M
Raggruppiamo qui tutte quelle attività che si aprono, ad esempio, con la consegna "Volgere al..." oppure "Sostituire la forma ... con ...", e così via. Sono attività caratterizzate dal fatto di operare al livello delle strutture di superficie e al di fuori di uno scopo comunicativo: la lingua viene vista solo in quanto forma, indipendentemente dalla valenza pragmatica e dalla componente socio-culturale.
Queste tecniche operano di solito sull'aspetto morfosintattico e sono indubbiamente molto precise nell'individuare un aspetto grammaticale e nel focalizzare l'attenzione dell'allievo su quello specifico punto. Si tratta tuttavia di tecniche che agiscono sul piano dei prodotti senza attivare processi profondi. Prive di finalità comunicative e di interesse socio-culturale, le tecniche manipolative risultano demotivanti.
E' l'unità minima di apprendimento; in alcuni casi un matema può corrispondere a un obbietivo [>] didattico, ma più spesso, soprattutto in un approccio comunicativo, ciascun obiettivo comprende più matemi: questa divisione è essenziale in termini di programmazione didattica, in quanto ogni ora di lezione deve avere un numero accettabile di matemi, evitando sia il sovraccarico sia la demotivazione dovuta alla loro assenza.
Talvolta si individuano anche dei "macromatemi": sono tali, ad esempio, le varie fasi dell'unità didattica [>] .
E' la lingua in cui una persona pensa tra sé e sé ed in cui si esprime in maniera non controllata in alcune situazioni, quali ad esempio momenti di ira o di pericolo. Alcune persone bilingui [>] possono giungere a pensare in più di una lingua, in relazione alla situazione [>] in cui si trovano, ma rimane quasi sempre una lingua dominante.
In Italia lingua "materna" significa quasi sempre lingua "nazionale" (anche se molti possono avere il dialetto come prima lingua), in contrapposizione a lingua "straniera" [>]; all'estero, lingua "materna" significa lingua nazionale per i parlanti cresciuti in quella nazione, e lingua "etnica" [>] per gli immigrati. (> L1, L2... Ln).
Matetica, Competenza > Glottomatetica, Competenza.
Il termine indica la capacità di spiegarsi le ragioni delle scelte effettuate in base alla competenza [>].
La riflessione sulla lingua [>] tende a produrre metacompetenza, nozione che rimanda al usage [>] di Widdowson e al movimento di Language awareness [>].
Capacità di descrivere i meccanismi di funzionamento della lingua. E' un aspetto della metacompetenza [>] e rimanda al usage [>] di Widdowson e al movimento di Language awareness [>].
La competenza metalinguistica rientra nella competenza comunicativa [>] e si realizza in atti comunicativi [>] quali chiedere e dire come si dice una parola o come si chiama un oggetto in lingua straniera, chiedere di ripetere, chiedere una spiegazione lessicale; nell'insegnamento delle lingue la competenza metalinguistica è essenziale per facilitare il compito e richiede l'uso di una terminologia specialistica ("nome", "aggettivo", "soggetto", ecc.).
Nel modello di Jakobson questa funzione [>] si realizza quando la lingua viene utilizzata per descrivere il funzionamento della lingua stessa [> Metalinguistica, competenza].
Le "mete" sono le finalità ultime dell'educazione, mentre gli "obiettivi" [>] lo sono dell'istruzione.
Le mete rappresentano del processi che si realizzano nel lungo periodo e non sono verificabili in maniera diretta.
Le mete dell'educazione generale, di cui l'educazione linguistica fa parte, sono la culturizzazione [>], la socializzazione [>] e l'autopromozione [>]. Specifiche dell'educazione linguistiche sono invece le mete glottodidattiche [>].
Alcuni studiosi distinguono tra mete educative [>] generali, che devono essere perseguite anche dall'educazione linguistica, e queste mete che sono invece specifiche dell'educazione linguistica.
Le mete glottodidattiche sono: lo sviluppo delle abilità [>] linguistiche; il rafforzamento (in lingua materna) e lo sviluppo (nelle altre lingue) delle competenza socio-pragmatica [>] o funzionale; il rafforzamento o lo sviluppo delle grammatiche [>].
E' la realizzazione di un approccio [>] in termini di procedure didattiche e di modelli operativi [>].
Un metodo non è "buono" o "sbagliato", "vecchio" o "moderno", è semplicemente coerente o incoerente con le premesse dell'approccio che esso intende mettere i pratica.
Micro-conferenza > Monologo, Parlare in.
Microlingua (scientifico-professionale)
Questo termine definisce la varietà di lingua usata tra specialisti di un dato settore scientifico o professionale con un duplice scopo:
- ottenere il massimo di chiarezza (ad esempio, sostituendo la "parola con il termine [>]; riducendo l'uso dei pronomi e della subordinazione, che possono creare ambiguità; preferendo le costruzioni passive, che mettono prima il "tema", ciò di cui si parla, e poi il "rema", ciò che si predica);
- permettere a chi la usa appropriatamente [>] di essere identificato come membro del gruppo scientifico-professionale che condivide la microlingua e il suo stile (ad esempio, si veda l'accentuazione dell'impersonale, la preferenza per il termine specifico anche laddove la parola comune potrebbe bastare, una particolare strutturazione del testo in "paragrafi concettuali", e così via).
Rispetto alla lingua di uso quotidiano, le microlingue sono spesso caratterizzate dall'interazione con grafici, simboli, formule, e così via: infatti la microlingua implica scelte particolari in tutte le grammatiche che costituiscono la competenza comunicativa [>]. Per questo il termine "microlingua" viene ritenuto da alcuni studiosi preferibile rispetto a espressioni come "Lingua per scopi speciali" (dall'inglese Languages for Specific/Special Purposes, spesso abbreviato LSP), che privilegia l'aspetto pragmatico, o come "linguaggi settoriali" o "specialistici" che risultano troppo vaghi, e soprattutto non distinguono tra una microlingua (usata per chiarezza) da un gergo (usato per escludere i non iniziati).
E' un meccanismo neurolinguistico [>] che integra in parte il principio di direzionalità [>]: se è vero che l'acquisizione procede dalla modalità destra a quella sinistra del funzionamento del cervello, è altrettanto vero, secondo il modal focusing, che durante l'apprendimento è necessario focalizzare la modalità sinistra, per dare l'opportunità all'emisfero sinistro di ristrutturare, dal punto di vista neurolinguistico, le proprie conoscenze.
Questa teoria, che trova riscontro nella prassi glottodidattica diffusa, riprende in maniera indiretta l'ipotesi dello stadio [>] e sostiene le posizioni di chi considera la dicotomia tra acquisizione ed apprendimento [>] come una sequenza piuttosto che come un'opposizione.
E' l'unità di base dell'analisi culturale.
Sono modelli culturali, ad esempio, l'organizzazione dei pasti nella giornata, i rapporti genitori-figli, l'organizzazione scolastica, e così via.
Alcuni modelli culturali sono inclusi tra gli obiettivi [>] di ogni unità didattica [>]. (> Antropologia culturale; > Cultura).
Poiché la glottodidattica [>] è una scienza teorico-pratica, occorrono dei modelli operativi che permettano di tradurre in azione l'approccio [>] e il metodo [>].
I modelli operativi riguardano il `cosa' e il `come' dell'educazione linguistica.
Per la definizione dell'oggetto si hanno modelli operativi quali
- il programma [>], che è un manifesto glottodidattico;
- i vari tipi di syllabus [>], cioè liste di contenuti, di obiettivi minimi;
- il curricolo [>], che individua un profilo formativo, indica le mete [>] generali e fornisce i contenuti specifici.
Quanto al modo di realizzare il programma, il syllabus o il curricolo, i modelli ereditati dalla tradizione didattica sono tre, più un quarto modello che viene definendosi in questi anni; si hanno:
- il modello maieutico, in cui il maestro aiuta pazientemente l'allievo a scoprire la realtà studiata (si pensi a Socrate che passeggia sotto i portici di Atene o alla bambinaia straniera dei principi rinascimentali);
- la lezione [>], basata sul modello dell'istruzione religiosa;
- l'unità didattica [>], che vede l'apprendimento come attività di problem solving;
- l'autoapprendimento [>], una volta considerata l'ultima risorsa di chi non poteva permettersi un'istruzione formale, oggi sempre più frequente sia per il mutato ritmo della vita sia per le possibilità offerte dalla multimedialità [>] e dalle tecnologie dell'insegnamento a distanza.
Modern Language Project > Progetto lingue moderne/vive
Nella terminologia della Second Language Acquisition Theory [>] di Krashen, il "monitor", è la funzione di controllo che l'apprendimento esercita sulla lingua prodotta dalla competenza acquisita (> Acquisizione vs Apprendimento), prima che essa venga effettivamente articolata dagli organi fonatori, o durante l'articolazione se il "monitoraggio" no è stato sufficiente prima.
Questa abilità spesso indicata semplicemente come "parlare" [>] è presente nella tradizione didattica italiana sotto forma di interrogazione o di esame orale: l'insegnante si limita di solito a stabilire il tema e si aspetta un monologo dall'allievo. Si privilegia dunque l'esecuzione linguistica anziché l'altrettanto rilevante fase di progettazione [>] del testo.
Come tecnica glottodidattica, il monologo è una (breve) produzione orale su un tema precedentemente assegnato, in modo che l'allievo abbia potuto approfondire i contenuti e che il problema del 'cosa' dire non interferisca sull'attenzione al 'come' viene espresso, cioè sull'aspetto linguistico.
Una variante di questa tecnica (fondamentale per il contributo che dà alla crescita cognitiva), è quella il monologo su traccia, in cui l'allievo effettua la sua micro-conferenza (come viene chiamata nella tradizione anglosassone) su una 'scaletta' o, come si usa dire tra gli insegnanti che usano gli appositi programmi di computer, su una outline.
Morfosintassi, competenza morfosintattica
In linguistica si distinguono "morfologia", lo studio delle forme grammaticali (i "morfemi" che, aggiunti ai "lessemi" formano le singole parole : desinenze verbali, numero, genere, ecc.) e la "sintassi", cioè la branca della linguistica che studia i meccanismi di combinazione tra le parole sia in nuclei minimi (i "sintagmi") sia in proposizioni e frasi [> Lingua vs linguaggi].
Nell'insegnamento della lingua materna (e in quello tradizionale delle lingue classiche) la distinzione è conservata, mentre per le lingue straniere si è imposta in questi decenni la nozione di "morfosintassi", che unifica i due piani almeno fino al livello di studenti intermedio-alti il passaggio al livello "avanzato" viene spesso identificato con il raggiungimento pieno della padronanza morfosintattica e la focalizzazione sulla sintassi.
E' una nozione base della psicodidattica [>] : senza motivazione non c'è acquisizione e, spesso, neppure apprendimento [>].
Nell'educazione linguistica si identificano due diversi tipi di motivazione, una che Gardner e Lambert definiscono "integrativa", propria dello studio della lingua materna [>] e di quella seconda [>] perché rimanda alla volontà di integrarsi in un gruppo, ed una più semplicemente "strumentale", tipica delle lingue straniere [>] da usare come mezzo di contatto negli incontri con stranieri o nelle visite all'estero.
Multimedialità vs multimodalità
Sebbene siano spesso confusi, questi due concetti si riferiscono a testi di natura diversa. Un testo multimodale affianca, giustappone testi scritti, orali, visivi, iconici, ecc. mentre un testo multimediale integra le varie modalità creando un testo nuovo, retto dal meccanismo di relais [>], per cui ogni medium rimanda agli altri per divenire significativo, non semplicemente per fornire esemplificazioni o supplementi informativi.