Giugno 2006  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
La didattica ludica nell’insegnamento linguistico di Maria Assunta Lombardo


ABSTRACT

è possibile impostare la prassi didattica quotidiana sulla metodologia glottodidattica ludica? Che cosa vuol dire “giocare in classe”? Quali sono i principi teorici a favore del gioco? Giocando si conseguono gli obiettivi dell’educazione linguistica? Gli studenti adulti accettano di buon grado la didattica ludica? Qual è la valenza didattica del gioco?

Attraverso una semplice riflessione sulle caratteristiche della didattica ludica e una breve esposizione di alcuni principi teorici, questo articolo tenta di trovare una risposta a tali domande.

 

 

1. IL GIOCO PER INSEGNARE UNA LINGUA

 

La possibilità di ispirarsi alla metodologia glottodidattica ludica nell'insegnamento di una lingua non sempre è accolta favorevolmente dagli insegnanti. I pregiudizi sono tanti, a volte molto radicati, e riguardano anche gli studenti. Generalmente prevale l’idea che il gioco sia un’attività ricreativa e di svago utilizzabile nei momenti vuoti della lezione, oppure quando si vuole fare una pausa. Spesso “si attribuisce al gioco soltanto una funzione riempitiva; esso rappresenta un intervallo tra un'attività e un'altra, utile per conseguire un recupero di energie e di motivazione prima di tornare all'impegno dello studio più serio quanto più legato al concetto di fatica, di costrizione” (Caon e Rutka, 2004: 22).

Opinioni come questa possono portare l’insegnante a escludere la didattica ludica dal proprio metodo di insegnamento o a riservarle uno spazio marginale. Nonostante i tanti pregiudizi, molti sono i docenti che nella prassi quotidiana attingono alla metodologia glottodidattica ludica in maniera costante.

Storicamente il potenziale pedagogico della ludica è stato represso e soffocato da atteggiamenti pregiudizievoli e negativi. è pur vero però che la tradizione classica sosteneva l’importanza della relazione tra gioco e didattica. Nell’antica Grecia il termine scholé indicava l’otium, ovvero il tempo libero dalle occupazioni, destinato al divertimento e ai passatempi. In latino invece con ludus si definiva il gioco in genere ed anche la scuola come luogo di apprendimento e di addestramento.

Nella didattica moderna attribuire al gioco un ruolo periferico o subordinato considerandolo un semplice e piacevole extra, un aspetto meno importante dell’apprendimento, significa sminuirne il valore didattico e togliere allo studente la possibilità di fare un’esperienza didattica alternativa e allo stesso tempo significativa.

 

 

1.1 LUDICITÀ, GIOCO , PLAY E GAME

 

Cosa si intende esattamente quando si parla di didattica ludica? La metodologia ludica è una pratica didattica che prevede l’uso di tecniche basate sulla ludicità e sul gioco. è bene anzitutto distinguere questi due concetti: il primo indica un principio in base al quale per promuovere lo sviluppo globale dell'allievo si crea un ambiente di apprendimento rilassante, motivante e allo stesso tempo piacevole. Un contesto ricco di stimoli positivi dove lo studente è protagonista del proprio processo formativo e in cui partecipa ad attività di cooperazione e di competizione positiva con i compagni. In tale clima di lavoro lo studio della lingua avviene seguendo un percorso naturale di scoperta che coinvolge la personalità del discente in maniera totale (le emozioni, la sfera affettiva, le capacità cognitive e quelle relazionali). Il gioco invece, è una tecnica didattica che, facendo leva sulla motivazione intrinseca, permette il conseguimento degli obiettivi e delle mete educative che caratterizzano l'educazione linguistica.

La tradizione glottodidattica anglosassone ci ha ormai abituati ad utilizzare i termini Play e Game per quanto riguarda la didattica ludica. Il primo si riferisce all’atteggiamento proprio del bambino che giocando si muove alla scoperta del mondo grazie alle sue abilità senso-motorie, cognitive, linguistiche, sociali e affettive. “Il Game, invece, è inteso come attività ludica retta da regole socialmente imposte e accettate dal giocatore” (Caon e Rutka, 2004: 30). Consiste in tutte quelle tecniche e attività palesemente ludiche che si svolgono in classe e che hanno come obiettivo l’apprendimento della lingua. Un contesto di apprendimento in cui figurano questi due momenti (Play e Game) permette allo studente di raggiungere gli obiettivi dell’educazione linguistica in maniera autonoma, consapevole e in un contesto privo di ansie e di stress negativi.

 

2. LA TEORIA A SOSTEGNO DEL GIOCO

 

L'insegnante che sceglie di fare della glottodidattica ludica una costante e regolare metodologia di riferimento opera in sintonia con i principi di diversi approcci glottodidattici che analizzano i processi di apprendimento-insegnamento di una lingua. Uno tra questi è l'approccio umanistico-affettivo che si è sviluppato intorno agli anni ottanta del secolo scorso e che si rifà alla psicologia umanistica di Carl Rogers. Le caratteristiche affettive e della personalità del discente, insieme ai suoi aspetti cognitivi, influiscono in maniera molto determinante sui processi di apprendimento. Sottoposto a situazioni che creano stress e ansia, il cervello innalza il filtro affettivo, ovvero una sorta di barriera che non permette l'acquisizione duratura ma soltanto l'apprendimento momentaneo. è necessario, quindi, ricercare e creare percorsi didattici capaci di ridurre e di eliminare le resistenze psico-affettive dell'apprendente. Il gioco e la ludicità rispondono bene a tale scopo perché giocare fa abbassare i livelli di ansia creando così le condizioni favorevoli perché lo studente apprenda. Grazie alla cosiddetta Rule of Forgetting (Krashen, 1983), l'allievo, mentre gioca, dimentica che sta studiando e impara. Partecipare a un’attività ludica distrae dai contenuti strettamente linguistici del compito poiché l’attenzione si concentra sull’obiettivo immediato del gioco e sulla sua dinamica.

Secondo i principi dell’approccio umanistico affettivo e delle teorie costruttiviste è fondamentale che ci sia un coinvolgimento attivo e totale dello studente nel processo di apprendimento. La metodologia glottodidattica ludica offre degli strumenti molto utili a tale fine in quanto l’allievo nel gioco è protagonista in prima persona di quello che sta facendo.

La Total Physical Response (Asher 1960), una tecnica didattica che prevede una risposta fisica (camminare, alzarsi, sedersi, ecc.) da parte dello studente agli ordini dati dall'insegnante nella lingua target, può avere un carattere più o meno ludico. Pur non potendo essere destinata a tutte le categorie di apprendenti (ad esempio alcune attività potrebbero risultare difficoltose o addirittura pericolose nel caso di soggetti anziani o di studenti con problemi fisici), il suo carattere giocoso elimina stress e ansie e conferisce all’apprendimento un aspetto divertente.

Inoltre, il gioco si presta molto bene allo svolgimento di attività ispirate al Natural Approach. Secondo i teorici di questo metodo (Krashen e Terrel, 1983) in ogni processo di apprendimento di una lingua si verifica uno sviluppo naturale in progressione caratterizzato da diversi momenti (Freddi, 2002: 190). Essendo la didattica ludica una metodologia molto flessibile le varie tecniche possono essere adattate e utilizzate per qualsiasi livello di conoscenza della lingua.

Il gioco può essere sfruttato anche per attività di Suggestopedia (Lozanov, 1978) e di Silent Way (Gattegno, 1972) in quanto queste prevedono un clima di lavoro privo di fattori che possono creare agitazione e tensione nervosa, e che potrebbero ostacolare l'apprendimento.

La metodologia glottodidattica ludica è in armonia anche con i principi degli approcci comunicativo-funzionali, poiché giocando si valorizza la funzione comunicativa della lingua: vengono messi in primo piano i bisogni linguistico-comunicativi dell'apprendente, nonché il suo contesto sociolinguistico.

Una prassi didattica di ispirazione ludica osserva la teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner in quanto i giochi valorizzano la diversità intellettiva degli allievi.

L’insegnante che adotta una modalità didattica induttiva, secondo il principio della direzionalità in base al quale il cervello opera, può utilizzare le tecniche ludiche per qualsiasi fase dell’unità didattica partendo dalla globalità per giungere infine all’analisi e alla sintesi.

Lo studente che gioca e studia in un'atmosfera rilassante e priva di tensioni negative impara, si diverte e sviluppa anche delle capacità sociali: interazione con gli altri, mediazione, competitività. Uno dei metodi di insegnamento/apprendimento più moderni che si coniuga bene con la didattica ludica è il Cooperative Learning, ovvero una tecnica collaborativa dove gli studenti lavorano aiutandosi reciprocamente per raggiungere degli obiettivi comuni. La forte interazione con gli altri membri del gruppo classe che questa modalità di apprendimento comporta favorisce il processo di socializzazione e permette allo studente di imparare dai compagni.

 

 

3. PERCHÉ IMPARARE L’ITALIANO GIOCANDO?

 

I motivi per cui la prassi didattica quotidiana dovrebbe richiamarsi frequentemente alla metodologia ludica sono tanti e di diversa natura. Oltre alla cooperazione, giocando con i compagni lo studente sviluppa altri comportamenti come, ad esempio, il Fair Play: impara a perdere in maniera serena e a vincere rispettando i compagni.

Secondo Giovanni Freddi il gioco permette di lavorare sui diversi livelli semiotici che caratterizzano la globalità del processo comunicativo: linguistico, socio-linguistico, motorio, prossemico, musicale, iconico (1999: 39).

Le attività ludiche incoraggiano l’allievo a esprimere la sua creatività e stimolano l’inventiva e la fantasia. I giochi didattici che si impostano come soluzione di problemi, Problem Solving, stimolano il pensiero laterale (De Bono, 1967), diversamente da quanto accade con i metodi di insegnamento tradizionali che si concentrano sul pensiero verticale, ovvero logico-razionale. La ricerca di soluzioni al problema stimola la pluralità dei punti di vista e spinge all’utilizzo di una modalità di pensiero produttivo, creativo, e non semplicemente riproduttivo. Giocare offre la possibilità di un approccio metacognitivo allo studio, grazie al quale lo studente ricerca il proprio sapere in maniera autonoma, consapevole e responsabile. In questo modo lo studente può valutare in maniera autonoma i propri progressi facendo esperienza di “un apprendimento significativo” (Rogers, 1973).

Le attività ludiche promuovono il biculturalismo in quanto i discenti si avvicinano a una dimensione culturale diversa dalla loro, ovvero a quella della lingua target. Questo aspetto è essenziale nell’insegnamento linguistico poiché non si può apprendere una lingua senza conoscere la cultura che l’ha prodotta. Con il gioco la lingua diventa azione sociale perché si arriva a conoscerne il valore pragmatico e si migliora la competenza comunicativa, che non riguarda soltanto il sapere la lingua, ma anche il saper fare lingua e il saper fare con la lingua. Il contesto comunicativo che si crea nel gioco è autentico e in esso la lingua mostra tutta la sua valenza di utilità e di significatività. Per partecipare a un’attività ludica è infatti necessario capire quello che i compagni o gli avversari dicono o scrivono e allo stesso tempo si deve produrre lingua per comunicare con il gruppo.

I giochi aiutano a rompere il ghiaccio e a superare imbarazzo e timidezza, incoraggiando anche gli studenti più riservati a partecipare con piacere ai compiti proposti dall’insegnante.

Le attività ludiche suscitano nella classe interesse e voglia di imparare poiché fanno leva sulla motivazione intrinseca, basata sulla curiosità e sul piacere, la quale rappresenta l’unica vera e valida motivazione ai fini dell’acquisizione della lingua. Essi, inoltre, mantengono vivi nel tempo l’interesse e la motivazione dello studente ad imparare, punto fondamentale questo dell’insegnamento linguistico. Il desiderio di superare la sfida che il gioco comporta fa sì che si accetti con entusiasmo e serenità anche un argomento “serio” come la grammatica, spesso considerato ostico dagli studenti.

Affinché il gioco espleti tutta la sua funzione didattica ed educativa è importante che alla fase strettamente ludica segua un momento di riflessione, il dopogioco, in cui lo studente si attiva metacognitivamente per avviare una sistematizzazione grammaticale delle strutture che ha utilizzato durante il gioco. Riflettere sulle abilità linguistiche praticate durante il momento ludico, sui processi cognitivi attivati, sugli atteggiamenti interpersonali scatenati nel gioco, nonché sugli obiettivi didattici dell’attività svolta è fondamentale per esplicitare l’intenzionalità educativa di questo tipo di metodologia glottodidattica. La riflessione dopogioco è un momento essenziale soprattutto nell’insegnamento in prospettica andragogica, poiché in questo caso gli studenti hanno bisogno di avere conferme continue della validità del loro percorso di studi. L’adulto, infatti, è portato in genere a pensare che giocando perde del tempo prezioso che potrebbe investire in un’attività più “interessante e utile”. L’approccio metacognitivo che caratterizza la fase dopogioco permette di abbattere questo tipo di pregiudizi che tende a svalutare le potenzialità della metodologia glottodidattica ludica.

 

In sintesi, elenchiamo le principali motivazioni che sostengono la scelta del gioco nella didattica.

 

Perché il gioco?

 

  • Propone una maniera divertente di fare grammatica

  • Offre un approccio significativo e alternativo alla lingua

  • Stimola i vari tipi di intelligenza

  • Permette un approccio induttivo alla lingua

  • Mira all’apprendimento significativo

  • Mette l’accento sui bisogni comunicativi

  • Promuove il biculturalismo

  • Sviluppa la competenza comunicativa

 

 

4. CONCLUSIONI

 

L’insegnante consapevole del valore didattico, socializzante e formativo della didattica ludica la considera un momento fondamentale del proprio metodo di lavoro e si richiama al gioco con frequenza e costanza. Lo studente trova in questa pratica didattica motivazione, divertimento e un clima di lavoro positivo e stimolante dove poter fare una piacevole e allo stesso tempo significativa esperienza di apprendimento.

La fase dopogioco permette di esplicitare quelle conoscenze che l’allievo ha acquisito mentre giocava e di avviare una possibile sistematizzazione grammaticale. Riflettendo metacognitivamente sull’attività svolta, lo studente coglie in prima persona la valenza educativa e formativa della metodologia glottodidattica ludica.

Poiché innumerevoli sembrano essere le ragioni per cui il gioco risponde ai bisogni dell’insegnamento linguistico, è auspicabile che nella prassi didattica moderna gli venga destinato uno spazio sempre più grande.

 

 

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