Febbraio 2005  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Philip G. Zimbardo, Shirley L. Radl Il bambino timido. Comprendere e aiutare a superare le difficoltà personali di Paolo Torresan

AUTORI: Philip G. Zimbardo - Shirley L. Radl
TITOLO: Il bambino timido. Comprendere e aiutare a superare le difficoltà personali
LUOGO: Trento
EDITORE: Erickson
ANNO: 2001
PAGINE: 233
TITOLO ORIGINALE: The Shy Child: A Parent's Guide to Preventing and Overcoming Shyness from Infancy to Adulthood (1981)

Cercando questo libro tra gli scaffali mi è capitato un lapsus di lettura e ho letto “il bambino trovato” anziché “il bambino timido”.

Sarà per l’immagine di copertina (due occhioni che guardano avidi), sarà che cercavo da tempo una pubblicazione sull’argomento, sarà che subito mi sono venuti in mente i versi di una poetessa, Fernanda Romagnoli (Il tredicesimo invitato, Garzanti 1980), secondo la quale la timidezza è spaesamento:

 

Grazie – ma qui che aspetto?
Io qui non mi trovo. Io fra voi
Sto come il tredicesimo invitato,
per cui viene aggiunto un panchetto
e mangia nel piatto scompagnato.
E fra tanti che parlano – lui ascolta.
Fra tante risa – cerca di sorridere.
Inetto, benché arda,
a sostenere quel peso di splendori,
si sente grato se alcuno casualmente
lo guarda. Quando in cuore
si smarrisce atterrito « Sto per piangere! »
E all’improvviso capisce
che siede un’ombra al suo posto:
che – entrando – lui è rimasto chiuso fuori.

 

Sarà. Fatto sta parte delle aspettative sono state soddisfatte.

Al pari della Ragnoli, anche gli autori di questo saggio sono dell’opinione che la timidezza sia una sorta di disorientamento: già l’aggettivo “timido” contribuisce a confondere le cose! Ammoniscono: “Paradossalmente, in un libro sulla timidezza, vorremmo che i nostri lettori non usassero la definizione «timido» per descrivere una persona. È troppo generica, troppo vaga e troppo negativa. Meglio descrivere specificamente i diversi modi in cui il bambino reagisce a particolari situazioni piuttosto che utilizzare la timidezza come termine ombrello per includere tutto ciò che succede. Ad esempio: «Quando parli con le persone, non le guardi negli occhi e questo le fa sentire a disagio». […] In questo modo, contribuiamo a prescrivere la cura nello stesso momento in cui forniamo la nostra diagnosi” (142).

Parole sante. “Non permettete a nessuno di definire vostro figlio «timido»; non permettetelo neanche a voi stessi, che siete sua madre o sua padre e lo amate” (16).

Insomma, a quanti considerano la timidezza come un tratto stabile del carattere o, peggio ancora, una colpa (contribuendo così a renderne i sintomi ancora più insidiosi e drammatici), va risposto con la dovuta pazienza. Se veramente si vuole che il disagio si attenui, occorre guardarlo con gli occhi di chi lo vive, intuire i bisogni profondi, vagliare (e relativizzare poi) le circostanze che hanno determinato il disagio e che lo perpetuano ogni volta che contesti simili si ripresentano.

Seppur con qualche digressione di troppo (che affatica la lettura) e nonostante la scarsa sistematicità (che costringe il lettore ad un lavoro immane di ritessitura), il lavoro dei due studiosi va letto, assieme al più recente best seller di Goleman “L’intelligenza emotiva” (BUR, 1996; titolo originale: Emotional Intelligence, 1995), come un tentativo di affrontare con lucidità il mondo delle emozioni e la loro influenza nell’ambito del conoscere e dell’apprendere.

Dietro ad alcuni suggerimenti pratici, come per esempio tenere in tasca o in un borsellino un numero determinato di piccoli oggetti (bottoni o quant’altro), spostandone uno altrove ogni volta che ci si accorge di dire una cosa positiva su di sé, si nasconde la filosofia dell’opera: per aiutare la persona “timida” e far in modo che sia una persona “trovata” sono del tutto fuori luogo consigli top-down, occorre piuttosto un percorso graduato, fatto di un passo alla volta, in una concertazione di strategie, fino a che la dimensione dell’indipendenza e della responsabilità abbia la meglio sui sentimenti antichi, quali la paura e la vergogna. 

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