“Glottodidattica come linguistica educativa”
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Il saggio, pur nella sua brevità, è di estrema importanza per la riflessione sulla natura epistemologica della glottodidattica. Anzitutto gli autori riportano le “declaratorie” ministeriali, cioè la definizione dell’ambito di ricerca, di “Glottologia e Linguistica” e “Didattica delle Lingue Moderne”, marcando in tal modo le differenze ufficiali; poi, esplorano varie fonti lessicografiche per vedere “cosa si nasconde dietro le etichette di glottodidattica e di educazione linguistica”, soprattutto con attenzione all’evolversi del concetto di glottodidattica dall’insegnamento di lingue straniere a quello di insegnamento di tutte le lingue. Ne esce, alla conclusione, una definizione di “linguistica educativa” come quella branca delle scienze del linguaggio che si occupa di considerare la lingua in funzione dell’apprendimento linguistico. Secondo gli autori, la Linguistica Educativa definisce anche “approcci, metodi, tecniche, risorse tecnologiche utili per facilitare lo sviluppo delle capacità semiotiche e l’apprendimento linguistico, ivi compreso l’insegnamento a scuola o in altri luoghi educativi” – definizione totalizzante, in cui la linguistica, per quanto “educativa”, finisce per far proprie conoscenze e compiti specifici delle scienze della formazione e, supponiamo, anche di quelle della mente, della cognizione, dell’apprendimento, senza le quali non si possono indicare approcci, metodi, tecniche. In questo senso dunque la prospettiva degli autori è utilissima perché definisce una branca, la linguistica educativa, di estremo rilievo per la glottodidattica, ma rientra a pieno titolo nella scuola che vede la glottodidattica come una forma di “linguistica applicata” e non come un ambito interdisciplinare in cui convergono almeno quattro macro aree disciplinari (linguistica, antropologia, scienze della mente e scienze della formazione).
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