Settembre 2013  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Imparare l’italiano fotografando di Laura Abeni, Ilaria Giuriola, Rita Moreschini

ABSTRACT

Il progetto “Imparare l’italiano fotografando” si articola intorno al tema della fotografia come veicolo dell'insegnamento di lingua in un laboratorio di italiano L2 rivolto alla scuola primaria. L’idea è nata dalla riflessione sulle tematiche della motivazione derivante dal piacere, del coinvolgimento di diversi canali sensoriali nel processo di apprendimento e della didattizzazione di materiale autentico.

La scelta del tema della fotografia è stata dettata da due ragioni: si tratta di un argomento interessante dal punto di vista motivazionale, in quanto combinazione di tecnica, creatività, arte e scienza. Dal punto di vista didattico, il tema permette di spaziare in vari ambiti lessicali e cognitivi. Il progetto prevede la sperimentazione di due approcci metodologici, il Cooperative Learning (CL) e il Content and Language Integrated Learning (CLIL).

 

 

1. IL PROGETTO IN BREVE

Il progetto è stato sperimentato in una scuola primaria di Padova, caratterizzata da un’alta densità di alunni stranieri. Il laboratorio è stato realizzato in orario pomeridiano, ha avuto cadenza settimanale per un totale di 14 incontri di due ore ciascuno.

Hanno partecipato sette bambini di provenienza eterogenea, frequentanti le classi terze, quarte e quinte. Alcuni di loro sono nati in Italia, altri arrivati da meno di un anno. Per definire il loro livello iniziale di conoscenza della lingua italiana, è stato somministrato un test prognostico, che ha permesso di individuare le potenzialità e le lacune di ciascuno.Nella fase di valutazione finale, è stato somministrato invece un test sommativo, al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, sia a livello di contenuti che di competenza comunicativa e morfosintattica.

Le attività proposte nel laboratorio hanno avuto come filo conduttore la tematica dei gesti e delle emozioni rappresentate nelle diverse culture. La fotografia ha permesso di fare emergere le differenze nella gestualità, e le somiglianze nella manifestazione transculturale delle emozioni. I bambini sono stati guidati nello sviluppo della capacità di osservazione del mondo e degli altri: un’osservazione della realtà da punti di vista diversi, libera e creativa, in cui le differenze diventano ricchezza comune. La metodologia CL ha fatto emergere in quest’ottica le qualità e le capacità di tutti i bambini, tenendo conto della loro diversità e ponendo le basi per il superamento di pregiudizi e stereotipi.

Nel corso del laboratorio, sono state utilizzate tre macchine fotografiche digitali semiprofessionali, che permettessero agli studenti di scattare anche in modalità non automaticaÈ stato inoltre coinvolto un esperto per realizzare alcuni video ad introduzione delle tematiche affrontate.

 

 

2. LA FOTOGRAFIA

La fotografia, mezzo per imparare sperimentando con canali sensoriali diversi, è un materiale autentico che non rappresenta di per sé un argomento linguistico ma diventa tale attraverso la mediazione didattica dell’insegnante. Per permettere ai bambini di apprendere in modo inconscio secondo il principio della “Rule of Forgetting” di Krashen, sono stati tradotti in materia di studio elementi afferentiall’ambito extrascolastico.

La fotografia costituisce un canale creativo che dà forma pratica alla curiosità dei bambini e alla loro voglia di sperimentare. La motivazione, quindi, si basa sul piacere e non sul bisogno.

Inoltre, la fotografia permette di osservare il mondo da prospettive e punti di vista diversi, abituando i bambini all’esistenza di diverse interpretazioni della medesima realtà. Si è scelto di sviluppare il tema “Mani, occhi, sorriso” perché dal punto di vista pratico, i bambini hanno potuto sperimentare le diverse inquadrature (dettagli, primi piani), dal punto di vista interculturale, hanno lavorato sui gesti e sulle emozioni.

A livello tecnico, si sono affrontate le regole basilari della fotografia, riguardanti l’inquadratura e la gestione della luce. Gli argomenti trattati sono stati: i diversi piani fotografici, i tagli, la messa a fuoco, l’esposizione e le ombre.Sono stati introdotti alcuni elementi del linguaggio fotografico, pur senza entrare nello specifico.

L’obiettivo era abituare i bambini ad osservare in maniera critica la realtà circostante (scuola, compagni, cortile) e a saperne cogliere i dettagli significativi. La creatività della fotografia ha fatto emergere anche negli studenti più timidi e con deficit cognitivi dei talenti inaspettati.

 

 

3. IL COOPERATIVE LEARNING NEL LABORATORIO DI ITALIANO L2

Nella strutturazione del laboratorio, il riferimento teorico sono stati i cinque elementi posti dai fratelli Johnson alla base del Learning Together: l’interdipendenza positiva, l’interazione diretta costruttiva, la responsabilità individuale, le abilità sociali e la valutazione del lavoro di gruppo.

Per raggiungere tali obiettivi si è rivelato utile anche loStructuralApproach di Spencer Kagan. Tale approccio nel laboratorio ha risposto all’esigenza di creare delle strutture di lavoro che garantissero l’effettiva interdipendenza positiva, coinvolgendo studenti che si avvicinavano al Cooperative Learning per la prima volta.

 

 

4. LA FORMAZIONE DEI GRUPPI

Sono stati creati gruppi eterogenei per livello, secondo i suggerimenti di Cohen (1999) non lasciando che fossero gli alunni a scegliersi in base alle simpatie o alle classi di appartenenza, ma cercando di affiancare bambini con temperamenti diversi.

All’interno del gruppo, è stato assegnato a ciascun alunno un ruolo specifico, da ricoprire a turno nel corso del laboratorio per sviluppare la leadership distribuita. Nella definizione dei ruoli, si è tenuto conto dialcune funzioni chiave che favorissero la gestione e il funzionamento del gruppo, prendendo ispirazione dal gioco del calcio. Questo ha permesso di dare rimandi concreti ai bambini del tipo di attività richiesta a ciascuno di loro in base al ruolo assegnato. Per ciascun gruppo è stato scelto un arbitro con la funzione di supervisore (controllare il volume della voce, gestire gli spostamenti del gruppo senza fare rumore, assicurarsi che i membri del gruppo svolgano il compito assegnato secondo i turni, rispettare i tempi); un capitano con la funzione di portavoce (scrivere le risposte una volta che il gruppo è concorde, incoraggiare la partecipazione di tutti) e un allenatore-tifoso con il compito di sostenere il gruppo (suggerire come svolgere il compito, stimolare il gruppo).

 

 

5. LE ABILITÀ SOCIALI

Si sono definiti gli obiettivi riguardanti le abilità sociali da insegnare agli studenti affinché il lavoro in gruppo fosse efficace ed efficiente.

Tali abilità vengono classificate dai fratelli Johnson (2002) su quattro livelli:

 

  1. Gestione: come stare in gruppo (senza alzarsi e gironzolare), fare a turno (prima tu poi io), essere educati

  2. Funzionamento: condividere le idee, incoraggiare i compagni, guidare il lavoro del gruppo

  3. Apprendimento: assicurarsi che tutti capiscano e padroneggino il materiale

  4. Stimolo: stimolare l’approfondimento e la ricerca.

 

Considerando la durata limitata del laboratorio, sono state sviluppate le abilità fondamentali di gestione e funzionamento del gruppo: si è insistito sulla capacità di ascoltare e rispettare i turni di parola, stare seduti e organizzare lo spazio del gruppo, condividere le risorse a disposizione.

A tal proposito si sono messi in atto vari tipi di interdipendenza per stimolare i bambini a lavorare cooperativamente, tra i qualiinterdipendenza delle risorse, dei ruoli, di identità e interdipendenza rispetto all'avversario.

Si è dato largo spazio agli esempi pratici di realizzazione delle abilità, anche tramite role play, affinché il rimando ai concetti introdotti fosse il più concreto possibile. La formulazione di richieste e regole è sempre stata fatta in positivo: si sono forniti agli studenti esempi e dimostrazioni di ciò che si deve fare, anziché di ciò che non si deve fare.

Inoltre si è ricorso allo StructuralApproach di Kagan. Si tratta di una serie di strutture di lavoro utili per progettare e gestire dei percorsi formativi dove siano valorizzati alcuni dei principali obiettivi del Cooperative Learning: la collaborazione, l'interazione, la responsabilità individuale dei partecipanti e il coinvolgimento del maggior numero possibile di alunni. Queste strutture sono dei modelli di lavoro che permettono di organizzare l'interazione degli apprendenti in classe a coppie, in piccoli gruppi o nel grande gruppo. Sono diversificate e spendibili per vari obiettivi: clima di gruppo, socializzazione, introduzione delle UdA, scambio delle informazioni, competenze comunicative. È l'insegnante che deve scegliere la struttura più adeguata e combinarla con altre per creare delle lezioni multi-strutturali che stimolino le diverse intelligenze, in modo da motivare e coinvolgere il maggior numero di studenti. Kagan (2000)infatti presta molta attenzione alla questione delle intelligenze multiple: “L'input deve essere multi-modale, deve interessare i diversi sensi perché alcuni studenti sono più portati per l'apprendimento visivo, altri per quello uditivo, altri per quello cinetico”.

 

 

6. LE ATTIVITÀ PRATICHE

Per aiutare i bambini a sviluppare l’interdipendenza di ruoli, è stata proposta loro una rivisitazione dell’attività Bruco cieco di Kagan, che ha come scopo principale far riflettere sull’importanza della fiducia reciproca e della collaborazione. Ad ogni bambino viene assegnato un ruolo corrispondente a una parte del corpo (occhio, braccio, voce e piede). Ciascun ruolo ha una penalità che gli impedisce di lavorare da solo, quindi ogni membro del gruppo deve collaborare per raggiungere l’obiettivo comune. Alla fine, si è realizzato un debriefing sullo svolgimento del gioco e sulle emozioni provate. Per rafforzare la capacità di collaborare con i compagni, è stata utilizzata l’attività Cerchi rotti di Cohen. Si tratta di un gioco basato sul dare: ogni bambino ha a disposizione dei pezzi disomogenei con i quali non potrebbe fare un cerchio, senza condividerli o scambiarli con i compagni. Anche in questo caso, l’obiettivo comune si può raggiungere solo con il contributo di tutti.

All’inizio del laboratorio è emersa la ridotta capacità dei bambini di ascoltarsi l’un l’altro e la tendenza diffusa a parlarsi sopra. Sono state attiviate quindi alcune strategie per insegnare loro a rispettare i turni di parola. Una tecnica che si è rivelata molto efficace è stata l’istituzione di un microfono fittizio, che regolasse gli interventi di ciascuno: parla solo chi ha il microfono, si ascolta chi ha il microfono, si alza la mano per chiederlo. Può risultare efficace che l’insegnante dia l’esempio utilizzando per primo questo strumento e stimolando la riflessione sull’importanza dell’ascolto.

A tal proposito, è stata usata anche la struttura di Kagan dei Gettoni, cheprevede un argomento di discussione generale a cui ogni membro del gruppo può partecipare pagando un gettone ogni volta che vuole realizzare un intervento. I gettoni aiutano a stimolare la capacità di ascolto attivo e la comunicazione efficace nel rispetto delle idee altrui. Le abilità sociali coinvolte sono: rispetto del turno di parola, partecipazione di tutti i membri del gruppo, confronto costruttivo di idee, numero di interventi e durata uguale per tutti. Data l’efficacia e la spendibilità di questa struttura, è stata riproposta in diverse fasi delle UdA.

Un’altra attività che permette un confronto efficace di idee è l’Intervista a tre passi, grazie alla quale tutti i membri del gruppo condividono le medesime informazioni. Gli studenti pensano individualmente a un quesito posto dall’insegnante, poi si dividono in coppie e si scambiano le opinioni facendo da intervistatore e da intervistato. Infine si riuniscono in un quartetto e ogni membro riferisce al gruppo quanto ascoltato in precedenza. Segue uno scambio generale diidee.

Per sviluppare l’interdipendenza positiva a vari livelli, si è scelto di utilizzare la struttura di KaganTeste numerate insieme, che permette di lavorare allo stesso tempo anche sulla responsabilità individuale.

Tutti i membri del gruppo devono attivarsi a trovare assieme una soluzione o una risposta e devono assicurarsi che tutti la sappiano; adognuno infatti viene assegnato un numero e potrebbe essere chiamato a rispondere. L'insegnante, dopo aver formulato un problema o una domanda, lascia del tempo per riflettere e scambiarsi le idee, infine chiama un numero a caso. La persona chiamata quindi ha una forte responsabilità individuale perché deve rispondere a nome di tutti.Tale struttura è stata proposta frequentemente come sfida tra due squadre in competizione tra loro. Questo rende l’attività più stimolante e motivante per gli alunni, che si impegnano con l’obiettivo di far vincere la propria squadra. Il senso di sfida crea motivazione e interdipendenza sia rispetto all’avversario sia di identità. Per rafforzare quest’ultimo aspetto si è deciso di offrire agli alunni occasioni per festeggiare il proprio successo di gruppo, sottolineando l’efficacia del sostenersi a vicenda e congratularsi per l'obiettivo raggiunto.

 

 

7. FEEDBACK E MONITORAGGIO

Particolare attenzione va data ai momenti iniziali e finali di ciascun incontro: all’inizio di ogni lezione, è utile ricordare i comportamenti efficaci da tenere e le norme cooperative individuate in precedenza.

Nello specifico del laboratorio, le insegnanti hanno sempre comunicato ai bambini le osservazioni sui loro comportamenti, e chiesto loro come avrebbero potuto fare per “fare meglio”. Il feedback su come, lezione dopo lezione, i bambini usano le abilità presentate, è un momento molto importante e costruttivo. Costituisce infatti un’opportunità per abituarli ad acquisire progressivamente maggiore capacità di analisidei comportamenti propri e dei compagni.

Oltre ai momenti dedicati ai feedback e ai debriefing, sono molto utili le osservazioni informali che permettono di cogliere aspetti importanti dell’atteggiamento deglistudenti. A queste si affiancano osservazioni strutturate, basate su schede di rilevazione del grado con cui gli studenti manifestano i comportamenti richiesti.

Per incoraggiare l’automonitoraggio si è proposto agli alunni il seguente questionario. Questionario

 

 

8. UN ESEMPIO DI UDA

Si inserisce a titolo esemplificativo la prima UdA di introduzione al percorso.

 

 

9. Il CLIL nel laboratorio “Imparare l’italiano fotografando”

Il metodo CLIL è stato tradotto all’interno del laboratorio mediante la trattazione del tema fotografico inteso come disciplina. Si è utilizzata la lingua italiana, che costituiva nel contempo la lingua veicolare di tutti i bambini del gruppo e la loro L2.

Il successo dell’utilizzo dell’approccio CLIL si è dimostrato fin dai primi incontri: dopo la seconda lezione si è notato come i bambini padroneggiassero in maniera corretta e naturale termini propri della fotografia e ne sapessero dare una definizione precisa. Con il passare delle lezioni gli alunni hanno imparato ad usare i termini specifici della disciplina senza prestare alcuna attenzione alla lingua, perché il contenuto di per sé motivante ha reso l’acquisizione linguistica più semplice1. Inoltre al termine di ogni lezione i bambini applicavano concretamente le tecniche apprese nel corso del laboratorio e “facendo” hanno avuto la possibilità di sperimentare sia la fotografia sia la lingua. La presentazione della disciplina in modo “esperienziale” ha permesso che l’apprendimento diventasse significativo, poiché un “contenuto che si fonda su esperienze concrete non è solo più facile da capire ma stimola l’apprendimento linguistico, perché gli elementi visibili e l’esperienza concreta rendono l’input comprensibile” (Barbero 2006).

Questi risultati sono stati possibili anche grazie all’impostazione cooperativa del laboratorio. L’ambiente CLIL, infatti, come introdotto da Cardona(2008), “promuovendo un percorso più naturale e autentico, consente, attraverso le attività cooperative, la socializzazione tra gli allievi, la condivisione delle conoscenze e l’abbassamento di quei fattori ansiogeni tipicamente legati ai percorsi didattici tradizionali incentrati sulla sola competenza linguistica”. Lavorare con i compagni in ottica cooperativa e non competitiva ha permesso a tutti i bambini di potenziare le proprie carenze e di far emergere i propri punti di forza. Coloro che avevano maggiori difficoltà a livello linguistico hanno dimostrato una particolare predisposizione alla fotografia e hanno aiutato i compagni a produrre dei lavori significativi.

Dal punto di vista contenutistico, gli argomenti fotografici, permeati di elementi matematici, hanno permesso di affrontare con l’approccio CLIL anche la disciplina della matematica. Si è dedicato un incontro al rinforzo di alcuni argomenti di matematica legati alle tecniche fotografiche, e al lessico ad essi relativo.

 

 

10. CONCLUSIONE

Nell’esperienza del presente laboratorio ci siamo avvicinate per la prima volta in maniera concreta alle metodologie del CL e del CLIL per sperimentarle personalmente nella didattica.

Il Cooperative Learning è stato di supporto allo svolgimento dell’intero laboratorio perché ci ha aiutate a creare un ambiente di lavoro più partecipativo, ha migliorato il clima di gruppo e il modo di relazionarsi degli studenti. Grazie ad attività mirate abbiamo potuto lavorare sulle difficoltà principali emerse nei primi incontri e abbiamo visto che i bambini hanno saputo far proprio gradualmente lo spirito cooperativo.

Tuttavia riteniamo, alla luce della nostra esperienza di breve durata, che per poter sviluppare a pieno le potenzialità del CL, sia auspicabile integrarlo con continuità nelle attività scolastiche. Abbiamo rilevato infatti che le due ore di laboratorio settimanali siano uno spazio troppo ridotto sia per trasmettere agli studenti le abilità sociali indispensabili alla cooperazione efficace, sia per raggiungere obiettivi didattici complessi. Pensiamo quindi che la metodologia del CL debba essere adottata con maggiore sistematicità, per evitare che si traduca in un semplice intervento sporadico.

Ci siamo infatti accorte di come i tempi dell’apprendimento cooperativo siano più lunghi del tempo della lezione frontale: gli studenti, oltre alle materie scolastiche, devono imparare anche le abilità interpersonali per potersi relazionare con i compagni. L’apprendimento cooperativo si basa sull’interazione delle preconoscenze degli alunni rispetto al tema proposto, sull’integrazione delle informazioni di ciascuno a beneficio del gruppo, sulla collaborazione verso un compito comune. Affinché tale collaborazione sia efficace, è necessario dedicare un tempo adeguato alla riflessione e all’insegnamento delle abilità sociali anche a costo di allungare i tempi di realizzazione delle attività previste.

Rispetto alla fotografia, la scelta dell’argomento si è rivelata vincente per stimolare la motivazione e creare la situazione ideale per incoraggiare l’apprendimento a livello inconscio. Il principale motore del laboratorio è stata, in effetti, la voglia dei bambini di fotografare. Ci siamo stupite dell’attenzione che hanno posto sugli aspetti teorici e sulla tecnica, e della facilità con cui li hanno interiorizzati e assimilati.

In conclusione, riteniamo che il successo del laboratorio sia stato determinato dalla combinazione tra il CL e la motivazione basata sul piacere. La fotografia ha stimolato i bambini a osservare la realtà da varie prospettive. Inoltre, le abilità sociali e l’attenzione posta sul gruppo anziché sul singolo, hanno permesso di acquisire consapevolezza dell’esistenza di punti di vista diversi e di riconsiderare la propria percezione dell’altro. Sarebbe auspicabile,in ottica interculturale, che queste considerazioni costituissero il punto di partenza per approfondire la riflessione in maniera più strutturata nel contesto classe.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

A.R.I.A.C., 2003, Kagan: alcune strutture, Cesenatico, A.R.I.A.C.

BARBERO T., 2006, “Insegnare in lingua straniera: quali sfide? Quali difficoltà?”, in Coonan C. M. (a cura di), CLIL: un nuovo ambiente di apprendimento. Sviluppi e riflessioni sull’uso veicolare di una lingua seconda/straniera,Venezia, Cafoscarina, pp. 105-117.

BALBONI, P. E., 2008, Fare educazione linguistica, Novara, UTET.

CARDONA, M., 2008, “Lo sviluppo della competenza lessicale in ambiente CLIL. Riflessioni linguistiche e umanistico-affettive”, in Coonan C. M. (a cura di), CLIL e l’apprendimento delle lingue. Le sfide del nuovo ambiente di apprendimento. Venezia, settembre 2008, Cafoscarina, pp. 177-192

COHEN E. G., 1999, Organizzare i gruppi cooperativi. Ruoli, funzioni, attività, Trento, Erickson.

COMOGLIO M., 1998, Educare insegnando, apprendere ed applicare il Cooperative Learning, Roma, LAS.

COONAN, C.M., 2002, La lingua straniera veicolare, Torino, UTET.

JOHNSON, D., JOHNSON R., JOHNSON, H., 2002, Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il rendimento, Trento, Erickson.

KAGAN, S., 2000, L'apprendimento cooperativo: l'approccio strutturale, Roma, Lavoro.

SERRAGIOTTO G, 2003, CLIL. Apprendere insieme una lingua e contenuti non linguistici, Perugia, Guerra.

 

 

 

SITOGRAFIA

<http://www.apprendimentocooperativo.it>

Il sito, in italiano, è il portale di Cooperative Learning della Provincia di Torino. Una comunità di pratica e di apprendimento che raccoglie 5.000 insegnanti di scuole di ogni ordine e grado. Il portale raccoglie al suo interno progetti riguardanti l’applicazione del Cooperative Learning nel contesto scolastico e fornisce un’ampia gamma di informazioni relative a tale metodo, sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista pratico.

 

<http://www.clilcompendium.com/>

Il sito, in inglese, raccoglie al suo interno i risultati di un progetto che si è focalizzato sull’approccio CLIL nelle sue diverse dimensioni: la dimensione culturale, ambientale, linguistica, contenutistica e didattica. All’interno del sito, inoltre, si possono trovare informazioni generali sul CLIL, sulle pietre miliari ad esso relative e sulle sue potenzialità dal punto di vista dell’applicazione pratica.

 

<http://www.co-operation.org>

Questo sito, in inglese, è il portale del Cooperative Learning Institute. Tale istituto è un ente non profit nato nel 1987 con lo scopo di condurre ricerche sull’interdipendenza positive e sull’educazione degli individui sulla natura della cooperazione e la risoluzione costruttiva dei conflitti. Tale portale raccoglie al suo interno articoli e pubblicazioni relative al Cooperative Learning.

 

<http://www.jigsaw.org>

Si tratta del sito ufficiale della cosiddetta “classe jigsaw”. Il jigsaw rappresenta una tecnica del Cooperative Learning che promuove un apprendimento significativo, migliora la motivazione degli studenti e aumenta il divertimento dell’esperienza dell’apprendimento. Nel sito si possono trovare esempi di applicazione deljigsaw nella realtà scolastica e materiali teorici relative a questa tecnica.

 

<http://www.kaganonline.com>

Il sito, in inglese, raccoglie al suo interno pubblicazioni e workshop relativi alle strutture di Kagan e alla loro applicazione pratica. Questo sito rappresenta un ottimo strumento per comprendere e applicare nella pratica didattica le tecniche proposte dallo studioso americano.

 

<http://www.scintille.it>

Il sito, in italiano, è gestito da professionisti nell’ambito dell’educazione e della cosiddetta lifelonglearning. All’interno del portale si possono trovare informazioni sulla metodologia didattica, sulla progettazione e la valutazione, sulla leadership e lo sviluppo professionale, sul Cooperative Learning. Per quanto riguarda il Cooperative Learning sul sito si possono trovare vere e proprie UdA da cui prendere spunto per lo sviluppo di diverse abilità sociali e l’acquisizione di contenuti disciplinari.

 

 

1 Come sottolinea Balboni “il principio di fondo è che l’acquisizione della lingua è facilitata quando non ci si concentra sulla lingua stessa ma la si usa per fare qualcos’altro. Si veda Balboni, 2008: 52.

 

Laboratorio Itals newsletter

Iscriviti per essere notificato quando é disponibile un nuovo numero del Bollettino ITALS

Abbonamento a Laboratorio Itals newsletter feed

Contatti

Per informazioni contattaci ai seguenti recapiti


Per informazioni sui Master: