Giugno 2015  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
G. Serragiotto, Dalle microlingue disciplinari al CLIL di Clelia Capua

AUTORE: G. Serragiotto

TITOLO: Dalle microlingue disciplinari al CLIL

CITTÀ: Torino

EDITORE: Utet Università

ANNO: 2014

 

“Dalle microlingue disciplinari al CLIL” è l'ultimo dei lavori che Graziano Serragiotto ha dedicato alla diffusione e approfondimento dell'uso, dello sviluppo e del perfezionamento della metodologia del Content and Language Integrated Learning (Serragiotto 2003, 2006, 2007, 2010). Nell’ultimo decennio la metodologia CLIL è passata dall’essere un approccio sperimentale all’essere parte dei programmi ministeriali tramite la riforma Moratti, successivamente integrata da quella del Ministro Gelmini (cfr. Appendice, pp.135-153). La tempistica con la quale il CLIL è riuscito ad imporsi è dovuta alla sua efficacia e all’urgenza, ripetutamente espressa dall’UE, di impegnarsi in direzione di uno sviluppo del plurilinguismo. Prescindendo dalle politiche linguistiche dei singoli paesi in merito al multilinguismo, il dato macroscopico al quale l’insegnante è chiamato a dare risposte è l’eterogeneità linguistica delle classi di ogni ordine e grado. L’ambiente scolastico nel quale si opera è multilingue, proponendosi così come una realtà complessa, caratterizzata da mutevolezza e instabilità che impongono abilità didattiche all’altezza del compito. Servono metodologie flessibili che sappiano fornire criteri certi e strumenti efficaci all’insegnante e all’istituzione tutta e la metodologia del CLIL è quella che meglio risponde a queste esigenze. Così la metafora che meglio ne racconta le qualità “fare CLIL è come andare da un sarto e farsi fare un vestito invece che comperarlo in un negozio” (p.111) è riportata nelle pagine del libro e introduce, rimanendo in metafora, l’idea di una progettazione didattica che possa ‘cadere a pennello’, adeguandosi alle caratteristiche di ogni singolo contesto. Per quanto il plurilinguismo sia diventato obiettivo primario, così come lo sono i suoi contenuti culturali, è improbabile si possa raggiungere questo obbiettivo formativo a ‘mani nude’, cioè senza una dedicata e specifica pianificazione didattica. Serve una rinnovata visione glottodidattica, serve la capacità di condividere metodi e approcci creando una unitarietà che possa trasformarsi in vantaggio competitivo per l’intero ambiente scolastico, serve superare l’esistente isolamento e la mancanza di contatto fra discipline e terminologie. Il nucleo del libro ha proprio qui il suo tema centrale, nell’incontro e nel costante scambio tra le modalità d’insegnamento del CLIL e della microlingue disciplinari. L’analisi si svolge, nella successione dei capitoli, attraverso passaggi graduali con i quali si ripercorrono le teorie centrali dell’insegnamento sia delle microlingue (cap.2, pp.15-34) che della metodologia CLIL (cap.3, pp.35-59). La struttura del volume segue un percorso di analisi parallelo dei due ambiti convergendo infine in uno schema comparativo (Serragiotto 2010) ampliato da una valutazione in base a parametri selezionati - focus, protagonisti, rapporto tra i protagonisti, obiettivi, progettazione, materiali, attività/esercizi, verifiche, valutazione - mettendo così in evidenza “le diverse categorie concettuali e i sistemi di riferimento che accompagnano, in forma di atteggiamenti cognitivi e di modalità formative, i due fenomeni” (p.63). Lo studio comparato enfatizza i punti di contatto e le differenze esistenti, per creare i presupposti teorici al focus della ricerca: la possibilità d’interazione fra le due modalità d’insegnamento con il potenziamento dei risultati sia per il singolo studente che per il contesto scolastico tutto. I contesti didattici diventano parte del tema centrale, sono gli ambiti in cui si devono poter realizzare l’incontro e lo scambio fra competenze e metodologie, dove poter generare condivisione e guadagnare in competitività, sfruttando al meglio le risorse disponibili. Questa prima parte del libro si conclude dunque creando le premesse teoriche che introducono il nuovo impianto teorico e organizzativo proposto da Serraggiotto. La seconda parte del libro (pp. 77-108) dunque si concentra proprio sui “Contesti” affrontando il contributo esistente e quello potenziale relativo ai tre ruoli principali presenti nei contesti didattici: l’insegnante di lettere (pp. 77-82), l’insegnante di lingua straniera (pp.83-94) e l’insegnante di italiano L2 (pp. 95-108). Anche qui si ripropone lo schema della comparazione: da un lato la descrizione delle competenze reali esistenti e pertinenti alle tre figure con funzione didattica, dall’altra parte le potenzialità inespresse che aspettano di trovare compimento, sempre in una nuova ottica di coincidenza fra metodologia CLIL e microlingua, in una riflessione comparata tra l’esistente e l’auspicabile. Si propone anche in questa seconda parte di libro, un’analisi minuziosa dello svolgimento dei ruoli e dei loro obiettivi, analisi nella quale vengono introdotte le nuove competenze, le nuove strategie e modalità d’insegnamento con le quali le figure istituzionali di insegnanti potrebbero, e dovrebbero, rinnovare il proprio ruolo. Per esempio, nelle pagine dedicate all’insegnante di lettere si descrivono i motivi per i quali si è autorizzati a valutare il suo lavoro e le sue funzioni come pertinenti a un’ottica CLIL e delle microlingue, proficuamente inteso come una sorta di CLIL nascosto, non palese ma possibile (Balboni 2012). Con queste premesse la funzione del contesto si realizza agevolando gli scambi collaborativi fra l’insegnante di lettere e il docente disciplinare anche se, in assenza di questa volontà o possibilità, l’autore trova la soluzione proponendo la costruzione di task basati su manuali di altre discipline. Un tema, anticipato nei capitoli precedenti viene riproposto quando si affrontano le funzioni delegate all’insegnante di lingua straniera. A causa del cambiamento delle politiche linguistiche di governo, con l’attuazione della riforma Gelmini, nelle scuole si è passati dall’uso spontaneo del CLIL a una sua istituzionalizzazione, sebbene però il ruolo giocato dai due insegnati di disciplina e di lingua - sia rimasto sostanzialmente separato e invariato nella sostanza. Infine si arriva ad affrontare il tema dell’insegnante di italiano L2 (pp.95-108) che, come è noto, in Italia non esiste. A svolgere le sue funzioni si trovano coinvolti insegnanti di italiano o insegnanti di lingua straniera i quali, nota Serragiotto, non raramente, si occupano dell’insegnamento dell’italiano della comunicazione (BICS) senza giungere ad affrontare quello dello studio (CALP). Agli studenti stranieri che arrivano nelle classi viene insegnato l’italiano delle “abilità comunicative interpersonali di base” lasciandoli scoperti delle competenze linguistiche necessarie per l’uso della lingua dello studio. In questo caso il CLIL sarebbe la soluzione ideale, grazie alla possibilità da parte dell’insegnante di costruire percorsi d’apprendimento che tengano conto dello sviluppo delle due diverse abilità (BICS/CALP). Si propone infine un intreccio di competenze, direi meglio una unione fra competenze disciplinari e linguistiche, capaci di perfezionare la progettazione curriculare in cui l’educazione bilingue non sia più l’unico scopo, piuttosto lo strumento cognitivo utile per ogni apprendimento. La strategia didattica consigliata non può che essere il Task Based Learning (p.101) per la sua capacità adattiva e di sviluppo di strategie autonome. Da qui in poi, cioè nella terza parte del volume (Percorsi, pp.111-134), si propone una vera è propria guida pratica all’organizzazione di percorsi CLIL partendo, prima ancora che dall’analisi degli obiettivi, dall’analisi del perché il docente decide di avviare un tale percorso. Queste pagine offrono schemi utili alla progettazione ed esempi utili all’ideazione dei percorsi CLIL, creando una rete di indicazioni pratiche che guidano, passo dopo passo, alla strutturazione competente di un percorso CLIL. Il volume si conclude con un’Appendice (pp.135-153) dedicata ai documenti ufficiali riguardanti l’insegnamento delle microlingue e del CLIL. Il valore della ricerca di Serragiotto, a nostro avviso, sta nella capacità di progettare sviluppo al di là dei limiti che condizionano i nostri contesti didattici. La sinergia di metodologie convince e sembra funzionare da moltiplicatore di efficacia, proponendo soluzioni e strategie nuove, capaci di fronteggiare la complessità delle classi di ogni ordine e grado. La terza parte del libro funziona invece come una sorta di “manuale d’uso” chiaro nelle istruzioni e semplice nella guida per la realizzazione progettale dei percorsi, pagine indispensabili per chiunque voglia provare la validità didattica dei percorsi CLIL.

 

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