Settembre 2010  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Imparare insieme ad apprendere. Esperienze di apprendimento collaborativo con studenti adulti LS, attraverso la creazione e l’uso di protocolli criteriali di Simona Tessore

ABSTRACT

L’apprendimento, studiato da diverse angolazioni, siano esse linguistiche, psicologiche o sociali, si rivela come un processo di costruzione dinamica e partecipativa in cui il soggetto apprendente è protagonista e attraversa spazio e tempo tessendo nuove relazioni di senso. Ogni momento formativo è un’opportunità per contribuire a tale costruzione: insegnanti e studenti insieme possono infatti creare qualcosa che prima non esisteva e che arricchisce il fitto reticolo di conoscenze e competenze personali. Adottare questa prospettiva significa riconoscere che l’insegnante, al pari degli studenti, ha un ruolo di apprendente attivo nella formazione e che la collaborazione nel momento formativo è chiave di apprendimento per tutti i partecipanti.

La sfida raccolta da questo lavoro è l’elaborazione di strumenti che aiutino l’insegnante di italiano LS e i suoi studenti ad imparare insieme ad apprendere; a partecipare cioè consapevolmente, e per la propria specificità, alla costruzione condivisa di nuovi percorsi di conoscenza. A questo scopo è stato ideato e testato un protocollo per la programmazione e valutazione condivisa del momento formativo. L’esperienza ha dato risultati positivi permettendo al docente e agli studenti che vi hanno partecipato di accrescere le competenze richieste dai nuovi approcci alla glottodidattica e di impostare una relazione formativa più efficace.

 

 

 

 

1. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO: IL DOCENTE E LO STUDENTE ADULTO NELLA GLOTTODIDATTICA MODERNA

 

Base teorica del lavoro è l’approccio della moderna glottodidattica agli adulti, efficacemente descritto da Balboni (2008: 195):

 

[...] la grande rivoluzione da attuare nella didattica andrologica consiste nel trasformare lo studente dipendente dall’insegnante e dai materiali didattici in uno studente autonomo che, in ogni fase della sua vita, sa migliorare la sua padronanza di una lingua straniera che ha già studiato, sa impostare l’acquisizione autonoma di altre lingue e, nel caso non ne sia capace, sa come chiedere l’aiuto di un insegnante-tutor, che gli indichi i materiali adatti e i percorsi più produttivi e che lo segua se e come necessario.”

 

I cardini dunque sono lo “studente autonomo” e l’ “insegnante tutor”, ruoli che si costruiscono e definiscono attraverso le reciproche relazioni.

Lo studente autonomo è colui che sa prendere in carico il proprio apprendimento mobilizzando svariate capacità che comportano almeno tre dimensioni strettamente correlate.

 

  1. Competenze di tipo cognitivo e metacognitivo di riflessione sulla lingua e sul proprio modo di apprendere: lo studente deve conoscere bene il funzionamento della lingua, gli stili cognitivi e le strategie di apprendimento a lui congeniali.

  2. Autodirezione nell’apprendimento, ciò che gli anglofoni definiscono self directed learning e che descrive la capacità di un discente di mobilizzare le proprie conoscenze nel momento adatto e nel modo più efficace possibile, inserendole cioè in una strategia globale di apprendimento.

  3. Fiducia nelle proprie abilità di apprendente. Chi è convinto di poter raggiungere un certo risultato affronta lo studio in modo più efficace, non esita ad esporsi a stimoli e compiti complessi e, dunque, più arricchenti, gestisce bene il livello di ansia nelle prestazioni ed investe le proprie energie in modo continuativo durante la formazione.

 

L’insegnante tutor o facilitatore è la figura complementare allo studente autonomo. Il suo obiettivo non è quello di trasmettere un corpus di sapere già predisposto, bensì di fornire un insieme di procedimenti e risorse che coinvolgano lo studente nell’apprendimento e gli permettano di acquisire autonomamente le informazioni e le abilità di cui ha bisogno. L’attenzione principale non è sui contenuti, ma sui processi della formazione. Nella pratica didattica è riconoscibile attraverso comportamenti identificati e raccolti dagli studiosi in liste dai tratti comuni: l’insegnante guida lo studente alla scoperta dei bisogni, collabora con lui alla definizione degli obiettivi e alla stesura di un programma di formazione apportando il suo contributo di professionista della lingua, organizza e rende disponibile le risorse, coinvolge lo studente nella scelta di strumenti di verifica e di autovalutazione, ne valorizza l’esperienza e le capacità, si sente parte di un processo di mutuo apprendimento, anche se volto ad obiettivi diversi.

La sfida è l’ideazione di percorsi formativi che, nel costruire competenze linguistiche, aiutino anche i partecipanti a diventare studenti autonomi ed insegnanti facilitatori.

Varie sono le esperienze in questa direzione: dal “patto formativo”, individuato in andragogia1 da Knowles come lo strumento più efficace per gestire la relazione formativa; al “process based curriculum” proposto da Breen2, che, ponendo l’accento sulla comunicazione e le interrelazioni nella classe, coinvolge costantemente docente e discenti nella costruzione del percorso di apprendimento; fino al progetto S.A.A.S. dell’Univeristà di Nancy3, in cui lo studente adulto sviluppa competenze linguistiche e di autonomia, alternando studio autonomo ed incontri di consulenza con un insegnante che lo aiuta a riflettere sulla lingua e sui processi di apprendimento, gli fornisce il materiale ed i consigli sulle strategie di lavoro e lo sostiene nel percorso.

Vanno poi ricordate le liste di controllo ed i questionari elaborati da vari studiosi e professionisti, fra cui Mezzadri e Mariani4, per aiutare gli insegnanti e gli studenti a riflettere sui rispettivi ruoli. Si tratta di strumenti particolarmente duttili poiché possono essere usati, in modo puntuale, durante l’intervento educativo.

Nelle esperienze riportate l’evoluzione nella formazione avviene intervenendo sui processi propri del percorso di apprendimento/insegnamento: la programmazione, la progettazione, la gestione e l’analisi. Da questa osservazione scaturisce la convinzione che uno strumento capace di aiutare studenti e docenti ad evolvere nelle loro reciproche funzioni debba necessariamente incidere sui processi sopra indicati. È a partire da queste considerazioni teoriche che si è costruito il programma della ricerca azione.

 

 

2. UN PROGETTO PILOTA PER APPRENDERE INSIEME: GLI OBIETTIVI, I TEMPI, I PARTECIPANTI

 

La necessità di modificare la relazione formativa nella glottodidattica ad adulti insieme alla percezione del potenziale insito nell’apprendimento collaborativo fra docenti e studenti e all’interesse suscitato dalle esperienze in questo campo, ha dato vita ai seguenti quesiti.

 

  • È possibile utilizzare il momento formativo come palestra di apprendimento di funzioni meta-cognitive utili alle nuove figure di docente e discente?

  • La creazione condivisa di strumenti di progettazione e valutazione criteriale è un mezzo adatto a questo scopo?

 

Per rispondere, si è elaborato un progetto pilota da sperimentare in un contesto campione ben preciso, ma che fosse, allo stesso tempo, generalizzabile e riproducibile.

Non è stato possibile, per limiti di tempo e di situazione lavorativa, mettere in atto una vera e propria ricerca-azione; si è pertanto scelto di adottarne la metodologia, con rigore, seppure in scala ridotta, come “docente in ricerca”.

L’esperienza si è svolta in una scuola privata di lingue del Belgio da settembre 2008 ad aprile 2009, in corsi per adulti LS. Il contesto non è istituzionalizzato e i corsi non richiedono una valutazione finale prestabilita, né il conseguimento di una certificazione ufficiale. Non esistono inoltre programmi predefiniti, né un sillabus da seguire, ma si richiede un adattamento costante del programma ai bisogni degli studenti o del gruppo-classe, avendo come riferimento le descrizioni dei livelli competenza del Quadro Comune Europeo.

L’esperienza è avvenuta in due corsi individuali, in impresa, e due corsi di gruppo, presso la sede scolastica. È stato così possibile osservarne l’efficacia in contesti basati su interazioni bidirezionali fra insegnante e studente, oppure multidirezionali, in presenza di un gruppo-classe.

Inoltre, gli studenti, diversi per età e bisogni iniziali, pur avendo tutti caratteristiche che richiamano un modello andragogico di insegnamento, presentavano gradi diversi di autonomia. Questo ha permesso di valutare l’efficacia di strumenti a maggiore o minore guida dell’insegnante, in rapporto al grado di autonomia iniziale dell’apprendente.

 

2.1. LA PROGETTAZIONE E VALUTAZIONE CRITERIALE CONDIVISA PER COSTRUIRE L’APPRENDIMENTO: L’APPROCCIO DI LAVORO SCELTO

 

Il progetto pilota si costruisce sull’ipotesi che la valutazione e progettazione criteriale condivisa, realizzata cioè attraverso la collaborazione di studenti e docenti, sia uno strumento di lavoro adatto a favorire l’apprendimento dei ruoli richiesti dalla moderna glottodidattica.

Innanzitutto permette di operare in due momenti chiave della formazione in cui si attivano processi che sono motori di cambiamento: la progettazione e la valutazione. Si basa poi sulla scelta di descrittori, i criteri competenza, che sono significativi per un particolare contesto educativo e generati all’interno dello stesso. Ciò significa che sono personalizzabili, permettono un confronto fra criteri obiettivo e criteri valutazione e facilitano così il controllo sull’ apprendimento. Assumendo poi che i criteri siano generati all’interno del processo formativo, è naturale pensare che tutti gli attori, seppure con ruoli e modalità diverse, ne siano coinvolti nella scelta e nell’uso; ciò implica che il docente e gli studenti si trovano a collaborare costantemente alla costruzione dell’intervento educativo e a condividerne la responsabilità.

La scelta dei criteri acquista un’importanza particolare, poiché è esplorazione di conoscenze, di abilità e strategie; negoziazione per raggiungere un consenso e adeguare il proprio comportamento alla situazione; scoperta del proprio ruolo all’interno della formazione, che è specifico ed al tempo stesso complementare agli altri.

L’approccio della progettazione e valutazione criteriale condivisa si concretizza con l’adozione di strumenti che, attraverso l’uso di schede inizialmente vuote, impegnino lo studente ed il docente nella ricerca dei criteri-competenza adeguati. Per la modalità di ricerca si è scelto di utilizzare le mappe concettuali5 poiché, visualizzando l’oggetto della comunicazione ed i percorsi del ragionamento, stimolano l’esplorazione, l’organizzazione e la negoziazione.

 

2.2. LE AZIONI E GLI STRUMENTI DI LAVORO

 

Il progetto pilota è costituito da strumenti azione e strumenti di monitoraggio.

 

 

Strumenti azione: il protocollo criteriale

 

È costituito da tre strumenti

 

  • per la progettazione dell’intervento formativo

  • per l’autovalutazione alla fine di una UdA

  • per l’autovalutazione in contesto autentico

 

Si presentano come schede inizialmente vuote i cui descrittori vengono scelti insieme dal docente e dai discenti. Sono incluse indicazioni per l’utilizzo delle schede, la ricerca dei criteri e l’adattamento a percorsi individuali o di gruppo.

 

 

Strumento per la progettazione

 

 

 

Fig. 1. Scheda per la progettazione

 

 

Serve per descrivere gli obiettivi del programma come competenze comunicative da acquisire. La sezione “abilità” raccoglierà gli indicatori scelti da docente e studenti attraverso la costruzione di una mappa concettuale; la sezione “strumenti” quelli che l’insegnante seleziona basandosi sui criteri competenza inseriti in “abilità”.

Per la ricerca dei criteri l’insegnante scrive al centro della lavagna la parola “italiano” e invita gli studenti a mettere le quattro abilità più o meno vicino, secondo la rilevanza personale nel percorso formativo.

 

 

 

 

Fig. 2. Mappa concettuale, il “peso” delle abilità

 

 

L’insegnante invita a definire ogni abilità, tracciando frecce di derivazione e aiutando con domande. Ogni suggerimento deve essere esplorato, seguendo ulteriori associazioni fino ad arrivare ad una definizione soddisfacente per tutti, che viene allora riportata alla lavagna, diventando a sua volta, il nodo per una nuova esplorazione. Compito dell’insegnante è guidare la ricerca e definirne i limiti dettati dal livello di competenza dell’apprendente e dal contesto formativo.

 

 

Fig. 3. Sviluppo della mappa concettuale

 

 

Gli indicatori vengono trasferiti sulla scheda e l’insegnante li utilizza per completare gli obiettivi del programma di corso.

 

 

Fig. 4. Scheda per la progettazione completata

 

 

L’insegnante utilizza la scheda preparata con gli studenti per organizzare le UdA.

 

 

Fig. 5. Dalla scheda all’UdA

 

 

Strumento per l’autovalutazione di una UdA

 

 

Fig. 6. Scheda per l’autovalutazione di una UdA

 

 

Permette agli studenti di autovalutare le competenze acquisite in una UdA, collegandole agli obiettivi selezionati nella progettazione e facilitando così, il controllo sul proprio apprendimento. I descrittori derivano direttamente dai criteri competenza scelti insieme e indicati nel programma.

 

 

Fig. 7. Completamento della scheda

 

 

Strumento per l’autovalutazione in contesto autentico6

 

 

Fig. 8. Scheda per l’autovalutazione

 

 

Permette allo studente di autovalutare una propria prestazione comunicativa in contesto autentico e di sviluppare capacità di osservazione e riflessione sulla lingua. Gli indicatori vengono scelti in collaborazione fra studente e docente attraverso un brainstorming, costruito su una voce rilevante per la prestazione che si vuole valutare e la selezione di cinque criteri fra quelli elicitati, secondo regole prestabilite.

 

 

Fig. 9. Brainstorming per la ricerca degli indicatori

 

 

La scheda compilata viene utilizzata dallo studente; l’interpretazione dei risultati è affidata a una griglia di lettura ed è seguita dalla riflessione con il docente.

 

 

 

Fig. 10. Scheda per l’autovalutazione completata

 

 

 

Fig. 11. Griglia per l’interpretazione dei risultati

 

 

 

Strumenti di monitoraggio

 

Sono stati scelti come indicatori le caratteristiche dello studente autonomo e dell’insegnante facilitatore, come definiti in andragogia. Riguardo all’autonomia nell’apprendimento, ci si è concentrati sull’autodirezione, pur consapevoli di attuare una semplificazione, ma spinti dalla necessita di limitare il campo di indagine. Per la raccolta dei dati sono stati utilizzati all’inizio, in itinere e alla fine dell’esperienza strumenti strutturati e semistrutturati:

 

  • diario di bordo dell’insegnante

  • intervista aperta

  • scheda diagnostica sull’autonomia dello studente

  • scheda autovalutativa finale dello studente sull’autonomia

  • scheda diagnostica sull’insegnante facilitatore

  • checklist di monitoraggio sull’insegnante facilitatore

 

 

3. IL PROGETTO DAL VIVO: L’IMPLEMENTAZIONE

 

Fra le azioni attuate durante l’esperienza ne presento alcune che ritengo esemplifichino il lavoro svolto ed evidenzino importanti riflessioni che ne sono scaturite. Poiché il progetto pilota agisce sui processi che avvengono durante la formazione e poiché questi sono trasmessi più efficacemente dalla narrazione che da dati oggettivi, è proprio ad essa che affido il resoconto, utilizzando anche le parole registrate negli strumenti di monitoraggio. Per la descrizione dettagliata delle azioni di lavoro e l’analisi rigorosa dei dati, rimando invece alla relazione completa del progetto, consultabile su semplice richiesta.

 

 

3.1. PROGETTARE CON LORENZO: LO STRUMENTO DI PROGETTAZIONE NEL CORSO INDIVIDUALE

 

Lorenzo è uno studente adulto, ispanofono che ha frequentato un corso individuale, in impresa. Il suo livello iniziale era A2 e presentava già un buon grado di autonomia nell’apprendimento anche se non aveva l’abitudine a programmare e monitorare attivamente il proprio percorso formativo. Con lui ho costruito la prima mappa concettuale per la ricerca dei criteri competenza (strumento per la progettazione).

 

Fig. 12. Mappa concettuale per la ricerca dei criteri competenza

 

 

Questo lavoro di esplorazione ha permesso di individuare gli obiettivi significativi per Lorenzo e realisticamente perseguibili nel contesto dato, ma, ancor più, ha portato me e il mio studente a sentirci parte attiva nella costruzione della formazione.

 

 

Diario e checklist di monitoraggio del docente

 

Lorenzo è stato bravissimo a cooperare e sembrava centrare e chiarire a poco a poco gli obiettivi ponendo uno sguardo incuriosito sul suo lavoro. È una vera ricerca condivisa che mi obbliga a esplorare e riflettere sui vari aspetti della comunicazione. Sembra proprio di andare senza rete e di costruire qualcosa di nuovo insieme a Lorenzo.

 

 

Scheda autovalutativa finale dello studente

 

Mi hai fatto le domande giuste. Io prima non avevo pensato. Avevo pensato al corso d’italiano, ma non a cosa volevo.

 

 

Utilizzando i criteri scelti insieme è stato per me agevole individuare gli strumenti linguistici su cui lavorare e pianificare le UdA del corso. L’apporto dello studente, il mio ruolo di professionista della lingua e la nostra collaborazione emergono facilmente nel programma così elaborato.

 

 

3.2. PROGETTARE CON DAVID, LAURIE E ... : LO STRUMENTO DI PROGETTAZIONE NEL GRUPPO CLASSE

 

Si tratta di un gruppo di quattro studenti francofoni: tre universitari e un giovane architetto. Il livello della classe era misto (da inizio A1 a fine A2) come pure il grado iniziale di autonomia.

Ho condotto la ricerca dei criteri obiettivo in plenaria e riportato le scelte condivise dalla classe alla lavagna.

 

 

Fig. 13. Mappa concettuale della classe per la ricerca dei criteri obiettivo

 

 

Mentre io scrivevo gli indicatori alla lavagna, ciascuno doveva selezionare e riportare sul proprio foglio solo quelli rilevanti per se stesso, dando vita ad un percorso personalizzato, come emerge dal confronto fra un particolare della mappa comune e di una personale.

 

 

Fig. 14. Confronto fra la mappa comune e una personale

 

 

L’esplorazione nella classe ha dato rilievo alla contrattazione fra i partecipanti che hanno dovuto trovare un accordo nelle scelte comuni e, al tempo stesso, hanno potuto mantenere uno spazio individuale importante.

 

 

Diario del docente

 

... si è innescata una discussione interessante fra due studentesse che confrontano le loro mappe. “Ma perché hai messo “leggere” alla stessa distanza di “parlare”? Parlare è sicuramente più importante! E poi leggere è più facile.” L’amica risponde: “No! Per me è importante riuscire a leggere, perché devo dare gli esami in italiano e in Italia mi hanno detto che si usano molti libri. E poi, insomma, il programma è mio!”. C’é un’appropriazione del proprio percorso, che, uscendo da un programma predefinito, diventa un cammino personale e, come tale, degno di essere difeso.

Per me è stato un esperimento interessante, anche se trovo difficile lavorare contemporaneamente sull’esplorazione e sulle interrelazioni nella classe.

 

 

Intervista aperta agli studenti

 

Cercare gli obiettivi il primo giorno è stato utilissimo perché ha creato un corso proprio sui nostri interessi.

 

 

Utilizzando le mappe individuali ho potuto tracciare dei programmi personalizzati, in linea con il programma comune. In questo modo è stato più facile, per ogni studente, monitorare il proprio percorso.

 

 

Fig. 15. Due schede personalizzate

 

 

3.3. VALUTARE CON JEAN-CLAUDE: LO STRUMENTO PER L’AUTOVALUTAZIONE IN UN CONTESTO AUTENTICO

 

Jean-Claude è uno studente adulto, francofono, che ha frequentato un corso individuale per ragioni di lavoro. Aveva un livello di lingua elementare e inizialmente si mostrava riluttante ad un insegnamento di tipo andragogico, preferendo demandare interamente all’insegnante la gestione della formazione e la valutazione dei risultati. Usare con lui il protocollo criteriale è stata una sfida che ha però messo in luce come gli strumenti ideati facilitino veramente un’evoluzione della relazione formativa ed una modulazione reciproca dei ruoli di docente e discente, efficace all’apprendimento.

Utilizzando il terzo strumento del protocollo, abbiamo costruito insieme una griglia per valutare una presentazione di un sistema di radiologia digitale, preparato precedentemente con power point. Jean-Claude ha poi eseguito oralmente la presentazione, come se si trovasse davanti ad un gruppo di clienti italiani, appoggiandosi al supporto informatico. La presentazione è stata registrata e riascoltata. Il lavoro si è svolto in due lezione: la prima per preparare la griglia, la seconda per la presentazione orale e la valutazione della stessa. Per rispondere alle richiesta di direzione del mio studente ho deciso di assumere maggiore responsabilità nel processo di selezione dei criteri, proponendogliene già alcuni che ritenevo plausibili e chiedendo a lui di selezionarne cinque e disporli nella griglia secondo regole definite (al primo posto il criterio indispensabile, al secondo uno molto importante e così via).

 

 

Fig. 16. Scheda per l’autovalutazione completata da Jean-Claude

 

 

Ho accettato di valutare anch’io la sua prestazione, ma usando una griglia da me compilata disponendo gli indicatori scelti da lui, secondo quanto io ritenevo rilevante. Le valutazioni hanno dato un risultato diverso (superiore nella mia griglia) che è stato commentato insieme.

 

 

Fig. 17. Confronto fra le schede compilate e utilizzate da studente e insegnante

 

 

È stato proprio il confronto fra come avevamo distribuito gli indicatori nelle rispettive griglie valutative a suscitare interessanti riflessioni che hanno permesso di rielaborare insieme il programma del corso e di maturare nella relazione formativa. Jean-Claude “suo malgrado” è diventato protagonista del processo di autovalutazione ed io ho imparato a modulare il mio intervento secondo le esigenze reciproche. Per entrambi poi, è stata l’occasione per esplorare un evento comunicativo e la lingua in esso usata. La collaborazione e l’empatia fra di noi, così come la comprensione dei reciproci ruoli, è sicuramente cambiata.

 

 

Diario e checklist di monitoraggio del docente

 

Abbiamo cercato di scoprire le ragioni delle diverse valutazioni (...) e abbiamo osservato che, in parte, deriva dal posto dato all’aspetto grammaticale che per Jean Claude riveste un peso superiore; mentre per me era più importante in questo contesto l’uso corretto del linguaggio tecnico. Naturalmente non esisteva una risposta esatta, ma l’interesse è stato proprio la riflessione che ha generato per entrambi. Inoltre è stata interessante la sua reazione appena si è ascoltato. Ha detto: “che accento francese spaventoso!” Io gli ho fatto notare che sì, è vero, si sentiva un accento francese, ma che questo non disturbava la comunicazione né la rendeva meno efficace. È iniziata così una riflessione sull’importanza personale, per lui, di avere una buona prosodia e pronuncia, un elemento che non aveva evidenziato affatto negli obiettivi iniziali, ma che decidiamo immediatamente di inserire nel poco tempo che ci resta del corso.

È uno strumento che è stato davvero costruito insieme e permette di mettere in risalto l’opinione dello studente e di confrontarla con quella del docente. Dal confronto nasce una vera collaborazione e un arricchimento della conoscenza.

 

 

Scheda autovalutativa finale dello studente

 

La valutazione della presentazione power point è stata molto interessante e utile per osservarmi.

 

 

4. UNO SGUARDO AL PERCORSO DI APPRENDIMENTO DI STUDENTI E DOCENTE

 

L’analisi attenta dell’efficacia degli strumenti azione ha evidenziato il loro impatto positivo sulla formazione. Con il protocollo criteriale l’insegnante e lo studente dispongono di uno strumento comune che aiuta, il primo, ad esercitare le diverse competenze di facilitatore di apprendimento e, il secondo, ad assumere la responsabilità del proprio percorso. La costruzione condivisa degli strumenti di programmazione e monitoraggio obbliga ad una collaborazione paritaria, ma con ruoli ben differenziati, permettendo, così, a ciascuno di identificare la propria specificità nella formazione. Lo studente si scopre esperto in quanto, nella sua lingua conosce a fondo e può valutare con competenza il contesto in cui vuole agire; l’insegnante mette a fuoco il suo ruolo di conoscitore della lingua e cultura italiana e dei processi comunicativi. La condivisione delle competenze genera nuove conoscenze per entrambi e fa maturare la relazione formativa. Si osserva infatti il progressivo aggiustamento di docente e discenti che, a partire da diverse inclinazioni verso l’insegnamento di tipo andragogico, adattano il proprio comportamento in rapporto al contesto. Inoltre il lavoro collaborativo permette di acquisire un linguaggio comune per parlare efficacemente di aspetti cognitivi e metacognitivi ed approfondire la riflessione sulla lingua e i processi di apprendimento.

Osservando come i tre strumenti incidono in modo diverso sull’agire dell’insegnante, è stato possibile costruire una tabella che aiuti il docente a scegliere il mezzo più efficace per modificare la propria didassi.

 

 

Fig. 18. Strumenti a confronto

 

 

La valutazione degli strumenti azione è stata completata dall’analisi del percorso dei partecipanti al progetto pilota. Non è stato possibile inferire molto sul cammino degli studenti, poiché gli strumenti di monitoraggio ideati a questo scopo si sono rivelati inefficaci e poiché forse è velleitario, nei limiti imposti dall’esperienza, pretendere di capire se e come uno studente sia diventato più autonomo. Risulta però chiaramente dalle opinioni raccolte, che i discenti si sono percepiti parte attiva della formazione nei momenti di decisione ed elaborazione e che, quindi, l’esperienza ha creato un setting di lavoro favorevole allo sviluppo dell’autonomia. Di seguito alcune impressioni raccolte.

 

 

Strumento per la progettazione

 

Molto utile la ricerca degli obiettivi il primo giorno. Mai fatto prima. Ha aiutato l’insegnante a centrare bene gli obiettivi del corso. Ha reso chiara l’organizzazione del corso.

 

 

Strumento per l’autovalutazione di una UdA

 

Mi hanno aiutato a essere più organizzato e a capire su cosa lavorare a casa. Particolarmente utile per la motivazione. Utile per avere un’idea chiara del percorso. Utile perché permette, anche dopo un po’ di tempo, di avere uno schema chiaro delle cose fatte e di poter lavorare anche da soli sui punti in cui si è meno forti.

 

 

Strumento per l’autovalutazione in contesto autentico

 

Utile come strumento perché è chiaro, e capisco dove sono i problemi. Molto utile per osservarsi. Molto interessante.

 

Più facile è stato osservare il percorso di apprendimento del docente che ha modificato il proprio agire negli aspetti che risultavano carenti alla valutazione diagnostica.

 

 

Fig. 19. Percorso dell’insegnante

 

 

Determinante nel cambiamento è stata, accanto all’uso del protocollo criteriale, la riflessione guidata dalle checklist di monitoraggio, compilate durante l’esperienza, che ha reso l’insegnante più consapevole e gli ha permesso di approfondire le ragioni dei suoi comportamenti, aiutandolo così a maturare nella pratica didattica. Come afferma Kohonen7 (1992), parlando di experiential learning, per produrre apprendimento, l’esperienza deve essere interiorizzata in modo cosciente, attraverso un atto di riflessione sulla stessa. Anche gli studenti, per cui non era stato previsto un cammino di autoriflessione, ne avrebbero sicuramente giovato.

 

 

5. CONCLUSIONI

 

Il progetto pilota è nato dall’esigenza di rispondere a due quesiti: se sia possibile utilizzare il momento formativo come palestra di apprendimento di funzioni metacognitive utili alle nuove figure di docente e discente; se la creazione condivisa di strumenti di progettazione e valutazione criteriale sia un mezzo adatto a questo scopo. L’esperienza effettuata risponde positivamente ad entrambi. Gli strumenti ideati e raccolti nel protocollo criteriale hanno trasformato il momento formativo in un’occasione di apprendimento per i discenti e per il docente, i quali hanno potuto assumere nuovi ruoli e responsabilità. Il metodo di lavoro della progettazione e valutazione criteriale condivisa ha favorito un confronto ed una crescita costante nella relazione formativa fra l’insegnante, gli studenti e la classe.

Non è stata però la sola azione condivisa a generare il co-apprendimento, bensì la possibilità di riflettere sulla stessa, offerta talvolta dall’interazione fra gli attori della formazione, talvolta invece da strumenti di riflessione personale.

L’analisi attenta dei risultati, mettendo in luce i punti di forza e di debolezza del progetto, ha permesso di reperire alcuni elementi fondanti di un intervento volto allo sviluppo delle figure di docente e discente. È importante prediligere strumenti di lavoro cooperativi che permettano agli attori di partecipare attivamente alla formazione e di acquisire competenze e conoscenze insieme; è necessario che gli strumenti-azione siano accompagnati da metodi di riflessione strutturata che facilitino un ragionamento consapevole sul proprio agire; è indispensabile avere a disposizione mezzi capaci di agire sui diversi aspetti dell’autonomia dello studente, per poter scegliere quelli più adeguati ai contesti e ai tempi della formazione.

Alla luce di queste riflessioni emerge chiaramente come il protocollo ideato possa essere considerato solo parte di protocolli più ricchi ed articolati che offrano al docente e allo studente strumenti adeguati per apprendere, attraverso la relazione formativa, i ruoli richiesti dalla moderna glottodidattica.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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Learning Paths – Tante vie per imparare.

Il sito, gestito da Luciano Mariani, insegnante di lingua inglese, è dedicato in modo specifico alla ricerca e alla didattica per la promozione dell'autonomia dello studente, con particolare riferimento all'apprendimento delle lingue straniere.

 

<www.pavonerisorse.it/cacrt/mappe>

Direzione didattica di Cavone Panavese, Fondazione CRT.

Il sito, gestito da Marco Guastavigna, offre informazioni molto dettagliate sul tema delle mappe concettuali, attraverso documenti, link e una bibliografia/sitografia ricca e aggiornata.

 

<www.univ-nancy2.fr/CRAPEL/> (in francese)

Centre de Recherches et d'Applications Pédagogiques en Langue (Crapel), Université Nancy 2, Nancy, France.

Il sito presenta l’attività del centro CRAPEL che si occupa di didattica, formazione e ricerca in ambito dell’apprendimento delle lingue straniere, con particolare attenzione all’autoapprendimento. È possibile consultare tutti i numeri della rivista pubblicata dal CRAPEL a partire dal 1970.

 

<www-distance.syr.edu/distancenew.html> (in inglese)

Roger Hiemstra, professore all’ Elmira College di New York, si è a lungo occupato di formazione per adulti ed offre nel suo sito un’ampia documentazione su questo argomento, oltre che la possibilità di leggere in rete alcuni suoi libri. Particolarmente interessante è la sezione dedicata al self directed learning.


 

1 L’andragogia, il cui padre fondatore viene riconosciuto nello studioso americano Malcom Knowles, offre un modello adatto alla specificità dell’apprendimento adulto.

2 Uno schema del modello proposto da Breen si ritrova in Nunan (1992 : 209), testo citato in bibliografia

3 Il S.A.A.S. , Structure d’Apprentissage Autodirigée avec Soutien, è un progetto del Centre de Recherches et d'Applications Pédagogiques en Langues dell’Università di Nancy 2 che svolge ricerche nell’ambito dell’educazione linguistica, dando particolare attenzione al tema dell’autonomia nell’apprendimento.

4 Un esempio di checklist per la riflessione sulle strategie e gli stili di apprendimento si trova in Mezzadri (Marco Mezzadri I ferri del Mestiere), mentre sul sito internet di Mariani si possono trovare dei questionari sugli stili cognitivi e di apprendimento.

5 Il termine concept maps viene utilizzato da Novak per la prima volta negli anni ‘60 per indicare uno strumento di lavoro che, attraverso proprietà associative, facilita l’inserimento di nuove conoscenze all’interno di strutture cognitive preesistenti, spingendo gli studenti a riflettere sulla natura delle conoscenze e sulle relazioni che le uniscono. Utili informazioni possono essere reperite nel testo di Guastavigna citato in bibliografia

6 Lo strumento è stato elaborato a partire dalla griglia di valutazione ideata da Minello e da lei presentata durante la settimana in presenza del corso Master Itals IX ciclo, Venezia, luglio 2008. Titolo della presentazione: “Dalla progettazione alla valutazione”.

7 Il pensiero espresso da Kohonen si può ritrovare nel contributo Experiential launguage learning: second language learning as cooperative learner education, nel testo di Nunan, citato in bibliografia.

 

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