Aprile 2016 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
AUTORE: S. Rastelli
TITOLO: Che cos’è la didattica acquisizionale
CITTÀ: Roma
EDITORE: Carocci
ANNO: 2009
Il volume di Rastelli mira a illustrare le basi epistemologiche, i fondamenti metodologici e lo spazio di ricerca e di azione della didattica acquisizionale (DA), un’area di indagine il cui obiettivo è quello di concretizzare «la naturale, vicendevole attrazione […] che lega gli studi “sull’acquisizione” e quelli “sull’insegnamento” della lingua non materna (Grassi, 2008: 10) attraverso la messa a punto di un «“programma acquisizionale”» (Rastelli, 2009: 7), cioè di azioni e percorsi didattici che trovino fondamento e giustificazione nelle conoscenze derivanti dagli studi di linguistica acquisizionale e che si traducano quindi in progetti di «“acquisizione guidata”» (ibidem). La base su cui poggia tale «modello teorico di didattica linguistica» (Vedovelli, 2003: 78) è l’idea dell’esistenza di un ordine naturale di acquisizione di certi tratti e strutture di una lingua straniera che risulterebbe indipendente dalle caratteristiche individuali degli apprendenti e dall’influenza di fattori esterni. Ciò potrebbe spiegare perché: (a) non di rado gli studenti non riescono ad acquisire certi tratti linguistici presentati dall’insegnante e, d’altro canto, sono in grado di padroneggiarne altri su cui il docente non ha lavorato in classe; (b) ci sono apprendenti che acquisiscono una lingua straniera senza ricevere alcun tipo di istruzione formale, ma semplicemente attraverso il contatto con l’idioma target.
L’universalità delle succitate sequenze di acquisizione sarebbe spiegabile con l’ipotesi secondo la quale esisterebbero processi e meccanismi mentali in grado di condurre naturalmente l’apprendente all’acquisizione di una lingua non materna. Di conseguenza, l’obiettivo della didattica acquisizionale è favorire la messa a punto di interventi didattici che tengano conto del percorso e dei processi cognitivi naturali di apprendimento linguistico, ma anche approfondire la ricerca su elementi connaturati alla didassi in ambiente formale (quali il processo correttivo, l’input, il noticing, l’output, l’insegnamento esplicito della grammatica, l’addestramento linguistico, cioè l’insegnamento per chunk lessicali di strutture rispetto all’acquisizione delle quali lo studente non è ancora pronto) che possono influire in maniera favorevole sul processo apprenditivo.
Tali riflessioni sulla natura e gli obiettivi della didattica acquisizionale sono presentate nell’introduzione e nel primo capitolo del volume, nel quale l’autore analizza il concetto e lo statuto della disciplina, sottolineandone la natura modulare e la cura da prestare nel combinare e dosare opportunamente i vari moduli linguistici, necessaria se si vuole favorire un’accelerazione del processo di apprendimento.
Inoltre, viene indicato il metodo sperimentale come «procedura scientifica che caratterizza e distingue la DA rispetto a procedure tipiche di altri approcci e di altre discipline» (Rastelli, 2009: 15). In particolare, esso si rivela fondamentale per la conduzione di ricerche che siano in grado di attribuire a certi fattori trattati in isolamento l’efficacia di determinate pratiche didattiche e dunque di rivelare eventuali vantaggi di certe strategie di apprendimento guidato rispetto all’acquisizione spontanea di alcuni tratti o elementi linguistici. «Per impostazione, oggetto e metodo di analisi» (ibidem) vengono citati quattro studi che, pur con i loro limiti, sono considerati esemplari nel campo della didattica acquisizionale: il lavoro di Mackey (1999), volto a testare l’interaction hypothesis (Long, 1996); la ricerca di Bettoni e Di Biase (2005), tesa a verificare l’ipotesi dell’insegnabilità (Pienemann, 1984); lo studio di Ellis, Loewen ed Erlam (2006), con il quale i ricercatori mirano a verificare l’impatto del feedback correttivo sullo sviluppo della competenza procedurale degli apprendenti relativamente a uno specifico tratto morfologico della lingua inglese; l’esperimento realizzato da Nuzzo e Bettoni (in stampa), nel quale si analizzano gli effetti dell’insegnamento di alcune strutture sintattiche dell’italiano che presentano un ordine marcato degli elementi che le compongono.
Rastelli, infine, tenta di delineare uno spazio disciplinare e di ricerca autonomo per la DA, individuando in particolare gli aspetti che la differenziano dalla linguistica acquisizionale e dalla glottodidattica: rispetto alla prima disciplina, la didattica acquisizionale non si occupa di acquisizione spontanea, ma si interessa, pur con una prospettiva che tiene conto degli assunti acquisizionali, di apprendimento in contesto guidato. Le differenze con la glottodidattica sono invece legate innanzitutto al metodo adottato, visto che la didattica acquisizionale, contrariamente alla scienza dell’educazione linguistica, «non ha il compito di spiegare perché si apprende qualcosa in un determinato modo, ma di verificare sperimentalmente se insegnando qualcosa in un determinato modo, qualcosa viene appreso oppure no» (Rastelli, 2009: 23). Inoltre, Rastelli ricorda che la DA, per quanto riconosca, come la glottodidattica, il peso che certi fattori personali (per esempio, gli stili di apprendimento, gli stili cognitivi, la motivazione, l’attitudine, il livello d’ansia, ecc.) hanno nel processo di apprendimento, diversamente dalla glottodidattica li esclude dal proprio ambito di ricerca, occupandosi solamente di fattori di tipo linguistico.
Nel secondo capitolo, Rastelli introduce due concetti fondamentali per la didattica acquisizionale: l’interlingua e le sequenze d’acquisizione. L’interlingua rappresenta un sistema linguistico composto da un insieme di norme coerenti che vengono continuamente modificate e integrate sulla base delle ipotesi formulate dall'apprendente nel suo processo di sviluppo della competenza comunicativa nella lingua target. L’autore richiama l’attenzione del lettore, in particolare, su alcune caratteristiche dell’interlingua che risultano comuni ad apprendenti molto eterogenei per lingua materna, età, tipo di istruzione ricevuta ed altri fattori di differenziazione personale. Tali elementi comuni vengono attribuiti, dalla tradizione generativista, alla «conoscenza innata dei principi della grammatica universale» (Rastelli, 2009: 34). Al contrario, i sostenitori degli approcci funzionalisti e cognitivisti riconducono l’esistenza di tali aspetti comuni a delle medesime strategie utilizzate dagli apprendenti per risolvere determinati problemi di natura comunicativa. Infine, Rastelli individua alcuni criteri che dovrebbero guidare l’insegnante all’analisi delle produzioni interlinguistiche dell’apprendente.
Le sequenze di acquisizione indicano l’ordine universale di comparsa di certi tratti linguistici nel processo di avanzamento interlinguistico dell’apprendente verso la lingua target. In riferimento a tale concetto, Rastelli riassume alcuni significativi risultati, considerazioni e conclusioni a cui sono giunti illustri ricercatori e studiosi internazionali e italiani. Emergono, però, anche alcuni aspetti controversi relativi all’acquisizione e alle sequenze di acquisizione, che riguardano, in particolare: (a) il momento in cui è possibile considerare una forma appresa; (b) la valutazione e la misurazione dell’acquisizione delle forme linguistiche; (c) il motivo per il quale le sequenze di acquisizione presentano un certo ordine (a tale interrogativo sembra poter rispondere la teoria della processabilità); (d) i limiti delle sequenze di acquisizione che, da una parte «riguardano pochi fenomeni e sono basate sullo studio di pochi soggetti» (Rastelli, 2009: 50), dall’altra non forniscono indicazioni «sull’ampiezza del repertorio lessicale cui la nuova regola si estende» (ibidem).
Nel terzo capitolo vengono individuati alcuni fattori che, se adeguatamente presenti all’interno di un percorso didattico basato sul rispetto delle sequenze di acquisizione, appaiono in grado di rendere l’apprendimento guidato più efficace dell’acquisizione spontanea. Rastelli chiarisce innanzitutto quali elementi possano essere fattorizzati, cioè analizzati in isolamento per verificare la loro influenza ai fini dell’apprendimento linguistico: tra questi, lo studioso si concentra, in particolare, sul feedback correttivo, sull’input, sull’insegnamento della morfosintassi e sull’output.
Il ricorso all’evidenza negativa non rappresenta una prerogativa esclusiva dell’insegnamento linguistico in ambiente formale, ma può essere proposto anche in un contesto di natura non didattica. In quest’ultimo caso, tuttavia, lo scopo della correzione è generalmente legato a un superamento delle difficoltà di comprensione di un messaggio, mentre in classe l’uso del corrective feedback appare maggiormente finalizzato a far notare agli apprendenti errori di natura formale presenti nelle loro produzioni. Gran parte degli studiosi è concorde nel riconoscere gli effetti positivi del trattamento correttivo sull’apprendimento linguistico e che tali effetti si rivelano più significativi di quelli derivanti dalla correzione degli errori in contesto d’acquisizione spontanea. Non vi è accordo, invece, su quale tra i diversi tipi di intervento correttivo sia il più efficace.
In relazione al ruolo dell’input, viene richiamata la teoria del noticing e sottolineato come un tratto, affinché venga acquisito, deve essere in primo luogo notato. Ciò può essere favorito dall’insegnante tramite il ricorso ad alcune strategie che vanno dall’innalzamento del tono della voce all’introduzione di elementi di tipo grafico e visivo.
Il ruolo dell’insegnamento formale della grammatica, che è stato indagato in diversi studi con esiti in alcuni casi divergenti, può essere considerato fortemente significativo per favorire una focalizzazione su un certo tratto linguistico quando gli apprendenti non sono autonomamente in grado di notarlo e dunque, come suggerisce la teoria del noticing, di acquisirlo.
L’output, infine, assume, per una schiera di studiosi, un ruolo fondamentale nel processo di acquisizione linguistica perché offrirebbe agli apprendenti la possibilità di testare la correttezza delle loro ipotesi sul funzionamento della lingua obiettivo, cogliere lo scarto tra le proprie produzioni e quelle di un madrelingua e dunque aumentare la propria «consapevolezza di come funziona il linguaggio» (Rastelli, 2009: 67).
Rastelli dedica il quarto capitolo del suo volume alla formazione glottodidattica e linguistica del docente, introducendo il fondamentale concetto di insegnabilità (Pienemann, 1984), con il quale si fa riferimento all’idea che il processo di insegnamento-apprendimento possa rivelarsi più efficace seguendo le indicazioni fornite dalle sequenze acquisizionali: il docente, cioè, dovrebbe concentrarsi solo su aspetti e strutture effettivamente imparabili dallo studente. Tale logica, tuttavia, non sembra essere seguita in buona parte dei libri di testo di italiano per stranieri, nei quali la successione dei tratti da focalizzare pare spesso non rispettare «i passaggi che chi impara l’italiano deve percorrere per apprendere gli elementi della morfosintassi» (Rastelli, 2009: 72).
L’autore riflette anche sulle competenze di tipo linguistico e grammaticale che un docente è tenuto ad avere, sollecitando, in particolare, la ridefinizione di regole, categorie e contenuti linguistici dati spesso per scontati ma che in realtà meriterebbero ulteriori approfondimenti o, in certi casi, addirittura vere e proprie revisioni, per poter arrivare a una loro piena e corretta comprensione: per esempio, la scelta dell’ausiliare per i tempi composti è legata non all’opposizione transitivo/intransitivo ma alla dicotomia inergativo/inaccusativo. Rastelli nota altresì come molti manuali non presentino analisi di elementi dell’italiano neostandard (per esempio, le strutture con un ordine marcato degli elementi frasali) che ormai sono entrate a far parte della lingua corrente e reale.
Vengono inoltre approfondite ulteriori competenze che un docente che opera secondo i principi della didattica acquisizionale dovrebbe avere. Rastelli fa riferimento, in particolare: (a) alla competenza interazionale, che dovrebbe consentire all’insegnante di orientarsi tra i vari potenziali comportamenti correttivi, in riferimento soprattutto alla scelta legata a cosa correggere e in che modo; (b) alla competenza tipologica, che consente, per esempio, di acquisire la necessaria consapevolezza dell’esistenza di una relazione tra ordini di marcatezza e sequenze di acquisizione» (Rastelli, 2009: 91) e della «non universalità di alcune nozioni» (Rastelli, 2009: 92); (c) alla competenza analitica, che può avvalersi dell’apporto di uno strumento, rappresentato dai corpora, che permette di comprendere meglio la natura dell’errore e il suo grado di correlazione a un determinato livello interlinguistico, «identificare le vere regole dell’interlingua, verificare e valutare i veri progressi» (Rastelli, 2009: 95).
Il quinto capitolo è dedicato al concetto di addestramento, con il quale si fa riferimento al tentativo di favorire l’uso automatizzato di forme ed elementi linguistici che, pur non trovando lo studente iniziale ancora pronto per il loro studio dal punto di vista acquisizionale, «andrebbero insegnati fin da subito perché sono molto importanti nella comunicazione e nella vita degli stessi apprendenti» (Rastelli, 2009: 98). L’urgenza comunicativa legata all’apprendimento di certi elementi impone, dunque, di trattare gli stessi come formule, ovvero chunk lessicali, e non ancora come forme. Nel corso del capitolo vengono presentati i principali riferimenti teorici a supporto di tale scelta didattica, riscontrabili, in particolare, nelle posizioni dell’approccio “emergentista” o “costruzionista”; vengono altresì esposte le principali strategie che il docente dovrebbe essere in grado di predisporre per favorire un apprendimento per chunk.
Nell’ultimo capitolo, Rastelli presenta un esempio concreto di percorso didattico acquisizionale finalizzato a favorire l’acquisizione «del tempo verbale passato» (Rastelli, 2009: 112) in apprendenti cinesi di italiano come lingua seconda. Nello specifico, la proposta dello studioso prevede di partire da esempi che vedono verbi telici (più tipici dell’aspetto perfettivo) presentati al passato prossimo e verbi atelici (più tipicamente legati all’aspetto imperfettivo) all’imperfetto, sulla base dell’idea che «gli eventi prototipici siano più facili da capire e che forniscano un modello estensibile gradualmente anche ad altri verbi […]» (Rastelli, 2009: 116). In un secondo momento, però, sarà necessario estendere anche la nozione di aspetto perfettivo ai verbi atelici e di aspetto imperfettivo ai verbi telici, allo scopo di «abituare gli studenti a ricavare le informazioni fondamentali da una singola parte della parola (il suffisso) di ogni verbo, indipendentemente dalla sua categoria azionale» (Rastelli, 2009: 119).
Nella sezione conclusiva, Rastelli ribadisce la prospettiva della didattica acquisizionale, la quale cerca di individuare un punto di incontro tra gli studi di glottodidattica e linguistica acquisizionale a partire dalla convinzione che la classe di lingua costituisca l’ambiente privilegiato per favorire un apprendimento accidentale di una lingua seconda o straniera. La condizione necessaria affinché ciò avvenga è che il docente abbia le conoscenze disciplinari specifiche atte a favorire un simile processo di acquisizione guidata.
Bettoni C., Di Biase B., 2005, “Sviluppo obbligatorio e progresso morfosintattico: un caso di Processabilità in italiano L2”, in Itals. Didattica e linguistica dell’italiano come lingua straniera, III, 7.
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Long M., 1996, “The role of the linguistic environment in second language acquisition”, in Ritchie W., Bathia T. (eds.), Handbook of Second Language Acquisition, San Diego, Academic Press.
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Vedovelli M., 2003, “Note sulla glottodidattica italiana oggi: problemi e prospettive”, in Studi italiani di linguistica teorica e applicata (Silta), XVIII, 2.