Settembre 2006  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Lo sviluppo delle mappe concettuali e l’architettura della memoria di Mario Cardona


 

L’intelligence [...] organise le monde en s’organisant elle-même
(Piaget)

 

 

1. LE MAPPE CONCETTUALI

 

Le mappe concettuali sono strumenti finalizzati alla rappresentazione delle conoscenze. Esse descrivono graficamente l’organizzazione gerarchica tra concetti collegati fra loro da connessioni, da etichette che ne esplicitano i rapporti di significato. Tali rapporti possono essere di natura logica o argomentativa, causale o cronologica, ecc. (Emiliani 1997). La loro struttura gerarchica prevede la distribuzione dei concetti in una configurazione ad albero con al vertice i concetti più generali, che includono concetti più specifici man mano che si scorre la struttura verso il basso (fig. 1).

 

 

Fig. 1: Esempio di mappa concettuale riferita all’apprendimento significativo e alle conseguenze sul ricordo.

[Adattata da Novak 2001: p. 81]

 

Le mappe concettuali furono proposte come strumento didattico da Novak e Gowin negli anni ottanta, sulla base della teorie dell’apprendimento significativo di Ausubel (1968) e del rinnovato interesse per i processi dell’apprendimento suscitato dall’affermarsi delle teorie cognitiviste. Esse sono ampiamente utilizzate sia in ambito aziendale e della formazione, sia nell’ambito della didattica. Si sono rivelate, inoltre, strumenti molto utili per l’apprendimento collaborativo; in classe possono essere costruite da gruppi di studenti, svolgendo una funzione socializzante e di condivisione dei significati (Novak, Gowin 1984). Con il supporto delle tecnologie informatiche, le mappe concettuali sono divenute uno strumento dinamico in grado di sfruttare al massimo le potenzialità interattive del computer; possono, infatti, facilitare l’apprendimento collaborativo sfruttando le risorse della rete, come, ad esempio, la posta elettronica.1. Lo sviluppo delle tecnologie informatiche consente oggi, grazie ai più recenti prodotti di terza generazione di formazione a distanza (FAD) di elaborare progetti di istruzione in ambiente ipermediale attraverso reti di collaborazione via Internet. In questo nuovo contesto educativo le mappe concettuali possono risultare uno strumento duttile e prezioso sia per la programmazione e valutazione dei percorsi didattici, sia per pianificare la ricerca autonoma di informazioni in rete.

Lo sviluppo del E-learning pone come presupposto la ridefinizione dei ruoli tradizionali tra il docente, che diviene tutor e facilitatore, e il discente che deve divenire autonomo, deve saper programmare e gestire la propria esperienza di apprendimento e di auto-apprendimento e deve saper valutare le proprie strategie cognitive attraverso la riflessione metacognitiva. Le mappe concettuali sono tra gli strumenti che si rivelano maggiormente efficaci per sviluppare tali caratteristiche. Inoltre, le modalità di rappresentazione delle conoscenze attraverso di esse sembrano compatibili con i processi di organizzazione e conservazione delle informazioni nella mente umana.

Apprendimento e memoria sono processi che tendono inevitabilmente ad intrecciarsi, al punto da divenire processi che si richiamano l’un l’altro costantemente. Spesso, dunque, parlare dell’uno significa necessariamente riferirsi anche all’altro. In genere si tende a concepire l’apprendimento più legato alle modalità di acquisizione dell’informazione, mentre la memoria riguarderebbe più i processi di immagazzinamento e di recupero dell’appreso. Di fatto è una distinzione molto sfumata, se si considera, sulla base delle teorie cognitiviste e costruttiviste, che apprendere significa confrontare le nuove informazioni con quanto è già patrimonio della nostra conoscenza del mondo ed integrarle in esso modificandolo. In sostanza non può esservi apprendimento senza memoria. Prendendo in considerazione le mappe concettuali come strumento di apprendimento viene dunque spontaneo chiedersi se il loro utilizzo in ambito didattico ed educativo, oltre a costituire un modello di rappresentazione della conoscenza, favorisce anche i processi di elaborazione e immagazzinamento dell’informazione nella memoria a lungo termine, trasformando l’appreso in una conoscenza stabile e riutilizzabile.

In questo contributo ci siamo posti l’obiettivo di analizzare le mappe concettuali in funzione dell’organizzazione e del funzionamento della memoria, al fine di evidenziare gli aspetti che ne confermino la natura “ecologica” come strumento didattico all’interno di una visione pedagogica socio-cognitiva. La prima parte del saggio è dedicata ad un breve cenno ad alcuni presupposti psico-pedagogici, mentre nella seconda parte verranno messe a confronto alcune caratteristiche della memoria umana con i criteri di utilizzo della mappe concettuali nella didattica.

 

 

2. IL CONTESTO PSICO-PEDAGOGICO

 

Il Cognitivismo

Tra gli aspetti che maggiormente caratterizzano il pensiero cognitivista vi è senza dubbio la ricerca di strumenti in grado di rappresentare le conoscenze. L’analisi delle cognizioni, intese come processi e rappresentazioni che hanno luogo nella mente, ha portato all’elaborazione di modelli di funzionamento di facoltà mentali quali i processi percettivi, di immagazzinamento e recupero dell’informazione, dell’intelligenza, dell’attenzione e del ragionamento. In questo ambito sono stati elaborati, ad esempio, i modelli di funzionamento della memoria umana.

Il cognitivismo ha rappresentato una rivoluzione copernicana rispetto alla psicologia di impostazione comportamentista. Come si può osservare nella fig. 2, il comportamentismo si basava esclusivamente su quanto era osservabile, ossia la risposta che un soggetto offre ad un determinato stimolo. I processi della mente rimanevano insondabili; contenuti nella “scatola nera” del nostro cervello, essi non erano analizzabili né costituivano argomento di seria indagine psicologica.

 

 

 

Fig. 2. Comportamentismo e cognitivismo

 

Il cognitivismo, al contrario, si è prefisso nei suoi paradigmi epistemologici di aprire la “scatola nera” e di indagare e rappresentare i processi mentali, che divengono ora gli obiettivi privilegiati dell’indagine psicologica. Alla psicologia cognitivista si riconducono diverse correnti di pensiero. Inizialmente grande influenza ebbe l’impostazione neo-funzionalista (in particolare negli Stati Uniti), che poggiava sull’equazione mente/programma, cervello/computer. In sostanza, il cervello viene paragonato al hardware ed è abitato dalla mente, ossia il software, e dalle sue funzioni. Questa equazione ha dato il via alle grandi ricerche sull’intelligenza artificiale (IA), che hanno condotto a complesse rappresentazioni delle funzioni e facoltà mentali, dalle prime rappresentazioni delle reti semantiche di Collins e Quillian degli anni sessanta, al modello della mente modulare di Fodor (1983) e ai recenti modelli connessionisti. È fuori dubbio che gli studi sui processi mentali in ambito cognitivista (human information processing) e sull’intelligenza artificiale hanno rappresentato un terreno di grande sviluppo della ricerca scientifica. Tuttavia, seppure da un versante diametralmente opposto, il neofunzionalismo cognitivista non si affrancava dall’oggettivismo e dal razionalismo che caratterizzavano i fondamenti epistemologici del neocomportamentismo di matrice skinneriana, che esso stesso si proponeva di confutare.

 

2.1 IL COSTRUTTIVISMO

 

Negli anni ottanta il costruttivismo2 socio-culturale ha rapprsentato il superamento di quella che può essere definita la prima fase cognitivista. Si realizza una svolta verso un cognitivismo “ecologico”3 che supera il mito della totale rappresentabilità della conoscenza sulla base di modelli razionali logico-deduttivi (che conducevano inevitabilmente ad un approccio eccessivamente meccanicistico), verso una concezione dell’apprendimento che pone al centro della riflessione scientifica la costruzione del significato. Tale costruzione si fonda sulle caratteristiche attive del soggetto; superato il tentativo di descrivere un modello assoluto di realtà esterna, la ricerca psicologica si concentra ora sui processi di costruzione soggettiva dei significati; la conoscenza si costruisce come risultato delle esperienze individuali e della negoziazione dei significati all’interno di un determinato contesto sociale. 4

È dunque l’esperienza soggettiva ad assumere un valore cruciale: Il costruttivismo ha come chiave epistemologica l’idea che ciò che gli individui apprendono è generato all’interno dell’esperienza stessa (Tamponi, Flamini 2000: p. 26).

La conoscenza dunque avviene attraverso un percorso di esperienze personali di apprendimento (e non un apprendimento passivo né assolutamente oggettivo) che si fondano sui processi di integrazione delle nuove conoscenze con quanto già acquisito e depositato stabilmente nella memoria a lungo termine. Inoltre, ciò che contraddistingue il costruttivismo rispetto al primo cognitivismo è soprattutto il passaggio da una visione intrasoggettiva a quella intersoggettiva. L’apprendimento dipende dell’attivazione dinamica degli schemi cognitivi del soggetto e dalle strategie di cui egli dispone, ma si realizza attraverso la negoziazione dei significati e la mediazione dell’individuo nel contesto sociale in cui agisce. L’apprendimento assume dunque tre caratteristiche fondamentali: è attivo in quanto frutto di processi dinamici e soggettivi; è collaborativo, in quanto le nuove strategie di problem solving si sviluppano grazie alla mediazione e alla negoziazione dei significati ed è situato in quanto avviene in un determinato contesto socio-culturale.

 

2.2 L’APPRENDIMENTO COME ESPERIENZA GLOBALE

 

Da queste brevi note sulle caratteristiche specifiche del pensiero cognitivo-costruttivista emerge la necessità di considerare la conoscenza non solo come il frutto di processi mentali oggettivi (come potrebbe accadere svincolando l’ hardware dal software, ossia la mente dal cervello), ma come l’esito di un’esperienza globale, che non può prescindere dagli aspetti impliciti ed emotivi, dagli atteggiamenti e dal grado di motivazione che il soggetto possiede nei confronti di una determinata esperienza di apprendimento (Cardona 2001). Se il percorso di apprendimento è un’esperienza soggettiva e globale, ciò implica che ogni individuo attiva processi e strategie personali che coinvolgono, in grado diverso, le componenti razionali ed emotive che costituiscono in modo inscindibile l’universo cognitivo di ogni essere umano (Fig. 3). Più che di intelligenza è dunque giusto parlare di intelligenze che ognuno di noi possiede in grado diverso e che rispecchiano le caratteristiche multi-percettive dell’apprendimento.5

Rispettare tutte le componenti di tale universo significa orientare la didattica verso un approccio umanistico-affettivo che deve essere tenuto in considerazione anche nelle più attuali proposte di apprendimento collaborativo in rete e nei vari possibili sviluppi dell’E-Learning.

 

 

 

Fig. 3: Cognitivismo e costruttivismo

[Adattato da A. Calvani 2000]

 

Il cognitivismo ha dunque dato vita a diversi filoni di ricerca, che vanno da un lato approfondendo la rappresentazione delle conoscenze sulla base del modello mente/computer (si vedano ad esempio gli studi sulla memoria di Schank o le rappresentazioni della memoria semantica di Quillian) e dall’altra la ricerca di un filone “ecologico” socio-cognitivo che recupera il rapporto uomo-ambiente come variabile determinante dell’apprendimento.

È possibile, tuttavia, individuare una serie di punti comuni ai vari orientamenti psico-pedagogici di matrice cogntivista:

 

  • il ruolo attivo di chi apprende;

  • l’enfasi posta sui processi e non solo sui prodotti dell’apprendimento;

  • l’importanza delle strategie didattiche in funzione dei percorsi soggettivi ed autonomi di apprendimento;

  • l’apprendimento inteso come esperienza globale razionale/emotiva;

  • la riflessione sulle strategie per rendere esplicite le proprie esperienze cognitive;

  • il valore della scoperta come momento di crescita del sé e della propria autonomia;

  • l’importanza dell’organizzazione consapevole di quanto si apprende integrandolo con le conoscenze già acquisite.

  • l’apprendimento inteso come processo costruttivo

 

Come vedremo le mappe concettuali rappresentano, in quest’ottica, uno strumento privilegiato, in quanto perfettamente adeguato allo sviluppo di tutti questi punti.

 

2.3 LA METACONOSCENZA

 

Il termine metacognizione si riferisce alla conoscenza che il soggetto possiede sulla natura di un determinato processo e sulla maniera specifica in cui egli lo compie. […] Tutte le volte che stiamo usando un determinato processo cognitivo stiamo facendo cognizione e tutte le volte che abbiamo consapevolezza su di esso stiamo facendo metacognizione (Cornoldi 1986: p. 94)

Abbiamo osservato che ogni soggetto possiede un diverso stile di apprendimento che corrisponde alle proprie caratteristiche individuali. Conseguentemente, le strategie adottate variano in base alle caratteristiche del suo pensiero, al tipo di compito che egli deve affrontare e alle abilità alle quali ricorre per raggiungere tale obiettivo. Spesso, il ricorso a determinate strategie avviene in modo del tutto inconsapevole; tuttavia, la riflessione che conduce alla consapevolezza e al controllo dei propri processi cognitivi può essere di grande aiuto nella pianificazione delle proprie attività, nella valutazione del grado di difficoltà del compito da affrontare e nel ricorrere in modo consapevole alle proprie risorse cognitive.

L’utilizzo delle mappe concettuali può essere molto utile per la riflessione metacognitiva. Rappresentare il sapere significa infatti, necessariamente, riflettere sui processi utilizzati per pervenire a tale rappresentazione; si tratta dunque di una riflessione metacognitiva che consente di acquisire consapevolezza nell’uso di una determinata strategia e di conseguenza poterla riutilizzare in modo creativo e autonomo. L’utilizzo delle mappe concettuali favorisce la trasformazione di informazioni implicite in conoscenze esplicite; visualizzando i rapporti gerarchici tra i concetti si perviene, infatti, alla ridescrizione rappresentazionale (Cardaci 2000) che è alla base del processo matetico di imparare ad imparare, concetto fondante degli attuali orientamenti pedagogici, che consente a chi apprende di farsi carico della propria personale costruzione di significato (Novak 2001: p. 20).

 

 

 

 

Fig. 4: Mappe concettuali e metacognizione

[Fonte: Valentini 2002]

 

2.4 L’APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO

 

L’apprendimento significativo è alla base dell’integrazione costruttiva di pensieri, sentimenti e azioni, e induce al empowerment finalizzato all’impegno e alla responsabilità (Novak 2001: p. 26).

 

Abbiamo osservato come per il cognitivismo l’apprendimento si realizzi attraverso l’integrazione di nuove conoscenze con quelle già in possesso di chi apprende. Questo processo è alla base dell’apprendimento significativo (Ausubel 1968) e costituisce una delle più importanti implicazioni teoriche avanzate da Novak per avvalorare l’utilizzo delle mappe concettuali nella didattica.

L’apprendimento significativo si colloca all’estremo di un continuum (fig. 5) che vede al polo opposto l’apprendimento meccanico, che ha luogo quando l’apprendente non è in grado di integrare le nuove informazioni nella memoria semantica, o perché il nuovo input non è sufficientemente rilevante e significativo, oppure perché non può essere messo in relazione con le conoscenze e gli script già presenti nella memoria semantica.6

È importante notare lo stretto rapporto esistente tra le strategie didattiche adottate e i processi di apprendimento cha coinvolgono lo studente (Novak, Gowin 1995). Vi sono strategie didattiche che possono condurre lo studente ad un apprendimento ricettivo, come prodotto di una applicazione di informazioni fornite dall’insegnante e strategie didattiche, come le mappe concettuali, che favoriscono l’apprendimento significativo in quanto conducono ad un apprendimento per scoperta, che può essere inizialmente guidata, fino a pervenire alla scoperta autonoma da parte dello studente, il quale possiede gli strumenti cognitivi e metacognitivi che gli consentono di organizzare e selezionare le informazioni rilevanti da quelle che non lo sono.

 

 

 

Fig. 5. Apprendimento meccanico e apprendimento significativo

[adattato da Novak 2001]

 

 

3. L’architettura della memoria

 

Il modello di funzionamento della memoria che si è maggiormente diffuso in ambito cognitivista, al punto da divenire un punto di partenza classico nella ormai vastissima letteratura sull’argomento, descrive la memoria umana come una facoltà complessa ed articolata; la memoria non è un contenitore in cui si accumulano le informazioni, ma è una facoltà dinamica che coinvolge diverse aree cerebrali e struttura i concetti e le conoscenze in base ad un’organizzazione funzionale al loro recupero. Tale modello di organizzazione prevede innanzitutto la distinzione tra una memoria sensoriale che trattiene l’informazione nelle modalità fisiche in cui essa si presenta ai registri sensoriali; una memoria a breve termine (capacità e durata limitate, circa 30 secondi) che grazie ai processi dell’attenzione elabora l’informazione attraverso una codifica principalmente fonologica e di carattere lessicale ed una memoria a lungo termine, di durata e capienza potenzialmente illimitata, che trattiene ed organizza il ricordo in modo stabile, elaborando l’informazione principalmente a livello profondo, ossia semantico.

Appare evidente che sotto il profilo pedagogico l’obiettivo da raggiungere consiste nell’individuare le migliori strategie didattiche affinché lo studente possa attivare i processi cognitivi che favoriscano la trasformazione dell’input in una traccia stabile nella memoria semantica a lungo termine.

 

3.1 LA PROFONDITÀ DI CODIFICA E L’APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO

 

Ora, gli ideatori di tale modello di memoria, definito modale, (Atkinson, Shiffrin 1968) supponevano che l’informazione elaborata temporaneamente dalla memoria a breve termine venisse trasferita attraverso la ripetizione (il rehearsal) nella memoria a lungo termine. Sostanzialmente più l’input permane nella memoria a breve termine attraverso la ripetizione, maggiori sarebbero le garanzie di un suo trasferimento nella memoria a lungo termine. Di fatto, che la ripetizione svolga un ruolo importante nella memorizzazione è indubitabile, tuttavia la sua importanza varia dal tipo di apprendimento e dagli obiettivi che ci si pone. La sola ripetizione, infatti, non può garantire il trasferimento dell’informazione dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine; essa non conduce automaticamente alla costruzione di un ricordo stabile nel tempo se non interviene un’elaborazione più profonda.7 D’altra parte, se si supponesse che la sola ripetizione di un certo materiale fosse sufficiente a creare un ricordo stabile si ricadrebbe facilmente in una visione meccanicistica dell’apprendimento pericolosamente incline alle teorie comportamentiste.

Craick e Lockart (1972) hanno proposto un modello funzionale, basato sull’ipotesi della profondità di codifica. In questa nuova prospettiva, l’elaborazione dell’informazione procede lungo un continuum secondo un percorso che procede dai livelli più superficiali di codifica, (i tratti sensoriali e fisici) fino a pervenire ad una elaborazione profonda dell’input a livello semantico. La variabile dunque non è più solo il tempo di ripetizione, ma diviene un fattore centrale la profondità di codifica, ossia il livello semantico e dunque significativo dell’elaborazione.

È evidente come il modello di Craick e Lockart presenti forti punti di coerenza con le teorie dell’apprendimento significativo proposte da Ausubel e assunte a presupposto da Novak per l’uso delle mappe concettuali. Esse consentono, infatti, un tipo di elaborazione significativa; basandosi nella rappresentazione esplicita dei rapporti fra i concetti, esse favoriscono un’elaborazione profonda, a livello delle associazioni semantiche, del materiale da apprendere.

Craick e Lockart propongono, inoltre, un’ulteriore distinzione tra un ripasso di mantenimento e un ripasso di elaborazione per quanto riguarda la conservazione dell’informazione.

Il primo consente una permanenza limitata dell’informazione nella memoria, mentre il secondo permette l’accesso a livelli di elaborazione profonda.

Mentre il ripasso di mantenimento ha solo la funzione di attivare una rappresentazione già esistente in memoria, il ripasso elaborativo presiede alla riorganizzazione del sapere (Cardona 2001). L’uso delle mappe concettuali per descrivere quanto già appreso prima di integrare un nuovo input consente di fatto un ripasso di tipo elaborativo e presenta le caratteristiche che presiedono all’apprendimento, alla riorganizzazione delle conoscenze e non solo alla conservazione dell’informazione. Ritroviamo lo stesso concetto in Novak, quando si riferisce all’apprendimento meccanico e a quello significativo: l’apprendimento meccanico si rivela vantaggioso solo per ristudiare esattamente lo stesso argomento, mentre l’apprendimento significativo facilita anche l’apprendimento di nuove informazioni (2001: p. 82).

 

3.2 ORGANIZZAZIONE DELLA MEMORIA SEMANTICA

 

Nella memoria a lungo termine è custodita la nostra conoscenza del mondo; si tratta di un livello di conoscenza più astratta, semantica. È, in sostanza, la memoria nella quale sono depositati e organizzati i concetti che presiedono al nostro sapere. La psicologia cognitiva ha descritto vari possibili modelli di organizzazione della memoria semantica, partendo dal presupposto che tale organizzazione deve essere funzionale al recupero rapido delle informazioni necessarie all’interazione dell’uomo con il mondo. Come vengono organizzati i concetti nella memoria semantica? Le modalità di rappresentazione delle conoscenze attraverso le mappe concettuali corrispondono all’organizzazione dei concetti nella memoria? Possono dunque costituire un valido strumento per una didattica “ecologica”? Nel prossimo paragrafo cercheremo di rispondere a questi quesiti.

 

3.3 LE MAPPE CONCETTUALI E LA DIFFUSIONE DELL’ATTIVAZIONE NELLE RETI SEMANTICHE

 

Uno dei modi di rappresentare l’organizzazione dei concetti nella memoria a lungo termine è attraverso i modelli di reti semantiche. Si tratta di reti di nodi concettuali legati fra di loro in base ai tratti semantici che li contraddistinguono. Essi si organizzano sulla base di categorie sovraordinate che includono concetti sottoordinati in base ad un principio di categorizzazione che consenta il recupero dell’informazione sulla base di un principio di economia cognitiva.

I primi modelli di reti semantiche risalgono, come abbiamo osservato in precedenza, agli anni sessanta. Si trattava, in realtà, di reti semantiche impostate su associazioni logico-gerarchiche piuttosto rigide. Il processo di rappresentazione seguiva infatti un percorso univoco e obbligato in base ad una distanza predefinita tra i nodi concettuali e non rispondeva agli aspetti soggettivi ed empirici dell’esperienza. In base a queste osservazioni Collins e Loftus (1975) elaborarono un modello di memoria semantica basato su un’organizzazione più flessibile, in base alla teoria della propagazione dell’attivazione (spread activation).

In presenza di uno stimolo si attiva la carica elettrica di determinate cellule cerebrali (i neuroni) che corrispondono ad un determinato nodo concettuale. Un neurone, attraverso le sinapsi, trasmette l’impulso elettrico ai neuroni adiacenti, attivandoli a loro volta. Secondo Collins e Loftus, i nodi disterebbero l’uno dall’altro in modo variabile in base al grado di somiglianza semantica tra i concetti; tanto più quest’ultima è forte, minore è la distanza e il tempo di attivazione e maggiori sono le connessioni che li uniscono, mentre la propagazione diminuisce d’intensità in funzione del tempo intercorso dallo stimolo iniziale.

Il tempo di attivazione tra un nodo ed un altro è in funzione dell’accessibilità: tanto più un concetto sarà accessibile ad un altro tanto più sarà adiacente all’area di attivazione e di conseguenza minore sarà il tempo di percorrenza (Job 1979).

La teoria della propagazione dell’attivazione implica, dunque, la possibilità di strutturare la conoscenza in base a diverse associazioni possibili, le quali consentono di attivare diversi percorsi nella rete semantica (fig. 6).

La relazione tra i nodi non è quindi fissata sulla base di un’organizzazione gerarchica predeterminata, ma varia sulla base della prossimità e della somiglianza semantica fra i nodi, i quali si organizzano in base ai diversi tipi di relazione; di conseguenza l’attivazione può avvenire a diversi gradi e provenire da nodi diversi.

 

 

 

 

Fig. 6: Un esempio di rete semantica

[adattato da Collins e Loftus 1975]

 

La rappresentazione grafica delle conoscenze attraverso la creazione delle mappe concettuali rende esplicita l’organizzazione della conoscenza. Tale consapevolezza, come abbiamo avuto modo di osservare in questo contributo, è frutto della riflessione metacognitiva e della scoperta dei possibili rapporti tra i concetti. In questo modo la creazione di una mappa concettuale diviene un’esperienza soggettiva che favorisce la creazione di forti connessioni tra i nodi concettuali, modificando all’interno delle reti semantiche la distanza fra di loro e facilitandone l’attivazione nel momento del recupero.

 

3.4 MAPPE CONCETTUALI E SCRIPT

 

L’apprendimento significativo attraverso l’uso delle mappe consente di integrare le nuove informazioni negli schemi o script in cui si organizza la conoscenza del mondo. Gli script sono strutture astratte e flessibili, dei knowledge packet (Schank 1982) che si attivano nell’interazione con il mondo esterno. Ogniqualvolta si presenta un nuovo input, esso viene messo a confronto con gli script che il soggetto possiede sul contesto e su quella determinata situazione. Tuttavia, la memoria è un sistema dinamico, che integra e organizza il nuovo input attraverso un processo che Rumelhart e Norman, (1978) definiscono di accrescimento, creazione e aggiustamento attraverso il quale si modificano gli schemi esistenti o ne vengono creati di nuovi, in un continuo processo che si accorda con i concetti di assimilazione e accomodamento teorizzati da Piaget. Tale processo avviene nella costante ricerca di significatività sulla base dell’esperienza. La costruzione di mappe concettuali, in quanto esperienza di apprendimento e di sistematizzazione di quanto già acquisito, facilitano il processo di integrazione delle informazioni. Così come gli schemi o script sono il prodotto dell’attività costruttiva del soggetto (Cornoldi 1978), le mappe concettuali sono il frutto della riflessione metacognitiva su tale prodotto. In quest’ottica esse sono dunque funzionali sia ai processi di apprendimento sia ai processi di immagazzinamento e di recupero dell’informazione.

Possiamo dunque concludere che le mappe concettuali sono funzionali ad alcune delle principali caratteristiche della memoria e che il loro utilizzo come strumento didattico può favorire la formazione di un ricordo stabile facilmente recuperabile dallo studente, in quanto frutto di un’attività di scoperta e riflessione.

 

 

BIBLIO-SITOGRAFIA

 

Esiste una bibliografia molto vasta sulle mappe concettuali. Anche in rete è possibile reperire molti documenti. Presentiamo una breve sitografia essenziale dove è possibile reperire materiale ed ulteriori indicazioni bibliografiche.

 

SITOGRAFIA

 

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Varisco B. M., Grion V., 2000, Apprendimento e tecnologie nella scuola di base, Torino, UTET, Libreria.

1 Esistono diversi software per costruire mappe concettuali che possono essere scaricati da siti web, come C-map Tools, (http://cmap.coginst.uwf.edu/index.html), Inspiration e Kidspiration, per bambini, (http://www.inspiration.com), Personal Brain, (http://www.thebrain.com). Per esaminare i vari programmi ed avere una panoramica dell’offerta in rete è molto utile consultare la metamappa elaborata da Marco Guastavigna, reperibile sul sito http://public-cmaps.coginst.uwf.edu/cmaps/Mappe-concettuali-nella-didattica/Metamappa2.html

2 Anche il costruttivismo ha dato vita a diverse correnti di pensiero al suo interno, che vanno dal costruttivismo radicale di von Glasersfeld al costruttivismo moderato di David Merrill, dal costruttivismo interazionista che si basa sulle teorie di Piaget e Ausubel, al costruttivismo sociale cha pone maggior enfasi allo stretto rapporto tra apprendimento e contesti sociali. In questa sede ci limitiamo a tracciarne solo i tratti essenziali. Per una panoramica sui diversi orientamenti si veda Varisco, 2002).

3 Da questa definizione traspare l’importanza che rivestono ora gli aspetti biologici e socio-culturali, in base ai quali ed all’interno dei quali, agisce l’individuo. Rispetto al primo cognitivismo assume importanza il contesto in cui si ancora e si situa la ri-costruzione dei significati che il soggetto elabora nella sua mente.

4 La concezione costruttivista di una conoscenza ri-strutturata sulla base dei processi attivi dell’individuo e nel suo interagire nel contesto socio-culturale fonda le sue radici, a diverso titolo, nell’attivismo di Dewey, così come nei principi di assimilazione e adattamento di Piaget e nel pensiero della scuola storico-culturale di Viygotskij che pone l’accento sulla natura socio-culturale dell’apprendimento. Secondo il costruttivimo socio-culturale, o situazionista, è infatti l’agire sociale e collaborativo (e dunque la mediazione sociale) che consente al soggetto di pervenire al suo sviluppo potenziale, colmando la zona di sviluppo prossimale rispetto al suo livello di sviluppo attuale. Nell’economia di questo contributo ci limitiamo a questo breve cenno circa gli influssi del pensiero di questi grandi maestri sulle teorie costruttiviste. Rimandiamo alla bibliografia per ulteriori approfondimenti. Ciò che ci preme è definire un nucleo teorico fondamentale che caratterizza l’approccio cognitivista riguardo ai processi di apprendimento.

5 Come è noto, lo psicologo cognitivista Howard Gardner (1983, 1999) ha descritto otto tipi di intelligenze: Linguistica, logico-matematica, spaziale, musicale, corporeo-cinestetica, interpersonale, intrapersonale, naturalistica.

6 In glottodidattica questo principio è riconducibile alla teoria dell’input + 1 proposta all’interno delle cinque ipotesi del Natural Approach di Krashen e Terrell (1983). La lingua si apprende attraverso input purché esso sia reso comprensibile e dunque significativo; affinché ciò si verifichi esso deve essere collocato ad un livello immediatamente successivo e prossimale alle conoscenze che il discente ha già acquisito, in modo tale da essere percepito come una sfida possibile e motivante.

7 Secondo Kleinschrot (1992) dopo appena venti minuti dimentichiamo il 30-35% di un input in entrata in assenza di ulteriore elaborazione.

 

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