Giugno 2008  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
R. Fletcher, How Writers Work: Finding a Process that Works for You di Paolo Torresan

AUTORE: Ralph Fletcher
TITOLO: How Writers Work: Finding a Process that Works for You
CITTÀ: New York
EDITORE: HarperTrophy
ANNO: 2000

Ralph Fletcher è un autore noto negli Usa per i suoi numerosi opuscoli di didattica della scrittura. Abbiamo deciso di recensire How Writers Work per via del sottotitolo: Finding a Process that Works for You, ‘Alla ricerca di un processo che funziona per te’. Fletcher è convinto che non esista una via maestra in virtù della quale tutti gli studenti debbano passare per arrivare a gustare l’arte dello scrivere, piuttosto varrebbe il detto tutte le strade portano a Roma, se per ‘strade’ intendiamo le strategie che si addicono a ciascuno in fase di composizione, e per ‘Roma’ il testo prodotto. .

Citiamo l’autore (3-4):

 

Certain people talk about the “writing process” as if there is one, and only one, process for writing. Wrong! In one fifth class I visited, the students all brainstormed on Monday, rough drafted on Tuesday, revised on Wednesday, edited on Thursday, published on Friday. Writing does not work that way. Some people need less time to prewrite, more time to rough draft. I believe that the idea of a one-size-fits-all writing process has turned off some talented young writers.

True, there are interesting similarities in how various writers work, but each writer uses a process slightly different from that of the other writers. I have listened to hundreds of writers describe how they work, and I’ve been amazed by how many different ways they do it. Some writers draw heavily on their actual experiences; others rely on their imaginations. Some make elaborate outlines before they start a book; others simply start writing. Many writers do a rough draft first and go back to revise later. Others revise as they go (a few lucky ones claim that they don’t have to revise at all, but I’m not sure I believe them). For every writer who works one way, you’ll find a writer who works in another.

 

Potremmo sostenere che l’insegnamento (della scrittura, ma vale anche in generale) deve essere polifonico: capace di venire incontro a stili e esigenze diverse. L’insegnante, per fare un esempio, dovrebbe paritempo insegnare a sintetizzare e a espandere un testo, al fine di venire incontro ai bisogni degli studenti più prolissi, da un lato, e di quelli più stringati, dall’altro.

Fletcher pone molta attenzione ai processi di avviamento alla scrittura (a volte assenti nei manuali di metodologia). Tra i vari esercizi spicca la compilazione di liste per potenziare il lessico. Si tratta di un’attività a cui è dedicato ampio spazio in un altro best seller dell’autore (A Writer’s Notebook: Unlocking the Writer Within You), da cui abbiamo tratto un paio di liste rappresentative:

 

 

  • la lista delle parole preferite (a sinistra i gruppi di parole, a destra le ragioni della preferenza; 73-74):

 

 

 

 

Persnickety

 

Succatash

 

Both fun words to say

 

Chimichanga

 

Tse-tse fly

 

Boutros Boutros-Ghali

 

I love the music of these words, especially how they repeat parts

 

Scuppernong

 

Grapes that grow wild in Mississippi

 

Calabash

 

Crescendo

 

Quicksand

 

The idea of it has always terrified me

 

 

La lista delle cose che irritano (81-82):

 

 

 

Crumbs in the butter

 

After someone has buttered their toast the stick of butter has all these disgusting little crumbs in it

 

When a building drips on you

 

Walking under an awning or air-conditionating unit when a glob of sickly warm toxic liquid falls on my head

 

Stickered fruit/ vegetables

 

Buying individual apples, tomatoes, or avocados that have little paper stickers on them you have to peel off

 

Ads for “free” stuff

 

Let’s face it –it’s never “free”. There’s always a catch

 

Fletcher adotta pure strategie ‘eterodosse’ per predisporre lo studente alla scrittura: passeggiare, dedicarsi a una cosa piacevole, ecc. –strategie, evidentemente, più emotive che cognitive.

Preziosissimo il suggerimento di dividere il momento creativo da quello critico; se così non fosse, lo scrittore rimarrebbe bloccato in preda al dubbio.

Infine, alcuni suggerimenti sullo stile: evitare l’uso di metafore scontate (che possono passare inosservate nell’oralità ma danno un segno di anonimato e di sciattezza nello scritto), sorvegliare le ripetizioni, personalizzare le descrizioni, essere parchi con l’uso degli aggettivi.

Quest’ultima osservazione ci fa venire in mente un bellissimo editoriale di Elvira Lindo, comparso sul País il 18 gennaio 2006. Ne riportiamo alcuni passi dall’originale spagnolo:

 

Es muy difícil substraerse a la moda del adjetivo. El adjetivo está en alza en el periodismo. Tanto es así que, aunque en secreto albergas la sospecha de que caminas por un terreno facilón, si te entregas a la tarea de adjetivar violentemente no te atreves a renunciar a la adjetivación por miedo a perder clientela, por miedo a ser tachado de poco veemente (…). Ya no hay columna que se precie en la que no encontremos palabras como nazi, golpista, franquista, genocida, facha, torturador, fascista, guerracilivista, carca, rojo, reaccionario, prore, pijoprogre, racista, censor, españolista, españolazo, descerebrado, jacobino, centralista, hijo puta, lacayo, colonialista, bobo, traidor y un largo etcétera que dejo en sus manos. Observando el fenómeno de forma optimista, podriamos decir que vivimos en una permanente adolescencia; de adolescentes ha sido siempre el amor por los adjetivos y el desprecio por contar lo que se ve sin dar la murga con lo que uno piensa. Hoy lo que importa es la opinión, una opinión rica en adjetivos a la que aferrarse (…) Sé de un profesor de redacción periodistica tan extravagantemente sensato que escurre los periódicos ante sus alumnos como si fueran estropajos y sacude los aparatos de radio para que se vacíen de adjetivos. Es lo que hace el artista cuando madura, decir lo que quiere de la forma más simple. Pero aquí vivimos en la eterna juventud. En estos tiempos en que la moderación es tan poco frequente que está a punto de convertirse en radical, puede que ese profesor convenga a unos poco alumnos y puede que de esa clase salgan unos pocos periodistas que sienten el amor por el officio, algo tan simple como eso, el officio de escuchar, mirar y contener las palabras, guardarse los adjetivos en la manga para cuando sean de verdad necesarios, sobre todo esos adjetivos tan tremendos que han perdido el sentido ya de tan manoseados como lo tenemos.

 

Già, adjetivos tremendos, come quelli che popolano giornali e invettive politiche italiane: comunista (di moda), terrorista (il non plus ultra dell’abiezione, un po’ a sostituzione, a prescindere dal significato politico, dell’aggettivo ‘anarchico’ usato a iosa negli anni Settanta), extracomunitario, capra (è idiosincratico di Sgarbi), buonista, trasformista, disfattista, garantista, fascista, qualunquista (a Grillo e ai suoi), fannullone (agli statali che non farebbero il loro lavoro), bamboccione (ai trentenni che vivono nella casa natale) e via di aggettivo.

Pensare, nell’aula, a progetti di prosa verista –scrivere solo quello che si vede- può essere evidentemente, dice Fletcher, un esercizio di stile verso una lingua normata, regolata, disciplinata, anzi… etica!

Ci vengono in mente, in conclusione due osservazioni:

 

  • progetti di scrittura in LS possono essere di beneficio alla scrittura in LM (è bene tornare a parlare di educazione linguistica tout court!);

  • la scrittura, con il rigore e la disciplina che comporta in fase di editing, è un potente stimolo all’accuratezza, e favorisce quell’atteggiamento sorvegliato auspicabile negli allievi ipocorretti (sui cui bisogni il metodo comunicativo sa dire ben poco!). 

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