Settembre 2010  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
La città italiana tra luogo, rappresentazione e parola. Una proposta operativa per l’integrazione di educazione linguistica e interculturale nella classe di lingua italiana di Claudia Borghetti

ABSTRACT

L’articolo propone agli insegnanti di lingua italiana per stranieri un’attività didattica che, incentrata sul tema della città e fondata su un approccio di tipo interculturale, mira a sviluppare la competenza comunicativa in lingua italiana degli studenti attraverso una più ampia azione di educazione interculturale. Dopo aver presentato i principi della Foreign Language Education cui s’ispira (§ 1), l’articolo ripercorre la fasi dell’attività con lo scopo di guidare gli insegnanti nella realizzazione del percorso educativo suggerito (§ 2) o, grazie ai puntuali rimandi teorici e all’esperienza diretta di chi scrive, nell’ideazione di nuove attività parimenti ispirate all’approccio interculturale (§ 3). La proposta operativa è stata testata con due diverse classi di livello principiante-intermedio (A2-B1) presso il Department of Italian della National University of Ireland, Galway, ma è anche facilmente adattabile a livelli superiori.

 

Destinatari

  • Studenti adulti (dai 18 anni circa) in contesti di lingua straniera

  • Livello di competenza in italiano: A2-B1 (e superiori)

Obiettivi

  • Sviluppare la consapevolezza del legame tra cultura alta/popolare e oggettiva/soggettiva

  • Accentuare il senso critico (nei confronti dei media)

  • Fare esperienza di un percorso di lettura della complessità culturale

  • Sperimentare la lingua italiana quale strumento conoscitivo della cultura, oltre che come mezzo di comunicazione

Materiali

  • Questionario individuale (versione italiana e inglese) - Appendice I

  • Questionario a gruppi (versione italiana e inglese) - Appendice II

  • Interviste a nove persone italiane (versione originale e traduzione inglese) - Appendice III

  • Elenco delle espressioni derivate dalla parola ‘piazza’ - Appendice IV

  • Gioco di abbinamento delle espressioni derivate dalla parola ‘piazza’ - Appendice V

  • Immagini e diapositive da proiettare in classe - Materiale disponibile su richiesta

Tempi suggeriti

8 ore

 

Tab. 1. Il percorso didattico in breve

 

 

 

 

1. QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO

1.1 TRE APPROCCI PER TRE USI DIVERSI DELLA CITTÀ

 

Il tema della città non è nuovo ai curricoli di lingua italiana così come a quelli di altre lingue straniere moderne. Dall’affermazione dell’approccio pragmatico-comunicativo, in glottodidattica si è spesso utilizzato l’ambiente urbano come scenario in cui calare l’uso autentico della lingua oggetto di studio. Lo dimostrano i libri di testo, dove il tema, presentato generalmente fin dai primi capitoli o poco oltre,1 assolve di norma il compito di offrire un quadro situazionale (in termini di lessico ed elementi socioculturali) all’interno del quale s’inseriscono obiettivi comunicativi di natura funzionale come il ‘chiedere e offrire informazioni stradali’, il ‘domandare e dire quanto tempo occorre’, il ‘chiedere e indicare la distanza’, ecc.

Alla tendenza suddetta, comune alla didattica di molte lingue straniere moderne, si affianca, nel caso specifico dell’insegnamento dell’italiano, un secondo uso della città che, nel contesto di uno studio finalizzato prevalentemente all’apprezzamento estetico, è spesso piegata a rappresentare, quale prodotto culturale ‘alto’ essa stessa, i processi storici, artistici e urbanistici della penisola. Questo secondo orientamento, retaggio della tradizione grammatico-traduttiva, è tuttora largamente diffuso e radicato soprattutto all’estero, in contesti di insegnamento della lingua straniera (LS) dove la fama internazionale delle bellezze artistiche e del ‘genio’ italiano guida tutt’oggi la scelta di molti studenti d’iscriversi alla laurea d’Italiano così come alimenta la partecipazione ai corsi di lingua per scopi speciali dedicati all’opera, alle arti visive o alla letteratura del ‘Belpaese’.

L’attività qui presentata2 propone un terzo modo di utilizzare l’ambiente urbano nella classe di lingua straniera. Se i due suddetti usi della città italiana, coerentemente agli approcci cui fanno riferimento, sottolineano il primo il valore comunicativo della lingua, il secondo il suo essere tramite imprescindibile dell’apprezzamento estetico, quello qui proposto allude a finalità dell’educazione linguistica che trascendono, pur valorizzandola, la spendibilità funzionale della lingua italiana -venga essa prevalentemente intesa come strumento di comunicazione o invece come porta di accesso privilegiata alla comprensione dei fenomeni artistici e letterari. Ciò è possibile grazie a una rilettura della città che, fatta in base ad un approccio di tipo interculturale, inscrive i diversi obiettivi didattici a essa collegati in un quadro educativo ampio la cui principale finalità è la comprensione dei fenomeni culturali in senso lato. Facendosi promotrice di un’idea di cultura multiforme, diffusa, spesso invisibile e in continua trasformazione, la proposta operativa presentata si avvale della città come terreno d’indagine composito in cui i fatti culturali, siano essi oggettivi o soggettivi, ‘alti’ o ‘popolari’, presenti o passati, si compenetrano, alimentano vicendevolmente e, talvolta, contraddicono.3 In questo ampio ambito di studio e ricerca, con l’esempio e la guida dell’insegnante, gli studenti possono affinare le proprie abilità di analisi critica, sviluppare la consapevolezza della complessità dei fatti culturali, e interrogarsi, con la mediazione della cultura straniera (CS), sulla realtà culturale di origine (C1). Tutto questo mentre acquisiscono, in parte anche in maniera inconsapevole, i pattern conversazionali, il lessico e le frasi idiomatiche che emergono nel corso dell’esplorazione culturale e interculturale promossa dall’attività.

 

 

1.2 FOREIGN LANGUAGE EDUCATION

 

L’attività traduce in operazioni didattiche le finalità dell’approccio che, definito qui ‘interculturale’, è più comunemente noto fuori d’Italia con il nome di Foreign Language Education (FLE).

Questo particolare tipo di glottodidattica, andato delineandosi inizialmente in Europa sulla scia degli studi condotti da Michael Byram negli anni ’80, gode al momento di una notevole considerazione internazionale; ciò è evidente sia dalle pubblicazioni del Consiglio d’Europa cui spesso lo stesso Byram ha partecipato,4 sia dal numero e dal calibro degli studiosi che attualmente si occupano della dimensione culturale e interculturale della didattica delle lingue in diverse parti del mondo.5

Quando, all’inizio degli anni ’80, Byram cominciò ad interessarsi al valore educativo dell’insegnamento linguistico, l’approccio dominante in glottodidattica era quello comunicativo.

A partire dagli anni ’60, ispirata dalla nozione di ‘competenza comunicativa’, la compagine dei metodi facenti riferimento all’approccio comunicativo aveva una volta per tutte rivoluzionato la didattica delle lingue straniere affermando l’importanza della competenza d’uso a fianco di quella linguistica. Sapere una lingua non significava più soltanto padroneggiarne le regole (fonetiche, morfologiche, sintattiche, ecc.) ma essere capaci di usarle in modo appropriato agli scopi, alle situazioni e all’insieme dei fattori contingenti uno specifico evento comunicativo. L’enfasi posta sugli aspetti sociolinguistici e pragmalinguistici della comunicazione conduce per la prima volta il Foreign Language Teaching (FLT) a contestualizzare l’insegnamento della lingua in un più ampio quadro socio-culturale. Questa svolta culturale, avvertita quasi contemporaneamente in gran parte dei contesti didattici occidentali, ha segnato profondamente la didattica delle lingue straniere e rappresenta la condicio sine qua non del ‘discorso dell’educazione interculturale’ e dell’ancora più recente ‘Education for Intercultural Citizenship’.6

Nondimeno, se da una parte, grazie ai metodi comunicativi, la cultura straniera è entrata a pieno titolo nei curricoli di lingua e, anzi, ne ha suggerito spesso struttura e progressione offrendo ‘situazioni tipiche’ e ‘funzioni linguistiche ricorrenti’, dall’altra, poiché le ragioni d’introduzione dei contenuti culturali sono state per lungo tempo -e sono ancora spesso- puramente utilitaristiche, la cultura target (CT) presentata agli studenti è parcellizzata, aneddotica, spesso stereotipata. È proprio contro il valore esclusivamente strumentale della lingua e della cultura straniera che, a partire dai primissimi anni ’80, Byram ha cominciato a sottolineare il profondo ruolo educativo che il FLT avrebbe potuto assumere se solo avesse fatto leva sugli aspetti culturali delle lingue oggetto di studio (1983, 1986, 1988). È del 1989 il suo Cultural Studies in Foreign Language Education in cui l’impegno mosso nella direzione di un rinnovamento in senso educativo del FLT culmina nel nuovo nome dato alla disciplina: ‘educazione’ sostituisce ‘insegnamento’ e, lungi dal rappresentare un capriccio terminologico, questo cambiamento nel titolo risponde congruamente al progetto complessivo d’innovazione (di finalità, contenuti e metodi) intrapreso.

In quanto agli obiettivi, essi non possono più essere definiti in termini di comportamenti osservabili (come ad esempio l’imparare a gestire una conversazione per mezzo di un codice altro); piuttosto risiedono nello sviluppo di capacità cognitive di osservazione e analisi critica dei fatti culturali così come nella maturazione di atteggiamenti mentali ed emotivi quali la sospensione del giudizio o l’apertura nei confronti delle diversità. Inoltre gli studenti, esercitandosi a comprendere il sistema culturale di cui l’idioma è parte integrante e prendendo coscienza della compenetrazione dei fatti culturali, sono stimolati e guidati a guardare con sguardo analitico e straniante la propria cultura di base7 (Kramsch 1993, 1998).

Parallelamente, il contenuto principale che i discenti devono acquisire, al di là dell’importanza del codice linguistico, è un metodo di osservazione e indagine culturale applicabile tanto alla cultura straniera quanto a quella di base; è il ‘metodo comparativo’ proprio dell’etnografo che, essendo un modo di osservare la CT, di mettere in relazione cultura di base e cultura straniera, costituisce uno strumento che invita al decentramento, a vedere lo strano familiare e il familiare strano (Barro et al. 1998).

Infine, relativamente alle metodologie, queste in parte coincidono con i contenuti poiché consistono nell’utilizzo esemplificativo di quello stesso metodo comparativo che si vorrebbe fosse acquisito, in parte si arricchiscono di un’attenzione particolare nei confronti della motivazione e delle esperienze personali degli studenti (Byram 1989: 18-20).

Nozioni come quelle Intercultural Speaker,8 Intercultural Communicative Competence,9 Tertiary Socialization10 o Third Place11 sono servite a formalizzare il nuovo linguaggio teorico dell’approccio interculturale che, fondato come mai prima sull’antropologia e la psicologia sociale, ha presto trovato rispondenza didattica in precisi obiettivi educativi e criteri di valutazione12 nonché in un numero di soluzioni metodologiche.13

Rivolgendo uno sguardo agli sviluppi presenti e futuri della disciplina, è significativo il fatto che molti degli assunti teorici che hanno costruito e contribuito ad affermare la Foreign Language Education nei due decenni appena trascorsi, risultino adesso adeguati a sostenere un rinnovato discorso sull’‘Intercultural Citizenship Education’14. Reso impellente dalle inedite sfide educative che i fenomeni della globalizzazione e della internalizzazione stanno sottoponendo negli ultimi anni agli insegnanti (di lingua), questo ordine di riflessioni rappresenta l’immediata prosecuzione dell’approccio interculturale visto che «è lo scopo dell’insegnamento delle lingue straniere e compito degli insegnanti non solo armonizzare utilità e valore educativo ma anche mostrare agli studenti come possono e dovrebbero impegnarsi attivamente nel contesto del mondo internazionale e globalizzato cui partecipano» (Byram 2008: 229).15

 

2. METODI E PROCEDURE

 

L’attività è tripartita. Le tre fasi, di cui quella centrale richiederà più tempo (possibilmente quattro delle otto ore pensate per l’intero percorso didattico) vengono descritte nei sottoparagrafi che seguono. Ciascuno dei tre momenti è scandito al proprio interno da figure che, ideate per essere mostrate agli studenti per mezzo di diapositive,16 in questa sede aiutano a schematizzare la progressione dell’attività.

 

 

Fasi

 

 

Durata

 

Figure

 

Obiettivi

 

Materiali

 

1

2 ore

1 e 2

  • Presentazione dell’attività

  • Creazione della motivazione

  • Introduzione/esperienza dei primi concetti chiave dell’attività

Questionario individuale (Appendice I)

Questionario a gruppi (Appendice II)

 

2

4 ore

3-10

  • Presentazione/discussione di un’ipotesi di analisi culturale

  • Esperienza/introduzione del concetto di ‘cultura’ nel suo complesso

  • Applicazione/sviluppo del senso critico nella fruizione dei media

  • Acquisizione linguistica: funzione comunicativa dello scusarsi-giustificarsi; discorso diretto/indiretto; ripasso tempi verbali (presente e passato prossimo); segnali discorsivi; ecc.

Interviste dall’Italia (Appendice III)

Immagini varie da proiettare in classe

 

3

2 ore

11 e 12

  • Esperienza/introduzione del legame tra lingua e cultura

  • Sviluppo consapevolezza linguistica

  • Riflessione sulla cultura di base

Espressioni da ‘piazza’ (Appendice IV)

Gioco di abbinamento (Appendice V)

 

 

Tab. 2. Le fasi del percorso didattico

 

2.1 PRESENTAZIONE DELL’ATTIVITÀ: CULTURA OGGETTIVA O SOGGETTIVA?

 

Questa prima fase dell’intervento didattico:

 

  • Introduce il tema della città ed esplicita agli studenti gli obiettivi dell’attività;

  • Stimola la motivazione e offre l’occasione di riflettere sui concetti di ‘cultura oggettiva’ e ‘cultura soggettiva’.17

 

 

Figura 1.

Non è consigliabile in apertura dilungarsi sulle caratteristiche dell’attività in termini di materiali e procedure; come vedremo, un’eccessiva consapevolezza iniziale da parte degli studenti rischia infatti di compromettere il percorso d’indagine su cui si basa l’intervento educativo. Nondimeno, deve essere senz’altro giustificata la scelta del tema della città, anche perché il parlarne offrirà l’occasione per esplicitare agli studenti gli obiettivi dell’attività: si introduce quindi l’argomento anticipando che esso servirà a esplorare la cultura sia nelle sue caratteristiche visibili (nel caso specifico, l’architettura e le pratiche sociali che serve e promuove) sia in quelle più difficili da individuare (le sensazioni degli abitanti e i modi in cui esse vengono espresse, ad esempio).

 

 

Fig. 1. La città18

 

 

È bene rendere consapevoli gli studenti già in questa fase che l’ambiente urbano non è l’unico fenomeno che si articola in manifestazioni culturali multiformi e che esso è stato scelto per ragioni che possono variare dal contingente (la disponibilità dei materiali) al personale (il gusto e la curiosità dell’insegnante).19 È altrettanto importante insistere sul fatto che nel corso dell’attività sarà chiesto alla classe di concentrarsi su aspetti e interrogativi tutto sommato semplici da trattare perché di basso impatto emotivo: poiché gli obiettivi principali del lavoro sono osservare la cultura (straniera e no) in modo approfondito ma nondimeno esterno, acquisire e imparare a utilizzare lo sguardo decentrato dell’etnografo, e, infine, riflettere sul legame lingua-cultura in maniera analitica, gli studenti non saranno chiamati ad affrontare le ben più delicate sfide emotive che solo l’interazione in lingua target o l’immersione nella cultura straniera possono presentare. Questa precisazione è irrinunciabile, pena il rischio di trasmettere l’erronea idea che ‘capire’ la diversità sia condizione sufficiente per interagire efficacemente, appropriatamente e piacevolmente con essa.

 

 

Figura 2.

Se è vero che la ri-scoperta della cultura di base dello studente è uno dei principali scopi educativi dell’attività, si consiglia di adoperarla inizialmente come strategia motivazionale. Ciò è possibile attraverso le due seguenti operazioni:

 

  • Si consegna ad ogni singolo il questionario individuale (Appendice I) in cui gli si chiede di riflettere in L1 sulla propria città ideale e di riassumerne le caratteristiche salienti in tre punti precisando, laddove sia possibile, le ragioni della scelta. L’esercizio, che potrà richiedere tra i 5 e i 10 minuti, deve essere condotto nella maniera può autonoma possibile.

  • Una volta che ogni studente ha terminato il compito, si chiede alla classe di creare dei gruppi di tre o quattro persone e di ripetere l’operazione esprimendo questa volta un giudizio collettivo nel modulo apposito (Appendice II).

 

È auspicabile e immaginabile che la sequenza suggerita abbia come prima conseguenza l’aumento della motivazione degli studenti che, scoprendo quanto le rappresentazioni della città possano variare anche all’interno del gruppo-classe e di una medesima cultura di base, si dispongono con curiosità nei confronti dell’esplorazione del tema in relazione alla cultura italiana. Parallelamente, i due questionari, quando riletti, analizzati e commentati in sessione plenaria, hanno il merito di far emergere la differenza tra cultura oggettiva e soggettiva dalle considerazioni degli studenti stessi. Con l’aiuto della diapositiva, infatti, si può guidare la classe nell’esplorazione di alcuni interrogativi propedeutici quali: fino a che punto le annotazioni dei singoli o dei gruppi possono essere lette come testimonianze autentiche della realtà? Quanto invece dicono delle persone che le hanno fatte in termini di desideri, mancanze o anche frustrazioni? Inoltre, i commenti più personali possono essere interpretati come critiche e proposte di cambiamento o si limitano a descrivere ciò che il soggetto vede?20

 

 

Fig. 2. Fase di restituzione dell’attività di gruppo

 

 

2.2 I TESTI21 E LA RIFLESSIONE COLLETTIVA: DALLA CITTÀ ALLA PIAZZA

 

Questa seconda fase dell’intervento didattico:

 

  • Sottopone agli studenti un percorso critico di analisi culturale;

  • Introduce i concetti di ‘cultura alta’ e ‘cultura popolare’;22 più in generale, propone un’idea di cultura multiforme, diffusa, spesso invisibile e in continua trasformazione e, insieme, un’ipotesi per indagarla;

  • Favorisce lo sviluppo di senso critico nei confronti dei media23 e introduce i primi obiettivi linguistici di tipo lessicale e funzionale.

 

 

Figura 3.

Una volta esplorate le opinioni interne al gruppo-classe e spiegati i concetti ‘cultura oggettiva’ e ‘cultura soggettiva’, si chiede agli studenti di applicare le considerazioni emerse durante la discussione collettiva all’analisi di un primo testo proveniente dalla cultura target. Esso consiste nelle risposte di alcuni Italiani allo stesso questionario individuale sottoposto alla classe24 (Appendice III). È possibile presentarlo sia nella versione originale italiana che in traduzione; in ogni caso, anche se si optasse per la seconda opzione per andare incontro al livello di competenza degli studenti, è nondimeno consigliabile fornire loro anche l’originale in modo tale che non ne perdano interamente il senso d’immediatezza e ‘autenticità’.25 Si lascia agli studenti il tempo di leggere con attenzione il testo, soprattutto se presentato esclusivamente in italiano; dopodiché si chiede loro di riflettere su quanto letto aiutandoli con alcune domande: quali sono le caratteristiche della loro città che gli intervistati dichiarano di apprezzare di più/di meno? È possibile intravedere o ipotizzare qualche caratteristica oggettiva della cultura italiana dalle loro risposte? Ci sono somiglianze o differenze degne di nota tra le risposte della classe e quelle pervenute dall’Italia? Ci sono degli elementi ricorrenti nelle città ideali delle persone intervistate?

 

 

Fig. 3. Analisi collettiva delle risposte arrivate dall’Italia

 

 

Se nel complesso i quesiti posti mirano a stimolare le abilità di analisi critica degli studenti e a rinforzare gli strumenti interpretativi offerti in precedenza, è l’ultima domanda a offrire lo spunto indispensabile per il successivo svolgimento dell’attività. Leggendo infatti con attenzione le risposte degli Italiani, non è difficile riscontrarvi la ricorrenza del concetto di ‘piazza’ intesa per lo più come spazio aperto, di incontro e di condivisione.26 È molto improbabile che questa ripetizione sfugga a tutti i membri del gruppo-classe; nel caso ciò accedesse, l’insegnante può comunque intervenire guidando l’attenzione degli studenti o dichiarando esplicitamente di esserne stato/a colpito/a. Il fenomeno della ricorrenza della piazza nelle risposte degli intervistati, trattandosi di una fortunata coincidenza -sebbene verosimilmente non casuale, costituisce l’unico deterrente a ripetere la somministrazione del questionario; nonostante ciò, vista anche la velocità con cui è possibile farlo, è consigliabile almeno provare ad aggiornare il materiale didattico sottoponendo il modulo individuale a persone italiane che abbiano grossomodo la stessa età degli studenti con cui si lavora.

 

 

Figure 4-9.

Dal momento in cui si è spostata l’attenzione degli studenti sulla cultura italiana, si continua ad approfondire insieme al gruppo-classe il presunto legame riscontrato tra la città e la piazza.

È importante a questo punto precisare che nei passaggi seguenti il contenuto dell’insegnamento sarà il metodo di analisi e non le considerazioni relative al tratto culturale individuato. Ciò che in altre parole in questa parte stiamo insegnando agli studenti è un processo interpretativo, un modo di leggere i fenomeni culturali che è del tutto trasferibile al di là del dominino preso in esame con la città. Quello che di certo non stiamo facendo è rivelare una verità assoluta sul rapporto degli Italiani con l’ambiente urbano, tanto più perché la veridicità dei contenuti dell’analisi è tutta da dimostrare. Gli studenti devono piuttosto rendersi conto che il/la insegnante sta proponendo loro un’ipotesi, uno studio che potranno proseguire autonomamente al di fuori della classe e sulle conclusioni del quale potrebbero anche dissentire. Al di là di una necessaria precisazione preliminare, è bene che tali considerazioni accompagnino l’esposizione della tesi e che siano ben segnalate anche nel linguaggio con opportune espressioni quali: ‘è mia impressione’, ‘sembra di poter dire’, ‘alcuni studiosi affermano’, ecc.

La tesi sottoposta alla classe in sessione plenaria è profondamente ispirata alle riflessioni e agli interrogativi proposti da Mario Isnenghi nel “Preambolo” di L’Italia in Piazza (2004: 19-50). La lettura delle pagine segnalate è fondamentale per lo svolgimento dell’attività perché, oltre a offrire le informazioni storiche, urbanistiche e socio-culturali necessarie per preparare la spiegazione offerta agli studenti,27 in esse sono enucleate chiaramente anche gran parte delle domande su cui vale la pena farli riflettere. Pur rifiutando la «liquidazione funebre» della piazza italiana, Isnenghi afferma infatti che «le piazze, oggi, le visitiamo naso all’aria con la guida Michelin o del Touring Club, le salviamo anche per una sorta di ecologia degli spazi, ma stentiamo a fabbricarle, perché abbiamo altri bisogni e la nostra socialità si esprime in maniere diverse»; prosegue inoltre, anche se con più di un’ombra di scetticismo che «qualcuno giunge al punto di ritenere che la vera ‘piazza’ dei nostri giorni sia ormai in tutte le nostre case, portata dalla televisione» (2004: 25). Queste affermazioni, soprattutto se proposte all’estero, a quegli stessi studenti che spesso celebrano, proprio con la guida turistica in mano, la bellezza delle piazze italiane, possono avere un forte impatto. Oltre a ciò, il gruppo-classe, forte della fase precedente, potrà constatare il contrasto tra la cultura soggettiva emersa dai questionari e che nel complesso restituisce l’immagine di una centralità attribuita alla piazza e la constatazione28 che i comportamenti (la cultura oggettiva) degli Italiani, almeno nel presente e almeno nelle grandi città, non rispecchiano questa tendenza. Inoltre, proseguendo il ragionamento di Isnenghi, è possibile condividere con gli studenti il dubbio che la piazza, con tutti i significati di cui è carica, sia viva nella cultura soggettiva italiana avendo trovato espressione in nuove forme di cultura oggettiva di tipo ‘popolare’: più di una trasmissione televisiva italiana è ambientata in una piazza, molti centri commerciali hanno al loro interno un’area di forma circolare munita di tavolini o panchine che spesso si trova in prossimità di un bar o di un giornalaio, e sono svariate inoltre le catene di negozi (o ancora i centri commerciali) che alludono nei nomi alla piazza e, di rimando, ad un luogo familiare, confortevole, in cui incontrarsi e trascorrere il tempo.29 Si può fare notare inoltre agli studenti come tale slittamento delle funzioni della piazza possa essere messo in correlazione con un mutamento sociale più generale che, non solo in Italia, consiste nell’assottigliamento della gamma di atti tradizionalmente compiuti e mostrati in piazza30 e cioè percepiti di natura pubblica o comunque non strettamente privata.

Operativamente, l’esposizione della tesi è accompagnata fin dall’inizio dalla proiezione delle diapositive che si consiglia di utilizzare nel seguente modo:

 

  • Si coinvolge la classe in un gioco di riconoscimento di alcune celebri piazze italiane per attivare le conoscenze dei singoli e suscitare la motivazione. La figura sottostante riproduce una delle immagini che possono essere proiettate (Fig. 4).

 

 

Fig. 4. Piazza del Campo di Siena31

 

 

  • Si mostra un numero di fotografie che ritraggono i fori romani (Fig. 5) e si commentano alcune riproduzioni di dipinti rinascimentali rappresentanti la città (Fig. 6). Nel complesso, le immagini offriranno un supporto visivo utile ad accompagnare la spiegazione delle principali tappe della storia della piazza in Europa e in Italia. Esse possono essere utilizzate anche per visualizzare i luoghi deputati allo svolgimento delle funzioni politica, religiosa e economica della piazza nel momento in cui le tre verranno citate.

 

 

Fig. 5. Fori Imperiali32

 

 

Fig. 6. La città Ideale. Baltimora33

 

 

  • Il passaggio alle diapositive 2.7-2.9 è l’occasione per inserire la spiegazione relativa alla differenza tra cultura alta e cultura popolare e per affrontare il cuore della tesi proposta alla classe: si potrà mostrare la ricorrenza del termine ‘piazza’ nei nomi dati ai centri commerciali (Fig. 7), il suo sopravvivere, in quanto all’urbanistica e alla funzione sociale, nei luoghi adibiti al commercio (Fig. 8) e nelle trasmissioni televisive (Fig. 9).

 

 

Fig. 7. Volantini pubblicitari34

 

 

Fig. 8. Il centro commerciale Campania di Marcianise (CE)35

 

 

Fig. 9. La trasmissione RAI Piazza Grande36

 

 

Figura 10.

Si mostrano alcune immagini relative a Sottocasa, una produzione RAI per la stagione 2006/2007.37

 

 

Fig. 10. La soap opera Sottocasa, RAI UNO38

 

 

Oltre a proiettare le fotografie, è possibile proporre in classe uno spezzone video. Quello qui menzionato,39 uno dei molteplici che potrebbero essere scelti, è tratto dalla puntata del 14 dicembre 2006 e dura poco più di sei minuti. Come l’intera telenovela, esso è quasi totalmente ambientato in una piazza su cui si affacciano le case dei protagonisti e in cui hanno luogo i fatti salienti della trama. L’uso che se ne può fare è vario e dipende essenzialmente dal livello di competenza linguistica della classe e dal tempo a disposizione. Per un livello A2-B1 ad esempio, è consigliabile avvalersi della traduzione cartacea o di appositi sottotitoli. In ogni caso, la visione deve essere eseguita più volte; non solo perché in questo modo gli studenti hanno la possibilità di comprendere il filmato in maniera approfondita, ma anche perché, ripetendo le proiezioni, è possibile di volta in volta mirare a un diverso obiettivo tra i molteplici che lo spezzone si presta a perseguire:

 

  • Innanzitutto, si può usare una delle visioni per guidare gli studenti al riconoscimento delle convenzioni tipiche del genere televisivo in questione. In questo caso, prima di dare avvio alla riproduzione del video, si chiede agli studenti di concentrarsi sulle caratteristiche che accomunano la telenovela italiana presentata e quelle a cui sono abituati nel loro paese (ad esempio: le storie d’amore, i tradimenti, le bugie così come la ripresa e la concatenazione degli episodi). Questa operazione di decodificazione del genere televisivo aiuterà senz’altro a far emergere alcuni dubbi riguardo la veridicità della realtà rappresentata (probabilmente i rapporti tra le persone e la stessa ambientazione esterna nella piazza); tale analisi, oltre a confermare la tesi proposta, offrirà spunti di dibattito interessanti sul potere di rappresentazione e mistificazione dei media che potranno a loro volta essere approfonditi tramite un brainstorming ed eventualmente anche avvalendosi di altri esempi tratti dalla televisione italiana.

  • Inoltre, lo spezzone si presta a far emergere dati culturali che vanno al di là di quello relativo alla città e alla piazza (tra i più evidenti: il periodo del Natale e i fenomeni a esso connessi come le caldarroste, il panettone, il pranzo in famiglia e i regali) e può quindi servire ad avviare un confronto interculturale tra le pratiche sociali italiane e quelle della C1 degli studenti.

  • Infine, lo spezzone, una volta impiegato per l’analisi culturale e interculturale, può essere utilizzato ai fini dell’acquisizione linguistica. Si può farne uso prefiggendosi vari obiettivi tra cui il riconoscimento dei tempi verbali (soprattutto presente e passato prossimo), l’approfondimento della funzione comunicativa dello scusarsi-giustificarsi e il passaggio dal discorso diretto a quello indiretto. Inoltre, la sequenza è ricca di segnali discorsivi (‘dai!’, ‘su!’, ‘eh?’, ‘insomma’, ecc.) e di espressioni colloquiali di uso frequente (‘reggere il gioco’, ‘raccontare balle’, ‘rompere’, ‘farsi gli affari propri’, ‘faccia tosta’, ecc.) che, inizialmente isolate con un cloze facilitato e commentate nella traduzione inglese, possono essere drammatizzate in classe o riutilizzate per la scrittura creativa di dialoghi.

 

2.3 LA LINGUACULTURA40 E LA RIFLESSIONE INDIVIDUALE

 

L’ultima fase dell’intervento didattico:

 

  • Mostra come cultura e lingua si riflettano vicendevolmente, come la seconda possa essere usata per meglio comprendere la prima; più in generale, sviluppa la consapevolezza linguistica degli studenti;

  • Invita i discenti ad applicare gli strumenti concettuali acquisiti in precedenza alla propria cultura di base.

 

Figura 11.

È stupefacente quante parole e quante espressioni di uso comune in italiano derivino dal termine (e dal concetto) di piazza. Oltre a ‘scendere in piazza’ o ‘manifestazione di piazza’ che, più note delle altre, tendono a suscitare l’interesse degli studenti richiamando alla mente i numerosi scioperi italiani, ve ne sono alcune che in maniera ancora più esplicita sottolineano il legame che la piazza intesse, oltre che con il potere politico, con l’ostentazione pubblica di tipo sociale (‘fare una piazzata’ e ‘mettere in piazza’) e gli affari economici (‘rovinare la piazza’ o ‘fare piazza pulita’).

 

 

Fig. 11. Manifesti per la promozione di tre diverse proteste di piazza41

 

 

Nell’Appendice IV sono elencate e spiegate diciassette forme (parole e modi di dire) che, piuttosto diffuse in Italia, mettono bene in mostra come la lingua, oltre a essere uno strumento di comunicazione, sia essa stessa un prodotto culturale. Per rendere più giocoso lo studio delle espressioni proposte, prima di commentarle con la classe, è consigliabile dividere gli studenti in gruppi e chiedere loro di collegare ogni item alla relativa definizione (Appendice V). Un volta corretti gli abbinamenti, è quindi possibile riprendere il tema culturale dell’attività e rileggerlo per mezzo della lingua italiana che, oltre a dargli voce, lo cristallizza in espressioni che sopravvivono al costante fluire e mutare dei fatti culturali: laddove la piazza, come emerso durante il percorso didattico, non è più nella cultura italiana contemporanea il luogo deputato a ‘mettere in piazza’, ‘rovinare la piazza’ o ‘fare una piazzata’, le locuzioni permangono nel linguaggio comune con immutato valore semantico. Tale considerazione va ad arricchire la consapevolezza linguistica tout court degli studenti rivelando loro un fenomeno che è proprio di ogni linguacultura; inoltre, poiché giunge al termine dell’attività, consente loro di costruire sul già noto, di fare costante riferimento a quanto emerso in precedenza e di fissare più agilmente nella memoria termini ed espressioni.

 

 

Figura 12.

Una volta ripercorse attraverso la lingua le tappe dell’attività e i concetti chiave emersi, per portare a compimento il percorso educativo, è necessario invitare gli studenti a riflettere su alcuni tratti della loro cultura di base alla luce di quanto discusso in classe. Si chiede quindi ai singoli di meditare sulla domanda proiettata con l’ultima diapositiva: ‘Durante l’attività, ti è capitato di pensare a qualche aspetto della tua lingua e della tua cultura?’. Poiché scrivere stimola e sistematizza la riflessione, sarebbe consigliabile che gli studenti, individualmente o anche a coppie, mettessero per iscritto le proprie idee; per ragioni di tempo si può però decidere di lasciare ai discenti solo dieci minuti invitandoli a ragionare e ad annotarsi brevemente spunti, domande e riflessioni. In ogni caso, l’attività dovrà concludersi con una discussione collettiva a partire dalle considerazioni degli studenti in modo tale che, oltre a valutare informalmente i risultati del proprio operato, l’insegnante abbia modo di vagliare le conclusioni a cui i singoli sono giunti, correggere e guidare le interpretazioni palesemente forzate, incoraggiare le analisi accurate e impedire che il gioco di scoperta si cristallizzi sbrigativamente in giudizi o anche solo in considerazioni affrettate. Quanto alla lingua, anche se la classe fosse di livello avanzato e per ciò in grado di svolgere questi ultimi compiti in italiano, è preferibile fare largo uso della L1 non solo per rendere più autentico lo scambio in aula -tanto più perché incentrato sulla cultura di base-, ma anche per consentire agli studenti di utilizzare con disinvoltura gli strumenti linguistici e cognitivi a loro disposizione.

 

Fig. 12. Fase di riflessione finale

 

 

 

3. L’ESPERIENZA IN CLASSE: POSSIBILI VARIANTI DELL’ATTIVITÀ

3.1 ALTRI TEMI POSSIBILI PER L’ATTIVITÀ

 

L’ideazione dell’attività risale al modulo Italian Culture: An Intercultural Approach da me tenuto presso il Dipartimento di Italiano della National University of Ireland, Galway nel secondo semestre dell’anno accademico 2006/2007. In quell’occasione, la scelta di incentrare il percorso educativo sulla città e sulla piazza italiane fu in gran parte casuale, dovuta sì alle ragioni del sillabo e alla volontà di affrontare con gli studenti concetti specifici come quelli di cultura oggettiva/cultura soggettiva, ma anche a una serie di riflessioni personali riguardanti Galway, la città in cui mi ero trasferita non molto tempo prima dall’Italia. La lettura dell’interessante libro di Isnenghi, al quel punto non più fortuita, fece il resto. Interrogandomi in seguito su come avrei potuto riutilizzare l’attività e quindi riflettendo sulla sua genesi, ho realizzato che temi come ‘la casa e la cucina’, ‘la famiglia’, ‘il lavoro’ o ‘il cibo e i pasti’ -così come molti altri- si sarebbero prestati altrettanto bene sia a perseguire gran parte degli obiettivi fissati per la sequenza operativa sia ad adottare metodi e materiali affini.

Quanto agli obiettivi, se «suggerire un percorso di lettura della complessità culturale»42 rappresenta il macro-obiettivo dell’attività, risulta chiaro che, nell’ottica di modificarne i contenuti, è necessario scegliere innanzitutto argomenti i cui fenomeni culturali siano almeno presumibilmente interconnessi e offrano percorsi di lettura molteplici. I temi devono in sintesi:

 

  • Permettere di individuare facilmente la dimensione diacronica della cultura, come cioè i fatti culturali mutino o mutino di significato nel tempo. Un esempio potrebbe essere la diversa conformazione delle cucine italiane contemporanee (i modelli ‘open space’) rispetto a quelle tradizionali. L’argomento, soprattutto se inserito nel dominio più generale de ‘la casa’ consente tra l’altro di spaziare agilmente dall’architettura (d’interni, ma non solo), al mutamento dei ruoli famigliari, fino al significato sociale dell’idea di ‘casa’ e di ‘cucina’ (nel passato, ma forse non solo, il centro nevralgico della vita della famiglia).

  • Prestarsi a far emergere come i fatti culturali siano amplificati, mistificati, talvolta distorti dai media e come cultura oggettiva e soggettiva possano differire: è il caso ad esempio della tradizionale rappresentazione della famiglia italiana che, anche in Italia (si pensi alle celebri campagne pubblicitarie di Barilla e Mulino Bianco) viene usata per incidere su un immaginario reale (soggettivo) al di là della realtà (oggettiva) dei dati Istat su separazioni, divorzi, genitori unici, convivenze etero- o omosessuali.

  • Consentire di utilizzare la lingua italiana come strumento attivo di comprensione dei fatti culturali. Se scegliessimo ad esempio l’ampio argomento del lavoro potremmo avvalerci di proverbi, titoli onorifici e professionali, registri linguistici, curricula o annunci di lavoro per investigare come la particolare natura dei rapporti lavorativi s’incarni talvolta nella lingua a livello lessicale, morfologico, pragmatico e testuale.

  • Permettere un agevole confronto interculturale tra la cultura di base dello studente e quella target in modo tale che, dopo aver assistito e partecipato all’applicazione alla CS di un metodo di analisi culturale, egli possa trovarlo utile anche per guardare con sguardo straniante alla propria C1. Nella maggior parte dei casi, un tema che soddisfi i tre criteri precedenti porta naturalmente i discenti a pensare alla propria cultura di base; il che significa in termini concreti non certo fare significative scoperte di tipo sociologico ma piuttosto dare meno per scontato alcune delle pratiche culturali cui si è abituati e interrogarsi sulle loro origini.

 

A livello metodologico, l’attività si contraddistingue per l’approccio dialogico e per l’estensivo ricorso alla cultura di base degli studenti che, insieme, le conferiscono una valenza interculturale. Essa inoltre si avvale di testi ‘autentici’ italiani di varia natura i quali, al di là dei generi specifici adottati per la città o citati poco sopra per argomenti differenti, possono spaziare ulteriormente. Per fare alcuni esempi, è possibile valutare l’utilizzo di pubblicità, articoli giornalistici, programmi radio, canzoni, poesie e racconti, fumetti, interviste, messaggi estratti da forum, testi regolativi, ecc. Ciò che però contraddistingue più di ogni altra cosa l’attività a livello metodologico è il criterio aperto d’indagine culturale proposto agli studenti, l’esibizione di un’ipotesi di lettura dell’Italia e degli Italiani che, se anche pone delle sfide considerevoli all’insegnante,43 promuove il raggiungimento degli obiettivi educativi più delicati e significativi tra quelli prefissati.

 

3.2 LA CITTÀ: NUOVI MATERIALI E ULTERIORI SPUNTI D’INDAGINE

 

I testi suggeriti per lo svolgimento dell’attività sono il risultato di una selezione compiuta in parte per ragioni di tempo durante la pianificazione didattica, in parte in occasione della pubblicazione per evitare documenti coperti da copyright. Nondimeno, vorrei segnalare un numero ulteriore di materiali che, oltre ad aiutare a personalizzare l’attività, possono offrire utili collegamenti a differenti argomenti curricolari.

Nella prosa e nella poesia italiane sono molteplici le occasioni in cui la piazza assolve, sebbene posta sullo sfondo degli eventi narrati o profondamente rivisitata dall’io lirico, almeno una delle sue funzioni tradizionali: il già citato Decameron,44 alcune novelle della raccolta verghiana Vita dei Campi,45 Il sabato del villaggio di Leopardi o Passerò per Piazza di Spagna46 di Pavese ne sono solo alcuni esempi.

Il cinema italiano offre altrettanti spunti all’utilizzo creativo del tema della piazza: essa, ad esempio, è il luogo deputato a difendere la faccia pubblica dei protagonisti in Sedotta e abbandonata di Germi (1964) e a ospitare le rivendicazioni politiche, sebbene lette in chiave evangelica, del finale di Miracolo a Milano di De Sica (1951). Inoltre, la piazza è il corpo simbolico su cui in maniera più evidente si mostra il mutare della società italiana in Nuovo cinema paradiso, di Tornatore (1988) così come nel meno noto Fame chimica di Bocola e Vari (2003) in cui addirittura essa offre l’ambientazione (e il pretesto) alle tensioni sociali tra Italiani e immigrati.

Passando alla cultura ‘popolare’, oltre alla famosa canzone di Lucio Dalla, Piazza Grande (1972), è possibile avvalersi delle registrazioni della trasmissione televisiva omonima che, inaugurata nel 1990 con il nome di I fatti vostri, veniva trasmessa quotidianamente su RAI 2 fino a dicembre 2008.47 Come testimoniano entrambi i titoli, il programma, oltre ad essere ambientato in una piazza, intende presentarsi come un luogo di chiacchiere informali, giochi e condivisione di notizie ma anche di esperienze personali grazie agli ospiti in studio e alle telefonate del pubblico. Infine, volendo indagare ulteriormente il dubbio espresso Isnenghi riguardo il trasferimento della piazza nelle case degli Italiani, oltre a guardare come lui alla televisione, potremmo invitare gli studenti a rivolgere lo sguardo alle comunità virtuali, alle numerosissime piazze che, su Internet, assolvono funzioni almeno comparabili a quella originaria. Se il commercio elettronico è una realtà crescente, ancora più stupefacenti (e produttivi a livello di esposizione alla lingua italiana) sono quegli spazi (Social network -Facebook, Myspace o Netlog ad esempio-, blog, siti come YouTube, portali ufficiali di associazioni, partiti o quotidiani, ecc.) che svolgono ruoli di natura senz’altro sociale, ma anche politica.

 

 

3.3 QUATTRO ASPETTI DELICATI DELLA REALIZZAZIONE DELL’ATTIVITÀ

 

La riflessione seguita alla realizzazione delle sperimentazioni dell’attività ha fatto individuare quattro momenti o aspetti del percorso didattico che, più delicati o significativi degli altri, meritano particolare attenzione.

Un primo passaggio che può creare difficoltà e imbarazzi è quello della compilazione dei questionari iniziali. È probabile infatti che l’aggettivo ‘ideale’, per via della sua genericità, comporti qualche fraintendimento e richieda l’intervento dell’insegnante. È bene allora sottolineare fin dall’inizio la validità di ogni risposta possibile, dalle necessità pragmatiche e quotidiane alle aspirazioni più ampie, fino ai sogni.48 Dopotutto, ma questo la classe non lo saprà ancora, anche gli intervistati in Italia hanno affrontato lo stesso dubbio e, per di più, la varietà delle loro risposte costituisce una risorsa preziosa per riflettere in classe sulla cultura soggettiva e sul suo legame (vero o presunto) con quella oggettiva.

Da insegnante, quando per due volte sono giunta al momento in cui gli studenti, posti di fronte alle risposte arrivate dall’Italia, avrebbero dovuto individuare la ricorrenza dell’elemento della piazza, sono stata soggetta a una doppia apprensione: da una parte temevo che non avrebbero colto il fenomeno costringendomi a indurre la scoperta; dall’altra, vivevo il passaggio come una forzatura a prescindere, visto che in un certo senso l’intera attività si reggeva su un bluff iniziale. Per quanto riguarda il primo timore, a posteriori mi sento di tranquillizzare poiché in entrambe le classi con cui ho sperimentato l’attività la presenza della piazza è stata notata in più di un gruppo e senza alcuna difficoltà.49 Più in generale, in risposta al secondo imbarazzo, è bene tenere presente che l’attività rimane immutata anche se, eliminata la prima fase, l’insegnante indica espressamente il fenomeno agli studenti; visto che il percorso educativo non ha come obiettivo l’acquisizione di una nuova nozione (in questo caso il presunto legame tra città e piazza), il modo in cui essa viene introdotta è del tutto secondario.

La fase conclusiva dell’attività è imprevedibile perché non sono scontate le considerazioni che il percorso può aver ispirato agli studenti. Senz’altro esse dipenderanno dal contesto culturale (nazionale, istituzionale e sociale) in cui si opera nonché dalle conoscenze e dagli interessi dei singoli. Premesso che sarebbe opportuno avere chiari due o tre paralleli da suggerire (nel caso delle sperimentazioni in Irlanda mi ero ad esempio prefissata di fare domande sulla funzione sociale assolta nel passato e nel presente dai pub), è bene rimanere aperti agli spunti offerti dal gruppo-classe. Questi possono spaziare tematicamente a seconda degli input (culturali, interculturali o linguistici) che hanno maggiormente colpito i discenti. Durante le due esperienze fatte, la quantità e la varietà delle osservazioni finali sono state tali che mi è mancato il tempo di approfondirle tutte come avrebbero meritato; si andava infatti da considerazioni relative la cultura ‘alta’ irlandese, all’urbanistica, al tempo atmosferico. In due casi gli studenti sono arrivati ad interrogarsi sull’identità culturale e sul ruolo che vi occupava la lingua.50

Trattandosi di un’attività articolata sia in termini di quantità di stimoli offerti agli studenti che di operazioni e strategie metacognitive richieste, suggerisco di non gravare ulteriormente sui discenti chiedendo loro di esprimersi in italiano, a meno che non posseggano un livello di competenza attestabile intorno alla soglia del B2. Anche in quest’ultimo caso, comunque, condurrei la lezione in modo tale che gli studenti si sentissero liberi di esprimersi in L151 almeno nella fase iniziale e in quella finale in cui sono chiamati a interrogarsi sulla propria cultura di base. Infatti, la fluidità degli scambi e la prontezza con cui il singolo ricorre a forme di astrazione e riflessione complesse incidono in maniera considerevole sul suo processo di apprendimento facilitando il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Oltretutto, nel caso si volesse aumentare il peso specifico dell’acquisizione linguistica nell’economia generale dell’attività, è possibile perseguire più precisi obiettivi legati alla conoscenza o all’uso dell’italiano nei momenti dedicati alla lettura e all’analisi dei testi provenienti dalla cultura target.

 

 

4. RIFLESSIONI CONCLUSIVE

 

Quella presentata è un’attività complessa: si avvale di una pluralità di materiali, propone un’ipotesi di lettura aperta e non dei contenuti conclusi in sé, persegue obiettivi difficili da valutare a breve termine e richiede senz’altro tempo per la preparazione. Ma la complessità non è difficoltà; e ciò vale sia per gli studenti che per gli insegnanti.

I discenti beneficiano per cominciare del fatto che gli input culturali e interculturali proposti loro non si presentano semplificati, parcellizzati o artificiosamente ridimensionati come necessariamente avviene quando si pretende di adeguare le tematiche dei corsi all’effettivo livello di lingua delle classi. Supportati invece dall’estensivo ricorso alla L1 e motivati dal fatto di essere coinvolti attivamente in un progetto ermeneutico ampio e stimolante, fanno uso degli strumenti a loro disposizione per finalità autentiche: per studiare (esplorare, scomporre e capire), in quanto studenti, la linguacultura italiana. Mentre scoprono come i fenomeni sotto indagine possono essere interrelati, multidimensionali e polisemici, sviluppano forme complesse di conoscenza riguardo la lingua target e, a quel punto, sono pronti (motivati e preparati a costruire sul già noto) per analizzare, scomporre e acquisire con la guida dell’insegnante le forme e gli usi linguistici più appropriati al loro livello di competenza.

Quanto agli insegnanti, la complessità risiede in particolare nella necessità di gestire l’imprevisto a fini educativi e didattici. Come sottolineato da Vassallo: «le attività […] dovrebbero essere immaginate più in senso probabilistico che meccanico. Il testo ‘autentico’ e la lezione su esso incentrata potrebbero essere visti come disseminati di punti chiave, attivabili a piacere dai destinatari, insomma come una sorta di ipertesto» (Vassallo, 2006). Per l’insegnante ciò significa accettare l’imprevisto, l’imprevedibile, che cioè la lezione proceda per digressioni, rinvii e sorprese; non un testo lineare appunto, ma una rete co-gestita di possibilità e di potere distribuito tra studenti e docente. Ciò è tanto più vero per l’approccio interculturale, in cui le esperienze, i dubbi e le curiosità degli studenti sono parti integranti della competenza interculturale che s’intende stimolare e sviluppare nei singoli. D’altra parte, il dialogo non deve scadere nella chiacchiera così come non devono essere perse di vista le finalità educative e didattiche dell’attività: ciò significa creare ordine nella complessità, accogliere gli stimoli provenienti dai discenti ma assumersi anche la responsabilità di selezionarli, guidarli e modificarli. Perché ciò accada è necessario che l’insegnante ritagli per sé un ruolo specifico: sarà l’‘arbitro’ che guiderà e indirizzerà l’attività avendo piena cognizione degli obiettivi da raggiungere e il compito di perseguirli; non sarà né il rappresentante (in caso di docenti madrelingua) né l’esperto di cultura italiana. Piuttosto, l’essere italiano –comeil non esserlo– inciderà in maniera determinante sulla seconda funzione del docente che, in quanto partecipante al processo di scoperta, potrà apportare elementi culturali ulteriori scaturiti dalla propria esperienza personale in quanto membro del gruppo culturale nazionale o in qualità di assiduo frequentatore dell’Italia.

 

 

 

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1 Cfr. “Unità 14”, Mezzadri, Balboni 2000; “Unità 11”, Toffolo, Tommasini 2004; “Unità 5”, Bozzone Costa et al. 2005; “Lezione 7”, Conforti, Cusimano 2005; “Unità 4”, Piotti, De Savorgnani 2006; “Unità 3”, Marin, Magnelli 2007; “Unità 12”, Costamagna et al. 2008.

2 L’attività è stata testata con due diverse classi presso il Dipartimento di Italianistica della National University of Ireland, Galway. In seguito è stata modificata e migliorata.

3 Per chiarimenti sui significati delle espressioni ‘cultura oggettiva’, ‘cultura soggettiva’, ‘cultura alta’ e ‘cultura popolare’ si rinvia al § 2 dove le nozioni verranno introdotte e commentate contestualmente al loro utilizzo entro la proposta operativa.

4 Cfr. Byram, Zarate 1994; Byram, Tost Planet 2000; Beacco, Byram 2003; Lázár 2003, 2007.

5 Cfr. Kramsch negli Stati Uniti, Parmenter in Giappone, Lo Bianco in Australia; oltre agli ancora più numerosi apporti europei dovuti, tra gli altri, a Zarate, Beacco, Sercu, Risager, Guilherme.

6 Cfr. Alred et al. 2006; Byram 2008.

7 Qui come altrove si utilizza l’espressione ‘cultura di base’ perché abile a comprendere le diversità in senso lato siano esse sentite o espresse in termini nazionali, etnici, generazionali, religiosi, di genere, ecc.

8 Cfr. Byram, Zarate 1994; Byram 1997; Byram, Fleming 1998; Kramsch 1998.

9 Cfr. Byram 1997, 2000, 2003.

10 Cfr. Byram 1989, 1992.

11 Cfr. Kramsch 1993.

12 Cfr. Byram 1997; Sercu 2004.

13 Cfr. Kramsch, Andersen 1999; Fleming, 2003; Borghetti, 2008.

14 Il discorso dell’educazione alla cittadinanza entro la Foreign Language Education, prima di essere condotto sul piano ‘mondiale’, ‘globale’ o, appunto, «interculturale» (Guilherme 2002; Alred et al. 2006; Byram 2008), aveva già sollevato interesse in relazione al concetto di cittadinanza europea (Byram 1992, 1996; Starkey 2003).

15 T.d.A.

16 Le immagini proponibili in classe sono molteplici e non sarà difficile trovarne di nuove in rete o altrove. Non di meno, è possibile ricevere gratuitamente il file (in formato PowerPoint) contattando l’autrice per posta elettronica.

17 Per ‘cultura soggettiva’ (che si affianca ad una ‘oggettiva’ o ‘materiale’) s’intendono le caratteristiche psicologiche condivise da un gruppo di persone, il loro modo di percepire il proprio ambiente sociale (Triandis 1972). In particolare, fanno parte della cultura soggettiva: «categorie», «associazioni», «credenze», «atteggiamenti», «norme», «ruoli», «compiti», «valori», «orientamento dei valori» (Triandis 2002; T.d.A.).

19 Saranno presentati e commentati in seguito ulteriori argomenti che possono prestarsi all’applicazione della metodologia qui adottata (§ 3.1).

20 Lo scambio di idee può anche essere condotto in modo tale che il gruppo-classe sia invitato a esplorare le dinamiche stesse del lavoro collaborativo. A tal fine, si possono porre agli studenti interrogativi quali: i membri del gruppo si sono trovati d’accordo sugli elementi da citare? Quali sono stati gli aspetti maggiore accordo/disaccordo? Come sono state risolte le eventuali divergenze di vedute?

21 Ci si riferisce qui ai ‘testi’ nell’accezione dei Cultural Studies: «Un testo è una metafora che richiede creazione di significato attraverso l’organizzazione dei segni in rappresentazioni. […] Dato che immagini, suoni, oggetti e pratiche sono sistemi simbolici che creano significato attraverso lo stesso meccanismo di base di una lingua, possiamo riferirci ad essi in termini di testi culturali. Dunque, l’abbiglimento, i programmi televisivi, le immagini, gli eventi sportivi, le pop stars, ecc. possono tutti essere letti come testi» (Barker 2004: 199; T.d.A.).

22 Con l’espressione ‘cultura popolare’ ci si riferisce alla tradizionale e dibattuta distinzione tra ‘cultura alta’ e ‘cultura popolare’: la prima rappresentata dalle arti e in particolare dalla letteratura, la seconda che trova espressione in programmi TV, riviste, videoclip, ecc. (low/popular culture) così come in edifici, routine, balli popolari, ecc. (folk culture).

23 Per il concetto di media literacy si rimanda alla Critical Pedagogy, tra cui: Giroux 1992.

24 La somministrazione è avvenuta via e-mail: hanno risposto alle domande nove degli undici intervistati che, di età compresa tra i 18 e i 55 anni, risiedevano in quattro diverse regioni italiane (Toscana, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte).

25 Per il dibattito sul concetto di ‘materiale autentico’ si veda nello specifico della FLE, Kramsch 1993 e Byram, Feng 2000.

26 Uno degli intervistati cita la piazza al primo posto, due la menzionano al secondo e altri due al terzo. Nello specifico, le risposte sono: «spazi verdi, piazze» (Inter. 2); «Abitanti sorridenti e che amano vivere negli spazi comuni, aperti della città (piazze, strade)!» (Inter. 5); «Spazi pubblici come piazza, parchi, piscine, etc.» (Inter. 6); «Piazze dove giovani e meno giovani si possano incontrare per discutere» (Inter. 7); «Locali, spazi per incontrarsi, piazze, portici per passeggiare, per ‘fare’ con gli altri» (Inter. 9).

27 Le pagine citate propongono una breve rassegna storica sulle origini della piazza ed espongono le funzioni (politica, religiosa ed economica) da essa tradizionalmente assolte nelle città europee. Nel “Preambolo” sono inoltre offerti una serie di esempi di scrittori, pittori e architetti la cui opera ha gravitato a vario titolo intorno alla piazza; la sua lettura quindi è anche una buona occasione non solo per arricchire l’attività di ulteriori spunti e idee ma anche per pianificarne attentamente la collocazione entro il curricolo di lingua (ad esempio in occasione della lettura di Boccaccio o parlando della commedia dell’arte).

28 Qui sarà l’insegnante a offrire informazioni sul fenomeno nel caso, come è probabile, gli studenti non ne abbiano fatto esperienza diretta.

29 Per fare solo qualche esempio: Piazza Italia (catena di negozi di abbigliamento), Centro Commerciale in Piazza (Provincia d’Isernia), Centro Commerciale Piazzagrande (Provincia di Padova), Centro Commerciale Piazza (Provincia di Trapani), Centro PiazzaLodi, ecc.

30 Si pensi ad esempio a tutte quelle pratiche che, un tempo condivise con la comunità anche per necessità oggettive, adesso appartengono pienamente alla sfera privata o famigliare: lavarsi i capelli, litigare, rimproverare i figli, ecc.

38 Immagini tratte da: http://www.sottocasa.rai.it.

39 Per ragioni di copyright, non è stato possibile includere lo spezzone all’interno della presente pubblicazione. L’autrice è a disposizione per offrire informazioni riguardo il reperimento e l’utilizzo del materiale audiovisivo consigliato.

40 Non virgolettata a costituire un neologismo, l’espressione ‘linguacultura’ è utilizzata sulla scia di Risager 2007 la cui «languacultura» costituisce una rilettura dell’originale sorto in seno all’antropologia linguistica di Agar 1994.

 

42 È il terzo obiettivo menzionato nella tabella che apre l’articolo (Tab. 1).

43 Il delicato ruolo dell’insegnante in seno all’attività sarà ripreso e sviluppato in seguito (§ 3.3).

44Ad esempio: le novelle di Frate Cipolla e Frate Alberto (la seconda novella della giornata quarta e la decima della giornata sesta).

45 Si vedano in particolare le novelle Jeli il pastore e Guerra di santi.

46 In Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

47 Il sito web della trasmissione è: http://www.piazzagrande.rai.it.

48 Per fare alcuni esempi delle risposte ottenute in occasione delle sperimentazioni effettuate: «Low crime rate»; «People: A place where people is open minded, kind, people that is used to new experiences or a continually travelling people»; «Parks/recreation», ecc.

49 In particolare, come risulta dalle riprese video effettuate durante il modulo Italian Culture: An intercultural Approach, la classe stava discutendo della pulizia delle città italiane e irlandesi quando l’attenzione si è spostata sulla piazza. Dalla trascrizione del video (20:32):

  • Studente A: «[…] Yes, and they mention “squares where young and less young people can meet, talk”…»

  • Studente B: «There are also squares later. For example… “spazi pubblici come piazze, parchi”...»

50 Le citazioni che seguono sono tratte dagli elaborati scritti (per lo più appunti) raccolti al termine dell’attività: «[…] Many great Irish works of literature were destroyed during foreign occupation of our country. Some good modern literature has been produced over the last century» (Studente A); «I had the chance to think about the lack of planning of our cities […]» (Studente B); «When the two lists were compared of our ideal city + the Italians’ ideal city, they were very similar which was interesting. They did refer to the sun though for once the Irish forgot about the weather!» (Studente C); «How western society is becoming more and more akin to the American society maybe thinking about the very idea “what does it mean to be Irish?”» (Studente D); «Each aspect of Italian culture is strong, spoken language, literature history art etc. By contrast Irish as a spoken language is weak + many Irish people are not concerned. […] Music + dance (Irish) are strong but a living language is most important» (Studente E).

51 È evidente che per gli studenti di madrelingua diversa da quella d’insegnamento (che, in contesti di LS è comunemente la L1 della maggioranza dei membri della classe), questa fasi, così come l’intero percorso didattico, risultano comunque mediate da una terza linguacultura.

 

 

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