finita !
- Tutto è bene quel che finisce bene, anche questo è passato ! - Ancora una volta me la sono cavata, grazie a ….un pizzico di fortuna - Per oggi è tutto, mi sa che è meglio andare a dormire. - Uffa, che fatica, ti lascio in pace, dai…Grazie per avermi ascoltato |
Per la “Formula di chiusura”:
- A presto !
- Ciao - A domani ! - A dopo - Alla prossima ! |
E quindi la “Firma”:
3. Il prodotto finito
Gli allievi hanno infine stampato e consegnato il lavoro all’insegnante:
4. Osservazioni
È possibile coinvolgere gli studenti anche nella fase creativa del programma così che ne siano gli artefici e non solo i destinatario finali. Si potrebbe ad esempio suddividere la classe in gruppi, affidando al gruppo con le minori difficoltà nella produzione scritta la stesura dei testi e a quello meno capace la scelta delle immagini e delle animazioni. Un terzo gruppo potrebbe invece selezionare le parole difficili da inserire nel dizionario. Inoltre alcuni allievi potrebbero registrare la propria voce e diventare la guida vocale per i propri compagni (esercizio validissimo per migliorare la pronuncia).
In ogni caso, l’insegnante è libero di calibrare gli aiuti da fornire ai ragazzi; a volte potrebbe essere stimolante eliminare alcune scelte guidate e presentare dei percorsi aperti, così da rendere la produzione più libera.
5. Bilancio
I risultati raggiunti sono stati estremamente positivi. Per quel che riguarda la motivazione si è riusciti a coinvolgere tutta la classe, soprattutto gli alunni più problematici o timidi che si sono sentiti finalmente protagonisti e si sono messi in gioco per realizzare il prodotto finale.
[1] L’organigramma è da intendersi come una guida da seguire, che può prevedere diverse possibilità di svolgimento. Se si considera la lettera ad esempio, l'organigramma relativo potrà contemplare le varianti lettera formale e lettera informale, oppure descrizione soggettiva e descrizione oggettiva.