Aprile 2004 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
Attivare laboratori, iniziative, seminari o corsi di formazione a carattere interculturale nella scuola media, e più in generale nella scuola dell’obbligo, è diventata una sorta di necessità, dettata dalla sempre maggiore eterogeneità di provenienza degli alunni e dal bisogno dei docenti di specializzare o affinare la propria preparazione in modo rispondente ai recenti cambiamenti. Le finalità più generali di tali proposte educativo-didattiche sono stimolare gli alunni ad un corretto approccio con culture altre e creare le condizioni per una convivenza civile e democratica nella scuola e nella comunità.
A vantaggio degli alunni della scuola dell'obbligo sono fiorite in questi ultimi anni le più svariate proposte di laboratori didattici e di animazione, offerti e condotti da esperti esterni, che propongono percorsi sulla mediazione del conflitto, sul commercio equo e solidale, sui giochi dal mondo, e temi affini. Diverse le letture: le iniziative possono essere valutate come pertinenti alle programmazioni educative, lodevoli e persino meritorie per gli obiettivi sociali che si prefiggono e per le sensibilità che vanno a stimolare negli alunni, oppure rischiano, se utilizzate come episodio isolato, di presentare un carattere di occasionalità. In genere hanno comunque successo nella misura in cui l'insegnante è disposto ad “investire” tempo ed energie nella preparazione all'incontro. È buona norma inserire questo tipo di attività complementari all'interno di un percorso che la scuola, da vera "specialista" nella didattica e nella relazione educativa, può fare al suo interno, utilizzando i supporti esterni per motivare alla scoperta di nuovi percorsi o sperimentare modalità didattiche innovative. Del resto, per quanto l’esperienza suggerisca di continuare a sfruttare le proposte e le sollecitazioni che il territorio offre alla scuola, ritengo sia altrettanto importante valorizzare le competenze sviluppate dai colleghi nella prassi quotidiana.
Qualche volta manca infatti a noi docenti lo stimolo a perfezionare la fase della documentazione dei percorsi ideati e realizzati nelle classi, al di fuori del tradizionale meccanismo “programmazione-relazione finale”. Un semplice archivio permetterebbe ad altri o a noi stessi di lì a qualche tempo di attingere al nostro materiale e a quello dei colleghi, operazione agevole se fin dalla prima stesura e ancor di più dal primo resoconto di ogni percorso didattico, ne vengono messi in luce gli aspetti di trasferibilità e di flessibilità, e si creano e si diffondono nell’istituzione scolastica e nel territorio le esperienze, vera risorsa sia per chi si sta cimentando per le prime volte nella relazione educativa con gli alunni stranieri, sia per chi ricerchi idee e spunti nuovi. Non sempre è possibile o utile partire da grandi progetti ricchi di estenuanti elenchi di propositi (finalità, obiettivi generali, obiettivi specifici, obiettivi cognitivi, operativi etc.) non del tutto traducibili nella pratica didattica: forse è più produttivo fissare poche mete educative o glottodidattiche, a seconda dell’attività o del laboratorio cui esse si riferiscano, i cui requisiti essenziali dovrebbero essere la condivisione da parte del gruppo di docenti impegnati nella gestione del progetto e la compatibilità delle mete fissate rispetto ai bisogni degli alunni.
Ho cercato fino ad ora di fotografare alcuni aspetti delle situazioni scolastiche che da anni vivo di persona, anche sulla base degli scambi frequenti con docenti della scuola dell’obbligo, componenti di vari gruppi di lavoro provinciali afferenti all’I.R.R.E. o referenti all’interno delle Reti promosse dai C.S.A[1]. Oltre a tali questioni, ci sono altri “nodi” con i quali nella scuola siamo alle prese sempre più di frequente, e che riguardano essenzialmente la visibilità dei progetti di educazione interculturale all’interno del P.O.F[2] e la comunicazione delle iniziative connesse nella scuola e nel territorio[3]. Sono aspetti che meriterebbero una trattazione autonoma, ma che è utile richiamare in questo contesto poiché vanno messi in bilancio nella conduzione di qualsiasi progetto di educazione interculturale:
-non si può prescindere dall’impatto sull’utenza scolastica dei contenuti che si andranno a proporre;
-ci si deve attrezzare per monitorare costantemente non solo gli apprendimenti ma anche le sensibilità che si vanno a sollecitare, evitando situazioni che pongano gli alunni in conflittualità con il sistema di valori familiari e sociali;
-vanno adottate strategie di valorizzazione delle culture altre, soprattutto in presenza di alunni stranieri nella classe, evitando di "mettere sotto i riflettori chi vuol far dimenticare la sua diversità" e cercando altresì di "imparare a far leggere le differenze e accettarle, senza enfatizzarle[4]."
Presento dunque il bilancio di un’esperienza svolta in una classe seconda media a tempo prolungato, formata interamente da alunni italiani, che si trovano a convivere nell'Istituto con molti altri compagni stranieri, soprattutto cinesi. La realtà territoriale di provenienza è quella di un comune della prima periferia di Treviso, con una popolazione di circa 7.700 abitanti, dove il ritmo di vita è ancora a misura di "paese", e dove, come in molti altri paesi del nord-est, la presenza di una comunità straniera, in prevalenza asiatica e numericamente consistente, non è più un fattore che possa passare inosservato [5]
Se conosci la tua storia sai da dove viene il colore del sangue che ti scorre nelle vene… sono parole di una canzone degli Alma Megretta che mi è capitato di ascoltare all'interno del film Sud di Gabriele Salvatores. Ho pensato che queste parole potessero diventare il leit motiv di un percorso da condurre con i ragazzi a scuola, e credo possano diventarlo anche per altri, indipendentemente dai contenuti affrontati: lo studio dei Paleoveneti, la storia del '900 in termini di esperienze di emigrazione dal Veneto, oppure lo studio dei viaggi di Marco Polo o dei rapporti tra la Serenissima ed il Levante .
Il clima di accoglienza parte da un lavoro paziente di ogni giorno condotto nella classe, dalla qualità della relazione che instauriamo con gli alunni, dalla curiosità verso la conoscenza e l'esplorare che siamo riusciti ad instillare e nel contempo dal rispetto per il diverso, dalla capacità di far prevalere la sospensione del giudizio verso risposte nuove ad uno stesso problema-bisogno. In altre parole l’educazione interculturale può agire sostanziando anche negli alunni italiani il senso di appartenenza alla propria comunità nella quale riconoscersi quanto a valori, risposte ai bisogni più comuni, condivisione di aspirazioni e prospettive di sviluppo per il futuro.
Nella scuola media tra le proposte formative del curricolo storico-geografico vi è la conoscenza di aspetti di altre culture del passato, attività che si presta a molteplici riflessioni di carattere interculturale. Ogni insegnante riconosce le possibili risorse rappresentate da alcuni ghiotti “nodi” di geo-storia. Qualche esempio: l'impatto tra civiltà indigene ed europei all'indomani della scoperta dell'America, la tratta degli schiavi e le sue implicazioni, il tema del colonialismo e il processo di decolonizzazione. Si tratta di nuclei tematici che siamo abituati a sviluppare e che spesso giudichiamo contenuti irrinunciabili all'interno delle nostre programmazioni. Credo però che anche il curricolo di storia locale possa venire letto in chiave interculturale e che tutto sommato non sia meno impegnativo imparare a conoscersi e farsi conoscere. Nel momento in cui si affida ad una classe il compito di presentare una sezione della propria storia locale alla scuola e alla propria comunità, si lavora sulla coscienza della propria identità e si sviluppa o si rafforza il senso di appartenenza, si favoriscono in prospettiva forme di convivenza civile e democratica. La storia dei rapporti di Venezia con l'Oriente da Marco Polo alla fine della Serenissima, la via della seta e delle spezie, lo studio delle vicende che hanno condotto alla battaglia di Lepanto, alla conquista di Candia e della Morea, che hanno prodotto la civiltà della villa veneta, sono stati i contenuti principali di un laboratorio condotto in collaborazione (per la sezione interculturale) con un'esperta di lingua e cultura cinese, Marzia Zaro. Con il suo aiuto la classe, preparata attraverso un lavoro di semplice documentazione storica e di proiezioni, ha potuto "interrogare" ogni sequenza filmica come la pagina di un libro e soddisfare la conoscenza ed il confronto tra la Cina della tradizione e la Cina del presente.
La mappa del percorso (in appendice) permette di misurare l'inserimento del laboratorio entro la programmazione e dà conto del quadro generale, dell’impianto all’interno del quale fissare le singole informazioni o richiamare per l’alunno quanto già appreso. Il grado di applicabilità del percorso dipenderà dagli obiettivi che l'insegnante sceglierà di fissare, dai tempi a disposizione, dal livello di profondità con cui si vorranno analizzare gli argomenti, dalle caratteristiche della classe. La scelta di alcuni titoli potrebbe dar adito a riserve sia per contenuti, complessi al punto da risultare non consigliabili integralmente vista l’età dei ragazzi, sia perché il ritmo narrativo e filmico risulta parcellizzato e molto lento rispetto ai film tradizionalmente fruiti dai nostri alunni. Anche in questo senso, molto dipende da quanto si è disposti ad investire: suggerisco di lavorare su brevi sequenze di film[6], aspetto che probabilmente non permette di far cogliere nella loro interezza messaggio ed intenti dell’autore, ma consente di tenere desta l’attenzione e allenare alla visione per gradi.
All'epoca, quando studiavamo la vita delle popolazioni himalayane o quando vedevamo le immagini di Non uno di meno, La strada verso casa, oppure quando al Museo di Ca' Rezzonico abbiamo ammirato le lacche cinesi, non sapevamo che la nostra classe avrebbe accolto due alunni cinesi. In un certo senso la vera accoglienza è stata avviata molto prima del loro arrivo e a partire dal curricolo, poiché una sezione del programma di storia locale ha offerto ampie opportunità di approfondire alcuni contenuti in un vero e proprio "laboratorio interculturale", nel quale conoscersi e conoscere culture altre.
Sale Spezie Seta
Viaggio in Oriente sulle orme di Marco Polo
Mappa del percorso
Curricolo di storia
Storia veneta Laboratorio annuale |
Italiano
Il genere testuale: Attività curricolare annuale |
Il Progetto
Il Milione di Marco Polo Attività curricolare e lab. 1° quadrimestre |
Narrativa
La Serenissima, Edisco, Torino Attività intensiva 1°quadrimestre |
FILM |
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il commercio del sale, stile di vita delle popolazioni himalayane passaggio infanzia-adolescenza la spiritualità tibetana la vestizione della sposa Il corteo nuziale la distillazione della grappa la tintura delle stoffe un tipico funerale vita in un villaggio rurale la scuola la scuola- l'ed. sentimentale |
Himalaya, l'infanzia di un capo
Kundun Lanterne Rosse Yu Dou La storia di Qui Yu Vari documentari |
Marzia Zaro, esperta in lingua e cultura cinese, ha esposto alla classe le seguenti tematiche: il Buddismo; la spiritualità tibetana, la vita delle popolazioni himalayane, la donna in Cina, le bacchette cinesi.
Nota bibliografica
Testi utilizzati dall'insegnante per la documentazione e la consultazione:
-Marco POLO, Il Milione, Milano, Adelphi, 1975 (ora disponibile nella comoda edizione TEA, Milano, 2002).
-Alvise ZORZI, Vita di Marco Polo veneziano. L'avventura del viaggiatore alla luce della sua "venezianità", Milano, Rusconi, 1982.
-Robert MARSHALL, Tempesta dall'est. I Mongoli alla conquista del mondo, Vicenza, Neri Pozza, 2001.
-Limes, La Cina è un giallo, 1995.
-AA.VV, ALIAS, Approccio Lingua italiana allievi stranieri, Torino, Petrini, 2000.
In particolare: L'allievo di origine cinese, Il cinema e la formazione interculturale.
-Cittadini dappertutto; mensile di relazioni interculturali.
La comunità cinese n. 16 settembre 2001.
-CEM Mondialità, mensile di educazione interculturale, marzo 2002.
Contiene un inserto sulla Cina: "I doni della Cina all'umanità". Utile la sitografia a pag. 32.
Testi utilizzati con gli alunni per il lavoro in classe:
-Giovanni CASELLI, Gli antichi cinesi, Firenze, Giunti, 1991.
-FUCECCHI-NANNI, L'altro milione. Marco Polo e Ibn Battuta, Bologna, EMI, 2000.
-Elisabetta PASQUALIN e Giovanni NUCCI, Venezia nel Settecento, Roma, Palombi, 1998, (testo di grande fruibilità per gli alunni della scuola di base).
Per i film di Zhang Yimou :
Direzione didattica di Pavone Canavese
http://www.pavonerisorse.to.it/cinema/nonunodimeno.htm
Per percorsi culturali e filmici suggeriti su Cina, Islam, Israele:
“Primissima scuola, proposte cinematografiche per la scuola”,
http://www.primissima.it/scuola/percorsi/p_cina.htm .
Centroriente. Il portale sulla Cina
http://www.tuttocina.it/cina.htm;.
[1] L’Istituto Regionale di Ricerca Educativa del Veneto, cfr. http://www.irre.veneto.it/, è attivo nell’ambito dell’educazione interculturale attraverso i progetti reperibili nell’area Differenze e Parità. La sigla C.S.A. designa il Centro Servizi Amministrativi, dopo la riorganizzazione dei provveditorati in regime di autonomia scolastica.
[2] In regime di autonomia scolastica il P.O.F. è il piano dell’offerta formativa, un documento pubblico, consultabile, in cui la comunità educante descrive le sue componenti ed esprime i principi educativo-didattici ai quali uniformerà le proprie scelte e la propria azione didattica. Il P.O.F. declina operativamente le linee guida e le traduce in progetti, ma non è una somma di soli progetti, bensì uno strumento di orientamento per l’utenza e di riflessione da parte dell’istituto che lo produce su se stesso e sulla realtà territoriale su cui la scuola insiste.
[3] Feste di accoglienza, laboratori gastronomici, fiabe dal mondo, cinema multietnico, etc., sono ottimi momenti di riflessione interculturale se rapportati al curricolo, iniziative infruttuose se costituiscono episodi di folklore, senza la necessaria preparazione e mediazione didattica.
[4] L’indicazione per la didattica mi proviene da Annalisa Peloso del Centro Tante Tinte di Verona. La fisionomia delle nostre classi sta progressivamente mutando e la presenza di alunni immigrati impone l'adozione di alcuni accorgimenti nell'ottica di una didattica interculturale. Ogni percorso, in presenza di alunni stranieri, andrà costantemente monitorato al fine di valorizzare esperienze diverse ed evitare di associare all'idea di immigrato, l'essere portatore di una cultura di serie B. (cfr. Centro Tante Tinte, La classe multiculturale: i dispositivi e le pratiche quotidiane in http://www.rcvr.org/usp/indice/intercultura/index.html).
[5] La presenza di alunni stranieri in molte delle nostre classi è un fenomeno che richiede di essere affrontato al di fuori delle logiche dell'emergenza, sia per quanto riguarda il fattore lingua - che resta ed è aspetto prioritario - sia per quanto concerne il fattore "identità" e "alterità" riferito gli alunni italiani.
[6] La selezione attenta può permettere di concentrasi solo sugli aspetti ritenuti “utili”, sui quali si vuol richiamare l’attenzione degli alunni. Uno svantaggio per il docente può essere rappresentato dal tempo necessario per approntare le registrazioni.
Recensione a cura di Francesca Della Puppa |
AUTORE: Massimo Vedovelli
TITOLO: Guida all'italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue.
CITTÀ: Roma
EDITORE: Carocci
ANNO: 2002
PAGINE: 240
RECENSIONE:
Il testo di Vedovelli si pone come obiettivo quello di evidenziare gli aspetti di un quadro teorico-metodologico per l'italiano L2 che siano in sintonia con le proposte del Consiglio d'Europa, su temi quali la gestione della didattica linguistica basata sulla dimensione testuale e la definizione degli indicatori formali dei livelli di competenza.
Il confronto fra l'italiano L2 e le proposte europee si pone in una prospettiva metodologica: l'obiettivo è individuare i nuclei tematici che sollecitano l'offerta formativa dell'italiano L2, per evidenziare quanto ancora è da delineare nel sistema stesso della formazione che possa rispondere alle nuove esigenze e ai nuovi bisogni degli apprendenti.
Il volume tenta, anche, di esplicitare alcuni aspetti fondanti dell'identità dell'italiano L2 che rendono la sua situazione originale in relazione alle altre lingue più diffuse a livello internazionale. Ad esempio, le elaborazioni teorico-metodologiche nel settore della glottodidattica dell'italiano L2, a detta dell'autore, manifestano il legame con una tradizione di riflessioni che è tutta italiana e che ne segna uno dei principali tratti di originalità.
Le riflessioni glottodidattiche offerte dal testo sono frutto anche del patrimonio di studi di linguisitica acquisizionale: l'autore tenta di creare un ponte fra le due discipline, il dialogo fra linguistica acquisizionale e glottodidattica, a suo avviso, ha potuto portare al consolidamento delle linee operative per l'insegnamento dell'italiano L2 e alla diffusione di più accurati sistemi procedurali di valutazione delle competenze, sfociati, in questi ultimi anni, nelle certificazioni ufficiali di competenza in italiano L2.
I destinatari dell'opera sono coloro che frequentano corsi di formazione universitaria, e, soprattutto, gli attuali e futuri insegnanti di italiano L2, ma nella presentazione del testo, viene ribadito chiaramente il fatto che la sua natura non è quella di essere un manuale di glottodidattica generale, piuttosto, invece, una ricognizione, una chiave di lettura, pur manualistica, delle relazioni fra la situazione attuale dell'insegnamento dell'italiano L2 e la politica linguistica del Framework europeo.
Il testo inizialmente prende in esame alcuni punti centrali del documento europeo (Framework o Quadro comune) relativamente alla politica linguistica e alle implicazioni metodologiche che ne derivano: funzioni e obiettivi, la politica culturale e educativa. Continua, poi, con la presentazione delle scale e dei livelli di competenza a cui vengono affiancati quelli del CILS. Conclude questa prima parte una intero capitolo sulla centralità del testo come nodo importante presente nel Framework europeo.
Nella seconda parte, vengono delineate le caratteristiche e le esigenze di alcuni tipi di apprendenti l'italiano L2 e vengono avanzate delle proposte, in termini di modelli operativi, di intervento formativo che siano efficaci per ogni profilo di apprendente all'interno del gruppo classe, visto come universo di socialità e sistema di comunicazione.
Si parla, poi, di unità didattica centrata sul testo.
Infine, il testo si chiude con l'indicazione di alcuni materiali e strumenti per la programmazione dell'educazione linguistica e di alcuni siti internet dedicati ai temi dell'italiano L2. Vi si trova anche un elenco di associazioni di insegnanti e studiosi, di centri universitari e di riviste sull'argomento e una bibliografia che riporta le opere citate nel testo.
In questo momento in cui si dibatte molto sul Quadro comune europeo per le lingue e in cui si continuano a delineare in maniera più precisa i contorni dell'insegnamento dell'italiano lingua straniera e lingua seconda, ci sembra che questo volume possa offrire un contributo interessante sia come strumento di analisi e sintesi, sia come ulteriore punto di vista per continuare ad animare il dibattito su tali argomenti all'interno delle scienze del linguaggio.