Breve storia dell’educazione linguistica dall’Unità a oggi

Una scienza è matura quando ricostruisce la propria storia e ne fa oggetto di riflessione. Questo volume svolge questa funzione, focalizzando l’attenzione sull’insegnamento dell’italiano (mentre un precedente volume di Balboni del 1988, dal titolo quasi identico, era orientato anche dell’insegnamento delle lingue classiche e straniere). Uno dei centri di interesse del volume, che è una guida di carattere divulgativo ma non per questo priva di profondità di analisi, è l’annoso problema del rapporto tra le lingue locali, i dialetti, e l’italiano, soprattutto nel momento in cui la società italiana, nel dopoguerra, diviene via via più complessa. In questa storia dell’educazione linguistica se ne può leggere, in filigrana, anche un’altra, forse più interessante: quella dell’idea di lingua, della sua natura. I programmi scolastici (che costituiscono un’interessantissima appendice di “documenti d’epoca”, come li definisce l’A.), infatti, sono una cartina di tornasole dell’idea condivisa di lingua: si insegna ciò che si pensa sia “la lingua”. Questa idea emerge soprattutto laddove, nei programmi o nelle dichiarazioni di pedagogisti (tra cui giganteggia Giuseppe Lombardo Radice) o di linguisti (i punti di riferimento sono Ascoli e De Mauro), si fissano le finalità dell’educazione linguistica. Il volume è di lettura agevole, ma questo può mettere in ombra la sua profondità; di converso, i “documenti d’epoca” sono di lettura più difficile, e forse sarebbe stata utile un’introduzione a ciascun documento, per contestualizzarlo e allo stesso tempo per evidenziare gli elementi che, pur legati al contesto storico in cui sono stati prodotti, segnano le tappe fondamentali del percorso di definizione del concetto di educazione linguistica, percorso che culmina nelle celebri “Dieci tesi” degli anni Settanta.