Aprile 2009 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
ABSTRACT
Questo contributo riporta un’esperienza di progettazione didattica rivolta a studenti immigrati presenti in una scuola media di Siena1. Inizialmente viene esaminata la situazione scolastica degli alunni immigrati in Italia, cercando di rilevare l’urgenza ormai diffusa in tutto il territorio nazionale di soluzioni al problema dell’integrazione linguistica, culturale e sociale dei nuovi studenti; vengono illustrate, in seguito, le attività che la scuola organizza, anche in collaborazione con il Circolo Culturale Arcadia, per favorire una accoglienza adeguata degli alunni immigrati; infine vengono più specificamente analizzate le iniziative didattiche rivolte agli alunni immigrati, provenienti da diversi paesi extraeuropei, che hanno tenuto conto del loro livello di competenza linguistica e della programmazione generale delle varie discipline scolastiche. L’intento del lavoro è quello di dimostrare come da uno sforzo comune di insegnamento si possano raggiungere da parte degli studenti immigrati buoni risultati di integrazione linguistica e sociale e come si possano arricchire contemporaneamente anche le conoscenze e le competenze culturali degli stessi alunni italiani.
1. LA SITUAZIONE DEGLI ALUNNI IMMIGRATI IN ITALIA
Se dieci anni fa gli alunni stranieri presenti nelle nostre scuole erano appena 70 mila, oggi hanno superato il mezzo milione: la percentuale è del 6,4 sul totale della popolazione scolastica, ma i dati, in questi casi, come sappiamo, sono sempre suscettibili di aumenti. La crescita più intensa si è registrata nel periodo 2002-2004 anche per effetto dei provvedimenti di regolarizzazione. Da considerare è anche la presenza degli studenti irregolari che hanno pieno diritto e dovere di partecipare al sistema scolastico italiano. Tra i 13enni si registra la percentuale più alta di alunni appartenenti a nuclei familiari non regolarizzati. Nelle scuole elementari l’incidenza raggiunge il 7,7%. L’aumento, nel triennio 2004-2006, è stato in media di 70 mila nuovi studenti all’anno. Questi numeri confermano una tendenza prevedibile e inarrestabile: la crescita progressiva di studenti di cittadinanza straniera, concentrati soprattutto nelle scuole del Centro-Nord, in particolare nelle città di Roma, Torino, Milano, Bolzano e Brescia, in cui l’aumento vertiginoso degli alunni stranieri rischia addirittura di creare “classi ghetto”. Comunque, la presenza di alunni stranieri nelle scuole italiane è attualmente inferiore a quella degli altri paesi europei come la Germania, la Francia, l’Olanda, (con oltre il 10%) ed anche rispetto a paesi raggiunti più recentemente da immigrazione come la Spagna, i cui alunni stranieri sono il 7,6% del totale. In questo ultimo anno scolastico (2007-2008) il quadro si è arricchito, per la prima volta, del numero di studenti stranieri nati in Italia, noti anche come "seconda generazione", e del numero di iscritti entrati per la prima volta nel sistema scolastico italiano. I bambini e ragazzi stranieri nati nel nostro Paese che risultano iscritti a scuola costituiscono il 35% degli alunni stranieri, corrispondenti al 2,2% di tutti gli studenti in totale. Il 71,2% di essi si concentra nella scuola dell'infanzia e il 41,1% nella scuola primaria. La cittadinanza più rappresentata in Italia è quella romena con 92.734 alunni pari al 16,15 % del totale degli alunni stranieri; al secondo posto ci sono gli albanesi, con il 14,84% e al terzo i marocchini, con il 13,28%. Cresce la presenza di alunni nomadi nella scuola: essi raggiungono le 12.342 unità, con un + 4,3% rispetto all'anno scolastico precedente. Motivo di questo è in parte la collaborazione tra le scuole e diversi fattori sociali favorita anche dal Protocollo d'Intesa tra Ministero e Opera Nomadi siglato nel giugno del 2005. Più della metà degli alunni nomadi frequenta la scuola primaria, mentre solo l'1,5% frequenta una scuola secondaria di II grado. Un dato allarmante che risulta tra gli studenti con cittadinanza non italiana è la mancanza di regolarità scolastica, collegata forse alle difficoltà linguistiche e ai problemi di integrazione sociale. In media, il 42,5% di alunni stranieri non è in regola con gli studi e il crescere dell'età aumenta il loro disagio scolastico. Al contrario, il fenomeno dell'anticipo è poco rappresentato (solo il 2,5% in totale) ed è relativo soprattutto agli alunni della scuola primaria.
2. LE INIZIATIVE DEL CIRCOLO CULTURALE ARCADIA
Il circolo Arcadia di Siena nasce nel 2001 dall'idea di un gruppo di amici, con lo scopo di stare insieme e confrontarsi sulle idee ed i temi della politica e del sociale. Tutti coloro che hanno promosso e poi aderito all'iniziativa, in un clima inizialmente conviviale, hanno mostrato un chiaro interesse ad occuparsi delle vicende di questa città e, più in generale, della società in cui viviamo. Da questo semplice presupposto si è mossa la nostra voglia di stare insieme e di promuovere idee che diano ad ognuno di noi il senso di una "attività". Per questo, dal 2003, fra gli altri, sono stati realizzati molti interventi gratuiti (con l’aiuto della Fondazione Monte dei Paschi) di accoglienza scolastica di bambini e adulti immigrati, sia nella città che nella provincia di Siena, nella convinzione che il possesso e la padronanza della lingua italiana non costituiscano soltanto un importante strumento di supporto e di prevenzione del disagio, ma rappresentino per i migranti anche un punto di partenza fondamentale per realizzare una concreta partecipazione attiva alla vita della comunità. La frequentazione prolungata con gli utenti dei vari corsi ha permesso di cogliere direttamente e di registrare problematiche ed esigenze diversificate in relazione alle tipologie di utenza e al grado di conoscenze linguistiche posseduto. Spesso, quindi, i corsi di alfabetizzazione sono stati articolati in vari livelli di competenza linguistica per rendere i cittadini immigrati sempre più padroni dei propri mezzi espressivi e per permettere loro di acquisire autonomia e consapevolezza rispetto al funzionamento dei codici comunicativi che appartengono alla comunità ospitante; sono stati organizzati anche interventi domiciliari per gli alunni che non potevano trattenersi a scuola oltre l’orario scolastico, strutturati in moduli differenziati sulla base di differenti parametri, quali l’età anagrafica degli allievi, la classe scolastica di appartenenza, le differenti esigenze di apprendimento. Si è ritenuto opportuno dare seguito e ampliare, perciò, l’offerta formativa già in parte rivolta ai minori immigrati che frequentano, o sono in procinto di frequentare, le scuole della provincia senese: tali studenti hanno la necessità di acquisire competenze linguistiche che permettano loro di evitare che il gap linguistico diventi ostacolo al processo di crescita e al pieno inserimento nell’ambito del percorso didattico. Attraverso l'impiego di laboratori linguistici, basati su una didattica di L2 specifica per l'infanzia e l’adolescenza, i corsi attivati dal Circolo (anche nella scuola media Cecco Angiolieri) sono stati proposti come supporto agli insegnanti, alle famiglie e ai bambini stessi, tenendo conto dei programmi curricolari già previsti dal Ministero della Pubblica Istruzione.
3. LE INIZIATIVE DIDATTICHE DELLA SCUOLA CECCO ANGIOLIERI
Il nostro Istituto Comprensivo, fino a qualche anno fa, non aveva molti alunni stranieri: negli ultimi anni, invece, ha visto un continuo e crescente afflusso di alunni extracomunitari (attualmente la loro presenza supera il 7% dell’intera popolazione scolastica) con iscrizioni più elevate nel periodo estivo. Abbiamo avuto modo di osservare che la motivazione all’apprendimento della lingua italiana, da parte dei ragazzi stranieri immigrati, nasceva dalla impellente necessità di comunicare, ma le difficoltà talora incontrate nell’apprendimento erano proprio legate al loro vissuto quotidiano: spesso gli alunni si dibattevano fra un forte senso di provvisorietà, alcune difficoltà d’integrazione, una certa nostalgia del paese natio, e al contempo una grande richiesta di assimilazione, anche in termini culturali, al paese ospite. Come sappiamo, la lingua veicola una cultura: la perdita della lingua d’origine da parte del ragazzo poteva rappresentare un grande rischio nei rapporti familiari e personali, causando maggiori spaesamenti e rifiuti della nuova L2. Per questo, nei periodi iniziali, abbiamo incoraggiato le famiglie a far sì che i figli continuassero comunque a comunicare , quando lo sentivano necessario, nella loro lingua madre, mentre già in classe si provvedeva all’introduzione della lingua italiana come L2. Gli insegnanti hanno cercato, nelle prime fasi, di comprendere la biografia linguistica degli studenti stranieri e di considerarli ovviamente alfabetizzati, seppure in un’altra lingua: pertanto, si è resa necessaria la strutturazione di prove d’ingresso non connotate culturalmente (avvalendosi ad esempio di disegni e di testi in lingua madre o nella lingua conosciuta per verificare sia la comprensione sia la capacità di risolvere problemi); di operare per un bilinguismo additivo e non sottrattivo, in cui l’italiano L2 doveva essere appreso nella sua funzione di comunicazione (uso quotidiano e concreto della lingua) e in quella di argomentazione (uso cognitivo): vivere l’italiano come lingua non dominante significa anche rispetto delle fasi di silenzio, dei tempi d’apprendimento, di tolleranza dell’errore. Imparare un’altra lingua, infatti, implica spesso una nuova categorizzazione del reale (pensiamo ad esempio alle difficoltà incontrate dall’immigrato la cui lingua nativa non contempli distinzione di genere, o l’uso di tempi verbali futuri o di modi subordinati). In sostanza, il lavoro didattico degli insegnanti ha cercato di rispettare i processi di apprendimento, essendo consapevoli che ogni momento dell’attività scolastica è fonte inesauribile di acquisizione e che pertanto non può essere demandato solo all’insegnante di italiano o a quello facilitatore e neppure relegato, anche come attenzione all’espressione orale del ragazzo, solo ai momenti strutturati di lavoro individualizzato. Poiché comunicare significa stabilire relazioni in un contesto socioculturale (e la competenza comunicativa ha un’ovvia e intrinseca natura relazionale), non può esserci apprendimento se non c’è effettiva integrazione-interazione all’interno della classe, luogo fondamentale per fortificare la motivazione all’apprendimento stesso.
I maggiori interventi per raggiungere gli obiettivi di integrazione culturale e linguistica, per valorizzare le capacità e le potenzialità dello studente straniero e per affermare i valori positivi della relazione affettiva fra alunni, sono stati organizzati dalla scuola nella creazione di laboratori musicali, artistici, multimediali e di lingua2 (per un totale di 100 ore, suddivise in 50 ore di laboratori di primo livello e 50 ore di laboratori di secondo livello). La creazione di laboratori è sembrato il metodo più opportuno per un proficuo apprendimento dell’italiano come L2 e per agevolare la socializzazione e l’integrazione degli studenti coinvolti. Per il laboratorio di musica, era prevista la formazione di un coro multietnico, con lo studio di testi e di strumenti musicali dei vari paesi di provenienza. Per il laboratorio di artistica, l’inserimento degli alunni stranieri è avvenuto nel corso extracurricolare di artigianato creativo, con l’intento di conoscere la produzione artigianale del lavoro locale e di realizzare manufatti in argilla, vetro, gesso, restauro, con la presenza e la collaborazione di esperti esterni quali un ceramista, un tornitore e un restauratore. Nell’ambito del laboratorio multimediale, gli studenti stranieri potevano parlare della vita del proprio paese, della loro cultura, attraverso la produzione di radio-drammi (pod-casting). Per i due laboratori di L2, (di primo e secondo livello) gli intenti erano quelli di favorire una prima alfabetizzazione, per fornire agli alunni gli strumenti linguistici e comunicativi di base; si è proseguito poi con una seconda fase di alfabetizzazione, finalizzata al consolidamento delle strutture linguistiche acquisite e ad un ulteriore ampliamento dei mezzi espressivi. Le lezioni sono state svolte anche con l’aiuto di mediatori linguistici. Alla fine, sono stati prodotti degli Album di lavoro, in cui sono state raccolte le elaborazioni più significative degli alunni. Gli album rappresentano il mondo “attraverso lo specchio”, come recita una delle storie scritte dai nostri alunni stranieri; è stato realizzato un dvd, in cui si può ripercorrere l’itinerario di lavoro, i momenti di aggregazione, i lavori di gruppo; sono stati prodotti cartelloni riassuntivi, manufatti e lavori di restauro; è stato realizzato un radiodramma; e, infine, sono stati eseguiti canti corali.
4. LE TENDENZE DIDATTICHE PER L’INTEGRAZIONE DEGLI ALUNNI IMMIGRATI
Gli alunni stranieri, figli ricongiunti alla famiglia, adottati, figli di coppie miste, rifugiati, zingari, ecc., devono ridefinire, prima di imparare un’altra lingua/cultura, la loro identità e la loro appartenenza: per questo, un approccio umano e didattico competente dovrebbe innanzitutto essere attento ai bisogni e alle capacità dell’alunno, essere dotato di strumenti e risorse per la facilitazione linguistica, essere capace di contenere le ansie, essere capace di presentare e far rispettare le regole della convivenza, possibilmente non solo scolastica. Le variabili di analisi su cui concentrare gli sforzi iniziali per costruire e mantenere nel tempo un’accoglienza proficua e valida vanno dalla considerazione dell’età dello studente, dal tipo di scolarità precedente, dal tipo di lingua d’origine, alla conoscenza del progetto migratorio che lo ha portato in Italia e anche alla conoscenza del suo carattere. Diventa fondamentale, quindi, facilitare l’informazione e la comunicazione tra la scuola e la famiglia straniera, tenere sotto controllo gli aspetti non verbali della comunicazione, prestare attenzione al clima che si instaura nella classe, per cercare di ridurre l’ansia, la diffidenza, la distanza relazionale fra l’alunno immigrato e gli altri studenti italiani e per prevenire situazioni di rifiuto, non accettazione, chiusura. L’arrivo di alunni stranieri dovrebbe diventare un’occasione preziosa per ripensare e rivedere gli stili e le modalità educative, per arricchire le proposte didattiche, per diversificare le metodologie, predisponendo strumenti particolari e momenti individualizzati e socializzanti, nello sforzo di coinvolgimento di tutti i docenti e delle varie componenti scolastiche. Negli approcci didattici, comunemente condivisi dai docenti, si mira allo sviluppo e al consolidamento della competenza interculturale, sia degli alunni immigrati che di quelli italiani: sarebbe impossibile e inefficace scindere le due parti, perché entrambe partecipano contemporaneamente alla crescita sociale e scolastica del nostro paese, costruendo la propria “cittadinanza” in un mondo sempre più aperto (qualche volta anche in modo contraddittorio) e ricco di contatti umani. In un progetto educativo globale teso all’interculturalità si dovranno prevedere fasi di analisi di temi socio-politici (un’educazione allo sviluppo, alla pace, ai diritti umani, alla legalità, ecc.), di temi legati al relativismo culturale, all’antirazzismo, alle nuove forme di comunicazione. Una competenza comunicativa interculturale non può essere "insegnata", in quanto si manifesta attraverso comportamenti linguistici e non linguistici assolutamente dipendenti dalle infinite variabili del contesto di situazione. Allo stesso tempo, però, può essere "imparata": si possono creare, anche in classe, alcune condizioni che aiutano a stabilire positive relazioni con persone di lingue e culture diverse. Si tratta innanzitutto di cambiare la prospettiva didattica: non è l’alunno straniero a dover imparare (per adeguarsi) il modello di comportamento degli autoctoni, ma sono tutti i partecipanti al gruppo (cioè anche gli studenti italiani e gli insegnanti) che - insieme - devono trovare un accordo sul comportamento adeguato. Ciò non significa abdicare al proprio modello culturale, ma trovare modalità di negoziazione per cui ciascuno attutisce o esalta aspetti della propria cultura per venire incontro all'altro. L'adeguamento reciproco richiede una consapevolezza del proprio e dell'altrui comportamento, o, per lo meno la consapevolezza che certi comportamenti usuali in una certa cultura possono essere inusuali o avere valori differenti in un'altra. La varietà delle culture italiane, e la varietà delle abitudini e delle tradizioni familiari che ogni studente si porta dietro al momento di entrare in classe, è stato, è o può essere ragione di conflitto o di incomprensione. Per questo è necessario favorire la presenza di un atteggiamento che non solo rispetti l'alterità, ma che la veda come una risorsa, non necessariamente un modello da imitare, ma uno stimolo per mettere in discussione il proprio modello senza subirlo acriticamente.
5. LE FASI DI APPRENDIMENTO
La condizione particolare degli alunni immigrati, nella maggioranza dei casi in età evolutiva, rende molto complesso lo scenario linguistico e culturale entro cui avviene l’apprendimento: per questi studenti, la lingua italiana non è solo genericamente una L2, ma soprattutto una lingua di contatto, cioè una modalità linguistico-comunicativa (articolata in vari stadi di acquisizione di interlingua), in cui abbiamo continui e consapevoli scambi con la lingua d’origine. Da questi scambi di codici linguistici e culturali si formano via via le nuove identità individuali e sociali dei nostri apprendenti. Il docente-facilitatore di italiano L2 lavora quindi per diminuire le eventuali difficoltà (spesso sociolinguistiche) provocate dagli scambi, per favorire una forma più stabile e qualitativamente migliore dell’acquisizione linguistica, per dare un’idea più varia possibile della cultura di contatto, cercando di evidenziare le somiglianze e i tratti comuni con quella d’origine. In pratica, si lavora prima sull’impatto, poi sul confronto culturale, sulla superficie e sulla profondità della nuova realtà sociale che gli stranieri immigrati sono chiamati a vivere. È evidente, allora, che saranno da privilegiare tutte quelle modalità didattiche in grado di attenuare i filtri affettivi, le difese naturali, che ogni alunno potrebbe erigere qualora si sentisse a disagio o in contrasto con il nuovo mondo. Sia da un punto di vista più strettamente linguistico che da un punto di vista culturale, gli approcci umanistico-affettivi e quelli ispirati al Cooperative Learning offrono un valido sostegno educativo: l’obiettivo è quello di sviluppare nello straniero (ma anche contemporaneamente nell’alunno italiano, quindi nell’intero gruppo-classe) capacità relazionali e comunicative, con strategie didattiche che attivino processi di inclusione e integrazione sempre più positivi e proficui. Per facilitare l’integrazione, potremmo, quindi, utilizzare, fra le altre, tecniche didattiche che si basino su un linguaggio iniziale semplice e chiaro, in cui le nuove informazioni siano collegate ad esempi concreti e in cui si introducano sempre quelle parole-chiave funzionali alla comprensione del testo; quanto più possibile, si dovrebbe far leva sulle competenze pregresse dell’alunno (anche grazie a materiali bilingui); si dovrebbero incentivare le attività di gruppo, al cui interno ci siano responsabilità ben strutturate, perché tutti contribuiscano alla realizzazione del lavoro in modo uguale e differente allo stesso tempo; si dovrebbero considerare profondamente le negoziazioni di significato che avvengono fra apprendente e apprendente che, generando più input, portano conseguenze maggiori di acquisizione; si dovrebbero promuovere interazioni faccia a faccia in cui gli allievi si appropriano di comportamenti sempre più competenti; si dovrebbero, infine, effettuare valutazioni periodiche del lavoro svolto, sia individuale sia di gruppo.
6. IL PROGETTO CONOSCIAMOCI E RICONOSCIAMOCI
Il progetto “Conosciamoci e riconosciamoci” (organizzato in collaborazione dalla scuola Cecco Angiolieri e dal Circolo Arcadia) si è articolato in due corsi intensivi di integrazione linguistico-culturale: il primo anno si sono svolti dalla fine di febbraio agli inizi di giugno 2007, proseguendo con un’appendice estiva di 30 ore; il secondo anno si sono svolti dalla fine di febbraio alla fine di maggio 2008, proseguendo anch’essi con un’appendice estiva di 30 ore.
I corsi erano destinati agli alunni stranieri della prima, della seconda e della terza media, accolti precedentemente nelle varie classi al momento del loro arrivo, tenendo conto della loro competenza linguistica, dell’età, della classe frequentata nei loro paesi d’origine.
Gli alunni della terza media hanno frequentato un corso distinto dagli altri, perché, oltre al consolidamento delle abilità linguistiche e comunicative, si è pensato di sviluppare e fortificare le abilità di studio per affrontare nel modo più proficuo possibile l’esame finale.
I corsi erano articolati in due incontri pomeridiani settimanali, della durata di due ore ciascuno, e hanno visto la partecipazione di circa 12 allievi alla volta. Tutti gli interventi sono stati incoraggiati dalla disponibilità del dirigente scolastico e dei docenti della scuola, consentendo all’insegnante del corso di registrare i bisogni linguistici individuali degli allievi, a cui si è cercato di dare una risposta mirata, pur dovendo di necessità operare all’interno di un gruppo disomogeneo per età dei ragazzi e per data di arrivo e, conseguentemente, per il dislivello nella padronanza della lingua seconda.
Le classi erano formate in maggioranza da:
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alunni di madrelingua spagnola (Perù);
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alunni di madrelingua slava (Russia, Bielorussia, Moldavia, Ucraina);
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alunni di madrelingua albanese;
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alunni di lingua romena.
Prima di illustrare come si sono organizzate le lezioni e quali sono stati gli interventi didattici intrapresi, andiamo brevemente a descrivere il quadro linguistico di partenza delle tre madrelingue, per capire meglio poi le cause degli eventuali errori e delle varie difficoltà dell’ apprendimento dell’italiano.
Alunni di madrelingua spagnola
Generalizzando le osservazioni linguistiche e tralasciando le molte differenze fra le varietà dello spagnolo ispanoamericano e quello della Spagna, possiamo notare delle caratteristiche che delineano alcune interferenze di tipo fonetico-fonologico, morfosintattico, lessicale nell’apprendimento della nostra lingua:
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differenza nell’articolazione di /b/ e /d/ (in spagnolo sono fricative, mentre in italiano occlusive);
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raddoppiamento delle consonanti (non esiste in spagnolo: da qui, abbiamo fenomeni di ipercorrettismo in italiano);
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/v/ realizzata in /ß/;
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costruzione dell’oggetto diretto con a (yo he visto a Maria = ho visto a Maria);
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difficile o mancata distinzione fra il pronome indiretto li, gli, le (in spagnolo è le per tutte le persone);
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mancanza dell’ausiliare essere nei tempi composti (yo he ido = io ho andato);
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differente uso dei verbi ser (essere) / estar (stare), tener (avere), ecc.;
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moltissimi falsi amici (burro = asino, salir = uscire).
Alunni di madrelingua slava
Le lingue slave più rappresentate in Italia tra gli immigrati sono: il serbo, il croato, il macedone, l’ucraino, il bulgaro, il russo (solo il croato è scritto in caratteri latini, mentre le altre hanno vari sistemi cirillici). In generale, non abbiamo molte difficoltà di acquisizione della pronuncia dell’italiano, perché, oltre alla buona attitudine per l’apprendimento linguistico, le popolazioni di madrelingua slava sono esposte ad uno studio intensivo (nelle scuole dell’obbligo) di varie lingue straniere. Comunque, possiamo delineare alcune interferenze nell’apprendimento dell’italiano:
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la mancanza dell’articolo determinativo;
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l’omissione del verbo essere specialmente al presente;
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difficoltà a distinguere l’uso degli ausiliari essere e avere.
Alunni di madrelingua albanese
La lingua albanese fa parte del ceppo indoeuropeo, presentando quindi delle somiglianze con le altre lingue che vi appartengono. A livello fonetico, anche se l’albanese usa i caratteri latini, possiamo avere degli equivoci perché non tutti i caratteri si scrivono e si leggono allo stesso modo (esempio: la parola italiana rosa può essere scritta roza, perché la /z/ è sempre sonora e la /s/ è sempre sorda). Inoltre abbiamo:
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difficoltà a realizzare le doppie;
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articolo determinativo posposto;
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complesso sistema di coniugazione e declinazione;
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molti prestiti adattati dall’italiano a livello di pronuncia (mik < amicus = amico; duron = durare; mur = muro).
Alunni di madrelingua romena
La lingua romena appartiene alla famiglia indoeuropea e presenta molte somiglianze con la lingua francese e italiana. Circa il 90% del vocabolario del romeno moderno è di origine latina: per questo, a livello lessicale gli studenti romeni non hanno particolari difficoltà di apprendimento e in generale dimostrano una buona comprensione dell’italiano fin dai primi approcci.
In particolare, alcune difficoltà di acquisizione possono riguardare:
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il riconoscimento e la produzione delle doppie (in quanto in romeno sono pochissime);
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la pronuncia dei suoni corrispondenti ai digrammi gl e gn (inesistenti in romeno);
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la pronuncia della s intervocalica come /s/ (la parola rosa viene pronunciata [ro:sa] anziché [ro:za]);
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la pronuncia della z (/ts/) come s intervocalica /z/.
7. LE ATTIVITÀ DIDATTICHE DEI CORSI
Le iniziative didattiche principali sono state di due tipi: lo sviluppo e il consolidamento delle competenze fonetiche e morfosintattiche; lo sviluppo e il rafforzamento delle competenze interculturali. Nel primo caso, gli interventi si sono basati soprattutto su attività ludiche e di ripetizione per rendere meno faticoso il processo di apprendimento: gli alunni, che già avevano frequentato al mattino le lezioni del calendario scolastico, arrivavano al pomeriggio qualche volta stanchi e poco concentrati. Per questo, era necessario non costringerli a svolgere attività che richiedessero ancora un impegno e una concentrazione superiori alle loro forze. Raccogliendo vari materiali (anche plurilingui, per facilitare i primi contatti e per dare l’idea agli studenti che le loro lingue erano riconosciute e valorizzate al pari dell’italiano), e realizzandone anche altri adeguati via via alle loro abilità, è stato costruito un percorso di acquisizione fonetica e grammaticale originale e calibrato. In genere, nella prima fase della lezione, gli studenti raccontavano che cosa avevano fatto la mattina in classe, quali erano state le nozioni più difficili da apprendere, come si erano comportati in classe con gli altri compagni e con gli insegnanti, quali sarebbero stati i compiti da svolgere per il giorno dopo; l’insegnante, sollecitava, se necessario, risposte e approfondimenti su tematiche legate a quello che era stato affrontato in classe al mattino e, poi, presentava le attività da svolgere insieme nel loro incontro. La seconda fase della lezione, quindi, cominciava con una breve lettura ad alta voce, guidata dal docente e realizzata spesso coralmente, proseguiva con l’analisi di alcuni suoni della lingua che sembravano più difficili da riprodurre, ampliando l’attività con altre parole o frasi che avevano le stesse difficoltà di realizzazione; spesso gli studenti lavoravano a coppie o in piccoli gruppi, completando tabelle con fonemi o grafemi, doppie o vocali, cercando comunque di consultare sempre l’insegnante nei casi dubbi. Gli studenti venivano invitati anche a cantare canzoni italiane conosciute o a ripetere scioglilingua divertenti per rendere ancora più familiari suoni e intonazioni. La terza fase della lezione prevedeva un’attenzione più specifica sugli aspetti morfosintattici dei testi: spesso gli alunni non avevano ancora sviluppato una consapevolezza metalinguistica dei fenomeni presi in esame e quindi, qualche volta, diventava impossibile parlare di categorie grammaticali, di funzioni e di ruoli delle parole all’interno delle frasi, di legami testuali e di coerenza fra le parti di un testo; perciò, il lavoro si concentrava, soprattutto all’inizio, sulla comprensione generale dei testi e delle parole, sulle differenze visive delle parole, sui concetti di tempo verbale più semplici e immediati, sulla costruzione generale della frase. Solo in un secondo momento gli studenti hanno cominciato a dare un’etichetta (funzionale e strettamente grammaticale) alle parole che leggevano o ascoltavano: grazie, anche in questo caso, ad attività ludiche che prevedevano una partecipazione a squadre (per esempio riconoscere quanti più verbi possibili nei testi e trascriverli nel quaderno a seconda della loro forma o del tempo espresso, capire quali parole erano di genere maschile o femminile, elencare tutti gli aggettivi presenti in un testo, ecc.) hanno cominciato a catalogare e sistematizzare il materiale linguistico e ad avere più familiari i vari fenomeni analizzati. La quarta fase consisteva in un riepilogo del lavoro svolto e nell’assegnazione di brevi compiti da svolgere per la volta successiva.
Per quanto riguarda il rafforzamento delle competenze interculturali, sono stati svolti percorsi di conoscenza del territorio e della città, di conoscenza delle feste e delle tradizioni popolari più importanti italiane, di conoscenza delle tradizioni gastronomiche più rilevanti della regione e della città. Gli studenti, svolgendo un necessario e importante confronto con le realtà dei propri paesi, sono riusciti a comprendere gran parte delle peculiarità dei concetti esposti, arricchendo qualche volta le nuove conoscenze con importanti riflessioni e contributi. Spesso sono stati realizzati poster e cartelloni per rendere “visivo” e tangibile il sapere acquisito e far partecipi anche gli altri studenti italiani del lavoro svolto (specialmente durante le settimane dedicate ai progetti realizzati dalle varie classi della scuola che riguardavano le espressioni letterarie straniere, le scoperte scientifiche, la storia italiana e degli altri paesi europei, ecc.). Illustriamo di seguito con un esempio un’iniziativa didattica di tipo interculturale che è stata realizzata durante le lezioni estive:
UN PERCORSO IN CITTÀ: L’ACQUA A SIENA
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che cosa visitare:
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le fonti di Fontebranda,
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le fonti di Ovile, alcune fontane delle contrade vicine alle due fonti (per esempio: Oca, Drago, Civetta, Selva, ecc.);
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che cosa preparare prima della visita:
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una piantina della città da illustrare per far capire come è fatta Siena e dove sono i luoghi che gli studenti visiteranno;
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un po’ di materiale cartaceo (immagini/foto delle fonti e delle fontane delle contrade);
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una breve lista di vocaboli utili per la comprensione dei testi e delle funzioni dei monumenti (da illustrare sia prima della visita che durante la stessa);
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una scheda da consegnare a ciascuno studente in cui si riportano le domande e le osservazioni importanti su cui dovranno lavorare al rientro in classe nei giorni successivi. Il lavoro di osservazione e descrizione scritta può essere svolto sia individualmente che a coppie o in piccoli gruppi;
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lavoro in classe dopo le visite:
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correzione delle schede (sia in gruppo che individualmente);
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ampliamento dell’argomento (cercare su Internet nomi di altre fonti, [esempio: Fonte delle Monache, Fonti di Pescaia, Fonte Gaia] la loro collocazione, il periodo di edificazione, la loro funzione nel passato e attualmente…);
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elaborazione di testi scritti corredati da foto (fatte durante la visita, cercando di cogliere sia l’insieme del monumento che alcuni particolari) in cui gli studenti descrivono le fonti e aggiungono loro eventuali apprezzamenti.
ESEMPIO DI ATTIVITÀ
Alcune parole utili per capire che cos’è una fonte: l’elenco vuole dare solo un’idea sommaria della fonte; il significato delle parole sarà chiesto prima agli studenti e, se non è conosciuto, si dovrà fornire comunque una breve spiegazione.
acqua
acqua piovana
acqua sotterranea
acquedotto
bagnare
bere
bottini
cisterna
potabile
pozzo
sistema idraulico
vena d’acqua
Scheda per lo studente
Nome____________________
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Come si chiama la fonte?/Come si chiamano le fonti?
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Quando è/sono nata/e?
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In quale zona della città si trova/si trovano?
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A che serviva questa fonte/queste fonti?
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Oggi sono importanti le fonti/le fontane delle contrade? Perché?
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Quale fonte ti piace di più?
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DESCRIVETE LA FONTE/LA FONTANA DELLA CONTRADA:
Che forma ha? È antica? Ci sono figure di uomini o di animali? Com’è l’acqua?
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8. CONCLUSIONI
Concludiamo questo nostro lavoro dicendo che veramente oggi l’Italia ha “il mondo in classe”: tutto il personale scolastico (e non solo) è sollecitato ad accogliere gli studenti stranieri, stando attento prima di tutto ai loro bisogni, valutando anche le loro capacità e le loro competenza pregresse e sviluppando iniziative didattiche coordinate che riescano a contenere le ansie e le titubanze dei nuovi alunni. Accogliendo un ragazzo straniero si accolgono i suoi timori, le sue paure, ma anche, e soprattutto, si accoglie un mondo nuovo, una storia che sarà raccontata nel tempo, un patrimonio linguistico e culturale che apporterà nuova linfa a quello italiano.
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1 L’articolo è frutto di una collaborazione delle tre insegnanti; in particolare, Antonella Filippone ha curato i paragrafi 4, 5, 6, 6.1, 7 e 8; Viola Gherardi i paragrafi 1 e 2; Giulia Maria Petrolini il paragrafo 3.