Settembre 2013  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
"Le parole per dirlo". Un’esperienza di scrittura creativa in carcere di Roberta Dudan

ABSTRACT

Il titolo del nostro articolo, "Le parole per dirlo”, riprende quello di un intervento di Ornella Favero, direttrice della rivista "Ristretti orizzonti,” dedicato alla scrittura in carcere. Il saggio della Favero (2007) ha costituito il filo conduttore del laboratorio di poesia e scrittura creativa che abbiamo condotto nell’A.S. 2007-2008 presso la Casa circondariale di Treviso.

Il laboratorio ha tratto pure ispirazione dalla nostra esperienza lavorativa nel campo del giornalismo, precedente a quella scolastica.

Abbiamo cercato di aiutare i corsisti a trovare le forme comunicative più chiare ed efficaci, "le parole per dirlo” appunto, all’interno di una realtà dura come quella carceraria e in presenza di vissuti personali spesso difficili. Utili sono stati anche siti Internet specializzati, a carattere nazionale (sulla scrittura o sull’educazione degli adulti), nonché antologie scolastiche e saggi (cf. si vedano i riferimenti bibliografici e sitografici alla conclusione dell’articolo).

Trattandosi di istruzione e formazione degli adulti, è stata tenuta presente l’ordinanza del Ministero della Pubblica Istruzione n. 455 del 1997, che affida ai CTP, d’intesa con gli istituti penitenziari, lo svolgimento delle attività di educazione degli adulti nelle carceri e raccomanda particolare attenzione alle situazioni di disagio, per favorire un accrescimento culturale del recluso, partendo dalle sue risorse personali e potenzialità.

Altro riferimento è stata la "Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente”, che anche per l’adulto invita formatori e insegnanti a sviluppare nei discenti alcune competenze chiave, tra le quali quelle relative alla "comunicazione nella lingua madre”, "imparare a imparare”, "consapevolezza ed espressione culturali” e al favorire la crescita della creatività e del senso critico.

Abbiamo valutato inoltre le esigenze dei corsisti, le loro conoscenze e abilità pregresse, le loro passioni ed interessi, monitorando il percorso compiuto e valutando i passi da compiere, disponibili a cambi di rotta o di programma.

Il gruppo ha partecipato anche alla realizzazione del giornalino del CTP della scuola media "L. Coletti” di Treviso, "La voce della sera”. La proposta era quella di produrre scritti sul tema della casa e delle proprie radici. Si è trattato di una sorta di laboratorio "allargato” anche a detenuti esterni al gruppo di scrittura creativa, che per motivi di studio o per impegni precedenti non si erano potuti iscrivere. Sono riportati alcuni loro scritti, oltre a quelli di alcuni partecipanti al laboratorio di Videoforum - tenuto dalla collega Mariacristina Tronchin, con la quale abbiamo collaborato per parte dell’anno – realizzati in seguito alla visione di film e alla discussione delle tematiche emerse.

Alcuni testi sono riportati all’interno dell’articolo, altri sono riproposti in un’appendice finale.

 

 

"La possibilità di esserci, di pensare, di immaginare e di ricordare fanno parte della propria individualità e sono potenzialità di ogni persona, di ogni cittadino, quindi anche dei detenuti. Anche in carcere è – quindi – possibile creare un tempo ed uno spazio in cui ‘prendere la parola’ e coscienza della propria esistenza”

(C. Benelli, "Narrazioni e autobiografie in carcere: formazione ed autoformazione nei luoghi di detenzione”, Rivista Elettronica di Scienze Umane e Sociali, 3, 3, luglio/settembre 2005)

 

 

 

 

1. IL LABORATORIO E LE SUE FINALITÀ

L’attività è cominciata il primo ottobre 2007 e si è conclusa a fine maggio 2008. Per l’intera sua durata, si sono iscritti 15 detenuti, ma il numero di partecipanti è stato ridotto, soprattutto per ragioni legate alla vita carceraria (trasferimenti, motivi personali, alternanza con scuola o lavoro ed altro ancora). Solo un corsista è riuscito a partecipare dall’inizio alla fine; gli altri si sono avvicendati per periodi più o meno lunghi. Nel progettare il percorso di apprendimento le finalità sono state principalmente due:

 

    • aiutare i corsisti ad esprimere - tramite la scrittura - il proprio vissuto a partire dal confronto con grandi autori della letteratura e della poesia, prevalentemente (ma non solo) italiana;

    • favorire l’amore per la poesia come forma d’arte nella quale tutti possono ritrovarsi, che esprime in modo universale le tematiche, i sentimenti e i problemi dell’uomo di tutti i tempi.

 

In un primo periodo abbiamo cercato di individuare, da un lato, i bisogni formativi dei corsisti, dall’altro le competenze e gli interessi individuali. Ciò che emergeva maggiormente era la necessità di raccontare e di raccontarsi ("Narrazioni e autobiografie in carcere: formazione ed autoformazione nei luoghi di detenzione”, a cura di Caterina Benelli, dalla Rivista Elettronica di Scienze Umane e Sociali, vol. 3, n.3, luglio/settembre 2005).

 

"Nel carcere si scrive (…) per capirsi di più, per esprimere speranza e un senso di libertà che, altrimenti, non è consentito. Si scrivono lettere, diari, poesie e canzoni, come non era mai accaduto (…) La scrittura nei luoghi di reclusione è creatività che aiuta a sopravvivere e a ricercarsi uno spazio di libertà (…) E’ un viaggio per rivisitare la propria vita, dare voce a momenti belli e brutti, riscoprire la molteplicità della propria individualità ed intravedere in tutto questo una prospettiva per il futuro”

 

Il gruppo iniziale, composto di quattro persone, era piuttosto vario per quanto riguarda i livelli di partenza. C’era chi dei libri aveva fatto il proprio mestiere e conosceva molto bene la letteratura, con gusti ben definiti, e chi non aveva alcuna dimestichezza né con la scrittura né con la poesia. Tutti si sono rivelati disponibili a mettersi in gioco, portando fin dall’inizio un contributo attivo. Da subito si è creato, e successivamente consolidato, un clima di fiducia, sereno e collaborativo, aperto al confronto e allo scambio, rispettoso anche quando venivano affrontate tematiche delicate.

Per quanto riguarda i materiali utilizzati, ci siamo serviti principalmente di fotocopie da antologie e raccolte poetiche, articoli tratti da giornali e riviste, cd musicali, approfondimenti scaricati da Internet.

 

 

2. L’AVVICINAMENTO ALLA POESIA

Il laboratorio si è suddiviso in due filoni: poesia e scrittura creativa.

Si è partiti da un interrogativo: "Che cos’è la poesia?”, al quale si è cercato di rispondere. L’obiettivo principale era, in questa fase, aiutare i partecipanti a liberare la propria creatività, stimolando il desiderio di leggere poesia, favorendo nello stesso tempo la nascita di un clima positivo nel gruppo.

Abbiamo proposto, per avviare la discussione, la lettura di due liriche, una di Sandro Penna (1976) e una di Emily Dickinson (1997).

I componimenti parlano entrambi della poesia e della sua funzione, da punti di vista diversi. Penna sottolinea l’impossibilità o l’incapacità, talvolta, di esprimersi, e la solitudine che ne deriva, ma chiude con un senso di speranza: il vecchio "pieno di amore” forse rimane da solo nel freddo gennaio, ma i suoi sentimenti rimangono ricchi, sebbene ancora rinchiusi dentro di sé. La Dickinson pone invece l’accento sulla forza che la parola poetica acquista nel momento in cui viene pronunciata, non è più solo del suo autore ma trova una vita propria, viene consegnata agli altri, che potranno interpretarla, goderne e farne tesoro. Due modi diversi di sentire la poesia e di intendere la potenza della comunicazione.

 

Era un mattino di un dolce gennaio

Era un mattino di un dolce gennaio

pieno di sole. E la mia vita apparve

nel silenzio ricolma di parole.

Così non fu, perché le mie parole

furono scarse, e forse senza sole.

Ma resta nel mattino di gennaio

forse già un vecchio, ma pieno di amore.

(S. Penna)

 

Una parola è morta

Una parola è morta

quando è pronunciata,

ci dice qualcuno.

Io dico invece

che incomincia a vivere

proprio quel giorno.

(E. Dickinson)

 

In questa fase, i corsisti, di loro spontanea volontà, ci hanno fatto leggere alcuni loro scritti (lettere personali oppure indirizzate ad avvocati o ad altri professionisti che lavorano con i carcerati, riflessioni anche su temi generali). Si trattava di testi spesso complicati e con passaggi poco chiari. La caratteristica comune era la prolissità: ripetere più volte lo stesso concetto significava, per i detenuti, aumentare le possibilità di spiegarsi o di essere capiti dall’interlocutore.

Abbiamo deciso quindi di indirizzare il lavoro successivo nella direzione della sintesi, con l’obiettivo di aiutare i corsisti ad esprimersi con più chiarezza e contando maggiormente sulle proprie capacità individuali. Abbiamo condiviso con loro questo proposito, che è stato avvalorato ulteriormente dalla loro richiesta di imparare a scrivere in modo più semplice e comprensibile. Nello stesso tempo, abbiamo cercato di stimolare la creatività tramite alcuni giochi di parole: ad esempio, la creazione di acrostici o di calligrammi - poesie figurate (scrivere una poesia d’amore con le parole in forma di cuore, per esempio), partendo dalla riflessione su una lirica di Roberto Piumini (1980):

 

Per fare la poesia

Per fare la poesia

Si prende una p

come pialla, piastra, pietra;

poi si prende una o

come ombra, oro, orizzonte;

poi si prende una e

come erba, edera, esilio;

poi si prende una s

come sole, sale, silenzio;

poi si prende una i

come io, isola, Icaro;

poi si prende una a

come acqua, arancia, ala;

poi si mettono insieme

senza odio, senza noia,

senza fretta, senza rabbia,

senza malinconia,

e si fa la poesia.

(R. Piumini)

 

Questi esercizi hanno contribuito a rendere il clima del gruppo più armonioso e sereno e talvolta ad alleggerirlo: i corsisti sono stati invitati a non sentire la poesia (e la creazione poetica) come qualcosa di inaccessibile o di esclusivo per addetti ai lavori, ma come una forma espressiva alla quale ciascuno può avvicinarsi.

Discutendo con i partecipanti, inoltre, è emerso il desiderio di leggere grandi poeti, per la maggior parte italiani, per un confronto su come, nei vari periodi della storia, essi abbiano trattato i grandi temi e i grandi sentimenti dell’umanità: il dolore, l’amore, l’amicizia, la nostalgia per il proprio paese, ecc..

Dall’altro lato, ci è stato richiesto di offrire un aiuto tecnico circa il modo in cui l’autore lavora sul testo, le figure retoriche, le scelte stilistiche, il linguaggio. Sono state lette e commentate insieme – dopo un’introduzione di massima sia dell’autore che del suo contesto storico e sociale – alcune tra le più famose liriche della letteratura italiana dalle origini al Novecento (con qualche eccezione straniera). In genere abbiamo trattato più di un autore per volta (secondo un criterio cronologico), come si vede nello schema che segue.

 

Sessione

Autore

Poesia

Tema

1

Catullo

"Sirmione” (nella traduzione di S. Quasimodo)

Il paesaggio e i sentimenti che suscita

Dante Alighieri

"Tanto gentile e tanto onesta pare”

L’amore

2

Francesco d’Assisi

"Laudes creaturarum”

La natura e la spiritualità

Francesco Petrarca

"Solo e pensoso”

La solitudine

3

Lorenzo de’ Medici

"Trionfo di Bacco e Arianna”

L’incertezza esistenziale in un secolo che cambia

Torquato Tasso

"Pianto della notte”

4

Francois Rabelais

"La bottiglia”

La "forma della poesia” e come con essa ci si possa anche divertire.

Giambattista Marino

"Per la sua donna”

5

Giuseppe Parini

"La vergine cuccia”

L’impegno civile

Ugo Foscolo

"A Zacinto”

6

Giacomo Leopardi

"L’infinito”

Un confronto sulle diverse sensibilità dell’Ottocento; un’attenzione sulla disciplina che l’elaborazione di un testo poetico richiede

Giosué Carducci

"Nevicata”

Alessandro Manzoni

"Il cinque maggio”

7

Giovanni Pascoli

"L’assiuolo"

La mutata sensibilità verso l’uomo e a realtà nel Novecento; il dolore, la guerra, la fratellanza, la nostalgia, il senso della poesia anche in periodi drammatici della vita.

Giuseppe Ungaretti

"Veglia"; "San Martino del Carso”; "In memoria” , "Fratelli , "Commiato”

8

Salvatore Quasimodo

"Ed è subito sera”, "Uomo del mio tempo”, "Alle fronde dei salici”, "Dolce primavera” - traduzione dalle Georgiche di Virgilio, una traduzione da Saffo, quest’ultima confrontata con una versione di Ippolito Nievo

La traduzione di classici; il dolore e la solitudine

 

In una fase successiva, la composizione del gruppo iniziale è cambiata (in seguito a trasferimenti) e sono entrati a farne parte corsisti che non erano molto avvezzi a questa forma artistica. Per loro la poesia era qualcosa di noioso o di molto lontano nel tempo, confinata nei libri di scuola o nel dovere di imparare versi a memoria. L’obiettivo doveva essere dunque rivisto e diventava, in questo caso, quello di favorire l’avvicinamento e la rimotivazione dei detenuti alla poesia, intesa come espressione di tematiche, sentimenti e valori che appartengono a tutti. Per raggiungerlo ci siamo serviti di liriche famose di autori stranieri, in particolare componimenti d’amore contemporanei, che usano un linguaggio comune e vicino alla realtà di tutti i giorni, e abbiamo proposto l’ascolto di musica italiana d’autore, leggendo e commentando i testi in un momento successivo. Per tutti i cantautori è stato esaminato in particolare l’uso del linguaggio, curato e immediato.

Si veda a tal proposito lo schema che segue.

 

Sessione

Autore

Poesia

Tema

1

Pablo Neruda

"Ode alla vita – Lentamente muore”, "Il tuo sorriso”, "Mi piaci quando taci”, "La casa”

L’amore

Jacques Prévert

I ragazzi che si amano”, "Per te amore mio”, "Tempo perso”, "Paris at night”, "Prima colazione”, "Primo giorno”

2

Edgar Lee Masters

Alcune poesie tratte dall’Antologia di Spoon River: "La collina”, "Frank Drummer”, "Il giudice Selah Lively”, "Wendell P. Bloyd”, "Francis Turner”, "Il dottor Siegfried Iseman”, "Trainor, il farmacista”, "Dippold, l'ottico”, "Il suonatore Jones.

L’universalità delle vicende quotidiane; le verità nascoste dietro le apparenze.

 

Edgar Lee Masters/F. De André

Le stesse poesia di cui sopra rivisitate nelle canzone di De André (nella raccolta "Non al denaro non all'amore né al cielo”)

Edgar Lee Masters/F. De André

l’ "Intervista (immaginaria) a Lee Masters” scritta dalla traduttrice di Lee Masters, Fernanda Pivano, e pubblicata nelle note dell’album di Fabrizio De André.

3

Luigi Tenco

Varie

L’amore

4

Gino Paoli

Varie

L’amore

5

Vasco Rossi

Varie

L’amore

 

I corsisti, in generale, si sono lasciati coinvolgere, indubbiamente facilitati dalla presenza della musica, altro linguaggio universale che si rivolge direttamente alle emozioni e supera molte barriere emotive e culturali.

Emblematica è stata la reazione di un detenuto, il quale all’inizio trovava strane, forse troppo sdolcinate, le espressioni d’amore delle poesie di Prévert e Neruda e in seguito, rileggendo le liriche, si è talmente immedesimato da riportarne alcuni versi in una lettera alla moglie.

Come attività conclusiva di questa fase del laboratorio, abbiamo proposto la creazione di una filastrocca, come spiegato in seguito.

 

 

3. LA SCRITTURA COME SEMPLIFICAZIONE E DISCIPLINA

Imparare a scrivere con maggiore chiarezza per farsi capire e liberare la creatività, trovando "la parole per dirlo” e superando l’autoreferenzialità: ecco l’obiettivo di questa fase di lavoro, attraverso lettere, articoli, recensioni ed altro ancora.

In questa fase l’articolo di Ornella Favero "Informazione e autobiografia: le parole per dirlo”, si è rivelato uno strumento fondamentale di confronto.

Nello spiegare come la scrittura possa aiutare il detenuto a ricostruire un contatto tra il "dentro” e il fuori”, la Favero invita a trovare "le parole per dirlo”)

 

"per dire che si è in carcere, per dire il reato commesso, per scoprire, nella propria storia, qualcosa che possa essere utile agli altri”.

 

è necessario a tal proposito

 

"imparare a parlare ‘a tutti’, una strana categoria che, per chi sta in carcere, significa parlare a tutti quelli che spesso ritengono che chi ha commesso reati non abbia nemmeno diritto di parola”.

 

Per arrivare a tanto occorre una buona consapevolezza di sé, del reato commesso e delle sue conseguenze per chi lo ha subito (ma anche per i propri cari), senza trovare scusanti o alibi. È necessario, insomma, evitare, il rischio di

 

"scrivere per buttar fuori il rancore e la frustrazione accumulati dalla vita in carcere, e di finire però per non avere altri lettori che se stessi, e i propri compagni di cella”.

 

L’autoreferenzialità e la tendenza al vittimismo, cioè a sentirsi vittime (di errori della società, dell’autorità, del sistema, del proprio passato difficile) sono tentazioni di cui il detenuto che scrive deve essere consapevole. Su questo argomento, molto sentito, il dibattito nell’ambito del laboratorio è stato vivace. Scrive la Favero:

 

"L’unica regola, ossessiva direi, è che bisogna sfrondare le proprie parole da ogni vittimismo, perché chi sta in carcere non può permettersi di ‘confondere i ruoli del colpevole e della vittima’, questa è una comunicazione che non funziona, e anzi rischia di produrre sensazioni di fastidio, o qualche volta addirittura di odio nel lettore”

 

Questo modo di ragionare

 

"costringe le persone detenute a non fermarsi a una scrittura autoreferenziale, ma a tentare un percorso attento e vigile di conoscenza di sé, che gli permetta poi di ‘riprendere voce’ (…) questa è la linfa vitale: scrivere passando dall’idea dello ‘sfogo’ a quella della riflessione. Scrivere per imparare a confrontarsi”.

 

Ecco allora la parola d’ordine:

 

"ripulire, semplificare, alleggerire, lavorare quando possibile per sottrazione”.

 

Scrivere costa fatica e necessita, da un lato di approfondimenti personali, come la lettura (per questo abbiamo dedicato molto tempo alle letture poetiche), dall’altro di ordine e metodo.

 

Un esempio, di cui si è discusso a lezione, riguarda una lettera scritta da un detenuto alla propria bambina e spontaneamente condivisa nel laboratorio. Si tratta di uno scritto infarcito di emozioni forti e riferimenti personali, non filtrati (ad esempio: commenti poco gentili e destabilizzanti sulla mamma, ma anche osservazioni sulla vicenda giudiziaria del detenuto, che si presenta come vittima e che attribuisce a fattori esterni la propria responsabilità), espressi senza considerare che a leggere la lettera è una bimba di soli undici anni, che si vede mettere in discussione la figura materna e potrebbe risultarne turbata, seppure – purtroppo – già abituata a farsi carico di situazioni familiari difficili. Se ne è discusso a lungo con molta schiettezza durante gli incontri ed è emerso che ciascun detenuto deve compiere un percorso interiore verso una maggiore consapevolezza di sé; man mano che questo procede, la scrittura si fa sempre più chiara e limpida, proprio perché riflette questa evoluzione. Non è semplice e non tutti riescono. Questo detenuto ci è riuscito per esempio: sull’impulso della sua grande passione per l’arte, ha steso una recensione – commento del film "Pollock”; il risultato – nonostante alcune incertezze grammaticali e linguistiche, che abbiamo volutamente mantenuto – è interessante (allegato 5).

 

In parallelo alle letture poetiche, come già detto, si è lavorato su due tipologie di testo in particolare: la lettera e l’articolo.

Per quanto riguarda la lettera, il gruppo si è dedicato soprattutto a quelle di tipo formale; abbiamo cercato di rispondere all’esigenza di imparare a scrivere con chiarezza, senza timore di essere fraintesi. Sono stati poi presi a modello alcuni articoli di vario genere, soprattutto di cronaca, osservandone la struttura e cercando di operare sulla sintesi e sull’oggettività, intesa come un lasciare da parte i sentimenti per concentrarsi sui fatti.

Con il trascorrere del tempo, grazie alle letture e alla condivisione delle riflessioni, il clima interpersonale si è sciolto sempre di più e qualcosa nei partecipanti si è sbloccato, anche a livello creativo. Corsisti che avevano incontrato difficoltà nel redigere una semplice lettera formale hanno saputo esprimere i propri sentimenti con una chiarezza, una forza e un’immediatezza che hanno sorpreso loro stessi per primi. Lo testimonia uno scritto sull’amore, riportato nell’allegato 1, che riflette da un lato un’esperienza personale del detenuto, dall’altro la trasporta su un piano più universale e condiviso.

Gli allegati 2 e 3 riportano gli scritti che alcuni reclusi (italiani e stranieri) hanno continuato a fornirci per tutto l’anno, e pubblicati nel giornalino "La voce della sera”; l’allegato 4 è una filastrocca sul tema della casa (pubblicata anch’essa nel giornalino) che il gruppo dei frequentanti ha accettato di creare, su nostra proposta, lavorando compatto, dopo aver preso in considerazione alcune filastrocche di Lina Schwartz, Gianni Rodari ed Elio Giacone ed averne esaminato linguaggio e struttura.

L’ultimo allegato, infine (n. 6; del n. 5 abbiamo già detto in precedenza), presenta osservazioni personali, ispirate ad un film visto durante il Videoforum, ma riferite soprattutto alla propria esperienza di vita. Il corsista era poco abituato ad esprimersi per iscritto; tuttavia, nonostante le incertezze grammaticali e linguistiche, è riuscito ad esprimere una propria riflessione con parole sue, a partire dalla trama del film. Un risultato più che positivo, se si considera che si trattava per la maggior parte di persone poco avvezze alla scrittura; a nostro avviso è stato raggiunto l’obiettivo di raccontarsi, utilizzando appunto la scrittura, senza rinchiudersi nel proprio ambito autobiografico ma confrontandosi con un orizzonte di valori più vasto.

 

 

4. CONCLUSIONI

è apparso chiaro, al termine di questo iter, ciò che abbiamo presupposto all’inizio, e cioè che in carcere emerge il bisogno fondamentale di scrivere, di raccontarsi, per non perdere la propria identità, per trovare uno spazio di libertà. è questo, crediamo, il vero filo conduttore dell’intero laboratorio. Una necessità che va di pari passo con quella di leggere e approfondire, per nutrire la propria scrittura ed aprirla ad una dimensione comunicativa più ampia. Abbiamo visto confermata anche – dalle reazioni di gradimento dei corsisti – la validità della poesia come forma espressiva che aiuta le emozioni e la creatività a sbloccarsi, che esprime temi, vissuti e valori universali, nei quali ciascuno può rispecchiarsi, e per questo ci siamo impegnati affinché tutti sentissero la poesia accessibile e possibile, non un privilegio di pochi lettori colti. In questo senso, alcuni risultati ottenuti sono confortanti: qualcuno ha preso confidenza con la poesia, altri l’hanno scoperta o riscoperta, comprendendo che poteva dire qualcosa anche a loro e in questo momento storico.

Concludendo, siamo convinti che la lettura e la scrittura in carcere possano essere strumenti validi, se ben utilizzati, per aiutare il detenuto nel suo percorso personale di consapevolezza. E’ questa, infatti, la base fondamentale per una vita serena e vissuta intensamente, in una scoperta e conoscenza continua di se stessi che – è l’augurio – può e deve continuare anche al termine della detenzione.

 

 

ALLEGATI

Allegato 1

L’amore è… (L.P.)

Qualche tempo fa mi è capitato di sentire uno scontro di parole a riguardo dell’amore. Lui, che non aveva mai conosciuto l’amore, chiedeva a lei quale sensazione dava l’amore per un’altra persona, cosa avveniva dentro la persona che si innamorava.

Lei rispose che si ha come la sensazione di perdersi, in quel momento pregni di quella sensazione si diventa irrazionali, capaci di sbagliare e andare controcorrente.

Ed è proprio di quella sensazione, descritta come "perdersi”, che l’amore assume dimensioni di grandezza e particolare profondità, che l’amore diventa qualcosa di indescrivibile, difficile da spiegare e far capire.L’amore non è cosa per tutti e ancor meno per coloro che sono superficiali, penso sia cosa per pochi, come pochi sono i geni sebbene tutti abbiano un cervello, eppure pochi sono grandi campioni nello sport, anche se tutti comunque possiedono i mezzi per diventare tali, perché manca sempre qualcosa per il completamento, e l’amore è un completamento, è un suggellare di sentimenti, stati d’animo, passioni, emozioni.

Con l’amore si chiude un cerchio, c’è una formazione completa che può andare ovunque e far fare qualsiasi cosa, fino a – come detto prima – perdersi, ma non è da intendersi lo smarrirsi, per esempio, ma bensì il perdersi inteso come staccarsi da certe quotidianità di vita, realtà, programmi ben definiti, azioni razionali, cose scontate.

In quel momento perdersi è come il decollo di un aereo, che si stacca dal livello della terra per andare verso un altro livello, che lascia la sua base, la sua sicurezza e si permette di sconfiggere alcune leggi come quelle gravitazionali, perché ha la forza, il motore giusto, ha sviluppato una combustione derivante da una particolare combinazione, una miscela unica che lo proietta dove nessuno ha mai osato prima.

L’amore è… le mani di lei nelle tue, nel bel mezzo di un incrocio, dove macchine impazzite sfrecciano avanti e indietro, corrono, si fermano, hanno fretta, il clacson suona, ci sono un sacco di rumori, poi scende il sole e tu sei ancora lì con le mani di lei nelle tue e il bagliore dei suoi occhi, indifferente della miriade di luci artificiali che ora si sono aggiunte allo sfrecciare, fermarsi, suonare clacson, fare ancora rumore dei soliti mezzi. Niente ti distrae perché un cerchio si è formato, la combinazione perfetta ti fa da barriera, ti protegge come una madre protegge il proprio bimbo appena nato.

L’amore è tutto ciò, proprio come un bimbo appena nato si muove sbattendo di qua e di là, con la sua innocenza, difficoltà a muovere i primi passi perché è giovane, si stupisce e meraviglia per tutto, ha curiosità, desiderio di andare ovunque senza domandarsi e porsi tanti perché, tutto per lui è magnificenza, bellezza, splendore.

E ancora come un bimbo cade a terra e si fa male, "non è niente non fa male” gli si dice al bimbo, e lui ci crede perché è un bimbo innocente e si rialza asciugandosi le lacrime, ci crede lui. Così l’amore, l’amore vero crede a tutto, riesce ad andare oltre la caduta, il male, la sofferenza, perché come un bimbo ha l’innocenza, si asciuga le lacrime, ti abbraccia e guarda oltre.

 

Allegato 2

Anni ’80 Turcios Maria (E.T.)

Il sole comparve all’improvviso illuminando tutta la stanza. Sì, Maria questa volta se lo sentiva, la casa era quella giusta.

Turcios Maria Dionicia fu così sorpresa dallo sfolgorio sguincio che per poco la pianta che stava faticosamente trasportando non le cadde dalle mani. Faceva caldo quel giorno, era piena estate e Maria stava grondando di sudore; era stanca di andare su e giù per le scale con scatoloni, ma felice di aver finalmente raggiunto l’adorata sorella Yolanda a Panama.

Si sentiva come una farfalla appena nata, finalmente libera di poter volare, finalmente libera di poter decidere della sua vita. Voleva dimenticare il suo passato, voleva e si sentiva ora capace di ricominciare una nuova vita. Niente da dire sulla casa, era bellissima, dava sul mare, aveva il piano terra dove abitava don Plazer, il titolare della casa e dell’hotel dove Yolanda lavorava come cameriera ai piani, e un primo piano con due ampie camere e un soggiorno cottura piccolo ma confortevole. Dalla cucina uscì sul balcone e tutt’intorno vedeva casolari e palazzoni tutti di nuova costruzione, in fondo il mare pieno di barconi merci che andavano chissà dove.

Aprendo una scatola le capitò tra le mani una foto tessera dei suoi angeli, Edoardo di due anni e Ever di quattro. Erano lì che sorridevano sempre assieme, sempre allegri; non li vedeva ormai da un mese e chissà quanto tempo sarebbe passato prima di poterli riabbracciare, ricordava il periodo buio dei suoi ultimi cinque anni come un totale disastro. A casa da sua madre non ci voleva più tornare, era stanca di sentirsi dire ogni giorno "Te l’avevo detto, se solo mi avessi ascoltata”. Sì, perché Maria a soli 19 anni si trovava già con due figli e tutt’e due avuti da padri diversi, dai quali era si era dovuta allontanare perché in verità non l’amavano ma la facevano solo soffrire.

Luce, pulizia, aria e colore, ecco di cosa aveva bisogno ora. In Honduras ci sarebbe tornata solo per loro, solo per riprendere i suoi figli. La sua vita, la sua casa ora era questa. (E.T.)

 

Allegato 3

Lo schiaffo (Umberto Volpato)

Un suono che raccoglie la sua eco sin nella notte dei tempi.

Io penso non vi sia terminologia che possa riportare fedelmente e totalmente il significato di quanto vissuto qualche giorno fa.

Accanto a me e mia moglie sedeva un’altra coppia più o meno coetanea. Un fulmine a ciel sereno! Un sibilo annunciò il tremendo schiocco di una mano vigorosa che impattava sulla morbida guancia.

Uno schiaffo terribile! dato alla propria compagna. Il mio cuore e quello di mia moglie, all’unisono, si arrestarono per pochi secondi. Attimi che ci sembrarono un’eternità.

Io, in quello "spazio temporale”, rivissi i maltrattamenti che mia moglie subì prima di conoscermi e che, in questi anni di vita insieme, mi ha confidato con sacrificio e sofferenza: immensi!

Un tale gesto, nel suo sfogo istintivo, si ripercuote sino alle radici dell’essere umano. Come se i millenni di vita terrena si potessero rappresentare con un filo teso, le cui estremità fossero: una ancorata all’origine e l’altra tenuta in tensione dal quotidiano procedere dell’esistenza.

Tale filo, se percosso nella "nostra estremità”, ci consegnerebbe il rinvio delle nostre origini, carico di quanto è costituito l’archetipo dell’essere umano.

Una società che anela ad una vera "civiltà” non può prescindere dall’ascolto di un sì gravido rinvio, senza vergognarsi dell’abituale indifferenza cui siamo soggetti assistere.

Mi si stringe il cuore, sino a farlo sanguinare, al solo pensare che, in ogni momento, milioni di persone usano violenza contro quelle più deboli, per sentirsi più forti. Non capendo che, questa, è la peggior debolezza.

 

Allegato 4

Casa casetta (lavoro collettivo)

Casa casetta

bella e perfetta?

No, non sia mai,

sarebbero guai!

Voglio vederti

sempre vivace,

senza momenti

di vera pace...

...fin dal mattino

quando il postino,

che furbacchione,

bussa al portone,

e il cagnolino,

gran birichino,

fa il mattacchione

con confusione.

A mezzogiorno

molti parenti

guardano il forno

tutti contenti.

Piatti fumanti,

dolci fragranti:

che bel vedere,

che allegria

mangiare e bere

in compagnia!

Dopo le tre

ora del té;

la vita è bella

e va gustata

con nutella

e marmellata.

Ma passa il tempo

ed oramai

su, tutti dentro

o sono guai!

Attento e sveglio

studia che è meglio.

Quante materie

da ricordare,

belle e serie

da imparare.

Ciò che ti resta

è una gran festa,

studia di lena

fino alla cena!

Ecco la sera

calma, sincera

e nel lettone

no confusione!

Qui trovi pace,

bimbo vivace,

e sogni di già

mamma e papà.

Casa casetta,

bella e perfetta!

Sei nel mio cuore

con tanto amore.

 

Allegato 5

Recensione del film "Pollock” (G. F.)

Pollock è un artista americano della pittura contemporanea del ‘900, di personalità estroversa, con disturbi psicologici, ma soprattutto dipendenza dall’alcol, penso come la maggior parte degli artisti. La sua era l’arte di dipingere, di esprimersi, di buttar fuori qualcosa che teneva in se stesso, un’arte di pittura che in quei tempi era difficile da comprendere e valutare. Inizialmente abitava in un piccolo quartiere di New York, i dipinti rappresentavano figure astratte, colori, blu, bianco, nero, giallo. Conobbe una pittrice, la quale successivamente diventò sua moglie, la sua tecnica di dipingere era originale, adoperando vernici, smalti, stecchi, penne, stendendo le tele sul pavimento, persino buttando giù le pareti del piccolo appartamento. I quadri sono stati valutati da un critico, Peggy Guggenheim, accettati, compresi, proponendo 150 dollari mensili, se continuava a dipingere, con un aiuto finanziario. Fu inaugurata una galleria, i dipinti furono all’inizio non compresi da tutti e criticati. Dalla città Pollock e la moglie si trasferirono in una casa di campagna, in cui un vecchio magazzino diventò il suo laboratorio. Faceva colare il colore con precisione, senza un attimo di tregua. Stese una lunga tela nel magazzino oscuro in cui penetravano i raggi del sole dalle fessure. Prima di iniziare l’opera, rifletté una settimana. Scontroso con sua moglie per l’effetto dell’alcol, ebbe un grosso successo, pubblicità, articoli. Fu filmato mentre dipingeva, mandò il matrimonio in frantumi, avendo un’amante, nonostante una moglie che l’aiutò nel suo successo, lo comprese e lo apprezzò per la sua personalità. Morì molto giovane, a quarantaquattro anni, in un incidente stradale. Dal mio punto di vista apprezzo molto il genere di pittura in quanto dipingo anch’io, è un qualcosa che senti dentro te stesso, che descrivi, che dipingi vedendo le cose in un modo nuovo, ogni pennellata che dai ha un suo significato, un suo ricordo, un futuro, un presente, per riuscire a interpretare questa pittura e conoscere la personalità dell’artista, osservando ogni piccola pennellata. Una sua opera, la n. 5, fu stimata nel 2006 centoquarantamila dollari, una quotazione tra le più elevate del mondo.

 

Allegato 6

Un commento personale di M.Z. al film "Tideland il mondo capovolto”

Pur riconoscendomi per vari episodi espressi nel film che ho visto, non ricordo di essere mai venuto a conoscenza di scene di disagio simili. Analizzando le immagini viste, penso che nella realtà d’oggi una situazione così si potrebbe immaginare solo all’interno di una favola, perché una famiglia composta dai genitori, entrambi tossicodipendenti in fase più che avanzata, a mio parere, ma anche da una figlia di circa 10 anni che sembra sia costretta lei a prendersi cura di loro, è una famiglia che non c’è. La bambina rimane subito orfana della madre e il padre, senza un minimo di lucidità, decide di dare una degna sepoltura alla povera disgraziata appiccando il fuoco al letto dove giaceva la moglie appena morta di overdose. Si vuole togliere di mezzo da qualsiasi responsabilità, ma viene persuaso dalla figlia a non farlo, la bambina scappa subito con il padre mettendosi in viaggio verso l’abitazione dove lui abitava da giovane, con la convinzione di dare una svolta al passato, cosa non riuscita perché poco dopo anche lui finisce tragicamente di vivere per mezzo di un’overdose. La figlia rimane praticamente sola o quasi, solo con l’appoggio di giochi e fantasie che nella sua infanzia si era creata, e poi conosce altri personaggi in quel luogo e riesce a sopperire al dolore trasformando tutto come fosse un gioco. Penso che situazioni del genere che abbiamo visto appartengano a certe realtà di vita, soprattutto quando ci si trovi davanti a particolari disagi, ma pur avendo esperienze vissute realmente di tossicodipendenza, e avendo una compagna, cioè sono inserito in un contesto famigliare con figli, certi principi di vita e senso di responsabilità non possono venir meno anche se questo rimane comunque un discorso del tutto personale e quindi soggettivo, frutto comunque di sensi di logica.

 

 

BIBLIOGRAFIA

BENELLI C., 2005, "Narrazioni e autobiografie in carcere: formazione ed autoformazione nei luoghi di detenzione”, Rivista Elettronica di Scienze Umane e Sociali, 3, 3.

FAVERO O., 2007, "Informazione e autobiografia: le parole per dirlo”, Ristretti orizzonti, 9, 3, 29 – 34.

DICKINSON E., 1997, Tutte le poesie, trad. di S. Raffo, Mondadori, Milano.

PENNA S., 1976, Stranezze, Garzanti, Milano.

PIUMINI R., 1980, Io mi ricordo quieto patato, Nuove Edizioni Romane, Roma.

 

 

SITOGRAFIA

< www.ristretti.it >

Fonte imprescindibile per chi desidera approfondire la conoscenza del mondo carcerario. Informazioni, date, documentazione, l’archivio della rivista "Ristretti Orizzonti” nella cui redazione lavorano giornalisti e detenuti del carcere di Padova: questo e molto altro si trova in uno dei siti più completi del settore.

 

< www.retectp.it >

E’ un sito dell’IRRSAE Piemonte, in collaborazione con CSEA, prezioso strumento per coloro che operano nei CTP. è utile per raccogliere e condividere dati, informazioni e contributi sull’educazione degli adulti, per socializzare le esperienze realizzate nei CTP, e più in generale nel campo dell’educazione permanente, in ambito regionale e nazionale.

 

< www.scritturacreativa.com>

è un sito sulla scrittura creativa, realizzato dal giornalista, scrittore e insegnante Luca Lorenzetti; contiene spunti di riflessione e confronto, ma anche interviste ad autori e molte informazioni su corsi ed eventi del settore.

 

< www.altrascuola.it >

è uno spazio di informazione e formazione sull'uso delle nuove tecnologie dedicato agli insegnanti e agli studenti, ricco di segnalazioni ragionate e materiali selezionati, e con il contributo di un gruppo di esperti a diretto contatto con gli insegnanti, per una "cultura didattica" avanzata, legata alla cooperazione e alla costruzione delle conoscenze.

 

< www.mestierediscrivere.com >

è una miniera di articoli, consigli pratici, esempi e tanti link per tutti coloro che si occupano di scrittura professionale.

 

<www.interruzioni.com/scrivere>

Vengono offerte informazioni su corsi ed iniziative legati alla scrittura creativa in Italia.

 

< http://scuolaworld.provincia.padova.it/pierobon/ctp/esperienze.htm >

Sono documentate alcune esperienze didattiche di scrittura creativa tenute da un docente del CTP scuola media "L. Pierobon” di Cittadella (PD).

 

< www.latelanera.com/scritturacreativa/ >

Lezioni e consigli, corsi e concorsi (anche on line) a livello nazionale, un forum ed altro ancora è quanto viene proposto da queste pagine.

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