Novembre 2008  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Il ruolo della motivazione nell'apprendimento dell'italiano LS da parte di adulti: una ricerca azione in un contesto militare emiratino [I] di Alessia Tarantino

ABSTRACT

Questo lavoro, suddiviso in due parti, sintetizza un progetto di Ricerca Azione attuato nell’ambito del Master in progettazione avanzata dell’insegnamento della lingua e della cultura italiana a stranieri dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Il contesto didattico, in cui abbiamo ricoperto il ruolo di insegnante e coordinatrice didattica, è il II Corso di lingua e cultura italiana per gli Ufficiali delle Forze Armate emiratine, patrocinato dall’Ambasciata d’Italia in Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti
Il percorso della ricerca è nato dalla necessità di indagare le cause di una situazione che sembrava esprimere una caduta di interesse e partecipazione degli studenti: questo aspetto, che appariva contraddittorio rispetto al presupposto base del corso, ossia la correlazione tra spontaneità di adesione dei corsisti e la loro motivazione, ha orientato la riflessione sulla motivazione. L‘indagine seguente è stata focalizzata su una possibile inadeguatezza dell’approccio didattico adottato e su una probabile diversità, culturalmente determinata, nell’intendere la motivazione allo studio e all’apprendimento.

 

 

1. IL CONTESTO DELLA RICERCA E IL PERCORSO FORMATIVO

 

Al II corso di lingua e cultura italiane per gli Ufficiali delle Forze Armate Emiratine hanno partecipato 15 studenti di sesso maschile, di età compresa fra i 20 ed i 45 anni, di nazionalità emiratina e madrelingua araba, principianti assoluti della lingua italiana.

Il corso, intensivo, prevedeva 25 ore di lezione che si tenevano la mattina, suddivise in cinque giorni a settimana, per un totale di circa 600 ore di lezione. La finalità era preparare i partecipanti ad un soggiorno in Italia in cui avrebbero intrapreso, dopo un ulteriore corso propedeutico di lingua italiana, stage di formazione militare e professionale. Considerati gli obiettivi e l’impostazione selettiva del corso (chi non avesse conseguito buoni risultati non sarebbe partito per l’Italia), gli allievi sono stati scelti, fra gli aspiranti partecipanti, attraverso un colloquio motivazionale condotto in inglese, lingua commerciale ampiamente diffusa negli Emirati, ed un test scritto delle stessa: trattandosi infatti della lingua ponte da usare in classe, si è voluto accertare che il livello di competenza assicurasse almeno la comunicazione di base con le docenti.

Per l’organizzazione interna del corso abbiamo dovuto tenere in considerazione sia la qualità e quantità dei materiali didattici a disposizione (e limitata possibilità di poterne reperire negli EAU) e dei sussidi didattici, sia la neccessità di attribuire a ciascuna insegnante percorsi specifici, per garantire una linea didattica quanto più possibile unitaria.

Le lezioni si tenevano in un’aula rettangolare, non molto ampia, con i banchi in due semicerchi paralleli. Se in classe disponevamo solo della lavagna, nel laboratorio informatico, difficilmente utilizzabile per attività linguistiche, si trovavano un lettore cd/dvd, un registratore per audiocassette ed una stampante. Mentre le colleghe si occupavano dello sviluppo dell’abilità di ascolto e della produzione orale per 6 ore ciascuna, le nostre ore di lezione, 13, venivano dedicate all’acquisizione delle strutture della lingua anche e soprattutto attraverso la produzione orale: macro obiettivo linguistico era rendere gli studenti in grado di interagire oralmente in situazioni quotidiane.

Considerate queste premesse e seguendo i descrittori dei livelli di competenza linguistica proposti da Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue, gli obiettivi prefissati erano i seguenti.

 

  • Comprensione Orale A2

  • Comprensionen scritta A2

  • Produzione Orale Monologica A2

  • Produzione Orale Dialogica A2

  • Produzione scritta A1

 

La programmazione, impostata sul sillabo del manuale adottato, Espresso 1 (Ziglio, Rizzo: 2001), prevedeva l’uso di una grande quantità di materiale integrativo, soprattutto rivolto all’ampliamento lessicale. Considerando i percorsi formativi e professionali assai diversi delle insegnanti, abbiamo ritenuto opportuno lasciare ad ognuna la scelta dei materiali integrativi o specifici e delle attività proposte, nonchè della metodologia da adottare.

 

 

1.1 PROBLEMATICHE DEL CONTESTO

 

Si trattava per noi della seconda esperienza di insegnamento in territorio emiratino, ma della prima in qualità di coordinatrice didattica. Oltre alle evidenti difficoltà causate dalla carenza di materiali e di sussidi didattici, varie sono state le problematiche che abbiamo dovuto affrontare: dalle responsabilità organizzative alla nuova tipologia di studenti, dall’iniziale rodaggio della coordinazione e collaborazione con le colleghe al ruolo giocato dalle aspettative sul corso, quest’ultimo punto fondamentale per comprendere le dinamiche del contesto.

Ad influenzare le aspettative delle insegnanti e dell’Ambasciata, ente commissionante del corso, un antefatto, vale a dire l’esito, ritenuto poco soddisfacente, del ciclo precedente. Ciò era stato imputato a fattori quali la scarsa motivazione degli studenti e la difficile collaborazione fra le insegnanti. Le misure intraprese dai commissionanti (introdurre nel team didattico una nuova insegnante-coordinatrice e selezionare scrupolosamente i corsisti) ne avevano accresciuto le aspettative tanto da pensare di eliminare dal progetto il corso di lingua da svolgersi in Italia, propedeutico agli stage professionalizzanti. Ciò andava chiaramente contro le aspettative non solo delle insegnanti, ma anche degli studenti, basate sostanzialmente sul modello del primo corso, ed ha influito fortemente sul clima di classe: per molti di loro, infatti, il corso di lingua in full immersion costituiva una fase indispensabile per acquisire una buona competenza linguistica e una formazione professionale adeguata: <I don’t want to go there and look like a fool> è stato uno dei primi commenti registrati fra gli studenti.

La pressione delle aspettative si ripercuoteva inoltre sull‘intero processo formativo nel momento in cui noi insegnanti, per non rischiare di deludere le attese dei commissionanti, eravamo portate ad accelerare il passo verso un traguardo quantitativo piuttosto che qualitativo, forzando così i tempi di acquisizione della classe.

Durante il primo mese di corso il gruppo classe si è dimostrato motivato, disciplinato e volenteroso: tuttavia, sebbene la maggior parte degli studenti partecipasse attivamente, un ristretto numero di corsisti appariva svogliato, distratto, poco collaborativo con conseguente scarsa performance linguistica.

All’inizio del secondo mese, però, è avvenuto un cambiamento improvviso: la concentrazione è diminuita nell’intero gruppo e così la controllabilità della classe, tanto che condurre le lezioni richiedeva un grandissimo sforzo fisico, oltre che mentale. Anche gli studenti solitamente seri e motivati si distraevano facilmente. Dal punto di vista didattico persino le attività ludiche venivano accettate a fatica. L‘allentamento della tensione positiva iniziale è continuato fino a culminare durante i campionati di calcio del Golfo Arabo, ospitati proprio dagli Emirati, periodo in cui la classe si è lasciata prendere dalla febbre del pallone dimenticando totalmente l’italiano con conseguenze catastrofiche al momento della verifica.

Sul diario di bordo, annotavamo il nostro malessere che, lentamente, si trasformava in frustrazione vera e propria causata dall’impossibilità di comprendere le ragioni di un caos che sembrava essere nato dal nulla:

che cosa era successo? Dov’era finita la classe attenta, motivata, partecipativa? Dove avevamo sbagliato e, soprattutto, come riprendere in mano la situazione? Poteva il calcio essere accettato come causa plausibile dell’improvvisa metamorfosi dei corsisti? La volontà di indagare sulla possibile, e probabile, esistenza di cause più profonde e la necessità di trovare una via d’uscita hanno dato inizio al nostro percorso di RA.

 

 

2. VERSO LA DEFINIZIONE DELL’AERA INDAGATA: LA MOTIVAZIONE

 

Durante la fase di ricognizione del progetto abbiamo focalizzato l’attenzione in particolar modo sulle dinamiche di interazione e partecipazione e sulla risposta degli studenti alle attività e ai materiali proposti durante le lezioni di nostra competenza, evidenziando i seguenti pattern:

 

  • Anche dopo la fine del campionato di calcio, inteso come momento di stallo più duraturo, l’andamento della tensione positiva, l’attenzione sostenuta e la motivazione del gruppo sembravano seguire fasi alterne di normalità e di caduta.

  • Il gruppo di studenti con più difficoltà e peggiore performance doveva essere costantemente sollecitato a partecipare.

  • Si erano create delle "alleanze" fra gli studenti, tanto da renderne alcuni totalmente dipendenti dai compagni più forti.

  • Molti preferivano chiedere chiarimenti esclusivamente ai compagni nonostante cercassimo di promuovere interventi che rendessero partecipe tutta la classe.

  • Sebbene l’aula non fosse molto adatta allo spostamento di persone e banchi, risultava estremamente faticoso far muovere gli studenti per lavorare in gruppi o coppie.

  • Nelle attività in gruppi notavamo scarsa collaboratività e poca propensione a seguire le indicazioni dell’insegnante.

  • Nelle attività in plenum gli studenti si correggevano a vicenda, riservando particolare "spietatezza" nei confronti dei più insicuri, creando in loro maggiore inibizione.

  • Al contrario, durante le verifiche formali i corsisti manifestavano vicendevole complicità.

  • In alcune fasi della lezione era difficile far rispettare i turni di parola: gli interventi dei corsisti più insicuri venivano "bruciati" sul tempo dai compagni più forti.

 

Il contesto appariva chiaramente complesso: di conseguenza anche la definizione dell’area di indagine risultava difficile in quanto costituita da elementi e tematiche che si concatenavano, per loro natura, al punto da diventare difficilmente scindibili. Una prima riflessione sui nodi critici evidenziati ci ha portati alla formulazione di alcuni interrogativi utili a stabilire il focus della ricerca:

 

L’atteggiamento di alcuni studenti da noi interpretato come demotivazione e svogliatezza poteva, invece, far parte del background culturale degli stessi?

L’andamento altalenante della tensione positiva poteva dipendere da un’inadeguatezza dell’approccio didattico e dei metodi dello stesso, rispetto alla cultura di appartenenza dei corsisti? Poteva esso essere causa di quella che, dalla prospettiva di un insegnante con un diverso patrimonio culturale, appariva come scarsità di motivazione?

E, inoltre, da che tipo di motivazione erano effettivamente mossi i nostri studenti?

 

 

2.1 IL RUOLO DELLA MOTIVAZIONE NELL’APPRENDIMENTO LINGUISTICO E IL SUO RAPPORTO CON IL CONTESTO DELLA RICERCA

 

Come nell’apprendimento in generale, anche in quello linguistico la motivazione ricopre il ruolo primario di motore che spinge chi apprende verso una lingua e una cultura diverse dalla propria e che lo sostiene in un cammino lungo e, spesso, faticoso, ma al contempo appagante, il cui traguardo prevede un arricchimento gobale della persona. Secondo la ricerca psicologia di Gardner e Lambert sono da distinguersi quattro tipi di motivazione (Daloiso 2007:9):

 

  1. Intrinseca, che nasce dall’intimo dell’apprendente, legata alla sfera degli affetti e dei desideri.

  2. Estrinseca, legata a fattori esterni di varia natura quali, ad esempio, l’obbligo scolastico.

  3. Integrativa, ossia la motivazione di chi desidera (motivazione integrativa intrinseca) o deve (motivazione integrativa estrinseca) integrarsi in una cultura diversa dalla propria.

  4. Strumentale, quando l’apprendimento linguistico può comportare ricadute positive in ambito formativo, professionale, ecc.

 

Balboni (2002: 37), a sua volta, riconduce l’analisi della motivazione a tre macrocategorie di base:

 

  • Il dovere, ossia l’obbligo ad apprendere (ad esempio in ambito scolastico) che se non supportato da effettivo interesse produce apprendimento ma non acquisizione: i contenuti vengono infatti immagazzinati nella memoria a breve termine e ben presto dimenticati.

  • Il bisogno, motivazione legata all’emisfero cerebrale sinistro, in cui il discente è razionalemente consapevole di avere bisogno di sviluppare delle conoscenze specifiche per raggiungere uno scopo.

  • Il piacere, "motivazione essenzialmente legata all’emisfero destro, ma che può coinvolgere anche il sinistro divenendo, in tal modo potentissima" (Balboni 2002: 38).

 

Ovviamente in un contesto reale non sono possibili distinzioni categoriche poichè i diversi tipi di motivazione non hanno confini netti, bensì sfumati e sovrapponibili e possono coesistere in uno stesso individuo.

Secondo una prima riflessione i nostri studenti avrebbero dovuto essere spinti da motivazione intrinseca, legata al piacere (non erano stati obbligati a frequentare un corso per il quale avevano addirittura affrontato una selezione), ma anche strumentale, connessa alla possibilità di arricchimento professionale. Dove potevano risiedere, quindi, le cause del calo motivazionale manifestato?

Nell’attesa di indagare e, se necessario, rivedere le posizioni riguardanti la motivazione della classe e soprattutto degli studenti che apparivano meno coinvolti, potevamo ipotizzare che la situazione critica fosse dovuta ad un concorso di cause: dopo il primo mese relativamente impegnativo ma contraddistinto dall’entusiasmo per la novità e da risultati soddisfacenti, il momento di distrazione dovuto ai campionati di calcio, il conseguente e, probabilmente, inatteso primo "fallimento" in una verifica si univa alla preoccupazione delle insegnanti che, vedendo improvvisamente calare il rendimento e la partecipazione del gruppo, reagivano comportandosi in modo più severo ed esigente, reazione tanto umana quanto probabilmente enfatizzata dalle pressioni esercitate dalle aspettative dell’Ente commissionante.

Rispetto all’atmosfera rilassata e scorrevole dell’inizio del corso, la situazione creatasi non rispecchiava sicuramente le attese delle insegnanti, ma soprattutto quelle della classe: il progetto di sè che ogni studente voleva realizzare tramite il corso di lingua italiana si trovava di fronte a un momento fortemente critico: secondo il modello egodinamico di Titone infatti, ogni persona, ovvero il suo ego, ha un progetto di sé, che le è più o meno consapevole ed esplicito; se questo contempla la conoscenza di una lingua, la persona mette in atto una strategia per realizzarlo, per esempio, frequentare un corso. Se nel momento dell’incontro reale con il corso la persona trova un riscontro alle proprie aspettative senza un eccessivo costo in termini psico-fisici ed economici, la strategia si rinforza, l’ego riceve un feedback positivo e mantiene viva, o addirittura rinforza, la motivazione iniziale. Nel caso in cui il sia feedback negativo la motivazione, invece, viene meno. (Balboni 2002: 37)

 

 

2.2 LA MOTIVAZIONE E LA METODOLOGIA GLOTTODIDATTICA

 

Il modello di Stimulus Appraisal di Schumann riconduce invece il discorso sulla motivazione una dimensione più strettamente didattica: esso si basa, attraverso dati neuro-biologici, sul presupposto che l’emozione rivesta un ruolo primario nel processo cognitivo e che essa, attraverso lo Stimulus Appraisal, ovvero un meccanismo che trasmette al cervello un giudizio sull’apprezzamento dell’input, metta in moto il Language Acquisition Device. Per essere "apprezzato" e considerato "degno" di acquisizione, l’input deve rispondere a cinque requisiti:

 

- costituire un elemento di novità;

- essere attrattivo, cioè piacevole;

- essere funzionale al bisogno dello studente;

- essere realizzabile (secondo la teoria della zona di sviluppo prossimale) ovvero non essere ritenuto troppo difficile;

- essere sicuro dal punto di vista sociale, in modo che il timore di "perdere la faccia" non inneschi il filtro affettivo (Balboni 2002: 37).

 

Di conseguenza un’indagine del fattore motivazionale non può essere scissa da un’analisi parallela dell’approccio metodologico dell’insegnante, della scelta dei materiali e delle attività che costituiscono l’input linguistico a cui gli studenti sono esposti:

 

In campo neurobiologico la motivazione all’apprendimento è stata definita come un processo continuo di Stimulus Appraisal: il cervello dello studente riceve input dall’esterno e lo confronta con le aspettative, i bisogni, i desideri; sulla base di tale comparazione l’input viene giudicato positivamente o negativamente, e di conseguenza, viene inviato dalla memoria di lavoro ai centri cerebrali deputati all’apprendimento, o bloccato fino a che la relativa traccia mnestica non decade definitivamente (Schumann 1999; 2004, citato in Daloiso 2007:10).

 

Un apprendente fortemente motivato risulta neurobiologicamente più ricettivo ad ogni tipo di input. Se poi quest’ultimo viene sapientemente predisposto e calibrato dall’insegnante in base al percorso linguistico già svolto (i prerequisiti) e gli obiettivi prefissi, si instaura un vero e proprio gioco di squadra. Allo stesso modo, però, è proprio nei confronti degli studenti meno motivati, o differentemente motivati, che si dovrebbero concentare gli sforzi dell’insegnante: agire sull’input, fare in modo che, per quanto possibile, questo vada incontro alle loro aspettative, potrebbe infatti stimolarne la motivazione e facilitarne l’apprendimento.

 

Appariva fondamentale, quindi, che uno degli elementi costitutivi del focus di indagine fosse l‘apprezzamento, da parte degli studenti, della nostra metodologia e delle attività proposte: la nostra scelta metodologica, basata sulle conoscenze glottodidattiche acquisite durante gli studi di didattica dell’Italiano LS/L2 e nelle precedenti esperienze di insegnamento, prediligeva un approccio comunicativo umanistico-affettivo, con riferimento all’ordine naturale di Krashen, una scelta di materiali linguisticamente graduati, un approccio alla grammatica di tipo fondamentalmente induttivo con momenti di riflessione o revisione deduttiva. Una metodologia che avevamo "testato" positivamente con studenti adulti in altre situazioni, ma di cui cominciavamo a chiederci se fosse adatta al contesto culturale dei nostri studenti.

 

 

2.3 MOTIVAZIONE E FATTORE CULTURALE

In effetti, la nostra iniziale lettura del contesto tendeva a considerare le dinamiche dell’apprendimento degli studenti e non aveva ancora messo in discussione noi come insegnante: spesso avevamo l‘impressione che molti dei nostri corsisti si fossero ritrovati a fare gli studenti ma non avessero idea di cosa significasse essere studenti. Riflettendo ulteriormente abbiamo cominciato a domandarci se, invece, i nostri modi diversi di intendere e di vivere l’apprendimento non fossero culturalmente determinati e non dovessero perciò essere oggetto di percorsi interpretativi basati sulla decostruzione. Come suggerisce Mariani (2006b: 4)

...ciò che accade in classe, il comportamento visibile di insegnanti e studenti, è il risultato di una struttura di aspettative, atteggiamenti, valori e convinzioni, che di solito vengono dati per scontati: convinzioni su come insegnare e imparare, atteggiamenti verso input visivo piuttosto che uditivo, routines accettate per elaborare informazioni in modi globali piuttosto che analitici, schemi comunicativi e così via. Sono cose di cui di solito non siamo coscienti... finchè qualcosa ci costringe a fermarci e pensare: per esempio l’arrivo in classe di uno studente di un retroterra etnico diverso [...] [il cui] modo di pensare può improvvisamente cominciare a sembrarci "strano" e ci fa capire che le nostre lenti interpretative non sono più adatte: abbiamo bisogno di un altro paio di occhiali.

 

Nel nostro caso eravamo noi, l’insegnante, a provenire da lontano, a possedere un patrimonio culturale diverso e ad avere forse un comportamento "strano" rispetto alle attese degli studenti.

 

Secondo Nelson (1995, citato in Mariani 2006b: 4) si può parlare di stili di apprendimento "culturali" nel senso che i membri di una comunità "imparano ad imparare" in un determinato modo condividendo degli schemi di comportamento che sono culturalmente condizionati (famiglia, amicizie, scuola). Questo motivo ci ha condotti a includere nella ricerca un’indagine sul background scolastico individuale degli studenti cercando così, allo stesso tempo, di mettere in relazione i risultati all’appartenenza ad una stessa cultura.

Allo stesso tempo però l'appartenenza ad un'etnia non deve far passare in secondo piano le caratteristiche individuali e personali, perchè "le persone concrete sono sì il risultato di condizionamenti culturali generali, ma filtrati attraverso la personalità del singolo e le variabili dei contesti" (Mariani 2006b: 4).

Si tratta di un campo d’indagine estremamente delicato in cui l’insegnante non può essere alla ricerca di risposte, bensì di maggiore conoscenza e quindi comprensione (Mariani 2006: 9):

 

Certamente la chiave di indagine non può essere che di tipo interculturale: si ha bisogno di conoscere, di farsi un'idea il più concreta possibile del profilo personale e culturale dei propri studenti.

 

 

3. PIANIFICAZIONE DELLA RICERCA

 

Tracciando un filo conduttore fra le aree interessate dall’indagine, abbiamo potuto individuare l’oggetto della ricerca nel rapporto fra lo stile d’apprendimento individuale e soprattutto culturalmente determinato degli studenti e la loro motivazione all’apprendimento dell’italiano, da una parte e, dall’altra, il nostro approccio metodologico: in particolare la scelta delle attività didattiche e la loro adeguatezza rispetto agli altri due fattori presi in esame.

Abbiamo in un primo tempo focalizzato l’attenzione sulle attività più critiche, quelle in gruppo e in coppia. La seguente griglia riassuntiva, progetto originario di pianificazione riveduto in itinere in base a quanto emerso dalla raccolta dati, agli imprevisti, alla naturale dinamicità della classe e del suo rapporto con l‘insegnante (De Luchi 2007: 25), riunisce i nodi critici presenti nel contesto, la nostra riflessione su di essi, il loro ambito di indagine, lo strumento (o gli strumenti) che indendevamo approntare, la possibile azione da intraprendere.

 


Problema

Riflessione

Area da indagare

Strumento

di controllo

Azione possibile

Allentamento

tensione

positiva e motivazione.

Possibilità di differenza culturale fra la nostra definizione di motivazione e quella degli studenti.

Motivazione e aspettative

degli studenti.

 

Metodologia dell’

insegnante,

scelta delle attività, dei materiali e relativo gradimento.

 

Questionario di valutazione e autovalutazione della propria motivazione.

 

Feed back sulle attività e sui materiali.

Allineare il più possibile le lezioni ai bisogni della classe emersi dai risultati.

Gruppo di studenti

con maggiori difficoltà

difficile da stimolare e coinvolgere.

Possibile collegamento fra il vissuto scolastico personale degli studenti con difficoltà, il loro modo di essere studenti e di concepire l’apprendimen-to.

 

Motivazione.

 

Vissuto scolastico degli studenti.

 

Modalità di insegnamento nella cultura emiratina, anche in riferimento alle LS.

Questionari,

brainstorming con la classe;

interviste individuali.

 

Aiutare gli studenti ad esplicitare le proprie strategie di apprendi-mento e condividerle con la classe.

Se necessario esplicitazione di altre strategie.

 

Collabora-zione

nei lavori di gruppo, passività

degli studenti

meno reattivi.

Possibile inadeguatezza dell’attività;

possibile mancanza di chiarezza sui ruoli dei singoli nel lavoro di gruppo.

Approccio metodologico;

 

Dinamiche sociali della classe.

Osservazioni e/o video-registrazioni;

questionari;

feedback.

Coinvolgere gli studenti in attività meglio strutturate.


 

 

3.1 FINALITÀ DELLA RICERCA, METODOLOGIA DI RACCOLTA E ANALISI DEI DATI

 

Come vuole la natura qualitativa della RA, abbiamo raccolto dati di tipo essenzialmente qualitativo: peraltro la motivazione, oggetto principale della nostra ricerca, appare difficilmente quantificabile, ma piuttosto qualificabile.

Abbiamo scelto strumenti di natura introspettiva e descrittiva: il "diario delle idee", i feedback degli studenti sulle attività didattiche, le osservazioni dirette condotte da noi e dalla collega nel doppio ruolo di amico-critico e osservatore esterno. Abbiamo usato strumenti di osservazione indiretta quali la registrazione audio e video, affiancandoli all’osservazione, sia spontanea che semistrutturata, dell’amico critico. Abbiamo usato interviste e questionari, a risposta aperta e chiusa, per raccogliere anche alcuni dati quantitativi, che sono stati comunque oggetto di interpretazione. Ci siamo proposti di attuare, sulla base dei dati emersi, un adattamento delle attività didattiche per cercare un compromesso che conciliasse il più possibile i bisogni di tutti gli studenti, soprattutto di quegli studenti che fin dall’inizio non eravamo riusciti a stimolare come avremmo voluto. L’esito auspicabile era un aumento della motivazione e un miglioramento delle prestazioni linguistiche dell’intero gruppo in generale e degli studenti con difficoltà nello specifico.

 

 

3.2 NODI CRITICI DELL’ATTUAZIONE DEL PROGETTO E IMPREVISTI

 

La pianificazione del percorso presentava fin dall’inizio problematiche che rischiavano di comprometterne seriamente la realizzazione, prima fra tutte le nostre perplessità riguardanti l’effettiva possibilità di coinvolgere la classe nel progetto. L’attuazione stessa ha incontrato imprevisti di varia natura che hanno determinato l’insorgere di difficoltà "a catena" (Losito, Pozzo 2005: 186) mettendo a dura prova ciò che con tanta cura le azioni intraprese nell’ambito della RA cercavano di sostenere ed incrementare: la motivazione della classe.

I punti principali che avrebbero potuto ostacolare la pianificazione erano la collaborazione fra le insegnanti e la scelta dell’amico cirtico. Mancando i presupposti per la creazione, auspicabile, di un team di ricerca, abbiamo deciso di circoscrivere il percorso di ricerca considerando esclusivamente il nostro rapporto con la classe e, per evitare l’autoreferenzialità (cfr. Losito Pozzo 2005: 64) abbiamo contato molto sulla collaborazione con gli studenti (attraverso feedback e interviste), sulle videoregistrazioni e sulle osservazioni dell’amico-critico. Quest‘ultimo ruolo è stato ricoperto da una delle due colleghe, che si è subito dichiarata disponibile nonostante il poco tempo a disposizione: se, da un lato, adattare i tempi di lavoro anche in base ai suoi impegni ha comportato dei rischi riguardo al rispetto della tabella di marcia, dall’altro ha fatto sì che le condizioni poste inizialmente come limiti rendessero più flessibile il percorso.

Un fattore che ha influito fortemente sulla motivazione e le aspettative della classe e ostacolando quindi anche la ricerca è stata l’incertezza sul proseguimento del corso in Italia: oltre alla già menzionata intenzione dell’Ambasciata di eliminare dal progetto il corso di lingua da svolgersi in Italia, propedeutico agli stage formativi, prospettiva che metteva in agitazione anche gli studenti più brillanti, di tanto in tanto si diffondevano voci di corridoio disfattiste e di provenienza sconosciuta che mettevano in dubbio l’intero proseguimento del corso, <Alessia, they told are for sure that we are not going to Italy>. La classe si è tranquillizzata solamente verso la fine del corso, quando l’Ambasciata ha dato conferma ufficiale sul proseguimento del progetto in Italia: due mesi di corso intensivo di lingua, due di training nell’esercito e due di stage nelle aziende sponsor del corso.

 

 

4. ATTUAZIONE DEL PROGETTO: STRUMENTI E RACCOLTA DATI

 

Attraverso i dati secondari relativi al test d’inglese e al colloquio motivazionale abbiamo potuto solo verificare a posteriori la validità del test stesso, ma anche porre le basi per un‘indagine più approfondita dell‘esperienza degli studenti con l’apprendimento di questa LS, utile termine di paragone con l’apprendimento dell’italiano LS.

 

I dati primari sono stati raccolti attraverso un questionario, un brainstorming in classe sul sistema scolastico negli EAU, e tramite osservazioni della classe.

 

Composto sia da domande aperte che da una check list, scelto affinchè ogni studente potesse esprimersi liberamente in italiano, inglese o arabo e decidere se restare nell’anonimato o meno, il questionario è stato suddiviso in tre parti, calibrate linguisticamente, corrispondenti a tre differenti aree di indagine: vissuto scolastico della classe, motivazione allo studio dell’italiano, aspettative legate al corso.

 

Gli items riguardanti il vissuto scolastico intendevano far luce sulla poca autonomia nello studio che, secondo noi, alcuni studenti dimostravano. Con essi abbiamo potuto tracciare una possibile correlazione tra fattori quali il rendimento dimostrato nel corso, l’età, il percorso di studi, il livello di istruzione scolastica e il grado militare, possibile indicatore della motivazione ad avanzare nella propria professione distinguendosi anche in ambiti come quello del corso di lingua, o corsi analoghi, offerti dall’esercito.

In particolare, abbiamo rilevato che la classe era composta per la maggior parte da studenti che avevano terminato la loro istruzione con le scuole superiori, un momento in cui il confine fra pedagogia ed andragogia, l’educazione degli adulti, non è ancora nettamente definito (Si veda la teoria elaborata da Malcom Knowles in 2002: 103)

Molti degli studenti non avevano probabilmente avuto modo di maturare una sufficiente autonomia nello studio, acquisibile, ad esempio, attraverso l’esperienza universitaria. Addirittura alcuni dei corsisti con maggiori difficoltà di apprendimento stavano frequentando le scuole serali per conseguire il diploma di scuola superiore.

Inoltre, l’italiano si dimostrava essere per la maggioranza la prima LS appresa attraverso uno studio formale in età adulta, e, aspetto non secondario, come sarebbe poi emerso durante il brainstorming di classe, attraverso una metodologia per loro nuova.

 

 

4.1 ESTRATTO DAL QUESTIONARIO SULLA MOTIVAZIONE

 

 

  1. Per me studiare significa...

  2. Un’ esperienza di studio bella, interessante o utile per me é stata...

  3. Secondo me questa esperienza é stata positiva perché...

  4. In generale studio di più quando...

  5. Mi piace (o mi interessa) imparare...

  6. Ho deciso di studiare l'italiano perché... (Check list

  7. Secondo me l’insegnante ideale deve essere...

 

Tabella 1

 

Questa parte di questionario (parzialmente ispirata a Mariani, www.learningpaths.org) ha dato luogo ad una situazione inattesa, ovvero una quasi assoluta omogeneità delle riposte: lo studio (item a) veniva ritenuto indispensabile per lo sviluppo delle capacità personali, inteso non solo come strumento di ascesa socio-economica, ma come mezzo di progresso anche culturale dell’individuo e di conseguenza, dell’intera nazione. Le esperienze di studio in assoluto più importanti (item b e c) risultavano essere due: l’ultimo anno di scuola superiore e l’esperienza di studio dell’inglese all’estero. Il primo difficile per i percorsi di apprendimento, ma motivante per la consepevolezza dell’importanza di quei percorsi per il proprio futuro perchè <Before 18 you’re too young to understand that studying is something you have to do for yourself>; il secondo per la metodologia inaspettta <In England I found they had many different ways to teach a language>. La classe dichiarava di studiare maggiormente (item d) solo prima delle verifiche, altri preferivano svolgere regolarmente compiti a casa. L’interesse (item e) cadeva su materie utili ed interessanti <I like to study anything interesting: languages, computer, marketing>,<Anything that makes me happy and makes my future bright>,<I would like to finish my master’s and never stop studying, specially other languages>.

Con il ritratto dell’insegnante ideale (item g) abbiamo inteso comprendere se l’idea di insegnante degli studenti fosse culturalmente determinata e quanto si discostasse dalla prospettiva europea e, ancora, quanto il nostro modo di essere insegnante incontrasse o meno le loro aspettative: è stato interessante notare come l’ideale descritto nelle risposte fosse diametralmente all’opposto del tipico insegnante emiratino che sarebbe poi emerso dal brainstorming sul sistema scolastico negli Emirati; abbiamo quindi ipotizzato che l’immagine culturalmente definita di questa figura non costituisse per gli studenti un modello insostituibile. I corsisti hanno espresso un’idea femminile di insegnante (<...she must be... ), molto preparata, calma, seria, severa quando necessario, ma anche <un po‘ divertente>, spontanea, onesta ed imparziale, molto paziente e comprensiva, sorridente e bella (!). Padrona di tecniche didattiche varie per presentare gli argomenti ogni giorno in modo diverso, proponendo molti esempi concreti e contestualizzati, doveva anche usare la tecnologia e procedere gradualmente, occupandosi specialmente dei soggetti più deboli. Doveva saper attirare l’attenzione degli studenti, motivandoli affinchè si sentissero invogliati a frequentare il corso, creando un’atmosfera serena affinchè essi potessero imparare senza timori o imbarazzi.<Open-minded>, doveva conoscere la mentalità e la cultura dei propri studenti.

 

L’aspetto maggiormente rilevante emerso dal questionario è stata la quasi assoluta omogeneità delle risposte: interpretata, in un primo momento, come fallimento degli obiettivi stessi del questionario, essa ha invece messo in luce, grazie a ulteriori riflessioni, particolari dinamiche, anche culturalmente determinate, del gruppo classe: era possibile che gli studenti avessero riflettuto su cosa significasse idealmente studiare per loro, piuttosto che su come questa idea si traducesse in pratica, che avessero cercato la risposta forse considerata più corretta, facendo propri i pensieri di un ristretto numero di colleghi, leader riconosciuti del gruppo. Ciò poteva venire collegato alle relazioni gerarchiche, imposte dal contesto militare, a loro volta culturalmente determinate in base all’idea globale del potere che contraddistingue una data cultura (Balboni 1999: 44).

Inoltre l’uniformità delle risposte date, che, in alcuni casi, ci apparivano spudoratamente false, poteva essere interpretata come necessità di non esporsi troppo per non "perdere la faccia" e mantenere intatto il proprio status: negare l’evidenza platealmente è un elemento che si riscontra nella cultura araba. (Ibid: 48-49). Infine, potevamo ancora riflettere sulla società araba come orientata al collettivismo e sulla presenza, all’interno della nostra classe di personalità allocentriche, orientate cioè verso il gruppo (Mancini 2006: 44-45). Sebbene quest’ultima ipotesi non apparisse immediatamente plausibile considerando le relazioni fino ad allora osservate all’interno della classe, essa è invece apparsa assolutamente convincente alla fine del corso, quando gli studenti hanno dimostrato un forte senso di appartenenza al gruppo, dichiarandosi disposti a rinunciare tutti all’Italia nel momento in cui si era profilata la possibilità che uno di loro non potesse partire per problemi burocratici.

 

4.2 ITEM F: HO DECISO DI STUDIARE L’ITALIANO PERCHÈ... CHECK LIST

 

Item

Tipo di motivazione

Risposte

Percentuale

È necessario conoscere una o più lingue straniere per migliorare la mia situazione professionale 

motivazione estrinseco-strumentale

 

9/11

 

(81, 81 %)

Per partecipare al training professionale in Italia devo conoscere l’italiano.

Motivazione

estrinseco - strumentale

9/11

 

(81, 81 %)

A parte il training vorrei vivere e/o lavorare per un po’ in Italia  

 

Motivazione

Intrinseco - integrativa

4/11

(36,36%)

Vorrei conoscere un’altra cultura e incontrare nuove persone

Motivazione

Intrinseca

9/11

(81, 81%)

Mi piace l’italiano

Motivazione

Intrinseca

8/11

(72,72%)

Mi piace studiare le lingue straniere

Motivazione

Intrinseca

9/11

(81,81%)

Altri motivi

 

1/11

(0,09%)

Non so

 

0/11

(0%)

Tabella 2

 

Le risposte fornite alla check list sulla motivazione allo studio dell’italiano hanno ritratto una classe la cui "spinta" era una fusione perfettamente bilanciata di motivazione estrinseco-srtumentale ed intrinseca, a conferma della possibile coesistenza di molteplici sfumature motivazionali in uno stesso individuo. Alla voce Altri motivi, una sola risposta, che si commenta da sola <Vorrei sposare una ragazza italiana...>.

I dati raccolti fino a questo momento, ci avevano permesso di riflettere più sulle dinamiche culturali della classe, ma non ci avevano ancora aiutati a chiarire le cause del calo motivazionale.

 

4.3 ESTRATTO DAL QUESTIONARIO SULLE ASPETTATIVE DEGLI STUDENTI.

 

 

  1. Before the Italian course started, what I expected was

  2. And now what I expect is

  3. Among the aspects I had not expected there are some positive aspects and

some negative ones…

  1. Your opinion is very important to improve this course and the future ones.

What do you think it could be or should be changed?

Tabella 3

 

Secondo la definizione proposta da De Beni e Moè (2000: 106), le aspettative sono "attese nutrite circa la qualità delle prestazioni". Esse possono essere distinte in personali, cioè se espresse dal singolo rispetto riguardo i propri risultati, ed interpersonali, cioè se espresse da terzi nei confronti del risultato del singolo. Nel contesto di questa RA, nel secondo caso rientrano le aspettative delle insegnanti nei confronti degli studenti, aspettative a loro volta influenzate dalle attese dell’Ente commissionante. Attraverso il questionario abbiamo cercato di conoscere più approfonditamente le aspettative degli studenti, considerate uno degli elementi fondamentali per poterne mettere in relazione la motivazione con l’apprendimento. Fra questi ultimi infatti intercorre un rapporto complesso che può essere esemplificato tramite il modello teorico "aspettative-valore" proposto da Eccles nel 1983:

 

 

Fig. 1 Modello aspettative valori (Fonte: De Beni, Moè 2000:111)

 

 

 

Secondo questo modello la motivazione, misurata nei termini della qualità della prestazione, nella scelta di compiti impegnativi, e nella persistenza in questi, è vista come direttamente determinata dal valore del compito, cioè l’importanza che questo assume per il soggetto che apprende, e dalle aspettative di riuscita, cioè le probabilità di successo. Le aspettative di riuscita, a loro volta, sono influenzate da quanto ci si ritiene abili in quella situazione e da quanto la si ritiene affrontabile. Queste credenze sono influenzate da valutazioni cognitive e sociali, come la spiegazione data ai successi e ai fallimenti vissuti in passato o le attese che gli altri hanno nei nostri confronti. Queste stime e valutazioni risultano dunque centrali nel modello, per la relazione bidirezionale che le lega alle percezioni di sé e agli obiettivi perseguiti (De Beni 2004: 291).

Le risposte al primo item hanno subito evidenziato alcune convinzioni sulla lingua: (tradotto dall’arabo) <Un amico mi ha detto che è una lingua difficile da apprendere>, <Pensavo che l’italiano fosse molto più facile>, <Lo pensavo più complicato>. Da qui derivavano alcuni atteggiamenti legati al presente del corso (item b) <Sono scioccato dalla difficoltà dell’italiano>, attribuzioni causali orientate al sé, <Amando la lingua e studiando tutto è diventato più facile: è una lingua dolce e ho scoperto che è simile all’arabo>, <Ora è facile perchè studio... lo trovo piu facile dell’inglese per alcuni aspetti>, <All’inizio è faticoso, ma se hai una buona memoria, se segui in classe e collabori con le insegnanti non è difficile.> La riflessione sugli aspetti del corso ritenuti positivi (item c), avvenuta nella fase inattesa di miglioramento “spontaneo” che descriveremo in seguito, rivelava soddisfazione riguardo alle insegnanti e al loro supporto nel percorso di apprendimento, e al il corso in generale <Sento di aver imparato molto> ha commentato uno studente.

Alla voce aspetti negativi (item c) qualcuno si è lamentato per la mancanza di disciplina e di rispetto da parte dei compagni <There’s no respect in class>, mentre altri hanno sostenuto che non tutte le insegnanti sapessero <...dare le giuste informazioni >. Un punto d’accordo unanime è stato la carenza di sussidi e strumenti didattici adeguati che consentissero una didassi più varia per contrastare la routine.

Fra vari suggerimenti (item d), spiccava per frequenza la richiesta di organizzare escursioni culturali <I want lessons outside> e incontri in cui fosse possibile socializzare con gli italiani residenti negli Emirati. Quest’ultimo punto è stato poi ripetuto a voce dagli studenti dopo la prima "uscita", di cui parleremo in seguito.

 

 

5. PRIME RIFLESSIONI

 

I tanti dati forniti dal questionario, dati apparsi spesso contraddittori, spesso alterati dalla non completa sincerità delle risposte, hanno comunque focalizzato la riflessione e la successiva serie di azioni verso il nodo critico motivazione: gli studenti si erano autoritratti come molto motivati ad imparare l’italiano e, se questo ritratto contraddiceva la nostra originaria interpretazione del loro comportamento in classe come mancanza di motivazione, significava probabilmente, ipotesi confermata dai suggerimenti espressi nel questionario, che l’offerta didattica non era sufficiente a stimolare non tanto intellettualmente quanto emotivamente, l’intero gruppo. Le parole noia, routine e stanchezza emerse dagli scritti, sono apparse come il leitmotiv di un malessere comprensibile in un corso di circa 600 ore in 6 mesi.

Ritornando al modello per l’interpretazione della motivazione basato sui fattori dovere, bisogno e piacere proposto da Balboni, emergeva come punto dolente del contesto il piacere e, soprattutto, il piacere della varietà (Balboni 2002: 38-39):

 

"Il mondo è bello perchè è vario", e vari devono essere anche il corso, il materiale, il modo di guidare la comprensione, il modo di chiedere produzione linguistica; fare ogni giorno gli stessi esercizi, le stesse attività, toglie piacere e dà noia: stacca la spina della motivazione;

Implicito nel concetto di varietà c’è anche il piacere della novità, dell’imprevisto, dell’insolito, che Schumann pone come fattore importante nella valutazione dell’input (e quindi nella decisione di sforzarsi per acquisirlo) da parte di una mente.

 

Questa riflessione ci ha costretti a constatare che probabilmente i nostri sforzi di variare la didassi, e probabilmente anche quelli delle colleghe, non erano sufficienti: appariva perciò chiaro che le lezioni risultassero pesanti e mettessero a dura prova la motivazione della classe.

Alla luce di queste considerazioni abbiamo impostato alcuni significativi cambiamenti sul versante didattico e approfittando anche di iniziative non strettamente didattiche che hanno contribuito alla costruzione di un vero e proprio ambiente sociale di apprendimento con una ricaduta positiva sul rendimento di tutta la classe.

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Balboni, P. E. (2002) Le sfide di Babele, Utet, Torino

Balboni, P. E. (1999) Parole comuni culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale, Marsilio, Venezia

Daloiso, M. (2007) Aspetti neuropsicologici nella didattica delle lingue, [Internet] (55 pagine), Venezia, Modulo del Master Itals II livello, I ciclo, 2006-2007, http://www.itals.it, (con password) (30/10/2007)

De Beni, R. (2004) "Motivazione", in Fondamenti di Psicologia generale, Il Mulino, Bologna

De Beni, R. & Moè, A. (2000) Motivazione e apprendimento, Il Mulino, Bologna

De Luchi, M., (2007) Metodologia della ricerca nella didattica delle lingue, [Internet] (51 pagine), Venezia, Modulo del Master Itals II livello, I ciclo, 2006-2007, http://www.itals.it, (con password) (30/10/2007)

Knowles, M. (2002) Quando l’adulto impara. Pedagogia e andragogia, Franco Angeli Edizioni

Losito, B. & Pozzo, G. (2005) La Ricerca Azione, Carocci Editore, Roma

Mancini, T. (2006) Psicologia dell’identità etnica, Carocci Editore, Roma

Mariani, L. (2006) La motivazione a scuola, Carocci Editore, Roma

Mariani, L. (2006b) “Le diversità culturali negli stili cognitivi e comunicativi. Dal conflitto al compromesso alla sinergia”, [Internet] (11 pagine), Atti del convegno LEND “Lingue e culture”, 2006, http://www.learningpaths.org/Articoli/stiliculturali.htm (03/10/08)

Laboratorio Itals newsletter

Iscriviti per essere notificato quando é disponibile un nuovo numero del Bollettino ITALS

Abbonamento a Laboratorio Itals newsletter feed

Contatti

Per informazioni contattaci ai seguenti recapiti


Per informazioni sui Master: