Settembre 2012  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Il profilo del seminarista come apprendente di italiano L2: una proposta metodologica di Paolo Balmas

ABSTRACT

L’individuazione delle caratteristiche e dei bisogni del seminarista come apprendente di italiano L2, ha reso necessaria una riflessione sull’azione didattica più adeguata da riservare a tale apprendente. La riflessione si è tramutata in una sperimentazione volta a scoprire e a fornire agli insegnanti degli strumenti per affrontare la complessa richiesta formativa degli apprendenti in questione. Il risultato si è concretizzato in OILÀ: Obiettivo Integrato di Lingua e Attualità. Questa proposta metodologica, attraverso l’impegno dell’insegnante nell’assumere realmente il ruolo di mediatore, si propone come obiettivo quello di sviluppare una conoscenza dell’atteggiamento mentale italiano attraverso la lingua, con lo scopo di mettere gli apprendenti nella condizione ottimale per avvicinarsi ad un reale plurilinguismo.

 

1. INTRODUZIONE

La proposta metodologica presentata nelle seguenti pagine trova i suoi presupposti nell’articolo del precedente numero 45, di giugno 2012, del Bollettino ITALS: “Il profilo del seminarista come apprendente di italiano L2: i risultati di un sondaggio”, dove venivano individuati i bisogni e le caratteristiche del profilo degli apprendenti seminaristi che studiano la lingua italiana durante il loro, solitamente, prolungato soggiorno in Italia. Un risultato importante del sondaggio era il riscontro di una duplice motivazione nello studio della lingua, definita dalla preparazione al corso di laurea, da un lato, e dal rapporto che i seminaristi intrattengono con i “colleghi” italiani in seminario e con i fedeli durante il diaconato, dall’altro. La ricerca di una metodologia trova giustificazione nel fatto che non esiste una proposta formativa precisa essendo ancora oggi, il profilo del seminarista, non propriamente riconosciuto, sebbene si tratti di un apprendente specifico, la cui importanza, in una prospettiva glottodidattica, è in crescita, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, ovvero: il numero di seminaristi stranieri che studiano la nostra lingua in Italia è in aumento e la richiesta di un insegnamento mirato e di alta qualità prende, di giorno in giorno, maggiore coscienza. La speranza è che parallelamente il sistema educativo italiano, insieme a quello pontificio, nelle strutture e nelle persone che si occupano dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda, trovino la medesima consapevolezza, in visione della reale, alta formazione richiesta dagli apprendenti in oggetto e la loro potenziale veste di diffusori della lingua italiana nel mondo.

L’articolo di giugno si concludeva con il suggerimento, rivolto agli insegnanti, di operare una “attualizzazione” dei temi proposti nella somministrazione del materiale didattico. Tale “attualizzazione” consiste, da un lato, nella scelta di temi di ampia diffusione mediatica nella contingenza in cui avviene il corso di lingua, che siano sociali, politici o scientifici; dall’altro, nell’attenzione a scegliere testi aggiornati, capaci di descrivere la società dal suo interno, come articoli, interviste, spot pubblicitari, eccetera, scritti su riviste e quotidiani o trasmessi da radio e televisione. Dall’idea di “attualizzazione”, scaturita dall’analisi dei bisogni degli apprendenti e dall’oggettivo riscontro in sede di sperimentazione, è sorta la consapevolezza di un binomio che sembra adattarsi perfettamente alle richieste degli apprendenti: lingua e attualità. Con il termine “attualità”, ovviamente, ci si riferisce al suo reale significato che comprende tutto ciò che è attuale, contemporaneo: un vastissimo insieme di avvenimenti, pensieri, mode e modi di pensare in continuo mutamento. L’obiettivo di insegnamento, di conseguenza, è costituito sia dallo sviluppo della competenza linguistica che dalla scoperta dell’atteggiamento mentale degli italiani attraverso i temi e le caratteristiche della società, nella sua più ampia accezione. Ciò consiste, da un punto di vista glottodidattico, nel riuscire a “fotografare” il momento in cui si vive, didattizzarlo e metterlo a disposizione dell’apprendente, nel tentativo di proiettare quest’ultimo nel centro vitale che determina l’uso della lingua italiana: l’apprendente non dovrà solo “studiare”, ma anche ricevere e produrre naturalmente la lingua scritta e parlata, quindi dovrà essere messo nella condizione di dimenticare il ruolo di apprendente per poter effettivamente acquisire la conoscenza linguistica e sviluppare la competenza comunicativa. Nasce, così, il bisogno di una metodologia che non perda di vista l’obiettivo della lingua e sia capace di integrarlo alla scoperta di cui si è parlato. Le riflessioni sorte da questo bisogno si sono concretizzate in una sperimentazione da cui è nato OILÀ: Obiettivo Integrato di Lingua e Attualità.

 

 

2. OILÀ: OBIETTIVO INTEGRATO DI LINGUA E ATTUALITÀ

Prima di tutto, è necessario fare alcune premesse. L’approccio assunto nello escogitare l’organizzazione della metodologia mantiene una forte attenzione ai metodi fondati sugli approcci comunicativo ed umanistico-affettivo. La stessa individuazione del profilo del seminarista, che costituisce il fondamento di queste riflessioni, nasce dal desiderio di comprendere l’apprendente posizionandolo al centro di tutta l’azione e dal tentativo di metterlo nelle condizioni di sviluppare una competenza più ampia possibile. Inoltre, data la grande eterogeneità delle classi e degli apprendenti che le formano, in riferimento al contesto di sperimentazione, si è sempre tentato di sviluppare un atteggiamento producente e di mantenere una considerazione costante delle implicazioni dovute alla condizione interetnica che naturalmente è venuta di volta in volta a costituirsi.

OILÀ non è un metodo di insegnamento applicabile a qualsiasi tipo di condizione didattica, piuttosto è un metodo per perseguire l’obiettivo integrato le cui componenti del binomio lingua-attualità, non possono essere separate o prese singolarmente in considerazione. Il primo termine, la lingua, non subisce alcun tipo di alterazione rispetto ad altri metodi e lo scopo dell’azione didattica sarà sempre la crescita della competenza linguistica attraverso lo sviluppo delle abilità fondamentali e integrate. Ma si vuole ancora di più: lo sviluppo di una reale competenza comunicativa. La “lingua”, così, non deve essere pensata come una microlingua o un insieme di linguaggi specifici, ad esempio il linguaggio della pubblicità, ma la lingua italiana come viene utilizzata oggi, nella contingenza del momento in cui si svolge il corso di italiano, tenendo conto di tutte le sue varietà. Il secondo termine, l’attualità, non costituisce un obiettivo inteso come la conoscenza dei fatti e delle idee che costellano la quotidianità contemporanea italiana, piuttosto è il mezzo per entrare in contatto diretto con l’atteggiamento mentale che ricopre sia il ruolo di causa che di effetto dell’uso della lingua, nel momento in cui si entra in contatto con essa. La scelta dell’attualità ricade nel constatato bisogno di comprendere il mondo attuale che si evolve sotto i propri occhi, qui e adesso. Dunque, non si tratta di una semplice sovrapposizione di lingua e contenuto, piuttosto mira all’uso della lingua in relazione ad un argomento attuale, vivo, presente nella quotidianità del dominio in cui si agisce, ovvero il dominio italiano in tutta la sua ampiezza.

Inoltre, bisogna tener presente che OILÀ si rivolge ad un apprendente specifico: il seminarista straniero, sebbene, come si vedrà in seguito, esistono altri tipi di apprendenti che sono ugualmente interessati a sviluppare la propria competenza per comprendere l’atteggiamento mentale e, viceversa, ad ottenere un contatto più profondo con tale atteggiamento per capire maggiormente la lingua. Per precisare, il seminarista non ha come obiettivo solo la comprensione della lingua e dell’attualità, anzi, nei suoi bisogni rientrano linguaggi specifici come quello della Filosofia e della Teologia, che dovranno essere utilizzati nei corsi universitari e la “microlingua della Chiesa” che lo accompagnerà per tutta la sua esperienza italiana e anche oltre. OILÀ, allora, diventa un mezzo per soddisfare solo una parte della complessa richiesta formativa del profilo in oggetto ed è bene sfruttarlo a partire da un momento preciso del corso.

Si arriva così ad un punto fondamentale relativo ai limiti di OILÀ cui si è accennato: è un metodo che si può utilizzare con apprendenti di un qualsiasi livello di competenza? La risposta non può essere data con precisione scientifica, ma la sperimentazione ha mostrato chiaramente che il metodo può essere sfruttato appieno e riscuote un notevole successo se il livello di competenza è elevato: dal B1 al C2, in base alla scala globale dei livelli comuni del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (Consiglio d’Europa 2002: 32). Per i livelli più bassi, A1 e A2, anche se è possibile affrontare l’attualità entro certi limiti, la bilancia del binomio tende fortemente a prediligere la lingua. Si è cercato di concepire OILÀ in modo da renderlo il più flessibile e adattabile possibile agli apprendenti, mantenendo il principio della loro centralità. Ciò vale anche per il livello di competenza, di fronte al quale è necessario modellare gli obiettivi, le attività e il testo da somministrare. Tuttavia, la classe ideale, per OILÀ, è costituita da apprendenti il cui livello di competenza sia compreso tra il B1 pieno e il C2, che mostrino un’alta motivazione alla conoscenza della società italiana. Si coglie l’occasione per ricordare che i seminaristi, profilo privilegiato di OILÀ, non sono coloro che a volte, in ambito glottodidattico, sono stati definiti come “religiosi”, termine con cui si indica una vastissima varietà di apprendenti, molti dei quali sono animati da motivazioni del tutto differenti nello studio della lingua italiana. Riguardo al fatto che la classe, in cui utilizzare OILÀ, sia dedicata a soli apprendenti seminaristi o sia mista dal punto di vista del profilo, non si è giunti ad una conclusione definitiva. A seguito di interviste informali, effettuate in ambito di sperimentazione con apprendenti seminaristi, sono state individuate due posizioni diametralmente opposte ed entrambe fondate su solide argomentazioni. La prima vede la necessità, espressa dagli apprendenti e non dagli insegnanti, di frequentare una classe “dedicata” per potersi meglio concentrare sui bisogni specifici. La seconda, invece, considera la presenza di apprendenti non-seminaristi come un incentivo ad un confronto costruttivo da cui trarre spunti per ulteriori sviluppi didattici ed un uso più ampio della lingua, essendo gli apprendenti animati da motivazioni diverse. Si è evinto che la prima posizione assume una decisa forza nel momento in cui gli incontri con gli studenti seminaristi sono mirati allo sviluppo delle competenze riguardanti le microlingue, i linguaggi specifici e la didattizzazione di testi sacri, che devono affrontare in relazione al corso di laurea: un atteggiamento maggiormente formale di fronte all’apprendimento; la seconda posizione acquisisce una notevole importanza quando gli apprendenti seminaristi mostrano un’apertura al confronto e alla comprensione di fenomeni che esulano dal percorso di studi formale, ma che coinvolge quell’ambito che, dal loro punto di vista, assume connotazioni “spirituali” nel rapporto con l’altro: un ambito che si discosta dalla concezione scientifica dell’insegnamento delle lingue ma che risulta comunque determinante nel processo di apprendimento dell’apprendente in questione e strettamente legato al suo bisogno di comprendere il mondo in cui andrà ad operare. Si fa notare che a volte l’insegnante e i compagni di classe sono le sole persone, al di fuori del contesto seminariale, con cui i seminaristi interagiscono e con cui costruiscono un rapporto quotidiano; ciò implica un non secondario coinvolgimento affettivo. Ci si limita a dire, come sarà meglio definito più avanti, che la sperimentazione è avvenuta in classi miste e che tale condizione ha certamente offerto la possibilità di interessanti riflessioni. Per un approfondimento delle problematiche da affrontare in classi ad abilità differenziate, definite dalla natura dei singoli apprendenti in base alla loro lingua ed etnia di origine, si rimanda al testo curato da Fabio Caon: Insegnare italiano nella classe ad abilità differenziate.

Infine, OILÀ sembra rientrare in quella tendenza sempre più diffusa e accreditata di insegnare/apprendere la lingua attraverso un sistema “integrato”, tra un tema e la lingua stessa, che in Italia riscuote molto successo; si pensi alla storia, alla letteratura, alla storia dell’arte, alla culinaria, al cinema, eccetera.

 

 

3. OILÀ: IL MODELLO E L’ORGANIZZAZIONE

Si è detto che OILÀ è un metodo che dipende dall’obiettivo che lo definisce. Se da un lato il modello organizzativo del materiale rientra nella sperimentazione, essendo strettamente legato all’obiettivo, dall’altro, il modello operativo è stato, ovviamente, tratto dai modelli noti, elaborati dai veterani della glottodidattica italiana. La scelta ricadeva naturalmente sull’Unità Didattica scandita dalle fasi proposte in varie riprese da Danesi, Freddi e Balboni, cui si può dire che la didattica dell’italiano L2 fa maggiormente riferimento. Ma, dato lo sviluppo di un’azione didattica che spesso ha avuto bisogno di riadattamenti, si è scelto come modello l’Unità di Lavoro, elaborata da Pierangela Diadori, nelle sue tre fasi: Introduzione, Svolgimento, Conclusione, che si adattano ai bisogni della sperimentazione stessa grazie alla maggiore flessibilità che offrono. Per fare un esempio, un incontro di OILÀ può avere come obiettivo immediato lo sviluppo della competenza lessicale o lo svolgimento di un “compito” da concludere in classe o a casa – si fa notare che i seminaristi, vivendo insieme, possono affrontare compiti particolari di gruppo anche fuori dall’ambiente scolastico. In questi casi, la sequenza della UD tradizionale potrebbe essere alterata, ovvero una o più fasi specifiche potrebbero essere ridimensionate o addirittura “saltate”. In questo senso, la UdL sembra adattarsi meglio alle esigenze di OILÀ. Anche il ruolo dell’insegnante, nello svolgimento delle tre fasi, non è secondario. Di fondamentale importanza, si crede sia la fase di Introduzione per infondere una forte motivazione: è qui che l’insegnante è maggiormente presente e l’uso di glottotecnologie si è mostrato molto utile, se non indispensabile. Motivare attraverso un breve filmato è divenuto una caratteristica di OILÀ per dare inizio ad un incontro didattico. Per affrontare l’organizzazione del lavoro attraverso il video, l’insegnante avrà bisogno di essere capace e aggiornato nell’uso delle tecnologie. I consigli di Paolo Torresan e Stefano Barbicinti all’interno del testo curato da Mario Cardona, Vedere per capire e parlare , sono risultati particolarmente utili, quanto il lavoro Cinema e didattica dell’italiano L2 , curato da P. Diadori e P. Micheli. La fase intermedia di Svolgimento, invece, «è in mano agli apprendenti» (Diadori 2009: 225).

Una fondamentale caratteristica operativa di OILÀ riguarda la scelta del testo, che è fortemente condizionata dal bisogno di mantenere l’attenzione su temi che rendano possibile avvicinarsi progressivamente alla lingua e al pensiero italiani. Di conseguenza, si è facilmente constatato che il manuale di riferimento proposto dall’Istituto in cui si è svolta la sperimentazione, come del resto sarebbe stato con qualsiasi altro manuale, non soddisfaceva totalmente le esigenze. Il mondo, o meglio quella parte di esso espressa in lingua italiana, con tutta la sua mole di testi prodotti senza sosta, si è rivelato la fonte di materiale didattico perfetta per l’obiettivo integrato in questione. Per “testo” si intende una qualsiasi «sequenza di discorso (orale e/o scritta) che […] diventa occasione di attività linguistica, sia come strumento sia come obiettivo, sia come prodotto sia come processo» (Consiglio d’Europa 2002: 12). È possibile affermare che OILÀ predilige particolarmente il testo autentico, sebbene la preferenza non sia avvertita come una necessità di cui non poter fare a meno. Prendendo in considerazione la possibilità di adattare i testi e constatando che la fonte di materiale è inesauribile, il lavoro dell’insegnante al di fuori dell’azione didattica vera e propria, è costituito dalla scelta accurata dei testi stessi, con l’obiettivo di costituire una sequenza di attività mirate allo sviluppo della competenza comunicativa e alla conoscenza dell’atteggiamento mentale italiano. La scelta ha bisogno di essere sostenuta dalla presenza di un’adeguata tecnologia in classe che può essere costituita da uno schermo, televisore o proiettore che sia; un lettore DVD; un computer connesso ad Internet per ascoltare, ma anche vedere, interviste, testi musicali, radio, eccetera ed eventualmente per fare ricerche direttamente in classe, in italiano.

Con questi mezzi, l’obiettivo reale di OILÀ è mettere gli apprendenti nella condizione di “imparare ad imparare”, come si è detto più volte in ambito glottodidattico, e ciò deve avvenire attraverso la concreta accettazione, da parte dell’insegnante, della veste di mediatore, che è tutt’altro che riduttiva: «Il ruolo-cardine del professore di lingue è infatti quello di un mediatore interculturale e non quello di un tecnico del codice della lingua straniera che limita il suo orizzonte alle liste di vocaboli e alle regole di morfosintassi» (Porcelli 1994: 9). L’insegnante, così, avrà come priorità assoluta la comprensione degli elementi che contraddistinguono il profilo didattico e i profili dei singoli apprendenti; dovrà avere una particolare attenzione per i caratteri culturali di coloro cui indirizzerà i testi che potrebbero avere effetti non voluti, ovvero un indesiderato innalzamento del filtro affettivo; favorirà la più alta densità comunicativa che la classe stessa consente; seguirà, nei limiti delle possibilità, le richieste e i bisogni degli apprendenti.

 

 

4. IL CONTESTO DI SPERIMENTAZIONE

La scuola presso cui si è svolta la sperimentazione è la Language in Italy che detiene il marchio Istituto Dante Alighieri, prima sede di Roma. L’Istituto è attivo da più di dieci anni e sin dai primi passi si è occupato dell’insegnamento ad apprendenti della sfera cattolica provenienti da tutto il mondo. La collocazione geografica dell’Istituto ha contribuito decisamente, come si è già detto nel precedente articolo, al consolidamento del rapporto con certi ambienti: la sede si trova su via Aurelia, adiacente alla Città del Vaticano, in una zona dove trovano domicilio numerose residenze ecclesiastiche. Tuttavia, le classi vengono formate a seguito di un “test d’ingresso” per definire il livello di competenza del singolo apprendente e sono aperte a tutti gli iscritti. Di conseguenza, le classi sono miste secondo il profilo e i seminaristi incontrano apprendenti di varia provenienza culturale, animati da motivazioni spesso molto differenti. Le classi si formano ogni mese e ciò permette ai seminaristi, che solitamente frequentano la scuola per otto o nove mesi, di incontrare nuovi compagni di classe ogni quattro settimane. I corsi sono intensivi, di quindici ore settimanali, divisi in incontri di tre ore ogni mattina, dal lunedì al venerdì. Il manuale didattico di riferimento è Progetto italiano , volumi I, II e III, di T. Marin e S. Magnelli, edizioni Edilingua.

La sperimentazione si è svolta in varie classi di livello compreso tra il B1 e il C1, anche se alcuni tentativi sono stati fatti in classi di livello A1 e A2, attraverso l’adattamento dei testi e delle tecniche somministrate. L’esempio di Unità di Lavoro esposto nel seguente paragrafo, riguarda un incontro avvenuto con una classe composta da quattro seminaristi e due apprendenti di altra provenienza: una studentessa universitaria russa e un giovane adulto brasiliano. I sei frequentavano un corso propedeutico alla certificazione B2 dell’Istituto in questione, quindi il loro livello di competenza effettivo poteva essere individuato tra il B1 e il B2. Le lingue parlate in classe erano: francese, spagnolo, tagalog, portoghese brasiliano, russo. L’incontro è durato tre ore, con una pausa intermedia di circa quindici minuti. La tecnologia utilizzata era limitata ad un laptop connesso ad Internet. Il materiale cartaceo consisteva in fotocopie del testo e delle attività somministrati. Si è chiesto esplicitamente di non utilizzare i vocabolari personali.

 

 

5. OILÀ IN CLASSE: UN ESEMPIO OPERATIVO

La scelta dei temi dell’Unità di Lavoro si è ispirata a un precedente scambio avvenuto tra l’insegnante e gli apprendenti durante il corso. Gli ultimi si chiedevano come funzionasse il gioco d’azzardo, visto che avevano notato in un bar la presenza di giochi elettronici con cui era possibile vincere del denaro e la vendita di “biglietti” con cui si poteva scoprire subito la vittoria dell’acquirente. Da questi elementi ha preso vita un dibattito che successivamente si è evoluto nella seguente UdL.

L’obiettivo dell’incontro era di sviluppare le competenze testuale, lessicale e interculturale. Non bisogna immaginare che l’obiettivo sia troppo pretenzioso poiché non si voleva che queste competenze si sviluppassero secondo aspettative eccessive. Piuttosto, sapendo che si tratta di competenze molto difficili da ampliare, si è cercato di coinvolgere gli apprendenti in attività presentate in modo quasi ludico, discostandoli dall’idea di dover ottenere dei risultati entro la fine dell’incontro. Tuttavia, si è lavorato esattamente sulle competenze citate.

L’Introduzione, che sostanzialmente coincide con la fase di Motivazione della UD, è consistita nella visione dello spot pubblicitario del SuperEnalotto , accompagnato dallo slogan “Lasciatemi sognare, sono un italiano”, disponibile in rete sul sito di YouTube . Potenzialmente, i temi da affrontare erano molteplici: il gioco d’azzardo, il rapporto con il denaro, i progetti per il futuro, la funzione della pubblicità, i giochi di parole, il discernimento nell’uso dei media , eccetera. Uno di questi sarebbe stato il filo conduttore che avrebbe condizionato la scelta del testo da somministrare durante lo Svolgimento: il gioco d'azzardo e le sue ripercussioni sulla società. La prima volta, lo spot è stato visionato senza richiedere nulla agli apprendenti, nel tentativo di effettuare una visione più rilassata possibile. Di seguito, prendendo spunto dai commenti della classe, si è cercato di elicitare tutte le conoscenze pregresse inerenti attraverso domande orali aperte, chiedendo di segnalare tutto ciò che le immagini, le parole e la musica avevano suscitato; l’insegnante riportava sulla lavagna le parole chiavi dette dagli apprendenti. La seconda visione è stata eseguita con la richiesta di prendere nota di tutto ciò che colpiva tra immagini e parole. Questa attività, che consiste nel prendere appunti da un testo audiovisivo, si evolve nel tentativo di riportare le impressioni immediate, attraverso l’associazione di aggettivi o espressioni più complesse, relative agli elementi appuntati. Si effettua fornendo un foglio diviso in due colonne: la prima colonna è dedicata alla registrazione delle persone, degli animali, degli oggetti o delle parole che colpiscono l’attenzione; nella seconda colonna, alla riga corrispondente, si prova a descrivere la sensazione che suscita l’elemento registrato attraverso un aggettivo o una piccola frase. Si tratta, in realtà, di un’attività complementare all’elicitazione, ma mentre questa è condotta oralmente e in modo immediato, la seconda è scritta e divisa in due tempi. Infine, gli apprendenti potranno leggere alla classe, a turno, le impressioni scaturite dagli elementi notati dello spot.

Il passaggio alla fase intermedia deve avvenire con la maggior fluidità possibile, per mezzo di un dialogo aperto. Alcune domande mirate possono aiutare l’introduzione del testo da somministrare, anche se è possibile che l’attività precedente instauri un confronto costruttivo con cui entrare nello Svolgimento.

Per l’occasione erano stati scelti due articoli: “Vicenza: perde tutto al videopoker, impiegata si toglie la vita”, uscito mercoledì 17 agosto 2011, sul sito de Il Giornale di Vicenza e “Vince un milione e mezzo alla lotteria, ma ora il marito ne vuole la metà”, apparso il 24 gennaio 2011 sul sito de Il Resto del Carlino. La selezione dei testi mirava ad analizzare l’effetto negativo del gioco d’azzardo e il linguaggio utilizzato per esprimerlo. Si è scelto di somministrare il secondo in base a come si era evoluto l’incontro. È stato chiesto di leggere individualmente e in silenzio; di sottolineare parole ed espressioni incomprensibili; di non utilizzare alcun tipo di vocabolario. La seconda lettura è avvenuta immediatamente dopo, per mezzo di un volontario che ha letto a voce alta. A seguito di una veloce esposizione orale delle impressioni da parte degli apprendenti, si è passati ad un’analisi più ravvicinata del testo. Si è chiesto di individuare le “cinque doppia vu” dell’articolo. Questa attività è stata pensata in relazione alla parte conclusiva dell’incontro, di cui si parlerà più avanti. L’analisi del testo è proseguita attraverso altre attività mirate alla comprensione di espressioni e termini che si pensava potessero essere nuovi o non del tutto chiari. Di solito a queste corrispondono le parti sottolineate dagli apprendenti durante la lettura silenziosa. Anche se la ricerca del significato di tali termini diventa una priorità, si dovrebbe cercare di far attendere gli apprendenti fino alla conclusione di queste attività per dichiarare esplicitamente i significati. La prima, una scelta multipla, chiedeva di segnare i sinonimi o le espressioni che definivano il significato di alcuni termini presenti nel testo, ad esempio baro, fato, edicolante, eccetera. La seconda chiedeva di individuare, in una lista disordinata, la spiegazione di alcune espressioni come: destino cinico e baro; pronunciarsi in favore; comunione dei beni, accordi prematrimoniali; eccetera. Infine, data una lista di aggettivi, si è chiesto di attribuirne alcuni ai protagonisti della vicenda narrata dall’articolo: la moglie e il marito. Quest’ultima attività propone un contatto tra i vari atteggiamenti mentali presenti in classe, quindi mette in gioco la competenza interculturale, in quanto «I giudizi di valore dati sono relativi alle culture di appartenenza […] Nasceranno senza dubbio accese discussioni in classi multiculturali […] in cui ognuno cercherà di difendere e spiegare il proprio punto di vista e di sensibilizzare gli altri su possibili reazioni diverse» (Serra Borneto 1998: 222). A questo punto, si è passati ad un’attività che lasciava la restante parte della fase di Svolgimento nelle mani degli apprendenti attraverso un’unica complessa attività, che coinvolge più tecniche: l’Intervista. I materiali necessari sono estremamente semplici: si fornisce ad ogni apprendente un foglio A4 che presenta una tabella divisa in due colonne: Domande e Risposte. Le tecniche implicate, in questo caso, sono: il Dialogo, il Roleplay, la Stesura di appunti, la Composizione scritta. Si fa notare che lo sviluppo delle abilità specifiche coinvolte da tali tecniche, rientra perfettamente nei macro-obiettivi degli apprendenti seminaristi, in quanto serviranno nella loro esperienza universitaria. Si cerca di dare la massima libertà possibile per decidere se eseguire l’intervista sotto forma di Dialogo o di Roleplay, ovvero gli apprendenti possono scegliere liberamente se essere se stessi, quindi di esporre il proprio pensiero o, nel caso dell’incontro in questione, uno dei protagonisti dell’articolo o anche un personaggio da loro inventato. In questo momento gli apprendenti possono “fare proprio” un argomento di viva attualità. La classe si divide in coppie. Se il numero di apprendenti è dispari, l’insegnante deve prendere parte al lavoro. In caso contrario, si limita a seguire a distanza le varie coppie, pronto ad intervenire se interpellato. Scelti i ruoli, si dedicano alcuni minuti all’elencazione delle domande nella rispettiva colonna; di solito, viene dato un limite di dieci domande. Tutti si impegnano ad elaborarle poiché tutti saranno intervistatori, a turno. Il “giornalista” deve appuntare le risposte dell’intervistato sul proprio foglio, nella colonna Risposte, accanto alle Domande. Concluso il primo turno, si scambiano i ruoli. L’intervistato diventa intervistatore e viceversa. Conclusa l’attività, il risultato sarà che ognuno possiede delle risposte appuntate. Ciò costituisce la base su cui sviluppare la produzione di un output nella fase di Conclusione. Nel caso dell’incontro in esame, si è chiesto di scrivere un resoconto sotto forma di articolo, del pensiero e/o delle vicende raccontate dal compagno/personaggio intervistato. Sebbene non sia stato reso esplicito in classe, l’attività della ricerca delle “cinque doppia vu” era volta al contatto con la struttura del testo da produrre. Se il tempo non è sufficiente, l’attività può essere conclusa fuori dall’orario dell’incontro.

L’Intervista è stata l’attività più sfruttata durante la sperimentazione di OILÀ. Si è dimostrata, anche se complessa, molto flessibile e di elevata accettabilità. Richiede una spiegazione chiara, qualsiasi sia il livello di competenza della classe, e soprattutto un tempo di svolgimento piuttosto prolungato. È stata utilizzata con vari scopi e in classi di livello di competenza anche inferiore. In questi casi, è stata semplificata con la presenza di alcune domande già fornite e lo scopo non era quello di prepararsi ad un output, ma, ad esempio, l’uso di particolari elementi morfosintattici. In senso opposto, si presta anche a compiti molto complessi o di “improvvisazione” linguistica, come riprodurre l’intervista sotto forma di discorso indiretto per avventurarsi nella scoperta delle regole di trasformazione.

Si è cercato, nei limiti del possibile, di mantenere sempre un filo conduttore con gli incontri successivi, per dare vita ad un continuum che accompagnasse gli apprendenti in un viaggio alla scoperta dell’atteggiamento mentale italiano. In questo caso specifico, per spiegarsi, la UdL offriva due spunti interessanti, da sviluppare successivamente: il gioco di parole dello slogan dello spot visionato in fase di Introduzione, con cui si è aperto un incontro sulla canzone in oggetto, i giochi di parole e le espressioni idiomatiche; il secondo, invece, riguardava il matrimonio e tutte le immagini, le aspettative e le problematiche che evoca nelle menti italiane.

 

 

6. CONCLUSIONI

La sperimentazione di OILÀ è stata condotta con lo scopo di constatare se gli obiettivi linguistici e comunicativi potessero essere mantenuti nonostante lo spostamento di fuoco sull’argomento integrato e il necessario ampliamento degli obiettivi del corso e quelli specifici del singolo incontro. Si vuole sottolineare che tale ampliamento non deve essere inteso come un’apertura dispersiva, ma deve mirare soprattutto alla percezione reale della complessità della lingua, la cui consapevolezza mette l’apprendente nella condizione di individuare la direzione per lo sviluppo della competenza comunicativa. La sperimentazione, sebbene non è possibile definirla conclusa, ha mostrato risultati soddisfacenti dal punto di vista dell’interesse ostentato dall’apprendente seminarista, con la sua particolare attitudine al voler scoprire e capire il modo di vivere e di pensare degli italiani. Gli incontri OILÀ si sono alternati ad incontri più tradizionali in cui ci si è concentrati su particolari riflessioni linguistiche, attraverso tecniche mirate e sullo sviluppo della competenza lessicale relativa ai linguaggi specifici delle materie universitarie. Si è constatato che gli incontri OILÀ hanno avuto la capacità di mettere a proprio agio gli apprendenti che hanno affrontato le attività con elevato gradimento. Inoltre, si pensa, entro certi limiti si è accertato, che OILÀ non si fermi solo alle esigenze di apprendenti seminaristi. Coloro che lavorano in ambienti diplomatici e internazionali, ovvero presso ambasciate, enti o fondi internazionali – FAO, IFAD, eccetera – ma anche giornalisti e altri professionisti, fino agli studenti universitari che si fermano per periodi prolungati in Italia, sono da considerare potenziali apprendenti in incontri organizzati sulla base di OILÀ, dato il forte interesse di alcuni di questi, a capire profondamente la mentalità italiana, per potersi integrare meglio nell’ambiente in cui stanno attuando il proprio progetto di vita. È chiaro che, ancora una volta, la città di Roma costituisce un luogo privilegiato dove proporre OILÀ.

Si ripete, infine, che l’Obiettivo Integrato di Lingua e Attualità si presta, in generale, all’obiettivo che coincide con la formula “imparare ad imparare”, infatti, lo scopo principale deve rimanere quello di introdurre gli apprendenti in un mondo linguisticamente complesso al quale, tuttavia, hanno accesso diretto, che sia attraverso una ricerca su Internet, la visione di un telegiornale, la lettura di una rivista, e non devono perdere mai l’opportunità di sfruttare le stesse strategie che utilizzano e sviluppano durante gli incontri didattici. Ma la vera sfida che OILÀ vorrebbe lanciare, assolutamente non come unico protagonista, piuttosto come mezzo ausiliare, è costituita dal tentativo di avvicinarsi in modo più diretto ad un reale plurilinguismo, inteso come sintesi di sé e della nuova cultura, che scaturisce dalla propria persona e non si limita alla sincretica addizione di due o più lingue.

 

 

 

 

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