Febbraio 2009  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
L'Unità Didattica alla luce del modello di comunicazione linguistica del Quadro Comune Europeo di Jovica Mikić

L’unità didattica, definita come un insieme di attività articolate in modo coerente in una successione di fasi, rappresenta uno dei concetti di base degli aspetti operativi della glottodidattica. Conoscere la struttura di queso modello operativo aiuta l’insegnante a selezionare il libro di testo su criteri precisi, utilizzare il materiale scelto adattandolo alle condizioni concrete e organizzare in autonomia il percorso formativo.
Giovanni Freddi – uno dei glottodidatti che si è particolarmente interessato a questo problema – ha detto che il proprio modello di UD non è né unico né definitivo e non può essere una ricetta (Freddi 1994: 111-112). Questa posizione, assunta alla metà degli anni ‘90, ci ha stimolato a esaminare alcune dinamiche alla luce dello stato attuale della glottodidattica. Il documento che indubbiamente più di ogni altro ha influenzato e orientato l’evoluzione di questa disciplina negli ultimi 7-8 anni è il Quadro comune europeo per le lingue.
In questo articolo saranno pertanto presentati: a) il modello di comunicazione linguistica esposto in questo documento, b) la scansione dell’UD come la vedono alcuni glottodidatti italiani e un autore francese. Successivamente ci proponiamo di sintetizzare le posizioni di questi autori mettendole in rapporto con il Quadro comune europeo per le lingue. Saranno considerate anche le funzioni che può assumere il modulo come complesso di unità didattiche. Si presentano infine alcune tavole con la struttura ottimale di questi due strumenti operativi.

 

1. IL MODELLO DI COMUNICAZIONE LINGUISTICA NEL QUADRO COMUNE

Per quanto riguarda l’approccio adottato, gli autori del QCER dicono che esso è orientato all’azione. Secondo questa concezione, ogni persona che usa e apprende una lingua è considerata un “attore sociale”, le cui abilità linguistiche si svolgono in un dato contesto in grado di conferir loro pieno significato.
Da questo punto di vista è stato elaborato un modello di comunicazione linguistica in cui, sul livello orizzontale, esiste una differenza tra le attività e le competenze.

Attività linguistiche

La comunicazione linguistica, sia nelle situazioni reali che nell’insegnamento e nell’apprendimento, include le attività di ricezione e di produzione, nelle forme orali e scritte. Incrociando le attività e le forme si ottengono le attività primarie: ascolto, lettura, parlato e scrittura. Lin­ter­azione rappresenta un’attività specifica in cui due o più parlanti partecipano a uno scambio di messaggi orali e/o scritti. Nell’interazione le fasi di produzione e ricezione si alternano, e nella comunicazione orale a volte si sovrappongono. Un’ attività particolare è anche la mediazione, che consiste nella traduzione e interpretariato, nella parafrasi, nel riassunto o resoconto - attività volte a rendere accessibile il testo originario a una terza persona che non potrebbe accedervi direttamente.
Le attività linguistiche in questo documento vengono considerate nel loro contesto comunicativo. I settori della vita sociale sono classificati in quattro domini
: personale, pubblico, professionale e educativo. In ognuno di essi vengono specificate le situazioni comunicative, descritte in termini di luoghi e momenti, istituzioni e organizzazioni, persone, oggetti, avvenimenti, azioni e testi. Realizzando le attività linguistiche il parlante mette in atto le stra­te­gi­e comunicative che consistono nelle fasi di pianificazione, esecuzione, valutazione e riparazione
Nel
QCER, particolare importanza si dà al testo come prodotto finito o risultato atteso di qualsiasi attività linguistica. Con “testo” si intende “qualsiasi elemento linguistico, un enunciato sia orale sia scritto che chi usa/apprende la lingua riceve, produce o scambia” (Quadro comune: 115). I testi hanno caratteristiche diverse a seconda di canale, funzione e struttura. Testi orali ad esempio sono: annunci pubblici, conversazioni telefoniche, dibattiti, discussioni, ecc. Libri, riviste, fumetti, lettere commerciali, libri di testo, etichette su prodotti, ecc. – entrano nel novero dei testi scritti.

Le competenze generali e linguistico-comunicative

Per svolgere le attività linguistiche, chi usa e apprende la lingua si avvale di un insieme di competenze individuali, suddivise in quelle generali e in quelle specifiche di comunicazione linguistica.
Le conoscenze dichiarative
(sapere) integrano la conoscenza del mondo, la conoscenza socioculturale (particolarmente importanti nell’apprendimento/insegnamento di una lingua perché riguardano la vita di tutti i giorni, le condizioni di vita, le relazioni interpersonali, i valori, ecc. della comunità di cui si impara la lingua), nonché la consapevolezza interculturale. Abilità e saper fare sono suddivise in “pratiche” e “interculturali”.
La competenza “esistenziale”
(saper essere) riporta ai fattori della personalità dell’individuo quali atteggiamenti, motivazioni, valori, convinzioni o stili cognitivi. A questi tre tipi di competenze individuali ne va aggiunto una quarta, altrettanto rilevante: la capacità di imparare o saper apprendere. Essa comprende: sensibilità alla lingua e alla comunicazione, consapevolezza e abilità fonetiche generali, abilità di studio e abilità euristiche.
La stessa classificazione è valida in generale anche per le competenze specifiche o linguistico-comunicative. Anche queste si possono suddividere in conoscenze dichiarative e capacità d’uso. Nel
QCER sono comunque classificate così:

 

  • Competenze linguistiche. Comprendono le seguenti componenti: lessicale, gra­mmaticale, se­man­tica, fonologica, or­to­graf­ica e or­to­ep­ica.

  • Competenza sociolinguistica. Integra elementi linguistici che segnalano i rapporti sociali, regole di cortesia, espressioni di saggezza popolare, differenze di registro e varietà linguistiche e accento.

  • Competenze pragmatiche, costituite da: competenza discorsiva (or­ga­ni­zzazione delle frasi e dei testi), competenza funzionale (mi­cro­funzionale corrisponde agli atti comunicativi, ma­cro­funzionale ai tipi di testi) e schemi in­ter­azionali.

 

2. LA SCANSIONE DELL'UD

Giovanni Fre­ddi dichiara che l'UD non è “un semplice segmento ritagliato nel curricolo, ma un’unità di lavoro dotata di una sua compiutezza e coerenza che tuttavia si ricollega alle unità che la precedono e a quelle che la seguono” (Fre­ddi 1994: 111). L’autore distingue due aspetti che chiama, per analogia con l’analisi linguistica, asse sintagmatico e asse paradigmatico.
Il primo consiste nella concatenazione di “cinque momenti psicologico-operativi:
motivazione, globalità, fissazione, riflessione, controllo”; il secondo si sviluppa “allineando in verticale i dati linguistici, le operazioni didattiche e la strumentazione glottotecnologica (Ibidem: 113).
Il lavoro all’interno di una UD

 

  • prenderà l’avvio con l’esposizione degli apprendenti a un testo linguistico che per la sua centralità chiameremo “pivot”;
  • passerà attraverso una fase di fissazione del testo pivot e dei materiali in esso contenuti (pronuncia, meccanismi linguistico-comunicativi, strutture grammaticali, lessico ecc.);
  • continuerà con il reimpiego di tali materiali;
  • si prolungherà fino all’esame-riflessione concernente la “grammatica” della comunicazione e della lingua;
  • si concluderà con la verifica e la valutazione degli apprendenti; dopo di che si potrà affrontare la successiva unità di lavoro. (Ibidem: 112)

 

Gianfranco Porcel­li (1994: 143-149) riprende i momenti psicologico-operativi di Freddi, ma invece della fase di fissazione parla di due momenti distinti: ana­lisi e sin­tesi.

Paolo Bal­bo­ni (1994: 75-105) distingue nell’UD tre fasi:

 

  1. iniziale

  2. centrale

  3. conclusiva

 

La prima fase si articola in due momenti: la motivazione e l’approccio globale al testo. La seconda consiste nell’analisi, sintesi e riflessione su vari obiettivi (funzionali, gra­mmaticali, relativi alle abilità linguistiche e culturali). La terza tappa comprende la verifica, il rinforzo, il ripasso e il recupero, nonché la riflessione glottomatetica. In un ulteriore libro lo stesso autore chiamerà la fase centrale (riprendendo l’espressione di Dolci) la “rete di unità d’apprendimento (Balboni 2002: 103-106).
Secondo Massimo Vedovelli (2002: 133-141), la cui prospettiva è proprio quella del
QCER, la struttura dell’UD è costituita dalle seguenti fasi:

  1. la contestualizzazione:

  2. il testo come nodo centrale dell’unità didattica

  3. la verifica della comprensione

  4. le attività di comunicazione

  5. la riflessione sulle attività di comunicazione

  6. le attività di rinforzo

  7. l’output.

La glottodidatta francese Janine Courtillon presenta le operazioni nel modo seguente (2003: 52-76):

  1. comprensione

  2. reperimento

  3. memorizzazione

  4. produzione.

Courtillon precisa che per un’UD vengono precedentemente determinati gli obiettivi e i dati linguistici, e che successivamente si effettua la valutazione.
Sintetizzando le proposizioni degli autori citati e mettendole in relazione con il modello di comunicazione linguistica del
QCER, presenteremo la seguente successione delle fasi: introduttivainizialecentralefinaleconclusiva.

 

 

2. 1. LA FASE INTRODUTTIVA: CREARE LA MOTIVAZIONE, ANNUNCIARE GLI OBIETTIVI E I CONTENUTI

Allo scopo di creare la motivazione di fondo che vale per l’intera UD, gli obiettivi ed i contenuti si presentano in anticipo e si mettono in rapporto con le conoscenze esistenti, ed eventualmente con i contenuti delle sequenze ulteriori.
L’insegnante può
presentare le parole chiave del testo che aprirà la nuova UD, e/o far riemergere le conoscenze precedentemente acquisite.
Questa fase dà la possibilità di includere anche le esperienze personali dell’apprendente
, la sua cultura generale, le sue specifiche abilità e i suoi atteggiamenti. Gli apprendenti dicono (anche in lingua materna) quel che sanno o quel che pensano del nuovo argomento, quel che di primo acchito gli piace o no nell’UD, quali sono le loro aspettative e come pensano di lavorare. L’impegno personale extrascolastico può rafforzare la motivazione. Anticipando il contenuto ed il contesto del testo di partenza, l’insegnante fa trovare e presentare svariati documenti autentici o oggetti connessi al tema. A seconda dell’età e del livello, questi realia possono essere: articoli di giornali, cassette, poster, modelli, giocattoli, cartoline, ecc. L’importante è che queste operazioni “vengano effettuate dagli apprendenti più che date dall’insegnante, il quale si limiterà a fare da suggeritore e da guida” (Freddi 1994: 116)1.
Interpretata dal punto di vista del QCER, la fase introduttiva è il momento in cui vengono impegnate le competenze generali. Mentre si anticipano il tema ed i contenuti dell’UD, gli allievi adoperano le conoscenze acquisite sia in altre discipline scolastiche sia attraverso l’esperienza personale (viaggi, conversazioni, letture, media).
Particolarmente importante è la
conoscenza socioculturale, ciò che lo studente ha sulla cultura del paese (o dei paesi) la cui lingua impara: condizioni di vita, arte, sport, media, ecc. Cercando i documenti e gli oggetti autentici si avvale delle abilità e saper fare: usare il computer, svolgere attività manuali, collezionare.
Per sviluppare la motivazione, si prendono in considerazione anche fattori della personalità quali lo stile cognitivo, l’apertura e l’interesse verso nuove culture e la disponibilità a comunicare. Anche la
capacità di imparare è particolarmente importante in questa fase di lavoro. Gli elementi di cui si fa uso e che si sviluppano sono per esempio: concentrazione, capacità di cogliere lo scopo generale e quello delle attività singole, di cooperare efficacemente nel lavoro in coppia e in gruppo, di organizzare e usare materiali o strategie di apprendimento appropriati.

 

2. 2. LA FASE INIZIALE – COMPRENDERE I TESTI

La fase in cui si crea la motivazione iniziale per il lavoro nell’UD si trasforma gradualmente nella fase in cui si affronta il testo.
All’interno di questa fase esistono tre momenti distinti (cfr. Balboni 1994: 79-82):

  1. esame del contesto e degli elementi paratestuali;

  2. esposizione al testo ai fini della comprensione;

  3. riproduzione del testo.

Prima dell’esposizione al testo orale o scritto, gli studenti ne esaminano la struttura, più o meno diversa in ogni genere testuale o comunicativo. Le componenti da prendere in considerazione sono: il titolo e il sottotitolo, illustrazioni, parti monologiche o dialogiche, suddivisione in paragrafi, e così via. Partendo da questi ed altri indizi, gli studenti esprimono le ipotesi relative al contesto: luogo, tempo, persone che partecipano nell’evento comunicativo, i loro rapporti e reazioni, gli scopi, i modi di esprimersi. Durante le ulteriori esposizioni al testo le ipotesi espresse vengono confermate o respinte.
Lo scopo di questo approccio onomasiologico (o
top-down) non è di individuare quanto prima l'ipotesi giusta, ma di penetrare il significato gradualmente e lavorando insieme. E' inoltre auspicabile che gli studenti collaborino, scambino e commentino le aspettative. Ogni persona possiede, infatti, le strategie per riconoscere e usare gli indizi; tali strategie possono essere però sviluppate nell'interazione di gruppo, “quando si constata come un partner ha rilevato degli indizi e compreso un significato che noi stessi non avevamo compreso” (Courtillon 2003: 58).
Nel momento successivo gli apprendenti sono esposti al testo
. L’approccio globale consiste adesso nel fatto che l’obiettivo principale è di comprendere (in modo globale, selettivo o in dettaglio) il testo inteso come un insieme strutturato, e non di capire ogni singola parola o espressione né di memorizzare le strutture grammaticali. Pertanto, i testi complessi non sono da evitare, specie se sono autentici; sono utili perché contengono importanti elementi socioculturali e presentano situazioni di comunicazione reale.
Il compito sarà reso meno difficile se gli alunni sono esposti allo stesso testo più di una volta, e se ogni volta si fa presente in modo anticipato e preciso su quale aspetto devono dirigere l’attenzione. Di lettura in lettura (o di ascolto in ascolto) l’insegnante assegna nuovi compiti, a seconda dell’obiettivo dell’UD e del contenuto del testo.
Una variante dell’ascolto o lettura selettiva può consistere nel dividere gli studenti in gruppi, per cui ognuno ha un compito specifico durante la stessa esposizione. Il primo gruppo si concentra, per esempio, sul riconoscimento dei personaggi e dei loro rapporti reciproci; il secondo cerca invece di comprendere dove e quando si svolge l’azione; il terzo gruppo rivolge l’attenzione agli scopi comunicativi degli interlocutori. Ogni gruppo presenta, infine, al resto della classe quello che ha capito, contribuendo così a ricostruire il significato generale del testo.
Questa parte della fase iniziale comprende 3-4 ripetizioni.
é
da notare che, successivamente, il testo può dar luogo ad attività di ri-produzione. Se si tratta di un test orale, gli allievi lo ascoltano e ripetono; se invece il test d’apertura è scritto lo leggono ad alta voce. L’insegnante lo può presentare segmentato, attraverso unità fonologiche o semantiche che gli studenti ripetono individualmente o tutti insieme. Lo scopo di queste attività è di riconoscere, in modo piuttosto intuitivo e globale, le componenti del testo che saranno specificamente trattate nella fase centrale: pronuncia e/o grafia, atti comunicativi, lessico, strutture grammaticali.
Se il testo di partenza è un dialogo, un modo di memorizzarlo è anche la drammatizzazione
. Ciò vale soprattutto per bambini e preadolescenti, che possono gradire maggiormente attività a carattere cinestesico. In questo momento del percorso la drammatizzazione funziona come un esercizio di fissazione, una spece di esercizio strutturale, pur sempre tenendo conto che esiste “una certa distanza tra lo ‘stimolo’ (il dialogo ascoltato/visto) e la relativa ‘risposta’ (la drammatizzazione)” (Bal­bo­ni 1994: 82).
Considerata alla luce del modello di comunicazione linguistica del
QCER, la fase iniziale è dedicata alle attività linguistiche di ricezione, ascolto e lettura. Si tratta infatti della comprensione di testi, momento cruciale dell’azione formativa, perché “la centralità del testo [...] messa in luce dal Quadro comune fa sì che questo concetto sia il nodo della struttura dell’unità didattica” (Vedovelli 2002: 136).
Relativamente alle attività linguistiche, nel
QCER vengono anzitutto trattati gli aspetti contestuali. Essi sono i domini, i parametri della situazioni comunicative, condizioni e vincoli, il contesto mentale dell’emitente e del destinatario, temi, compiti e scopi comunicativi. Parte integrante della comunicazione sono anche elementi non verbali, paralinguistici (ge­sti, postura, ono­ma­to­pee) e paratestuali (schemi, tavole, fo­to­gra­fie, caratteristiche tipografiche).
E’ proprio il contesto in cui si svolgono le attività linguistiche che viene esplorato nel primo momento della fase iniziale. Il contesto si conosce e approfondisce man mano mentre si ascolta o legge, e le domande che l’insegnante fa durante l’esposizione al testo (o prevede l’autore del manuale) rimandano agli aspetti del contesto
.
Le strategie applicate nelle abilità di ricezione
, secondo il QCER, implicano l’attuazione delle seguenti operazioni - che corrispondono grosso modo al suddetto approccio onomasiologico:

  • pianificazione: scegliere il quadro cognitivo, attivare gli scemi, sviluppare aspettative;
  • esecuzione: individuare indizi (elementi verbali e non verbali che gli allievi hanno riconosciuti e compresi nel testo) per fare inferenze;
  • valutazione: verifica delle ipotesi;
  • riparazione: revisione delle ipotesi.

 

2. 3. LA FASE CENTRALE – TRATTARE IL SISTEMA LINGUISTICO

Nella fase centrale si passa dal globale all’analitico, dal testo come insieme alle sue singole componenti. Il testo d’apertura diventa in questo momento con-testo: gli elementi del sistema linguistico-comunicativo, definiti in precedenza come contenuti specifici dell’UD, vanno individuati per essere oggetto di una analisi specifica.
Con le variazioni dovute alla natura della componente (atto comunicativo, lessico, struttura grammaticale, unità fonologi
ca, modello culturale), il percorso di lavoro su un singolo elemento è più o meno uguale.

  • Nel testo di apertura vengono individuati e isolati gli esempi dell’elemento che sta per essere trattato. L’uso di “sottolineature, cerchi, frecce, colori, ecc. può essere utile in questa fase di analisi” (Ibidem: 84). Si può far trascrivere agli allievi le parole, espressioni o frasi individuate. In certi manuali gli elementi sono già raggruppati in forma di tavola, elenco o schema; altrimenti sta all’insegnante di guidare gli allievi alla loro individuazione.
  • L’elemento reperito va messo in relazione ad un contesto via via più ampio (dagli esercizi strutturali di ripetizione, sostituzione e trasformazione, ai dialoghi improvvisati o alla scrittura di testi brevi).
  • Nell’approccio comunicativo si usano anche gli esercizi di concettualizzazione. Il loro scopo è di far tirare agli allievi, individualmente o collettivamente, le proprie conclusioni relative al funzionamento di un meccanismo linguistico (un pa­ra­dig­ma verbale, una regola ortoepica, l’ordine delle parole nella frase, uno schema interazionale). Queste attività didattiche si svolgono a volte subito dopo che sono trovati e isolati gli esempi nel testo, cioè prima degli esercizi di reimpiego. Nella concettualizzazione, l’insegnante può evitare la terminologia linguistico-grammaticale dato che “molti aspetti del sistema si prestano ad essere chiariti per mezzo di schemi, tabelle, schizzi o altre rappresentazioni non verbali” (Porcelli 1994: 149).2

Se il procedimento globale risulta unico, la natura dell’elemento impone alcune specificità.

 

I contenuti funzionali (atti comunicativi) vanno prevalentemente trattati attraverso l’interazione orale. Dopo aver reperito e isolato gli esempi, gli allievi possono accoppiare le repliche che creino un’insieme coerente (domanda/risposta; invitazione/accettazione; proposta/rifiuto). In seguito si invitano ad effettuare dialoghi in cui si realizzano singoli scopi comunicativi (p.e. rivolgersi-chiedere informazione-dare informazione-ringraziare). All’inizio si riproducono i dialoghi conosciuti, apportando sostituzioni minime. Quindi si dà agli studenti libertà e iniziativa in modo da poter improvvisare.
Alcuni atti comunicativi
(invitare a una festa, ringraziare per un favore, annunciare un arrivo) si realizzano anche in forma scritta. In questo caso il modo più appropriato è far scrivere un messaggio, un biglietto d’invito o una mail.

Il lavoro sugli elementi fonologici si basa innanzitutto sull’ascolto e sulla ripetizione. Questo aspetto importantissimo della competenza comunicativa si sviluppa in modo implicito in tutte le attività di ascolto e parlato.

Su un elemento fonologico isolato, p.e. un fonema, si lavora secondo il solito percorso: riconoscimento, ripetizione, esercizi manipolativi, uso contestualizzato. Risulta altrettanto produttivo imparare a memoria poesie, filastrocche o canzoni e poi recitarle o cantare.
Nell’insegnamento delle lingue straniere la pronuncia è connessa alla grafia; l’insegnante deve però somministrare con massima cautela certe attivita apparentemente semplici ma in realtà complesse
, quali lettura ad alta voce o dettato. Per non imporre agli allievi un compito troppo difficile, deve decidere ogni volta se l’attività mette a fuoco la pronuncia, una norma ortografica, una regola morfosintattica, o qualcos’altro.

All’interno di un’UD alcuni contenuti culturali sono già introdotti nella fase di motivazione, quando vengono anticipati gli obiettivi. Altri appaiono nel testo di apertura, specialmente se si tratta di un documento autentico.
Registrazioni audio e video autentiche, cartoline, fotografie, articoli di giornali, giochi sono particolarmente adeguati per presentare elementi di cultura.

La fase centrale dell’UD necessita un approccio flessibile, perché i bisogni degli allievi, i loro interessi e le reazioni non sono sempre prevedibili. In teoria come in pratica, non esiste un ordine obbligatorio secondo il quale le componenti del sistema devono essere introdotte. Dopo il testo di partenza, in un manuale si presentano prima di tutto gli atti comunicativi, in un altro il lessico, in un terzo li contenuti fonologici. Esistono anche i libri di testo in cui l’ordine dei contenuti varia da un’UD all’altra. L’insegnante può decidere anche da solo l’ordine secondo cui presentare i contenuti, a prescindere dal manuale. Inoltre, ha la possibilità di adattare certe attività e di ommetterne altre, o di usare materiale aggiuntivo.
Usando la terminologia del
QCER, nella fase centrale dell’UD l’attenzione è concentrata sulle competenze linguistico-comunicative. Queste non sono lo scopo per sé, ma rappresentano i mezzi per realizzare le attività linguistiche di ascolto, lettura, parlato, scrittura e interazione. Nel QCER si afferma che le competenze consistono nella conoscenza e nella capacità di usare elementi lessicali, grammaticali, schemi interazionali. In pratica, la conoscenza corrisponde al momento di analisi e concettualizzazione, mentre la capacità d’uso si mette in atto negli esercizi contestualizzati.
Rispetto al contesto sociale della lingua, nel
QCER si analizzano tre dimensioni.
Tra le competenze generali si parla della
conoscenza socioculturale. Parte integrante delle competenze generali sono anche le abilità interculturali e il saper fare. Ciò significa che la cultura straniera non deve solo esser conosciuta, ma si deve anche assumere un atteggiamento privo di pregiudizi, stereotipi, senza glorificazione o sottovalutazione. Il terzo aspetto riguarda il funzionamento del linguaggio nel contesto sociale, è la competenza sociolinguistica, importante nelle attività di interazione in generale.

 

2. 4. LA FASE FINALE – PRODURRE I TESTI

Le attività di espressione orale o scritta si svolgono anche nelle fasi precedenti, ma lì sono o notevolmente meccaniche (ripetizione, lettura ad alta voce, trascrizione, dra­mma­ti­zzazione) oppure orientate verso lo sviluppo dei singoli elementi del sistema linguistico-comunicativo (gra­mma­ti­ca, atti comunicativi, lessico, ecc.). Nella fase finale, la scrittura ed il parlato servono per trasmettere i messaggi; gli studenti usano in modo integrale e sintetico tutte le conoscenze e le abilità acquisite, senza mettere l’accento su una singola competenza.
Nella forma orale prevale l’interazione e per esecitarsi, l’attività più adatta è la simulazione del dialogo. In una certa misura il dialogo è imprevedibile, perché gli interlocutori decidono sul contenuto dei loro messaggi e influenzano il corso della conversazione. Inoltre, usano tutte le competenze di cui dispongono incluse le strategie comunicative
(collaborazione con l’interlocutore, riformulazione e semplificazione degli enunciati, pause per riflettere, ecc.).
Gli allievi possono esprimere le loro esperienze, opinioni o idee anche in forma di monologo. Esempi di questo tipo di produzione sono: raccontare le esperienze di un viaggio, descrivere una persona
, parlare delle impressioni di un film o di una partita di calcio, esprimere la propria opinione circa un problema sociale, ecc.
Sia per il dialogo che per il monologo, l’insegnante concede agli allievi il tempo sufficiente per prepararsi e li stimola a cooperare
. Durante l’esecuzione, tuttavia, l’intervento dell’insegnante e ridotto al massimo, affinché non interrompa il flusso dell’espressione. Si evita soprattutto la correzione di ogni errore notato. In compenso, commenti che riguardano non solo la correttezza grammaticale o la pronuncia, ma anche il modo in cui gli interlocutori strutturano il discorso oppure l’efficacia con cui manifestano i loro intenti comunicativi, possono essere espressi in un secondo momento.
La produzione scritta va dai testi più semplici
(cartoline, brevi messaggi, descrizioni, lettere d’invito) fino a riassunti o testi creativi. Nella fase di preparazione l’insegnante consiglia gli studenti di utilizzare varie fonti e documenti: dizionari, manuali di grammatica e ortografia, en­ciclop­e­die, libri di testo, stampa, Internet. Il compito dell’insegnante è di istruirli su come articolare il lavoro in paragrafi e parti. Inoltre, gli suggerisce di rileggere il testo per apportare eventuali correzioni prima della stesura finale.
La fase finale è dedicata a quel che nel
QCER si definisce come attività produttive, in cui, come nelle attività di ricezione, vengono attivate le strategie come un susseguirsi strutturato di procedimenti

 

2. 5. LA FASE CONCLUSIVA – CONTROLLARE IL LAVORO

Si tratta di una tappa complessa la cui funzione principale, ma non l’unica, è di verificare il grado in cui sono stati raggiunti gli obiettivi definiti per l’unità in corso. Dopo la valutazione, e sulla base dei suoi risultati, si fa il recupero, si riflette sulle modalità di lavoro adottate e si pianifica il lavoro per il seguente segmento.

L’aspetto più importante è la valutazione delle attività linguistiche: ascolto, lettura, parlato, scrittura, interazione. Per renderla oggettiva, vanno determinati i criteri, espressi in termini di competenze. Per esempio, nella produzione orale si precisano gli aspetti linguistici (pronuncia, lessico, grammatica), sociolinguistici (rispetto delle regole di cortesia), prag­ma­tici (fluenza nel parlato, precisione delle asserzioni), discorsivi (coerenza e coesione).
In un test reale “la comprensione deve
vertere su aspetti diversi e naturali dei discorsi prodotti nella LS: conversazioni quotidiane, i media (ra­dio e televisione), conferenze, cinema, stampa, opere scientifiche e letterarie, a seconda degli obiettivi perseguiti” (Courtillon 2003: 43-44).
Esempi delle produzioni scritte che si possono valutare sono:
lettere personali o professionali, appunti e messaggi, saggi e esercizi, posta elettronica, articoli per giornalini. Per valutare lo studente nella produzione orale, “bisogna cercare di creare situazioni di scambio, il più spesso simulate, ma che si avvicinano il più possibile a una situazione autentica. Le jeu des rôles ne rappresenta una. Assegnando i ruoli e chiedendo agli studenti di esprimersi in gruppi di due o tre secondo un dato schema, si può misurare la loro competenza di produzione comunicativa” (Ibidem: 48).
La funzione formativa della verifica consiste nel fatto che, sulla base dei risultati, si prendono le decisioni su come orientare il lavoro successivo: maggiore attenzione sarà rivolta a quelle
attività linguistiche e a quelle competenze in cui maggiore è la distanza tra gli obiettivi predefiniti e i risultati dimostrati. Al contrario, i contenuti acquisiti e gli obiettivi raggiunti in modo soddisfacente richiederanno meno tempo e lavoro in futuro, a prescindere da quanto previsto dal programma o dal manuale utilizzato.
Tra la fine dell’UD in corso e l’inizio di quella successiva, si richie
de agli allievi che hanno dimostrato scarsi risultati di svolgere attività supplementari (in classe e/o a casa). In questo momento del percorso risulta utile proporre anche attività senza scopo didattico ben preciso: vedere un filmato, leggere un fumetto, dramma­ti­zzare una scenetta, ascoltare e cantare una canzone. In questo modo viene offerto materiale linguistico (in­put) aggiuntivo, rafforzando e sostenendo la motivazione.
Infine
, la fase conclusiva dell’UD fornisce la possibilità di riflettere sulle modalità efficaci di apprendimento. Gli aspetti su cui si può riflettere sono (cf. Balboni 1994: 105):

  • le strategie adoperate nel ricevere e produrre i testi;
  • le modalità di acquisizione dei contenuti grammaticali, lessicali, funzionali o fonologici;
  • la funzione dei singoli momenti dell’UD;
  • i materiali e le fonti di informazioni utilizzati;
  • la natura e lo scopo della valutazione.

Lo scambio di esperienze è prezioso: gli studenti più “deboli” possono apprendere le strategie messe in atto da quelli più “forti”.
Nel QECR la valutazione è trattata nel capitolo 9
. Scorrendo il testo si evince che la valutazione effettuata alla fine di un segmento del percorso didattico ha le seguenti caratteristiche:

  • è riferita al criterio (i criteri sono infatti gli obiettivi definiti all’inizio dell’UD);
  • è con­ti­nua e for­ma­tiva (vengono valutate prestazioni, lavori e progetti realizzati durante il corso, e le informazioni raccolte servono per la programmazione del percorso in futuro); si valutano le prestazioni (campioni di lingua parlata e scritta, cioè risultati delle attività linguistiche) e non le competenze o conoscenze.
  • Alla fine di una UD (o di un gruppo di UD) gli studenti possono valutare se stessi in autonomia (auto­valutazione); nei libri di testo figura sempre più spesso il portfolio in cui si compilano periodicamente le rubriche della biografia linguistica.

Come il momento introduttivo, anche quello conclusivo dà la possibilità di includere nel lavoro le competenze definite nel QCER come generali. Oltre le competenze linguistico-comunicative (grammaticale, lessicale, funzionale) va sviluppata la conoscenza socioculturale. A tale scopo può servire un testo indipendente da quello iniziale, più spesso un documento autentico. Per l’uso contestualizzato della lingua, adoperando svariate conoscenze e abilità, servono anche le attività specifiche, i compiti, ai quali è dedicato il capitolo 7 del QCER. Infine, le riflessioni sui diversi aspetti dell’apprendimento/insegnamento corrispondono all’uso e sviluppo della capacità di imparare o saper apprendere.

 

3. IL MODULO

In un libro di testo o in un corso in generale la progressione è consentita dalla successione delle UD. La progressione, da un lato, può essere lineare, il che significa che ogni UD costituisce una componente isolata e si realizza senza connessione diretta con i segmenti precedenti o successivi. L’altra possibilità è di raggruppare, secondo un dato criterio, più UD in un blocco organizzativo più ampioil modulo.
Per non essere una semplice somma di UD, il modulo deve soddisfare certi criteri, cioè deve
(cf. Balboni 2002: 107):

  1. essere autosufficiente, concluso in se stesso,
  2. essere basato su ambiti comunicativi complessi,
  3. poter essere accreditato nel CV dello studente,
  4. essere raccordabile con altri moduli.

La necessità di introdurre un blocco didattico così ampio è dettata dal fatto che, nel raggiungere l’obiettivo (competenza comunicativa), si devono integrare contenuti molteplici, mettendo in atto un procedimento complesso e usando svariate tecniche.
Il materiale linguistico-comunicativo, previsto dal programma o definito nel manuale, integra elementi di varia natura
: testi, componenti dei sistemi morfosintattico, fonologico, lessicale, elementi pragmatici e socioculturali, fino alle conoscenze e abilità generali. Per un oggetto così ampio e complesso l’UD risulta avere una struttura piuttosto ristretta ed il modulo assume alcune delle sue funzioni.
Il primo vantaggio del modulo è che le componenti non-linguistiche escono dall’ UD
: conoscenza so­ci­o­culturale, conoscenze e abilità generali, capacità di imparare. D’altro lato, all’interno dello stesso modulo i contenuti delle UD possono variare. In una, per esempio, l’accento va messo sui testi orali e nell’altra su quelli scritti; in certe UD maggiore spazio è dedicato alla grammatica e in altre agli atti comunicativi o al lessico.
Per quanto riguarda il procedimento didattico, la fase introduttiva e quella conclusiva
si svolgono all’interno del modulo e al di fuori delle UD. Le attività volte a creare la motivazione, ad anticipare gli obiettivi e i contenuti si fanno in questo caso non per ognuna delle UD separatamente, ma per un insieme di UD allo stesso tempo. Alla fine dello stesso blocco didattico si realizza anche la fase in cui le conoscenze vanno sistematizzate, i risultati vanno controllati e si prendono le decisioni per orientare il percorso in futuro.
Il modulo è adeguato soprattutto per stabilire gli obiettivi e per la loro valutazione. Il vantaggio rispetto all’UD consiste nel fatto che per un blocco linguistico-comunicativo così esteso gli obiettivi si possono definire senza spezzarli o specificarli in eccesso. In altri termini, gli obiettivi per un modulo non si devono più esprimere in termini di singoli atti comunicativi quali
ringraziare, chiedere parere, esprimere l’insoddisfazione, ma si possono facilmente esprimere in termini di attività linguistiche; cioè, vale a dire che alla fine del modulo lo studente sarà in grado di: scrivere una lettera personale, leggere l’istruzione per l’uso di un apparecchio, prendere parte in un dibattito sull’inquinamento dell’aria, ecc.
Gli obiettivi definiti all’inizio sono il punto di partenza per la valutazione, che si effettua in base alle stesse categorie
. Inoltre, i risultati possono essere accreditati nel CV dello studente (che corrisponde alla concezione del Port­fo­lio), ma servono anche per il controllo della progressione e per l’eventuale riprogrammazione o riorientamento del percorso.

 

4. STRUTTURA OTTIMALE DELL’UD E DEL MODULO

Le riflessioni precedenti ci permettono ora di presentare la struttura ottimale dell’UD e del modulo.
Per
ottimale intendiamo la struttura più adeguata alle premesse didattiche, allo stesso tempo coerente e flessibile. Da un lato la struttura è didatticamente definita. D’altro canto, è sufficientemente aperta in modo da consentire le variazioni in itinere, che riguardano piuttosto l’asse paradigmatico (estensione e classificazione dei contenuti) che quello sintagmatico (il procedimento o la successione delle fasi).
Nelle due tavole sottostanti si mettono in rapporto le fasi del percorso, le funzioni (prevalenti, non esclusive), le componenti linguistico-comunicativ
e del QCER.
Le tappe del percorso sono individuate e presentate separatamente per motivi organizzativi, mentre nella pratica bisogna evitare discontinuità ed interruzioni (non si deve soprattutto identificare l’inizio di una fase con l’inizio di una singola ora di lezione). Le tavole presentano, inoltre, qual è la funzione principale e quale componente del modello di comunicazione linguistica è prevalentemente sviluppata
.

 


Fase del lavoro

Funzione

Componente trattata

Fase iniziale

Comprensione di testi

Attività linguistiche ricettive (ascolto/lettura)

Fase centrale

Lavoro sulla lingua come sistema

Competenze di comunicazione linguistica

Fase finale

Produzione linguistica

Abilità produttive (parlato/scrittura/interazione)


Tavola 1: Struttura ottimale dell’unità didattica nel contesto del modulo
 


Fase del lavoro

Funzione

Componente trattata

Fase introduttiva

Creare la motivazione; annunciare gli obiettivi ed i contenuti

Capacità di imparare;

competenze generali

Fase centrale

Serie di UD con la struttura presentata nella tavola precedente

Fase conclusiva

Controllo dei risultati del lavoro;

Uso autonomo della lingua

Attività linguistiche;

Competenza funzionale;

Competenze generali (socioculturale, capacità di apprendere)


Tavola 2: Struttura ottimale del modulo

 

5. CONCLUSIONI

In questo articolo abbiamo analizzato la dinamica dell'UD mettendo in rapporto la sua struttura interna e le proposizioni del documento che da diversi anni funge (e con tutta probabilità lo farà anche nel prossimo futuro) da punto di partenza nell'elaborare il materiale didattico: il QCER.
Da un lato,
il modello dell'Unità Didattica [e sempre più anche quello del modulo] è generalmente utilizzato da tutti i libri di testo moderni per l'insegnamento delle lingue straniere (Balboni 2002: 104), dall'altro, sono sempre più numerosi i manuali, per tante lingue europee, che si riferiscono in modo esplicito o implicito al QCER.
Ammesso che si improvvisa meglio quando si conosce bene la struttura, risulta evidente l'utilità che l'insegnante trova nell'impadronirsi del quadro teorico dell'UD e del modulo. Ci
ò gli consente di muoversi nel suo interno in conformità alle proprie esigenze o, in altre parole, di adattare l'uso del materiale didattico alla situazione concreta nella sua classe, nonchè di crearsi il proprio materiale strutturato.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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BALBONI P. E., 2002, Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, UTET, Torino.

 

Consiglio d'Europa, Modern Languages Division, 2002, Quadro comune europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione. Milano, R.C.S. Scuola/Firenze, La Nuova Italia-Oxford.

 

COURTILLON J., 1995, “L’unité didactique”, in Le français dans le monde. Recherche et application. Méthodes et méthodologies, Edicef, Paris.

 

COURTILLON J. , 2003, Elaborer un cours de FLE, Hachette, Paris.

 

FREDDI G. , 1994, Glottodidattica. Fondamenti, metodi, tecniche, UTET, Torino.

 

MEZZADRI M., 2004, Il Quadro comune europeo a disposizione della classe. Un percorso verso l'eccellenza, Guerra, PerugiaWelland Ontario.

 

PORCELLI, G., 1994, Principi di glottodidattica, La Scuola, Brescia.

 

VEDOVELLI, M., 2002, Guida all'italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue, Carocci, Roma.

 

 

 

1 In questo modo lo studente mette in atto la dimensione cognitiva, affettiva e psicomotoria, dunque la propria personalità nel complesso, impegnandosi in modo consapevole e acquisendo capacità di organizzare il proprio lavoro in autonomia.

2 Se in questa fase si applica generalmente la sequenza: de­con­te­stu­a­li­zzazionecon­cet­tu­a­li­zzazionericontestualizzazione, allora esiste un segmento del contenuto linguistico-comunicativo che va trattato secondo un procedimento stabilito. In questo senso si può parlare di un modello operativo gerarchicamente inferiore all’UD, chiamato da Balboni unità d’apprendimento (secondo noi riguarda le competenze e non le attività linguistiche).  

 

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