Giugno 2003 | Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792 Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni |
Il costruttivismo sociale non è un metodo. È una teoria epistemologica che afferma che la costruzione della conoscenza avviene all’interno del contesto socioculturale in cui agisce l’individuo. Secondo questa prospettiva, pertanto, interazioni e linguaggi svolgono una funzione fondamentale in un processo di apprendimento.
In pedagogia alcuni autori che a ragione si possono collocare entro la corrente costruttivista, ad esempio J. Piaget, avevano incentrato le proprie teorie sulle costruzioni individuali, trascurando l’aspetto sociale ed interpersonale.
Il costruttivismo sociale, invece, considera l’apprendimento come un processo di costruzione di significati negoziati assieme agli altri, e non come l’acquisizione di conoscenze che esistono da qualche parte esternamente allo studente.
La moderna pedagogia deve molto alle osservazioni di Vygotskij, il quale ha avuto il merito di sottolineare la natura intrinsecamente sociale, interpersonale dell’apprendimento. I suoi studi sulla relazione tra pensiero e linguaggio hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo successivo di correnti di pensiero e di metodologie didattiche che evidenziano gli aspetti cooperativi e collaborativi nel processo di insegnamento/apprendimento.
Ma come già detto, il costruttivismo sociale non è un metodo, visto che non intende fornire agli insegnanti manuali o indicazioni precise da seguire nella prassi didattica.
Autori come N. Goodman, e recentemente le americane P. Oldfather, J. West, J. White, J. Wilmarth, o in Italia il Prof. Mario Polito, affermano che ciascun insegnante sviluppa progressivamente approcci e metodiche mentre impara a conoscere gli interessi e i bisogni dei suoi studenti e a scoprire quello che è adatto per loro. Affermano anche che l’insegnamento è il risultato di attente osservazioni e di una notevole sensibilità nei confronti degli studenti.
Ma che significato, quale ricaduta possono avere queste considerazioni sul lavoro dell’insegnante di lingua, in particolare nella gestione di una classe ad abilità miste? Come poter andare incontro ai bisogni linguistici dei singoli e potenziare le competenze di ognuno adottando un’impostazione sociale?
In una visione sistemica il gruppo classe viene considerato nella sua interezza ed inteso non come semplice somma di individui, bensì come rete di relazioni e connessioni reciproche. In tale ottica l’insegnante vede i propri studenti come facenti parte appunto di una comunità, in cui possono aiutarsi ad imparare insieme mettendo a frutto le risorse di ciascuno. Così, mentre in una visione “lineare“ della classe l’insegnante si rapporta ad ognuno in modo unilaterale tenendo conto dei suoi personali bisogni, in quella “sistemica“ egli dovrebbe riuscire a vedere, a registrare ed a considerare anche l’invisibile, ovvero gli aspetti socio-affettivi e relazionali che intercorrono tra i vari componenti della classe, nonché la ricchezza derivante dalle diverse intelligenze e potenzialità.
Operare in un’ottica costruttivista significa pertanto farsi carico delle varie potenzialità ed agire affinché esse non solo riescano ad emergere, ma anche possano costituire motivo di arricchimento per tutti. In poche parole, creare una sorta di “archivio“ finalizzato alla comune costruzione del sapere.
Molti insegnanti che si ispirano al costruttivismo sociale riescono a strutturare le attività in classe in modo da agire come “guida al fianco” ed a rendere l’apprendimento un’impresa collaborativa in cui gli studenti si aiutano reciprocamente.
In una dimensione sociale dell’apprendimento il clima della classe è fortemente determinato dalla presenza significativa di ognuno, e l’insegnante più che essere l’unica fonte di sapere diviene egli stesso una variabile in gioco.
Inutile dire che tale impostazione richiede all’insegnante un grande sforzo nel cambiamento di mentalità. La progettazione delle attività didattiche nella classe, non avvenendo più in forma “lineare“, ossia rivolta unilateralmente ad uno o a più alunni con le medesime capacità linguistiche ed in modo differenziato a seconda dei livelli, si ispira ad una sorta di “circolarità” dove l’alunno agisce autonomamente scegliendo le attività a lui più consone.
Ciò non significa che la figura dell’insegnante debba sparire, e con lui il sapere e le competenze di cui egli è portatore, e neppure che l’alunno debba venire lasciato solo nella scelta del compito e nell’esecuzione dello stesso. L’insegnante agisce come guida competente al fianco degli studenti, predispone un ampio ventaglio di attività che possano soddisfare le esigenze ed i bisogni dei diversi livelli compresenti in classe, si premura che ad ogni singolo venga offerto il giusto grado di sfida cognitiva e che i materiali proposti non risultino né troppo banali, pena la demotivazione, né troppo impegnativi da sembrare impossibili. E soprattutto egli deve fornire agli studenti la possibilità di scegliere quelle attività che prevedano un giusto grado di sfida. In sostanza, ognuno trova la risposta ai propri bisogni, ed è proprio questa autonomia, questa autodeterminazione nella scelta dei contenuti -i quali possono essere appunto negoziati con l’insegnante ed il gruppo classe- che porta ogni discente ad avere un ruolo attivo, profondamente motivante, e non uno passivo da mero consumatore di conoscenza.
Questo non significa del resto che l’insegnante debba accettare tutto. Egli interviene sapendo che l’obiettivo fondamentale del suo agire è l’autorealizzazione dei singoli e che è molto più probabile che questi si impegnino maggiormente nel processo di apprendimento se provano un senso di autostima e di autoefficacia.
La realizzazione dei principi ora esposti in una classe di lingua ad abilità miste, potrebbe in parte avvenire durante il center time, ovvero nell’ambito di attività che gli alunni svolgono autonomamente entro l’orario scolastico, in un periodo di tempo prestabilito, percorrendo stazioni di lavoro o centri d’interesse e a cui corrispondono attività differenti e graduate per livelli.
In sostanza, la disomogeneità del livello di competenza linguistica di base degli alunni non deve essere necessariamente considerata dall’insegnante come un limite vincolante, ma piuttosto come un arricchimento alla crescita personale, umana e linguistica di ognuno. Poiché, secondo l’affermazione del Prof. Mario Polito, “...la scuola diventa allora il luogo dove costruire la propria rappresentazione mentale, utilizzando i mattoni cognitivi offerti dagli altri: studiosi, insegnanti, compagni, amici...”.
Bibliografia
Goodman N., Vedere e costruire il mondo, Bari, Laterza, 1988.
Oldfather P., West J., White J., Wilmarth J., L’apprendimento dalla parte degli alunni. Didattica costruttivista e desiderio di imparare, Trento, Erckson, 2001.
Polito M., Attivare le risorse del gruppo classe. Nuove strategie per l’apprendimento reciproco e la crescita personale, Trento, Erickson, 2000.