Febbraio 2009 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
Prosegue in questa seconda parte il saggio apparso nel n. di novembre 2008 del Bollettino Itals.
6. BRAINSTORMING DI CLASSE: RIFLESSIONI SUL SISTEMA SCOLASTICO E SULLE MODALITÀ DI APPRENDIMENTO DELL’INGLESE LS NELLA CULTURA EMIRATINA.
Non avendo a disposizione testi specifici o mediatori culturali di riferimento, abbiamo interpellato direttamente gli studenti al fine di conoscere gli aspetti della cultura loro cultura riguardanti le modalità di apprendimento in generale e, nello specifico, delle lingue negli Emirati. Così facendo abbiamo, al contempo, inteso stimolare una riflessione da parte degli studenti su aspetti del proprio modo di imparare che solitamente sono impliciti; inoltre, lo stile di apprendimento non rimanda solo alla dimensione individuale dello studente (il suo modo di comprendere, memorizzare, collegare, ecc.), ma anche a tutta una serie di aspetti della propria cultura d’origine come, ad esempio, lo stare a scuola, le modalità didattiche privilegiate (lezione frontale, lavoro in gruppi), le modalità organizzative scelte dalle istituzioni scolastiche (spazi, tempi, ecc.), le discipline considerate più importanti, ecc.
Abbiamo cercato di favorire lo scambio di idee su tre argomenti (Com’è la scuola negli Emirati? Com’è un tipico insegnante arabo? Come si insegna/impara l’inglese nella scuola pubblica emiratina?) seguendo il flusso della conversazione, cercando di evitare restrizioni, formulando domande stimolo, se necessario, evitando di esprimere giudizi che inibissero la spontaneità della classe.
Negli EAU sono presenti sia scuole pubbliche che private, fra queste ultime anche istituti anglofoni e francofoni in cui sillabo e lingua veicolare appartengono alla nazione di origine. Per tradizione gli emiratini scelgono la scuola araba per la formazione di base dei propri figli: i bambini emiratini frequentano classi miste per i primi anni della scuola elementare mentre, a partire dalla scuola media, vengono separati in sezioni maschili e femminili. Gli istituti scolastici occidentali, a classi miste, sono frequentati in maggioranza dai figli di espatriati occidentali. Per gli studi universitari molti emiratini optano per un ateneo internazionale fra quelli presenti sul territorio (American University, Wollongong, Sorbonne). Esistono, ovviamente, anche università locali, alcune esclusivamente femminili, che consentono di proseguire gli studi anche alle ragazze emiratine provenienti da famiglie più conservatrici.
Il tipico insegnante emiratino descrittoci dalla classe è solitamente molto severo: fino ad alcuni anni fa era anche diffuso l’uso di punizioni corporali, prassi ormai scomparsa. La severità, oggigiorno, si esprime attraverso rigide regole di comportamento che riguardano l’abbigliamento (e il trucco, per le ragazze), il rispetto delle strutture della scuola e dell’insegnante che si manifesta soprattutto attraverso la diligenza nello svolgere i compiti a casa. Ciononostante, secondo gli studenti, anche negli Emirati come in altre nazioni, l’insegnante, che fino a qualche tempo fa era considerato un elemento portante della società, quasi sacro (<...the teacher was considered like God>), oggi viene trattato come un impiegato al totale servizio dell’istituzione scuola. A parer loro, la facilità con cui è possibile diventare insegnanti al giorno d'oggi influisce sulla preparazione degli stessi e, di conseguenza, sulla qualità dell’insegnamento. Al tempo stesso, spesso accade che insegnanti preparati si vedano costretti a scendere a compromessi pur di mantenere il proprio posto di lavoro, attribuendo voti immeritati, spontaneamente o dietro sollecitazione. Perso il potere conferitogli dalla valutazione, l’insegnante perde anche gran parte dell’autorità nel gestire la classe: negli istituti di grado inferiore, soprattutto nelle scuole elementari, i bambini si comportano in modo indisciplinato.
Secondo l'esperienza dei nostri studenti, nel sistema scolastico emiratino la gestione della comunicazione in classe è basata su un modello di lezione frontale in cui predomina il potere istituzionale dell’insegnante, <In the classroom don’t open your mouth. I am the teacher and you have to obey me and my rules>
Questo tipo di impostazione si affianca ad un approccio didattico deduttivo, in cui il processo di insegnamento-apprendimento è inteso in senso tradizionale come trasferimento di contenuti dal docente a discenti seduti in fila, di fronte alla cattedra. Le lezioni non prevedono attività collaborative in coppia o in gruppo. Lo scambio dialogico non è incoraggiato, se non da una minoranza di insegnanti e, anche in quei casi, si tratta fondamentalmente di uno scambio fra docente e gruppo classe, ma non fra pari.
Abbiamo rilevato come opinione diffusa fra gli studenti che la qualità del sistema educativo emiratino vada migliorata, soprattutto nelle scuole superiori, in particolare per quanto riguarda la conoscenza della lingua inglese: l’insegnamento di quest’ultima, infatti, è solitamente svolto da docenti non madrelingua, la cui pronuncia, a detta degli studenti, è spesse volte segnata da un forte accento, tipico di alcune varietà diatopiche (Egyptian English, Indian English), percepito come modello lontano dallo standard della lingua in oggetto. Lo sviluppo nei discenti di una competenza comunicativa globale nella lingua target è ostacolato dal forte peso posto sulla grammatica, secondo una prospettiva teorica che fa riferimento ad approcci formalistici. La modalità di insegnamento della lingua straniera sembra essere piuttosto tradizionale: nonostante possibili contatti e influenza di modalità internazionali che si ispirano ad approcci più innovativi – come quello comunicativo – la scuola emiratina cura maggiormente l’aspetto formale della lingua, seguendo fondamentalmente un approccio grammaticale, attuato attraverso lezioni frontali e con ridotta possibilità di interazione in LS per gli studenti, tanto che, al diploma, la maggior parte di essi non è in grado di comunicare oralmente in inglese, ma solo di esprimersi attraverso lo scritto.
Proprio in riferimento all’importanza attribuita alla grammatica e al mezzo scritto, è interessante notare come sulla questione dell’ortografia la classe abbia espresso pareri discordanti: secondo alcuni l’attenzione allo spelling era maggiore in passato, mentre oggi non è raro imbattersi in insegnanti che ammettono, per non voler dire promuovono, lo spelling fonetico, consentendo agli studenti di scrivere le parole così come le sentono.
Due studenti hanno sottolineato come sia cambiato nel tempo il loro modo di rapportarsi allo studio e all’insegnante: da apprendenti adulti si sentono molto più consapevoli e <open-minded>, aperti verso una didattica differente rispetto a quella a cui erano abituati.
Alla luce di quanto emerso dalla conversazione con la classe, abbiamo ritenuto plausibili le ipotesi che ci avevano spinto ad indagare questo argomento: cioè che nelle aspettative e motivazione nei confronti dello studio dell’italiano molti degli studenti fossero probabilmente influenzati dalle modalità a cui erano stati esposti precedentemente a scuola, durante lo studio dell’inglese. Di conseguenza, potevamo supporre che alcune delle problematiche della classe fossero legate all’impatto con un approccio ed una metodologia inattesi. Ciò ci ha portati a riflettere sulla necessità, per gli studenti, di poter contare su tempi maggiormente "dilatati" per abituarsi ad un nuovo modo di rapportarsi allo studio linguistico, e, per noi, di cercare una sorta di compromesso nel nostro approccio, contemplando nella pianificazione delle lezioni maggiori momenti di riflessione grammaticale condotti in modo deduttivo, modalità con cui la classe sembrava trovarsi maggiormente a proprio agio. Questa riflessione ha trovato conferma nelle parole di Balboni (2002: 183):
Una fondamentale caratteristica psicologica dell’adulto è la sua necessità metalinguistica, ben superiore a quella del bambino e dell’adolescente. Essa deriva dalla superiore capacità astrattiva e sistematizzante della mente adulta, nonché dal desiderio di ‘‘regole’’ stabili a cui far riferimento. Lo studente adulto richiede una riflessione esplicita maggiore di quella offerta da molti dei materiali didattici reperibili sul mercato, che di norma sono pensati per adolescenti o per giovani adulti; quindi l’insegnante che si occupa di adulti deve integrare i materiali sulla base delle necessità metalinguistiche e grammaticali dei suoi studenti.
7. OSSERVAZIONI DELLE ATTIVITÀ DIDATTICHE, ANALISI E TRIANGOLAZIONE DEI DATI: UNA PREMESSA.
Durante le prime osservazioni delle attività didattiche e nei successivi momenti di confronto con l’amico-critico, ci siamo trovati di fronte ad una situazione inattesa: abbiamo infatti notato che la risposta degli studenti, sia intesa in senso generale sia nelle attività didattiche critiche nello specifico, sembrava sensibilmente migliorata rispetto alla fase iniziale di ricognizione, partita fra l’altro nel periodo più critico attraversato dal corso. Cosa era accaduto?
Riflettere sulle possibili cause delle problematiche riscontrate ci aveva condotti a cercare di approfondire le dinamiche d’interazione in classe, a porre maggiore attenzione ai bisogni effettivi degli studenti più che al rispetto di un percorso didattico tarato su una classe ideale, ma inesistente. Probabilmente, questo ci aveva spinto ad adottare strategie diversificate di "contrattacco" nate dalla necessità di rispondere immediatamente alle esigenze del contesto; la nostra prassi didattica sembrava inoltre più incline al compromesso fra il nostro modo di intendere l’insegnamento ed il modo di apprendere della classe, che fosse questo culturalmente determinato o meno.
In una normale situazione di insegnamento, un bravo professionista non si limita a travasare informazioni o ad applicare ricette preconfezionate, buone per tutti i gusti e per tutte le situazioni, ma è attento ai feedback che i suoi alunni gli restituiscono continuamente. Coglie i problemi, addirittura cerca attivamente di farli emergere o, quanto meno, una volta che questi si sono imposti spontaneamente – e le occasioni non mancano – non li evita, ma li assume e cerca dei modi per risolverli. In questo senso, ogni insegnante è "ricercatore". (Trolli, Tuffanelli, 2005)
Ecco dunque che ai nostri interrogativi originari avevamo cercato di dare da subito una risposta concreta. La RA, tuttavia, rappresenta uno sviluppo rispetto alla sola pratica quotidiana attenta e consapevole: l’intenzionalità della ricerca, la sua sistematicità e la cornice metodologica di riferimento (Losito, Pozzo 2005: 38) hanno fatto sì che quegli accorgimenti immediati, nati e strutturati in modo del tutto spontaneo nell’ambito della pratica quotidiana, fossero oggetto di continua riflessione – con il fondamentale contributo della collega amico-critico – e venissero gradualmente integrati in un contesto strategico più ampio, che ci ha consentito di superare molte delle problematiche legate alla collaborazione fra gli studenti.
Con tutta probabilità, inoltre, anche per gli studenti era trascorso il tempo fisiologico necessario a metabolizzare una nuova esperienza, il confronto con un nuovo sistema linguistico e culturale portato in classe da insegnanti con metodologie forse inattese e non sempre adatte ad ognuno di loro: sembrava che il gruppo classe e l’insegnante si fossero venuti incontro a vicenda lungo un percorso di reciproca conoscenza creando, gradualmente e non certo senza fatica, un certo equilibrio.
Inoltre, era probabile alcune iniziative motivazionali, che saranno descritte in seguito, stessero producendo i primi effetti positivi.
7.1 TRIANGOLAZIONE DEI DATI
Con il termine triangolazione si indica la procedura di incrocio dei dati di cui la RA si serve per mettere a confronto le prospettive dei protagonisti: lo scopo è tenere sotto controllo la soggettività legata ad un tipo di ricerca qualitativa quale la RA, "per provare a costruire un’interpretazione di una determinata situazione che li tenga il più possibile in considerazione" sebbene non sia "in ogni caso una strada per <<neutralizzare>> la soggettività" che, al contrario, "in alcuni casi è necessaria" (Losito, Pozzo 2005: 193).
Come chiaramente visibile dallo schema in figura 2, tale procedura è il perno attorno al quale ruota l’intero percorso di RA.
Figura2
Scrive Elliot (1982, citato in Losito, Pozzo 2005: 193):
Ogni punto del triangolo si trova in una posizione epistemologica unica rispetto all’accesso ai dati che sono rilevanti in una situazione di insegnamento. L’insegnante è nella posizione migliore per conoscere e approfondire, attraverso l’introspezione, le sue proprie intenzioni e i suoi obiettivi nella situazione concreta. Gli studenti sono nella posizione migliore per spiegare come l’azione dell’insegnante influenzi il loro modo di reagire alla situazione.
L’osservatore è nella posizione migliore per raccogliere dati rispetto alle caratteristiche osservabili dell’interazione tra studenti e insegnanti. Mettendo a confronto i propri dati con i dati raccolti dagli altri due punti di osservazione, colui che è in un punto del triangolo può verificare i suoi assunti e magari rivederli sulla base di dati più esaurienti.
Nel contesto descritto in questo progetto la triangolazione è avvenuta mettendo a confronto i diversi punti di vista degli attori coinvolti:
la prospettiva di partenza è quella dell’insegnante, raccolta attraverso le riflessioni, annotate sul diario di bordo durante la fase di ricognizione del progetto, che hanno reso possibile delimitare i contorni dell’area indagata e stabilire il focus di osservazione.
L’osservazione condotta dall’amico-critico rappresenta il secondo punto di vista preso in considerazione per la raccolta dati: la collega ha osservato sia in modalità spontanea, sia semistrutturata, ovvero concentrando la propria attenzione sui nodi critici evidenziati dalle riflessioni dell’insegnante. Il confronto sistematico dei dati rilevati dalle due diverse angolazioni è stato a sua volta incrociato con le videoregistrazioni delle attività in classe, al fine di garantirne ulteriormente l’oggettività, "cercando di individuare non soltanto gli elementi di concordanza, ma soprattutto quelli di discordanza". (Losito, Pozzo 2005: 192).
In ultimo, ma assolutamente non per ordine di importanza, la prospettiva degli studenti, raccolta attraverso feedback sia strutturati sia spontanei.
7.2 APPROCCIO METODOLOGICO.
L'amico-critico ha realizzato delle osservazioni dirette e videoregistrate della classe e del nostro operato durante le attività considerate maggiormente problematiche: i lavori in gruppo e in coppia perché caratterizzati da riluttanza alla collaborazione fra pari, e le attività di brainstorming lessicale, in cui si manifestava in modo evidente la difficoltà a far rispettare i turni di parola.
Per evitare le possibili conseguenze dell‘«effetto Rosenthal», per cui l’osservatore finisce per vedere e rilevare ciò che si attende, piuttosto che ciò che sta effettivamente vedendo, distorcendo così l’intero processo di rilevazione (Aureli 1997: 111), l’amico-critico ha condotto una prima osservazione totalmente spontanea, mentre per le successive abbiamo stabilito dei focus d’osservazione.
Le riflessioni della collega sono state espresse in forma di diario. Dopo un primo confronto delle nostre considerazioni, il video della lezione costituiva il terzo punto di vista per la triangolazione.
La videocamera, sistemata in un punto fisso della classe vista l’impossibilità di disporre dell’aiuto di un collaboratore, è stata posizionata di volta in volta in punti diversi, considerati strategici ai fini di ciò che si era prefisso osservare.
7.3 ATTIVITÀ DI BRAINSTORMING (ATTRAVERSO LA DESCRIZIONE DI IMMAGINI) PER L’ATTIVAZIONE DEL LESSICO CONOSCIUTO E L’INTRODUZIONE DI NUOVO VOCABOLARIO.
Presentiamo di seguito una griglia riassuntiva elaborata durante la triangolazione dei dati rilevati sulla seconda attività di brainstorming.
Nella prima colonna sono esposti i punti di interesse su cui si è concentrata l’osservazione.
Nella seconda appaiono le nostre impressioni raccolte sul diario delle idee, dalle quali sono scaturiti i vari elementi significativi per l’individuazione dei focus di osservazione.
La terza colonna giustappone alle prime due i commenti espressi dall’osservatrice, mentre la quarta ed ultima colonna riporta alcuni feedback degli studenti sull’attività in questione. Visto l’iniziale imbarazzo mostrato dalla classe per la presenza della telecamera e della collega, abbiamo preferito somministrare le schede di feedback in un secondo momento, immediatamente dopo un’attività analoga ma non oggetto di osservazione. ritenendo che in questo modo gli studenti potessero esprimersi più liberamente nelle valutazioni.
La prima impressione rilevata dall’osservatrice e da noi condivisa, confermata anche dal confronto con il filmato, è stata quella di una classe molto più tranquilla del solito, probabilmente inibita per via della presenza e telecamera e della collega seduta in disparte a osservare e prendere appunti. Essendo consapevoli che la reattività dei soggetti osservati rientra fra una delle distorsioni che si possono verificare durante l’uso di metodi osservativi (Losito, Pozzo 2005: 191) abbiamo deciso di aumentare il numero delle osservazioni originariamente previsto notando che, gradualmente, gli studenti si abituavano alla presenza di questi "occhi esterni", pur conservando una certa pacatezza negli atteggiamenti di fronte alla telecamera. Annota Aureli (1997: 109):
L’osservatore è un artefatto della situazione di rilevazione, non un elemento naturale. Pertanto il suo impatto sugli eventi osservati va tenuto nella massima considerazione. È noto che i soggetti si comportano diversamente quando sanno di essere osservati (effetto "Hawthorne") spesso accentuando i comportamenti che ritengono positivi agli occhi altrui e riducendo quelli negativi. In ogni caso alterando il comportamento a causa della situazione di ricerca.
Focus d’osservazione |
Interpretazione originaria |
Interpretazione dell’amico critico |
Feedback degli studenti |
Rispetto turni di parola |
<Ho difficoltà a far rispettare i turni di parola e ad evitare che gli studenti più bravi prevarichino gli altri> |
< Il sovrapporsi degli interventi degli studenti in questa attività era sicuramente difficile da gestire, ma sintomo del buon livello generale di partecipazione della classe> |
<Mi piace descrivere immagine perché io vedo e imparo le parole>
<Posso imparare tante parole nuove alla lavagna>
<Tutti gli studenti possono partecipare>
<Ripeto le parole vecchie, è buono per la memoria>
<Sometimes it’s difficult when all the students speak together>
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Mantenimento dell’attenzione sostenuta dell’intero gruppo
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(NB punto non contemplato originariamente, ma osservato e sottolineato dall’amico-critico) |
<Il guessing game iniziale stimola la curiosità. L’attenzione della classe è viva durante tutta l‘attività> |
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Partecipazione degli studenti |
<Mi sembra di non riuscire a coinvolgere tutti gli studenti allo stesso modo> |
<Ho osservato che anche quelli che rimangono più silenziosi sono comunque attenti, alcuni (non tutti) prendono appunti> |
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Imparzialità VS parzialità dell’attenzione dedicata dall’insegnante agli studenti |
<Dedico la mia attenzione a tutti in modo imparziale? > |
<In effetti è vero che gli studenti più attivi richiamano di più la tua attenzione (ma non è naturale?). Ho notato che pur nella difficoltà di gestire tanti interventi sovrapposti hai comunque avuto tempo per tirare in causa anche i silenziosi e i più insicuri.> |
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Gestione momenti di indisciplina (NB punto di interesse non verificatosi durante le osservazioni) |
<Il mio modo di reagire alle divagazioni sortisce un effetto positivo?> |
<Ho osservato che effettivamente la classe non vede l’ora di passare allo scherzo, spesso divagando, ma lo fa in modo carino. Reagisci stando agli scherzi e inglobandoli nel tema della lezione... > |
Effettivamente, il feedback degli studenti supportava l’interpretazione della collega: l’attività di brainstorming risultava molto gradita e percepita come proficua per l’apprendimento; di conseguenza era plausibile pensare che l’eccessiva "energia" che gli studenti dimostravano nel voler rispondere, che a noi creava difficoltà nella gestione dei turni di parola, potesse essere in realtà un sintomo di gradimento e partecipazione.
7.4 ATTIVITÀ IN COPPIA E IN GRUPPI
Il presente paragrafo espone le riflessioni emerse dalla triangolazione dei dati riguardanti le attività di lavoro da svolgere in coppia e in mini-gruppi, dati raccolti con le stesse modalità riservate all’attività precedente.
Riportiamo di seguito, nella prima colonna, il focus d'osservazione determinato in base ai nodi critici emersi nella fase di ricognizione e, nella seconda, alcuni estratti del diario di bordo che li specificano. La terza colonna contiene il punto di vista dell’amico-critico, mentre la quarta è invece dedicata all’azione intrapresa sia in modo individuale, sia, in un secondo momento, collaborativo, grazie al confronto riflessivo con la collega:
Focus d’osservazione |
Interpretazione originaria |
Osservazione dell’amico-critico |
Azione |
Disponibilità allo spostamento fisico per la creazione di nuovi coppie e gruppi. |
<Faccio fatica a far cambiare posto, a far scegliere colleghi diversi con cui lavorare>
<Quando chiedo di formare dei gruppi di lavoro gli studenti girano e rigirano per la classe senza concludere nulla, spostando banchi e sedie quasi a caso. Si crea un caos assoluto!> |
<Ho notato che dalle prime osservazioni/ registrazioni l’atteggiamento della classe si è modificato: sembra aumentata la prontezza a trovarsi in nuove situazioni creando nuovi legami, sembrano più disposti a mettersi in moto.>
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Vista la riluttanza osservata nei confronti degli spostamenti, abbiamo cominciato a proporre attività in cui coppie e gruppi venivano formati semplicemente facendo voltare la prima fila di studenti in modo da fronteggiare la seconda. Abbiamo osservato che questa modalità di lavoro, ribattezzata "faccia a faccia", non necessitando di grandi spostamenti di banchi e di persone, veniva accettata maggiormente di buon grado. Una volta consolidata questa nuova modalità si è rilevato progressivamente sempre più facile chiedere agli studenti di mutare la composizione di coppie e gruppi e di disporre i banchi a isole di lavoro per le attività che lo richiedevano. |
Passività degli studenti più deboli. |
<Quando alla fine i gruppi sono formati succede spesso che gli studenti più forti coinvolgono poco quelli con difficoltà.>
<Oggi Mx era praticamente sdraiato sul banco e non faceva nulla mentre gli altri del gruppo svolgevano l’attività.>
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<Rispetto alla precedente osservazione ho visto che M3 e M7 sembravano maggiormente coinvolti nell’attività. Avevano uno sguardo attento e vivo, non sembravano "dormire" come spesso abbiamo detto di loro.>
<Oggi M9 ha addirittura suggerito la risposta corretta a M5 nella ricostruzione della sequenza delle immagini! Ero stupita.>
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Abbiamo osservato che la proposta costante di attività ludiche, attività in cui ogni studente deve rendersi attivo per partecipare al gioco, da una parte ha spronato gli studenti più deboli ad impegnarsi maggiormente per non essere esclusi da un’attività a cui il resto del gruppo si dedicava divertendosi, e, in secondo luogo, ha dato vita a momenti spontanei di peer tutoring, oltre che di peer teaching, in cui i colleghi si preoccupavano che tutti avessero ben inteso le regole del gioco e riuscissero a partecipare correttamente per garantirne la scorrevolezza. |
Chiarezza della spiegazione delle consegne. |
<Sebbene cerchi di spiegare in mille modi come svolgere l’attività la classe mi sembra sempre piuttosto confusa e indecisa su cosa fare e come farlo.> |
<Le consegne mi sembrano chiare ma, a volte, molto articolate, quella di oggi soprattutto. Se poi ci si aggiunge la necessità di ripeterle in inglese o in arabo come hanno chiesto oggi, allora forse diventa veramente troppo. Si perde molto tempo>
<La classe sembra abbia reagito bene alla proposta di affidarsi all’esempio per comprendere meglio le regole dell’attività>
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Le osservazioni hanno portato a riflettere più che sulla chiarezza delle spiegazioni, sulla loro lunghezza, soprattutto in occasione di attività particolarmente articolate. Abbiamo stabilito di affiancare alle spiegazioni uno o più esempi delle modalità di svolgimento, incoraggiando gli studenti ad impadronirsi delle regole delle attività nello svolgerle, rassicurandoli con la presenza dell’insegnante che passava fra i gruppi per aiutare a chiarire eventuali dubbi. Dopo la lettura delle schede di feedback in cui gli studenti richiedevano maggiore controllo da parte dell’insegnante e addirittura la presenza di più di una insegnante, abbiamo deciso far mutare il ruolo della collega da osservatore a osservatore partecipante. |
Strutturazione dell’attività |
<Le attività che propongo sono abbastanza strutturate in modo da essere eseguibili da tutti gli studenti, compresi i meno istintivi e i più deboli?> |
<Girando fra i banchi ho potuto vedere che tutti erano coinvolti e molto attenti all’accordo del participio per assegnare o meno il punteggio... insomma, quasi un po’ rigidi e spietati nella competizione, ma molto attivi!> <M4 mi ha chiesto di poter tenere le tessere per giocare a casa da solo e ripetere in vista dell’esame. Stentavo a crederci! > |
La attività ludiche presentano di per sé una struttura ben definita e consentono la partecipazione in modo equo in quanto scandito dalla rotazione dei turni. |
Il primo e fondamentale accorgimento è stato quello di cominciare a prediligere attività di natura ludica per i lavori in coppia o in gruppo, quali, ad esempio, giochi di carte con supporti testuali e/o visivi (domino, memory), giochi da tavolo, anagrammi, cruciverba, indovinelli: si era notato che questo tipo di attività, infatti, riscuoteva tendenzialmente maggior successo negli studenti. In un primo momento, quindi, le attività grammaticali non ludiche, come il completamento di griglie e tabelle, sono state riservate alla modalità di lavoro individuale e/o in plenum.
Con il procedere delle osservazioni, condotte parallelamente al percorso didattico-motivazionale che descriveremo in seguito (la visita alla nave ed al sottomarino della Marina italiana, le partite di calcio, la partecipazione agli eventi organizzati dalla comunità italiana di Abu Dhabi, ecc) grazie al quale si stava già verificando un miglioramento della partecipazione degli studenti, si è osservata una progressiva crescita del coinvolgimento e gradimento degli studenti nelle attività ludiche proposte (come dimostra la griglia dei feedback degli studenti che riportiamo di seguito).
A questo punto sono state reintrodotte gradualmente attività grammaticali in modalità coppie/gruppi, notando che la classe aveva mutato atteggiamento anche nei confronti di queste ultime, che venivano ora non solo accettate di buon grado ma anche svolte con un buon livello di collaborazione e partecipazione anche dagli studenti più deboli. Si potrebbe ipotizzare che la modalità ludica abbia favorito l’acquisizione della competenza collaborativa nell’apprendimento, competenza che probabilmente gli studenti non avevano avuto modo di sviluppare nelle precedenti esperienze di studio.
L’insieme di questi accorgimenti ha favorito la scoperta della cooperazione e dei suoi vantaggi ed il pieno superamento dei nodi critici rilevati all’inizio del corso.
La valutazione delle attività ludiche espressa dagli studenti attraverso le schede di feedback ha confermato non solo un livello di gradimento molto alto, ma anche il raggiungimento di una certa consapevolezza sulle dinamiche di apprendimento favorite da queste attività:
Feedback degli studenti |
Questo tipo di attività mi piace/non mi piace perché... |
<I like this kind of games because they make your brain work and keep you feel relaxed.> <Io posso sapere l’italiano.> < It makes your mind work but you can have some fun too.> <It’s funny and useful for learning: it helps everybody in the group to have a chance to speak up and to improve.> <Mi fa pensare di più, imparare le parole nuove.> |
Secondo me è utile per: |
<It helped me a lot to understand how to build a sentence and to repeat the words I need.> <Io posso parlo italiano molto e usare molti paroli e recordare altre paroli.> <Praticare spesso l’italiano.> <Studiare, ricordare.> <Perché è facile per mi.> <To learn in an easy way because in 3 or 4 is easy to learn.> <Comunicare, imparare, studiare, parlare> |
In questo tipo di attività vorrei cambiare.... perché.... |
<Se facciamo questa attività con tutti perché l’insegnante è una e non possibile controla 3 oppure 4 gruppi in uno timpo.> <Io vorrei molto attività nuova perché mi piace. Vorrei attività fuori.> <Una persona deve controllare il gioco per ogni tavolo.> <Una persona deve aiutare gli studenti.> |
Far leva su attività non ansiogene e sulle emozioni positive legate al gioco, come prassi didattica quotidiana, aveva affettivamente mutato l’atteggiamento degli studenti nei confronti dell’apprendimento linguistico in generale, e dei suoi aspetti maggiormente ostici; nello specifico (De Beni, Moè 2000:108):
Ad attività valutate positivamente si associano prevalentemente emozioni positive che portano all’impegno e allo svolgimento del compito senza ansia e anzi con il gusto di imparare. In tal caso, la situazione è interpretata come una possibilità che consente di raggiungere obiettivi anche lontani nel tempo. Il compito è vissuto come una sfida per mettere alla prova e valutare le proprie abilità. Ciò fa sì che l’attenzione nell’eseguire il compito sia rivolta alla scelta e all’uso di strategie che consentono di svolgerlo alla meglio. Tale situazione è coinvolgente e, in quanto tale, si concretizza in alti livelli di concentrazione e nella possibilità di vivere esperienze di flusso.
Capitava infatti spesso, durante lo svolgimento di queste attività, che gli studenti perdessero la cognizione del tempo, che decidessero quindi spontaneamente di posticipare le pause o di trattenersi fino agli ultimi minuti previsti dall’orario delle lezioni (senza chiedere, come era loro abitudine, di terminare le lezioni cinque minuti prima) per portare a termine l’attività stessa.
Dai feedback riguardanti gli aspetti che gli studenti avrebbero voluto cambiare nelle attività prese in considerazione, è emerso chiaramente che alcuni di loro ritenevano ancora necessaria la supervisione dell’insegnante, e che quindi la capacità di autocontrollo individuale e soprattutto del gruppo non era ancora avvertita come sufficiente. Si è quindi deciso di comune accordo con la collega amico-critico, di trasformare il suo ruolo da osservatore a osservatore partecipante, affinché anche lei potesse supervisionare l’attività dei gruppi durante le osservazioni.
8. L’AZIONE COME PERCORSO DIDATTICO E MOTIVAZIONALE
Considerando la motivazione come interazione tra individuo e ambiente e non meramente come una caratteristica innata della personalità o un prodotto dell’ambiente socioculturale di provenienza, risulta possibile agire su di essa con interventi sui materiali e sulle metodologie a condizione che questi siano inseriti in un sistema di relazioni a trecentosessanta gradi in un ambiente di apprendimento (Mariani 2006: 16). Riflettere sulla natura multidimensionale della motivazione ci ha spinti ad intraprendere una serie di iniziative extra-didattiche che hanno contribuito a creare un ambiente di apprendimento in cui gli studenti potessero stabilire relazioni autentiche che li portassero ad apprendere al di fuori della classe: mentre le riflessioni di Mariani sono servite da guida al nostro operato, i feedback degli studenti ne hanno confermato la scelta.
8.1 AZIONI DIDATTICHE: AUTOGESTIONE DEI MOMENTI CRITICI DELLA LEZIONE
Abbiamo già visto come in vari momenti la vivacità degli studenti rischiava di compromettere l’andamento delle lezioni. In particolare, la fase della correzione scatenava la loro irrequietezza e loquacità: la classe aveva più volte manifestato di preferire una modalità di correzione in plenum, che rappresentasse al contempo una possibilità di valutazione degli studenti chiamati alla lavagna.
Viste le difficoltà, abbiamo deciso di mutare, in questi momenti, la gestione della classe, in autogestione affidata agli studenti stessi.
Abbiamo pensato per questo di sfruttare le dinamiche legate alla gerarchia militare, alla classe come ingroup di appartenenza e alla cultura araba come cultura fondamentalmente collettivista: nelle culture collettiviste, gli individui fanno molta attenzione a pochi e stabili gruppi di appartenenza, di cui enfatizzano il destino comune, l’impegno comune e l’interdipendenza e da cui sono molto influenzati; essi si comportano in modo molto diverso verso i membri del proprio gruppo. [...] I membri dell’ingroup vengono infatti concepiti come simili tra loro ed è tale similitudine nelle opinioni e negli scopi, unita alla maggiore enfasi e deferenza nei confronti dell’autorità, a garantire la gerarchia e l’armonia all’interno del gruppo. (Mancini: 2006 38-39)
Chiedendo agli studenti di grado militare superiore di farsi carico della disciplina, abbiamo non solo risolto la situazione critica ad essa legata, ma abbiamo potuto osservare il modello di gestione della comunicazione in classe, culturalmente determinato, a cui gli studenti facevano riferimento, un modello abbastanza rigido, per quanto mitigato dall’atmosfera familiare del contesto: lo studente-insegnante di turno interpellava i colleghi in modo molto diretto, con domande-esame a cui facevano seguito, in caso di risposta errata, correzioni esplicite e in alcuni casi piuttosto dure.
8.2 OGGI INSEGNO IO
In vista dell’esame finale la classe ha richiesto una revisione grammaticale generale: è nata così l’idea di un ulteriore tentativo di coinvolgimento e di responsabilizzazione degli studenti. Gli studenti hanno estratto a sorte un argomento che avrebbero dovuto esporre autonomamente alla classe durante una settimana di lezioni pianificate denominata "Oggi insegno io". A parte l’argomento imposto dalla sorte, gli studenti sono stati lasciati liberi di organizzare la propria lezione secondo le modalità ritenute più opportune. La finalità principale era non solo di coinvolgere ogni corsista e responsabilizzarlo nei confronti del gruppo, ma anche di fornire a noi un‘importante occasione di osservazione della classe da una prospettiva tanto inedita quanto insolita: durante questo tour de force grammaticale, trasformati in studenti-osservatori, siamo rimasti seduti al posto del neo-insegnante di turno, a prendere appunti e, raramente, fare domande e intervenire se interpellati. Il fine secondario, di carattere meno didattico e maggiormente educativo, era fornire alla classe una nuova prospettiva: gli studenti che, descrivendo l’insegnante ideale, avevano ritratto un <...ibrido fra Wonder Woman, Madre Teresa e Miss Universo>, avrebbero avuto l’opportunità di capire come ci si sente a stare dall’altra parte: <I understood how difficult it is to make students understand what’s in your head.>; <It took me two days to prepare my lesson, io non posso fare il professore >; <Everybody can understand what it means being a student, but not everybody can understand what it really means being a teacher: Alisia, I didn’t know it was so hard.>; <It was very interesting and not so hard for me because I know the other students because we are all Arab>.
8.3 INIZIATIVE EXTRA-DIDATTICHE: LA SVOLTA MOTIVAZIONALE: IL PRIMO INCONTRO/SCONTRO CON IL "MONDO" ITALIANO
La visita alla nave militare ed al sottomarino italiani di sosta ad Abu Dhabi, ha costituito un vero e proprio punto di svolta tangibile nell’atteggiamento della classe. Si è trattato di un’occasione ricca di elementi positivi: la prima uscita del gruppo dall’aula, il primo confronto con un ambiente non solo italiano ma, aspetto non meno importante, anche legato all’ambito militare, caratteristica, quest’ultima che ha creato negli studenti forte entusiasmo e un interesse vivo suscitato dalla motivazione intrinseca. Per gli studenti è stato anche il primo incontro/scontro con la lingua italiana in un contesto autentico, dove la lingua non era calibrata sulle loro competenze.
L’incontro con alcuni militari italiani, che hanno dimostrato rare doti di chiarezza e semplicità d’espressione nella loro esposizione, nonché grande rispetto e sensibilità nei confronti dei colleghi emiratini che stavano imparando la loro lingua, ha riempito gli studenti di grande entusiasmo per aver compreso le spiegazioni dei militari italiani.
Allo stesso tempo l’incontro, nella stessa occasione, con i rappresentanti dell’ente commissionante, che si sono rivolti agli studenti come ad italofoni nativi, ha subito e crudamente ridimensionato la percezione delle competenze linguistiche raggiunte, suscitando negli studenti sgomento e frustrazione. Il giorno seguente lo stato d’animo in classe era un misto di emozioni positive e negative: <We want more of these things: we could understand almost everything>, <It was easy to understand the officers on the ship, but when we met the Colonel... oh my God, he started speaking very quickly and he was angry because we could not answer his questions>. È stato quindi necessario affrontare con la classe un discorso chiarificatore e rassicurante sul tipo di lingua a cui il corso li esponeva e sui tempi necessari per raggiungere determinati livelli di competenza linguistico-comunicativa. Come avverte Balboni (2002: 182) parlando delle coordinate di riferimento per un corso ad adulti, "insegnante e studente devono accordarsi fin dall’inizio su cosa intendono con "sapere una lingua"[...]. Concordare su questi temi è fondamentale per evitare il calo della motivazione dovuto all’aver accarezzato obiettivi troppo alti." L’episodio sopra citato ci ha fatto comprendere di non aver curato sufficientemente questo aspetto del patto formativo all’inizio del corso ed ha costituito sicuramente uno dei momenti fondamentali del percorso che hanno contribuito alla nostra crescita professionale.
In generale questa esperienza ha comunque rinvigorito gli studenti, rappresentando una sorta di sferzata motivazionale tanto che annotavamo sul diario di bordo <La classe mi sembra diversa, non so... è più viva>.
È di pochi giorni dopo il questionario con i suggerimenti per il corso che ha rivelato, oltre alla richiesta di maggiori occasioni di contatto con italiani per fare amicizia e praticare la lingua, la sofferenza degli studenti legata alla routine dell’apprendere esclusivamente in classe, ed ha evidenziato la necessità urgente di porvi rimedio.
8.4 A LEZIONE CON L’AMBASCIATORE D’ITALIA E L’ADDETTO ALLA DIFESA
A distanza di appena un mese dall’evento appena descritto, gli studenti hanno ricevuto la visita dell’Ambasciatore d’Italia negli Emirati. Gli studenti hanno vissuto questo avvenimento con grandi emozione ed interesse. Sia durante questo incontro, che l’Ambasciatore ha condotto in gran parte in lingua italiana, sia in occasione della lezione tenuta qualche giorno dopo dall’Addetto alla Difesa, la classe ha dimostrato un’elevata capacità di comprensione di un input linguistico lontano dalle loro competenze e orientato alla microlingua: l’Addetto alla Difesa ha infatti proposto alla classe un percorso attraverso l’organizzazione delle forze armate italiane, con un confronto fra le scale gerarchiche militari dei sistemi italiano ed emiratino. Tutti gli studenti hanno dimostrato estremo interesse per la lezione, sebbene linguisticamente difficile, probabilmente mossi da una forte motivazione intrinseco-strumentale legata al tema trattato. Le annotazioni riportate sul diario a fine giornata ritraggono una classe con un atteggiamento diverso dal solito <Oggi mi hanno stupiti: erano così attenti e così... maturi! Addirittura M1, alla fine della lezione, ha preso i suoi appunti e ne ha fatto un handout che ha fotocopiato per i colleghi e le insegnanti!>
8.5 IL CALCIO DA ELEMENTO DI DISTRAZIONE A STIMOLO MOTIVAZIONALE
La prima iniziativa è partita proprio dagli studenti: organizzare un incontro di calcio fra la classe e una squadra di italiani sfruttando così la passione condivisa per questo sport come occasione di incontro sociale e di pratica linguistica. Grazie all’impegno della collega amico-critico, la partita è stata organizzata, e, dal programma originale che prevedeva un solo incontro, ne è nato un vero e proprio girone. Il calcio che all’inizio del corso era stato causa di distrazione, si è rivelato successivamente come un grande incentivo alla componente motivazionale più forte, quella legata al piacere, oltre ad aver rappresentato un "ponte" linguistico e sociale, fra due culture.
La prima partita è stata un momento altamente coinvolgente, a cui hanno partecipato, come spettatori, anche molti membri della comunità italiana di Abu Dhabi ed i responsabili del corso, sia da parte italiana che emiratina.
Per la classe si è trattato di un vero e proprio debutto nella comunità italiana locale, fra incredulità e stupore <Ma davvero ci sono degli arabi che vogliono imparare l’italiano?>, occasione in cui gli studenti hanno dimostrato una competenza comunicativa che neanche noi pensavamo avessero raggiunto. A distanza di neanche un mese dalla visita alla nave militare italiana, è arrivato anche il primo feedback positivo dei responsabili dell’ente commissionante grazie al quale anche noi insegnanti abbiamo tirato un benefico mezzo sospiro di sollievo, che ci ha permesso di portare avanti il nostro lavoro con maggiore serenità.
Dal calcio le occasioni si sono moltiplicate, estendendosi a serate dedicate al cinema italiano o a feste di connazionali a cui la classe ha partecipato a con grande entusiasmo, interagendo con gli altri ospiti e prendendo parte alle attività di intrattenimento esprimendosi quasi solo in lingua italiana.
9. CONCLUSIONI
Il percorso di Ricerca Azione descritto in questo lavoro è stata un’esperienza che ci ha profondamente segnati professionalmente ed umanamente: dal punto di vista professionale esso ci ha consentito di risolvere le problematiche presenti nel contesto di apprendimento, raggiungendo in tal modo gli obiettivi didattici e sociali che ci eravamo prefissati ed adempiendo all’incarico che ci era stato affidato; ci ha inoltre permesso di acquisire maggiore consapevolezza della nostra pratica didattica, delle relazioni dinamiche che intercorrono fra gli studenti e fra questi ultimi e l’insegnante, delle differenze culturali alla base delle dinamiche stesse e dei diversi stili di apprendimento.
L’osservazione e la riflessione avvenute durante la fase di ricognizione, l’uso di uno strumento introspettivo quale il diario delle idee, che ci ha accompagnato per tutto il percorso, la pianificazione della raccolta dati e delle strategie di azione, l’analisi dei dati, la condivisione ed il confronto con la collega amico-critico non solo dei dati stessi, ma anche di sensazioni, di dubbi, di perplessità e stati d’animo, rappresentano elementi che hanno fin dal principio contribuito a modificare il nostro approccio didattico ed affettivo nei confronti della classe: senza un’osservazione finalizzata ad una riflessione consapevole per l’attuazione del progetto, infatti, avremmo probabilmente continuato a vivere la situazione con ansia e frustrazione. Già il fatto di sentirci coinvolti "in azione" per capire e porre rimedio, ha creato in noi un atteggiamento più sereno che non escludiamo abbia influito sul clima di classe.
La strategia di azione è stata elaborata sulla base di dati e confronti emersi grazie alle procedure della RA, da un lato, e da misure messe in atto spontaneamente e intuitivamente nelle lezioni stesse, dall’altro; la combinazione delle due strategie ha permesso di raggiungere l’obiettivo preposto: recuperare un clima d’apprendimento positivo che si era deteriorato nei primi mesi, favorendo un percorso formativo produttivo che ha consentito infine a tutti gli studenti di accedere con la preparazione necessaria al soggiorno in Italia.
Sebbene l’obiettivo di far sì che l’intero gruppo classe proseguisse il percorso formativo in Italia si contrapponesse alla linea selettiva proposta dall’ente commissionante, esso ha costituito per noi un punto fermo su cui far convergere gli obiettivi didattici, ma anche e soprattutto motivazionali: ci eravamo infatti proposti di coinvolgere tutti gli studenti in un percorso didattico in cui i risultati linguistici, qualunque essi fossero, rappresentassero un punto di partenza e non di arrivo, credendo fermamente che il soggiorno in Italia avrebbe offerto possibilità di sviluppo alle potenzialità, uniche come unico è ogni individuo, di ciascuno studente.
Siamo fermamente convinti che ciò sia avvenuto proprio grazie al percorso di RA: cercare di comprendere a fondo la prospettiva degli studenti, anche e soprattutto della loro prospettiva culturale, ha favorito la conoscenza reciproca, la stima professionale e personale che hanno a loro volta contribuito a creare in classe un clima di collaborazione e partecipazione, condivisione e senso di appartenenza al gruppo. Ciò ha infuso nei corsisti fiducia nelle proprie capacità e, grazie anche alle iniziative extra didattiche, ha contribuito al recupero e, successivamente, ad una crescita costante, della motivazione allo studio della lingua italiana.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA PER LA SECONDA PARTE
Aureli T. (1997) L’osservazione del comportamento del bambino, Il Mulino, Bologna
Balboni P. E. (2002) Le sfide di Babele, Utet, Torino
De Beni R. & Moè A. (2000) Motivazione e apprendimento, Il Mulino, Bologna
Losito B. & Pozzo G. (2005) La Ricerca Azione, Carocci Editore, Roma
Mancini T. (2006) Psicologia dell’identità etnica, Carocci Editore, Roma
Mariani L. (2006) La motivazione a scuola, Carocci Editore, Roma
Trolli R. & Tuffanelli L. (2001) [Internet] (6 pagine)
http://www.archivio.vivoscuola.it/didascalie/gen03/10.asp (28/10/08)