Giugno 2015  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
J. Arnold, Z. Dörnyei, C. Pugliese, The Principled Communicative Approach di Paolo Torresan

AUTORI: J. Arnold, Z. Dörnyei, C. Pugliese

TITOLO: The Principled Communicative Approach  

CITTÀ: Innsbruck    

EDITORE: Helbling

ANNO: 2015

 

 

Il libro oggetto di recensione è frutto di un lavoro a sei mani. L’architettura teorica è opera di Zoltan Dörnyei, firma internazionale di psicopedagogia delle lingue (in particolare esperto di motivazione); la declinazione pratica nasce dalla collaborazione tra Jane Arnold e Chaz Pugliese.

Alla fine degli anni ’90, Dörnyei aveva avuto modo di tracciare le coordinate del Principled Communicative Approach (PCA) in due saggi successivi:

 

  • Celce-Murcia, M., Dörnyei, Z., Thurrell, S. (1997), “Direct Approaches in L2 Instruction: A Turning Point in Communicative Language Teaching”, TESOL Quarterly, 31, 141-152.
  • Celce-Murcia, M., Dörnyei, Z., Thurrell, S. (1997), “On Directness in Communicative Language Teaching”, TESOL Quarterly, 32, 116-119.  

 

La tesi di fondo è che l’approccio comunicativo, così come è stato concepito negli anni, manca di definitezza; o meglio, a fronte di una prospettiva ben precisa in termini di ricerca linguistica, l’approccio si è risolto in formule operative vaghe(es: learning by doing), da cui hanno avuto modo di essere ideate pratiche e modelli di sequenziazione non di rado contrastanti.

Lo studioso dell’Università di Nottingham ha perciò attinto a una vasta serie di studi che riguardano la psicologia dell’apprendimento linguistico e ha inteso tracciare un percorso che orienti l’insegnante, il quale, pur dichiarandosi comunicativo, si sente spesso sprovvisto, abbiamo detto, di un quadro di riferimento coerente e unitario.

I principi di cui si compone il Principled Communicative Approach, PCA, così come è stato chiamato, intendono ‘imbrigliare’ l’ecclettismo (e quindi spesso l’improvvisazione, nel senso più riduttivo del termine) cui spesso si riduce il comportamento dell’insegnante comunicativo. Si tratta, peraltro, di una esigenza che altri hanno intuito nell’ambito della didattica dell’inglese (per esempio, Adrian Underhill e Jim Scrivener, con il loro High Demand ELT, la cui tesi di fondo è: molti insegnanti sovrastimolano gli studenti con una carrellata di attività le quali, pur se accattivanti, hanno scarso impatto sull’acquisizione) e pure nella didattica dell’italiano (la ricerca di una “prospettiva autenticamente comunicativa” che sta alla base del manifesto dell’approccio globale, può essere letta in questi termini).  

Ciò che rende “principled” il Communicative Approach, secondo Dörnyei sono varie istanze, alcune delle quali già note agli insegnanti, a dire il vero, altre costringono a ricalibrare ciò che intendiamo per “comunicativo”. Tra le prime: l’importanza di un uso significativo e personale della lingua (che, a onor del vero, può essere fatta risalire ad alcuni metodi ‘clinici’), la necessità di un’esposizione massiccia a un input ricco e vario (al fine di favorire la costruzione della conoscenza implicita), la centralità dell’ouput (memori della lezione di Merrill Swain). Di nuovo, invece, un principio che pare mediare tra una istanza pre-comunicativa con una propria dell’approccio comunicativo: l’equilibrio tra l’insegnamento deduttivo e quello induttivo della grammatica. Si tratta di un punto che può far parlare, soprattutto in ambito italiano, considerato il fatto che la “riflessione sulla lingua”, spesso viene colta come la modalità che garantisce una ritenzione stabile delle regole. Tornare a legittimare una modalità deduttiva pare costituire un salto indietro nel tempo. Eppure, avvisa Dörnyei, gli studi recenti sull’automatizzazione (i.e. sulla fluenza) confermano questa ipotesi. Dörnyei si rifà alla “Skill-learning theory” (DeKeyser, R., Criado, R., 2013, “Automization, Skill Acquisition, and Practice in Second Language Acquisition”, in C. A. Chapelle (ed.), The Encyclopedia of Applied Linguistics, Malden: Wiley-Blackwell, pp. 1-4), secondo la quale l’automatizzazione richiede la formazione di conoscenza implicita (procedurale), passando per un imprinting dichiarativo, esplicito.

Riproponiamo un passaggio, tratto dal saggio oggetto di recensione (p. 9):

 

“The development of any skill (driving, knitting, playing tennis, etc.) needs to start with some initial explicit – or declarative – input, which in turn becomes gradually automatized through repetition. Thus, even though the ultimate goal of skill-learning is to arrive at automatized, implicit knowledge, a systematically designed fluency-building sequence is made up of an initial explicit teaching stage and subsequent practice, further divides into controlled and open-ended practice:

o   The declarative input stage provides clear and concise rules as well as sufficient examples that the learner can then interpret and rehearse, to raise explicit awareness of the skill to be internalized

o   The controlled practice stage should offer opportunities for abundant repetition within a narrow context. “Narrow” is a key attribute here because the proceduralization of explicit knowledge requires a great deal of repetition, not unlike the way a musician practices a piece again and again. Therefore, the key to the effectiveness of this stage is to design drills that are engaging rather than demotivating

o   The open-ended practice stage involves the continuous improvement in the performance of a skill that is already well established in a more varied and less structured applicability range.

 

Anziché un ritorno al modello di sequenziazione PPP, “the challenge”, concluce lo studioso ungherese, “is to find ways of maximizing the cooperation between explicit and implicit learning” (p. 8).

 

All’interno di questa cornice teorica, la lunga esperienza dei co-autori in quanto a insegnanti si è tradotta in 75 attività, raggruppate secondo i diversi principi del PCA.

Si tratta di proposte interessanti e facilmente declinabili nella classe di italiano.

Un libro quindi ‘completo’: ottimo compendio per chi vuole arricchire il proprio archivio di idee, e al tempo stesso prospettiva che rimette in gioco concetti che molti di noi davano per assodati. 

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