Novembre 2014  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Le strategie comunicative come strumento didattico per migliorare la produzione orale: studio di caso in una classe di italiano LS in Messico di Sabrina Nigra

ABSTRACT

 

Questo lavoro presenta i risultati ottenuti dalla ricerca condotta da me presso il Comitato Dante Alighieri di Guadalajara, il cui obiettivo era quello migliorare la produzione orale degli studenti. La lezione, infatti, è forse l’unico momento di contatto con la lingua straniera e la loro unica possibilità di parlare ed esprimersi in italiano in un contesto LS.

Lungo la Ricerca Azione, metodo di ricerca utilizzato nel presente lavoro, sono state utilizzate diverse strategie didattiche e comunicative: innanzitutto attività di produzione orale più vicine alla realtà dello studente e che fossero più utili e interessanti per loro; ma anche strategie comunicative che si sono rivelate particolarmente utili per aumentare il livello di sicurezza ed autonomia degli studenti e di conseguenza anche la loro produzione orale.

 

 

1. IL FOCUS DELLA RICERCA

 

L’interesse verso la produzione orale nasce per me da un problema di carattere pratico riscontrato durante le lezioni. Uno degli obiettivi principali per cui s’impara una lingua straniera è per comunicare. In un contesto LS, come quello in cui lavoro attualmente, la lezione è forse l’unico momento di contatto con la lingua straniera e l’unica possibilità di parlare ed esprimersi in italiano per gli studenti, quindi credo dovrebbe essere dato maggior spazio a questa abilità.

Il tema della produzione orale è un argomento ampiamente dibattuto e presente all’interno degli studi linguistici; la questione che ci siamo posti in questo saggio è: come migliorare la produzione orale degli studenti nella pratica quotidiana di una lezione ordinaria?

 

2. IL CONTESTO DELLA RICERCA

 

La Ricerca si è svolta presso la Società Dante Alighieri che è l’istituto più antico per l’insegnamento della lingua e della cultura italiana a Guadalajara in Messico. È stato fondato nel 1967 da un gruppo d’immigrati italiani ed è l’unico istituto a Guadalajara riconosciuto come centro certificatore del PLIDA dagli anni ‘90. A partire dal 2010 la scuola è annessa alla SEJ (Secretaria de Educación Jalisco, equivalente al Ministero della Pubblica Istruzione italiano); attraverso questa convenzione i diplomi che la scuola emette hanno validità ufficiale. Nel 2012 più di 1458 studenti hanno frequentato i corsi della Dante Alighieri e sono stati offerti più di 200 corsi[1].

I corsi che la scuola propone sono di diverso tipo: standard, laboratori tematici di teatro, cultura, scrittura, italiano aziendale, cucina, storia dell’arte e corsi per bambini.

Siccome la ricerca aveva come tema centrale come migliorare la produzione orale negli studenti ispanofoni in un contesto LS, è stato necessario presentare un breve panorama degli studenti che frequentano la scuola e quali sono i motivi che li spingono a imparare l’italiano.

I profili principali d’apprendenti del Comitato della Dante Alighieri di Guadalajara sono i seguenti:

 

  • studenti universitari o di liceo
  • giovani professionisti appassionati di cultura italiana
  • discendenti d’italiani di qualsiasi età (prima, seconda o terza generazione)
  • adulti e pensionati appassionati di cultura italiana

 

Si tratta in genere di persone di classe medio-alta e la maggior parte degli adulti hanno compiuto studi universitari.

Il motivo principale per cui le persone decidono d’iscriversi a un corso d’italiano è lo studio; molti studenti appartengono alla fascia d’età compresa tra i 20 e i 24 anni[2] e studiano l’italiano perché vorrebbero partecipare a programmi di mobilità accademica nella loro università o vorrebbero proseguire i loro studi universitari o post-laurea in Italia.

La fascia d’età in cui compaiono il maggior numero di studenti è quella tra i 25 e 34 anni, si tratta di giovani professionisti che studiano l’italiano per piacere; la maggior parte di loro impara l’italiano perché affascinati dalla cultura (arte, musica, la letteratura, l’eno-gastronomia) o perché vorrebbe fare un viaggio in Italia.

Il recupero delle proprie radici e la volontà di stare in contatto con la famiglia in Italia è la seconda motivazione per cui le persone decidono di studiare l’italiano. All’interno di questa categoria fanno parte persone di tutte le età: adolescenti, studenti universitari e adulti che per ragioni affettive decidono d’imparare la lingua.

La motivazione legata allo studio e al voler fare un viaggio in Italia è di tipo strumentale; imparare l’italiano in questo caso risponde a un bisogno comunicativo più concreto rispetto a chi invece lo impara per piacere, per cultura o per ragioni affettive. Nel primo caso lo sviluppo di una buona competenza orale mi sembra necessaria perché mirata a un soggiorno in Italia di breve/lungo periodo.

 

 

3. IL GRUPPO DI STUDENTI OGGETTO DELLA RICERCA

 

La classe su cui ho deciso di concentrare il mio lavoro si trova al secondo modulo del corso intermedio: gli studenti hanno alle spalle dieci mesi di studio della lingua italiana.  Questo corso è di tipo intensivo (cinque ore ogni sabato per un totale di otto settimane per modulo). La classe è composta di 9 studenti di cui:

 

  • 4 ragazzi dai 15 ai 18 anni che studiano italiano per piacere e per studiare una seconda lingua straniera.
  • 3 ragazze che studiano rispettivamente Design, Architettura e Scienze dell’Educazione. Due di loro studiano l’italiano perché vorrebbero entrare in un programma di mobilità internazionale per studiare in Italia. L’altra ragazza lo studia per piacere, vive a circa 200 Km di distanza e ogni sabato viene a Guadalajara a lezione.
  • 2 ragazze di 28 anni che studiano l’italiano per piacere.

 

Si tratta di una classe eterogenea per età, per motivazioni e interessi; ma non per genere, infatti, c’è un unico ragazzo all’interno della classe che ha 16 anni.

 

 

4. L’IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA

 

Per riuscire ad identificare l’area che volevo analizzare nel mio progetto sono partita da alcune domande:

 

  • Come stimolare la produzione orale in un ambiente dove è data molta importanza alla grammatica e poca alla comunicazione?
  • Dare più attenzione al lessico all'interno delle lezioni stimolerebbe la produzione orale dei miei studenti?
  • Come possono sentirsi più sicuri nel parlare e superare la loro timidezza?
  • Che cosa posso fare io, come insegnante, per stimolare in loro la produzione orale e migliorarla?
  • C’è differenza tra le attività che penso di fare per aiutarli e come effettivamente le faccio? C’è differenza tra quello che dico di fare e quello che faccio nella mia classe?
  • L’input che ricevono è sufficiente? Forse parlo troppo?
  • Come sviluppare tecniche e strategie per migliorare la competenza orale?

 

 

5. LA PIANIFICAZIONE E LE FASI DELLA RICERCA

 

Dopo aver riflettuto ampliamente sul tema su cui avrei voluto lavorare, ho cominciato a pensare a come volevo pianificare la mia ricerca: quali strumenti volevo usare, quali sarebbero stati gli attori coinvolti, i tempi, le azioni e le strategie da usare per raggiungere l’obiettivo.

La ricerca ha assunto la struttura che è riassunta qui di seguito:

 

1. Ricognizione                                        DURATA: 6 settimane

2. 1ª  Azione composta da 2 fasi               DURATA: 2 settimane

3. 2ª  Azione composta da 2 fasi               DURATA: 4 settimane

4. 3ª  Azione composta da 3 fasi               DURATA: 4 settimane

 

 

6. GLI STRUMENTI

 

Qui di seguito sono elencati gli strumenti usati durante il percorso di ricerca:

 

  1. Colloquio chiarificatore con le colleghe-osservatrici per vedere eventuali interrogativi non ancora emersi nelle mie riflessioni. Questo strumento è stato usato sia nella fase di ricognizione che in alcune fasi successive della ricerca per aver un punto di vista meno personale rispetto l’argomento.
  2. Questionario semi-aperto rivolto agli studenti per farli riflettere sulle motivazioni per cui imparano italiano, sulla loro competenza orale e sulla metodologia usata dall’insegnante per stimolarla. Il questionario. Il questionario, impostato nella lingua madre degli studenti affinché capissero i quesiti e potessero rispondere in modo adeguato, è stato usato nella fase di ricognizione.
  3. Questionario semi-strutturato inoltrato a colleghi per conoscere gli approcci da loro usati per stimolare la competenza orale dei loro studenti. Questo strumento è stato usato nella fase di ricognizione e ho riscontrato da parte degli altri insegnanti poco interesse e preoccupazione verso la produzione orale dei loro studenti.
  4. Schede di feedback fatte compilare agli studenti lezione per lezione per cogliere le loro impressioni sulle attività di produzione orale svolte. Questo strumento si è rivelato molto utile per operare eventuali cambiamenti all’interno della programmazione o delle singole attività in base.
  5. Questionario metacognitivo volto a generare consapevolezza negli allievi sulle strategie messe in atto quando parlano o conversano in italiano.
  6. Questionario finale semi-strutturato rivolto agli studenti per conoscere le loro impressioni generali sul corso che avevano frequentato e sulle attività di produzione orale svolte.
  7. Registrazioni audio di alcune produzioni orali in classe degli studenti fatte dall’osservatore o dall’insegnante. Le registrazioni sono servite per vedere l’evoluzione degli studenti nelle diverse fasi della ricerca.
  8. Trascrizione delle interazioni orali significative per vedere gli eventuali miglioramenti degli studenti nelle loro produzioni orali lungo le fasi della ricerca.
  9. Griglie di correzione e di auto-correzione per gli studenti e per l’insegnante in modo che entrambi potessero ottenere un’osservazione analitica della competenza orale e degli aspetti a essa legati come la correzione degli errori e lo sviluppo del lessico.  Con queste schede non sono stati monitorati solo gli errori più importanti e la tipologia dell’errore, ma anche gli eventuali miglioramenti che sono avvenuti nelle loro produzioni orali durante il corso.
  1. Registrazioni audio di alcune lezioni fatte dall’osservatore o dall’insegnante. Le registrazioni audio sono servite per osservare alcuni aspetti delle lezioni e dell’insegnante che avrebbero potuto influenzare la produzione orale degli studenti come ad esempio la quantità di parlato del docente.
  2. Schede d’osservazione, di auto-osservazione e checklists da usare nelle diverse fasi della ricerca. Ho creato le stesse schede e le stesse liste di domande per l’insegnante-ricercatore e per le due colleghe insegnanti per triangolare i dati e vedere le diverse percezioni su uno stesso argomento.
  3. Fotografie per vedere la disposizione degli studenti e dell’insegnante all’interno della classe, l’atteggiamento dell’insegnante durante la lezione e le attività orali.
  4. Il diario dell’insegnante; è stato lo strumento in cui l’insegnante ha annotato le proprie osservazioni durante le diverse fasi del progetto di ricerca e gli eventuali cambiamenti da apportare alla ricerca. La lettura del diario nella fase di valutazione è stato uno strumento utile per cogliere i cambiamenti avvenuti lungo il percorso. Questo strumento, come il self-report è molto soggettivo e deve essere integrato con altri strumenti.
  5. Note di campo durante la lezione; si tratta di uno strumento d’osservazione flessibile per annotare quello che succede con commenti, da analizzare in un secondo momento.

 

 

7. MODALITÀ DI ANALISI DEI DATI RACCOLTI

 

Gli strumenti scelti per la ricerca sono stati sia qualitativi sia quantitativi: per esempio nei questionari a domanda chiusa i dati ottenuti sono quantitativi, come anche i dati ricavati dalle schede e dalle liste create per l’insegnante e l’osservatore, ma vi sono anche dati qualitativi come le risposte aperte negli stessi questionari, nelle schede, liste d’osservazione e nel diario.

I dati quantitativi sono stati inizialmente organizzati e letti in tabelle con voci presenti in questi strumenti e in un secondo momento sono stati interpretati qualitativamente insieme agli altri dati raccolti.

Anche in questa fase la soggettività dell’insegnante che interpreta i dati è stata mitigata dalla triangolazione con le due osservatrici e con la tutor.

 

 

8. GLI ATTORI COINVOLTI NEL PROGETTO DI RICERCA

 

Gli attori coinvolti nel progetto di ricerca sono stati:

 

a)   Gli studenti

b)   Due colleghe osservatrici

c)    I colleghi

d)   La tutor

e)   L’insegnante-ricercatore

 

Ho parlato del mio progetto di ricerca con il gruppo di studenti che avevo scelto e si sono dimostrati interessati al riguardo. Sono stati i principali attori della mia ricerca, senza di loro questo progetto non si sarebbe potuto realizzare.

Le colleghe osservatrici mi hanno dato la loro disponibilità a osservare alcune lezioni. Il loro intervento ha permesso di ottenere un quadro più ricco e una pluralità d’opinione utile all’interpretazione dei dati nel modo più realistico possibile. Si sono dimostrate interessate al progetto perché hanno creduto potesse essere molto utile anche per loro.

I colleghi in generale, anche se non hanno partecipato attivamente al progetto, se non nella fase di ricognizione, si sono dimostrati aperti a esprimere le loro opinioni.

La tutor Marilena si è messa fin dall’inizio a mia disposizione per qualsiasi tipo di problema, perplessità o dubbio nel proseguire con la mia ricerca.

Infine l’insegnante-ricercatore che sono io, sperava innanzitutto di stimolare la produzione orale dei suoi studenti, dare loro strategie e tecniche per continuare a migliorare nei moduli successivi; e inoltre elaborare una metodologia che li avrebbe potuti aiutare a risolvere eventuali problemi futuri.

 

 

9. LE ATTIVITÀ DI PRODUZIONE ORALE PROPOSTE AGLI STUDENTI NELLA RICERCA

 

Esistono diverse tipologie di attività per lo sviluppo della produzione orale, quelli che ho scelto per i miei studenti in questo lavoro sono due: il role-play e il monologo.

Il role-play è un’interazione in cui i partecipanti condividono il contesto dell’evento, assumono dei ruoli, pur avendo la libertà di realizzare l’interazione per perseguire i loro obiettivi con l’uso di proprie strategie.

Lo studente può reagire in due modi differenti di fronte all’improvvisazione che è intrinseca a questo tipo d’attività: in modo motivante e creativo o con uno stato d’ansia.

Nel monologo invece lo studente espone un discorso senza interruzioni; si allena quindi a costruire e formulare lunghi enunciati.

Un aspetto importante da considerare nella scelta di un’attività di produzione orale è quello del graduare la difficoltà dei compiti e delle attività orali, per questo nel feedback degli studenti per ogni lezione è stata inserita una domanda per verificare l’adeguatezza delle attività proposte. Secondo quanto dice anche Krashen (1988) e la sua ipotesi dell’input (i + 1) lo studente acquisisce quando il contenuto è leggermente al di sopra delle proprie conoscenze.

Ho cercato di tener presente queste caratteristiche: le attività sono state più facili all’inizio del corso e più complesse alla fine. Le schede di correzione e autocorrezione che gli studenti hanno usato a lezione sono state un ottimo strumento di feedback.

Quali sono le caratteristiche che deve avere una buona attività di produzione orale?

Fondamentalmente un’attività orale deve essere significativa e rispettare i seguenti punti (Brighetti, Minuz 2008: 118) :

 

a)   Parlare di temi il più possibile vicini al discente 

b)   Essere aperte in modo che il discente possa pensare e introdurre temi nuovi

c)    Dare un feedback

d)   Dosare la difficoltà progressivamente.

e)   Aver presente lo sfasamento tra i mezzi di cui dispone il discente per esprimersi e quello che vuole realmente dire (Questo sfasamento può essere colmato con l´uso di strategie comunicative.)

 

 

10. LE PROBLEMATICHE DELLA RICERCA

 

Durante la ricerca ho dovuto affrontare diversi problemi, nei paragrafi successivi descriverò i due più significativi: il primo riguardante i miei studenti e il secondo riguardante l’insegnante.

 

 

10.1. LE CREDENZE DEGLI STUDENTI

 

Uno dei problemi principali che ho dovuto affrontare è stata la credenza quasi inamovibile all’inizio da parte dei miei studenti sul fatto che sia necessario avere una conoscenza perfetta delle regole grammaticali per parlare bene in italiano. Gli studenti non si rendevano conto all’inizio, che esistono altri elementi importanti nell’oralità come ad esempio la pragmatica.

Affinché gli studenti diventino consapevoli di quanto detto in precedenza, l’insegnante deve considerare l’aula come uno spazio d’interazione sociale reale, questo può essere ottenuto inizialmente con la ripetizione di strutture comunicative, ma anche attraverso l’ascolto di dialoghi autentici e la loro analisi, così l’apprendente è sollecitato a riflettere sulla ricchezza espressiva della lingua.

Inoltre quando s’insegna italiano all’estero il rischio maggiore è quello che gli studenti riproducano nella lingua straniera le modalità comunicative adottate nella propria lingua. Per evitare ciò l’insegnante deve lavorare sulla consapevolezza culturale, proponendo esempi di lingua autentica, di parlanti nativi per incentivare l’acquisizione delle modalità tipiche della comunicazione nella lingua straniera e delle sue norme pragmatiche. È quindi essenziale che gli studenti ascoltino interazioni comunicative autentiche, altrimenti c’è il rischio di riprodurre ‘‘situazioni’’ secondo schemi stereotipati sia linguisticamente che culturalmente.

D’altra parte, come leggiamo in Brighetti e Minuz (2008: 139), in molti casi gli studenti consciamente rifiutano di seguire le regole pragmatiche della lingua target per paura di perdere la propria identità culturale e si sentono molto spesso in imbarazzo a doverle riprodurre.

Quali sono le caratteristiche di una conversazione quotidiana? Quando due persone parlano, molte volte cominciano a parlare, si bloccano, cambiano tema, lo riprendono successivamente. Inoltre, anche due persone madrelingua quando parlano quotidianamente possono sbagliare e si autocorreggono; anche all’interno di una conversazione normale si fanno le cosiddette ‘correzioni conversazionali’ come sostiene Leonardi (1990:7) in Conversazione e terapia. L’intervista circolare con cui si cerca di riparare a eventuali fraintendimenti o di precisare un concetto, non si tratta di correggere errori grammaticali. Questo accade in una normale conversazione madrelingua. Perciò gli studenti devono comprendere che non è un problema se si comportano così anche nella lingua straniera perché è naturale e lo fanno anche nella loro lingua madre.

‘‘La comunicazione, insomma, non è mai fatta di scambi ‘perfetti’, quanto piuttosto di continui aggiustamenti e ripetizioni’’ (Leonardi (1990:7).

Come detto più volte in questo lavoro, le strategie comunicative sono usate dai parlanti nella L1, ma non lo sono in modo automatico quando lo studente parla in L2. Lo studente pensa di dover creare un dialogo o un monologo pressoché perfetto, secondo lo stereotipo del 'parlante nativo ideale’, perciò è necessario che gli studenti siano consapevoli delle strategie metacognitive.

Potrebbe essere un’attività utile a questo scopo fargli ascoltare (o vedere dei video) delle produzioni orali non solo in LS, ma anche in L1 in modo che osservino direttamente come parlano nella loro lingua madre.

 

 

10.2. L’INSEGNANTE PARLA TROPPO

 

Durante la ricerca sia dall’osservazione della mia collega, sia da quanto risultato dall’analisi della registrazione di una lezione risultava che parlavo per un 70% del tempo a disposizione. Decisamente troppo, tenendo conto che l’obiettivo della mia Ricerca era migliorare la competenza orale dei miei studenti.

Era emersa quindi la necessità da parte mia di cambiare il mio atteggiamento nei confronti degli studenti: dovevo lasciargli più spazio per esprimersi, dovevo diminuire il mio tempo di parola.

 

 

11. LE ATTIVITÀ SULLE STRATEGIE COMUNICATIVE

 

La prima attività metacognitiva è stata presentata agli studenti nella 1ª fase della 2ª Azione.

Ciò che ho fatto è formare due gruppi uno composto da tre persone e uno da due e li ho fatti giocare a una specie di Tabù semplificato. Avevano delle tessere e dovevano far indovinare a uno dei loro compagni di squadra la parola parafrasandola e spiegandola senza poter dire alcune parole che erano scritte sulla tessera che sono legate alla parola. Per ogni parola indovinata la squadra avanzava di un passo sul tabellone.

Gli obiettivi di questo esercizio erano molteplici. Innanzitutto si trattava di aumentare la fluidità dello studente e cercare di compensare le carenze comunicative che potrebbe avere lo studente parlando una lingua straniera (es. una parola che si vuole dire ma non si conosce ecc.); oltre ad insegnare loro che ci sono molti modi per dire una parola, non è necessario conoscere la parola esatta, perché si può parafrasare e l’interlocutore capirà lo stesso. Quest’attività serviva per sviluppare le strategie metacognitive, perché imparassero dai propri errori ed anche a sperimentare strategie che li aiutassero a migliorare nella loro competenza orale.

L’idea di questo tipo di attività è sorta dalla lettura del testo di Mariani in cui gli studenti imparano (Mariani 2011:1):

 

‘‘a non buttare la spugna’ di fronte a un problema, mettendo le persone in grado di esercitare un maggiore controllo sull’interazione, di gestire in modo efficace l’incertezza e l’ambiguità insite nei contatti interpersonali e interculturali, e di aumentare la loro personale autonomia nell’apprendimento e nell’uso delle lingue, compresa la propria lingua madre.’’

 

Credo sia necessario che all’interno della programmazione didattica venga lasciato spazio allo sviluppo e alla riflessione sulla competenza strategica da usare nelle diverse abilità e specificatamente per la produzione orale.

Naturalmente l’approccio didattico verso quest’argomento deve essere di tipo descrittivo e non prescrittivo. L’insegnante deve sempre tener presente che gli studenti non hanno sempre gli stessi stili d’apprendimento e quindi non tutti useranno le stesse strategie comunicative.

In seguito ho nuovamente proposto un’attività di tipo ludico sulle strategie comunicative, una specie di Pictionary modificato in cui gli studenti dovevano disegnare o mimare parole e farle indovinare ai loro compagni di squadra per avanzare sul tabellone. Ho deciso di fare quest’attività per sviluppare le loro strategie extralinguistiche, affinché fossero consapevoli che le conversazioni sono composte anche da elementi extralinguistici come diceva la scheda sulla metacognizione e su modello di alcuni esercizi proposti da Mariani (2012: 103-109).

L’attività ludica ‘Tabù’ usata nella lezione precedente serviva per lavorare sulle strategie per esprimere concetti o parole usando la perifrasi. Invece l’attività ludica ‘Pictonary’ basata su Mariani (2012: 105-196) usata in questa lezione serviva per lavorare sulla mimica per comunicare significati.

Nella seconda fase della 3ª Azione, oltre ad essere proposta un'altra un’attività orale agli studenti, è stato fatto completare agli studenti in classe un questionario sulle strategie metacognitive.

Con il questionario metacognitivo si è cercato di far riflettere gli studenti su quali strategie e strumenti linguistici usano in una conversazione.

 

 

12. I RISULTARI OTTENUTI

 

Proprio per dare la giusta importanza al lavoro svolto sulla produzione orale durante questo corso ho pensato che fosse necessario includere nell’esame di lingua una parte orale in modo che vedessero i loro miglioramenti.

Ho visto con grande piacere che hanno imparato a usare le strategie comunicative, hanno capito che una conversazione naturale è fatta di autocorrezioni, di false partenze e di riformulazioni.

Si vede che gli studenti non hanno più paura di sbagliare parola e ricorreggersi, usano direttamente una perifrasi o un'altra parola che comunque spiega il concetto generale che vogliono esprimere.

Ho notato gli studenti più sciolti hanno più fluidità nel parlare. Non hanno paura di sbagliare e se sbagliano, riformulano la frase e stanno attenti a non commettere i loro errori tipici, oltre ad aver acquisito un maggior grado di accuratezza lessicale, comunicativa e morfosintattica.

Hanno acquisito un maggior grado di consapevolezza e di riflessione sulle loro produzioni orali e usano molto meno la loro lingua madre.

 

 

13. CONCLUSIONI

 

La mia ricerca aveva come obiettivo didattico quello di stimolare gli studenti a usare la lingua italiana per comunicare oralmente e, nel farlo, di migliorare la mia prassi didattica.

Dopo questo lavoro ho sicuramente imparato a riflettere sul mio modo d’insegnare, a mettermi in discussione, a monitorare il programma e ad apportarvi le modifiche necessarie al raggiungimento dell’obiettivo didattico prefissato.

Infatti, come sostengono Brighetti e Minuz (2008:133):

 

‘‘Non è sufficiente avere a disposizione ‘‘buoni’’ testi e ‘‘buone’’ tecniche per portare a buon fine l’attività didattica, è necessario riflettere anche sui vari momenti del processo insegnamento/apprendimento. È necessario cioè notare che le decisioni relative all’insegnamento e alle tecniche non possono prescindere dall’osservazione e analisi del contesto in cui il processo d’insegnamento-apprendimento avviene; delle caratteristiche dei soggetti coinvolti nel processo.’’

Facendo un confronto con le domande che mi sono posta all’inizio della ricerca in cui ho elencato alcune domande chiave per identificare qual fosse il problema da risolvere, molti aspetti sono cambiati nella mia prassi didattica quotidiana.

Mi sono resa conto che c’era differenza tra quello che dicevo di fare e quello che facevo soprattutto riguardo allo spazio lasciato agli studenti per parlare.

Questo lavoro mi ha fornito sicuramente nuovi strumenti per lavorare e per migliorare come professionista nel settore dell’insegnamento. Ho imparato a non contare in tutto e per tutto sul manuale di riferimento del corso, a non pensare che esista un solo ‘metodo corretto’, a creare un programma efficace e bilanciato che includa attività orali, le strategie comunicative senza tralasciare le altre abilità. Ho imparato a pianificare le attività attentamente e in modo graduato aumentando a poco a poco la difficoltà delle attività lungo il corso, cercando di creare attività vicine alla quotidianità dello studente.

Mi sono resa conto di quanto sia utile dedicare spazio alle strategie comunicative per aumentare l’efficacia comunicativa dei nostri studenti, e soprattutto non presentarle come tattiche isolate, ma sempre all’interno di un contesto comunicativo in modo che gli studenti le vedano in un contesto il più possibile autentico.

Inoltre ho constatato che se la classe è un luogo senza tensioni e rilassato gli studenti esprimono senza problemi le loro idee e i loro bisogni. Ho notato che più l’atmosfera è distesa, anche attraverso l’uso di approcci ludici gli studenti iniziano ad aprirsi e sono più sciolti nelle loro produzioni orali e ad affrontare in modo più rilassato il tema degli errori.

Come insegnanti si è coscienti del fatto che gli errori degli studenti fanno parte della loro interlingua e in molti casi sono il risultato dell’uso di strategie comunicative, ma ho imparato a dedicare tempo alla correzione e alla riflessione condivisa degli errori con gli studenti in modo che assumano un ruolo critico nei confronti di ciò che apprendono. Una delle cose più importanti che l’insegnate deve fare è cercare di aiutare lo studente a trovare il modo migliore per ’imparare ad imparare'.’

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

BRIGHETTI, C. E MINUZ, F., 2008, Abilità del parlato, Perugia, Guerra.

LEONARDI, P. E VIARO M., 1990, Conversazione e terapia. L’intervista circolare, Milano, Raffaello Cortina.

KRASHEN, STEPHEN D., 1988, Second Language Acquisition and Second Language Learning, New Jersey, Prentice-Hall International.

MARIANI, L., 1994, Competenza Strategica e Interazione Orale, in: Corno D., Dandini M.G. (cur) La Voglia di Insegnare, Torino: Regione Piemonte - Assessorato Istruzione: 145-152.

<http://www.learningpaths.org/Articoli/competenzastrategica.pdf>.

MARIANI, L., 2011, ‘‘Le strategie comunicative interculturali: imparare e insegnare a gestire l’interazione orale’’, Italiano LinguaDue, vol. 3, n. 1, 273-293

<http://www.learningpaths.org/Articoli/strategiecomunicative.htm>.

MARIANI, L., 2012, Le Strategie comunicative interculturali: insegnare a interagire in un’educazione linguistica plurilingue e multiculturale, <www.learningpathts.org>.

 



[1] Dati consultati dal Bilancio Sociale del 2012 presentato alla Sede Centrale della Dante Alighieri.

[2] Dati consultati dalle statistiche della Società Dante Alighieri presentate alla SEJ (Secretaria de Educación Publica equivalente al Ministero della Pubblica Istruzione in Italia) per il 2012.

 

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