Giugno 2005 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
AUTORI: AA.VV.
TITOLO: Le ombre di Legnano
CITTÀ: Legnano
EDITORE: La Scuola di Babele
ANNO: 2004
PAGINE: 95
La Scuola di Babele è un centro che promuove l’insegnamento della lingua e una serie di attività formative a favore dei cittadini stranieri.
Oltre al Babelino, periodico in cui si leggono contributi firmati dagli studenti, e a Vorrei scrivere, volume in cui molte poesie pubblicate nel periodico sono state travasate e raccolte, la Scuola ha recentemente dato alla stampa Le ombre di Legnano, un saggio che ci restituisce uno spaccato di recente storia legnanese.
La “Manchester d’Italia”, così come veniva chiamata nella seconda metà dell’Ottocento, per via delle numerose filature, ha conosciuto già 40 anni fa un fenomeno assai simile a quello che ora sta aggredendo l’economia del Nord-Est: la delocalizzazione. Molte aziende di allora se ne sono andate altrove, altre hanno chiuso i battenti e dichiarato il fallimento, altre ancora hanno convertito i capitali in investimenti destinati alla costituzione di piccole imprese.
Il risultato di tale metamorfosi, da un punto di vista urbanistico, è stato l’abbandono di enormi complessi industriali. Sono stati poi questi i locali nei quali, negli anni 90, si sono riversate centinaia di immigrati –marocchini, albanesi, macedoni, cinesi.
Affitti tanto alti quanto quelli del capoluogo lombardo, caparre da capogiro, ma anche discriminazione da parte dei nativi, hanno creato le premesse di una esclusione sociale senza precedenti; così, là dove un tempo si produceva la ricchezza, ora ci vive in uno stato di semi-clandestinità chi la ricchezza la produce (fuori, nelle molte imprese sparse nel territorio).
Scrive Manuel Vignati nel preambolo del libro: “Uno straniero a Legnano costruisce case dalla mattina alla sera ma di fatto è privato del diritto di averne una, almeno in affitto”.
Occhio non vede, cuore non duole. Il complesso più grande, la Cantoni, una vera e propria città (povera) nella città (ricca) entra nell’Ordine del giorno di molti consigli comunali, ma i propositi politici, si sa, si traducono spesso in bolle di sapone. Non esiste cioè una decisa volontà a risolvere la questione: le condizioni igieniche alla Cantoni sono assurde, in molti settori manca l’acqua, la gente si scalda con le bombole a gas, correndo il pericolo –come successo disgraziatamente a una famiglia di macedoni–, di morire tra le fiamme di un incendio.
Fu proprio quella tragedia, o meglio l’impatto che quel terribile rogo ebbe sull’opinione pubblica, a risolvere il braccio di ferro tra amministrazione e comitati, fino ad allora infruttuoso; da un paio d’anni i cittadini stranieri possono infatti disporre di un centro di accoglienza notturno.
Ma non basta. Almeno così è convinto Lorenzo Radice, sulla cui tesi di laurea si costruisce l’intero volume. Non basta, perché si tratta di un provvedimento nato in virtù di una logica emergenziale e destinato a patire le sorti di ciò che estemporaneo: col fine di accontentare tutti, non si è soddisfatto nessuno. I posti letti sono pochi, il prezzo è caro, la disponibilità è limitata nel tempo, e quindi il fattore “casa” rimane l’incognita di un’equazione irrisolta.
Ora, che la Cantoni è stata sgombrata, in vista di una trasformazione in un centro servizi sul cui progetto porrà la firma nientemeno che Renzo Piano, agli stranieri è stato concesso di spostarsi altrove. Molti in altre fabbriche dimesse, in altre terre di nessuno.
Legnano, come il resto d’Italia?