Giugno 2009  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
La stratificazione delle attività come strategia didattica nel laboratorio di italiano L2 di Lara Turetta

ABSTRACT

Il presente contributo costituisce una sintesi del percorso di laboratorio di italiano L2 da noi realizzato per la Tesi di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, presso l’Università di Padova. Dopo una breve contestualizzazione, verranno illustrate le scelte progettuali, presentate a consuntivo, in quanto molti elementi di rilievo sono emersi in itinere. Si focalizzerà l’attenzione in modo particolare sulla stratificazione delle attività come strategia didattica per far fronte all’eterogeneità che spesso caratterizza i laboratori di italiano L2. Infine, verranno presentate alcune riflessioni su aspetti della ricerca considerati significativi e verrà delineata una proposta operativa in merito alla stratificazione.

 

 

 

1. LA RILEVAZIONE DELLA SITUAZIONE DI PARTENZA

Il laboratorio di italiano L2 si è svolto nella scuola primaria di Pontelongo (in provincia di Padova), dove l’incidenza di alunni stranieri risulta particolarmente elevata. Nell’a.s. 2007/2008, in cui è stato attuato il laboratorio, gli alunni stranieri rappresentavano il 20% del totale, la maggioranza dei quali provenienti dal Marocco, dall’Albania, dalla Cina, dalla Bosnia e dalla Romania.

Il laboratorio si è tenuto da metà ottobre a metà dicembre per un totale di 15 incontri, distribuiti in 2 incontri settimanali di 2 ore ciascuno.

Per rilevare le competenze in entrata degli alunni inizialmente sono stati effettuati dei colloqui con le insegnanti. Sono stati scelti i bambini che più mostravano difficoltà ad esprimersi di fronte al gruppo classe e che necessitavano di un lavoro specifico soprattutto sulla lingua della comunicazione.

Dopodiché si è proceduti con:

 

  • la compilazione, da parte degli insegnanti, di una scheda di rilevazione del comportamento linguistico e relazionale degli alunni, tratta e adattata da un contributo di Della Puppa (reperibile nel sito http://venus.unive.it/aliasve) al fine di elaborare, per ogni alunno, una carta d’identità socio-linguistica (Santipolo, 2006: 18-20);

  • registrazioni di task comunicativi, ovvero produzioni orali rispetto ad obiettivi comunicativi, per rilevare il livello dell’interlingua di ciascun alunno. Le prove, reperibili nel sito http://www.nebrhijos.com/processability/index.htm, sono state scelte in base alle strutture linguistiche che ci interessava elicitare e tenendo conto di quelle che potevano essere maggiormente accattivanti per bambini di scuola primaria;

  • la compilazione, da parte della ricercatrice, di griglie di analisi dell’interlingua (Pallotti 2005) sulla base delle registrazioni effettuate;

 

I dati raccolti hanno permesso di elaborare una valutazione accurata della situazione di partenza dei protagonisti del laboratorio, ovvero otto alunni di nazionalità diverse dalla classe II alla V, tra i quali è emerso un quadro di forte eterogeneità: un bambino si esprimeva in una varietà dell’interlingua pre-basica, un’alunna si trovava tra il livello iniziale e intermedio, alcuni si collocavano ad un livello intermedio mentre altri ancora si trovavano tra il livello intermedio e avanzato. Vi erano inoltre differenze dal punto di vista della fluenza e dell’efficacia comunicativa, della capacità di effettuare determinate operazioni cognitive e di riflettere sulla lingua, aspetti questi ultimi legati molto alle differenze di età.

 

 

2. OBIETTIVI GENERALI

In base a quanto rilevato nella valutazione iniziale, si è ritenuto opportuno privilegiare la dimensione dell’oralità a quella della scrittura, puntando quindi sullo sviluppo dell’abilità di ascolto, della produzione orale e del dialogare, per:

 

  • favorire l’acquisizione, lo sviluppo e, per gli alunni di livello linguistico più avanzato, il consolidamento delle BICS, ovvero le competenze comunicative di base (Cummins 1986);

  • rispettare il principio della priorità delle abilità ricettive su quelle produttive e integrate, e dunque un accostamento alla lingua che si basa inizialmente sull’ascolto, lasciando che la produzione orale ed il dialogare vengano tentati dall’allievo solo quando si sente sicuro (Balboni 20072: 21);

  • proporre loro un contesto “protetto”, il piccolo gruppo, in cui potersi esprimere con maggiore frequenza e serenità rispetto al gruppo classe.

 

Non meno importante è stata l’attenzione alla creazione di un clima relazionale positivo e alla dimensione interculturale, intesa sia come “apertura” rispetto a determinate tematiche (le abitudini alimentari, la diversità delle lingue, ecc.), sia come riconoscimento e valorizzazione della L1, dei vissuti e delle rappresentazioni del mondo dei bambini, al fine di costruire “un terreno comune in cui potersi riconoscere” (Della Puppa, in Caon 2006: 209).

Per quanto riguarda la dimensione glottodidattica, si è cercato di favorire lo sviluppo sia della competenza comunicativa che di quella matetica (Balboni 1994:33-36), portando i bambini a riflettere, a seconda del proprio livello linguistico e dell’età, sulle proprie modalità relazionali, sui meccanismi di funzionamento di alcune strutture linguistiche individuate, sui contenuti (cos’ho imparato), sugli aspetti procedurali (come ho imparato), motivazionali (cosa mi è piaciuto oppure no e perché) e metacognitivi (perché ho imparato, cosa preferisco imparare).

 

 

 

3. SCELTE METODOLOGICHE

 

3.1. L’ORGANIZZAZIONE INTERNA

Per permettere ai bambini di riconoscere il laboratorio come luogo di apprendimento inserito nel contesto scuola, con i suoi tempi e le sue regole da rispettare, e per favorirne allo stesso tempo un’organizzazione e una gestione più efficace, si è ritenuto opportuno inserire alcune consuetudini tipiche della vita scolastica: la ricercatrice è stata presentata dalle insegnanti agli alunni come insegnante lei stessa, ad ogni incontro veniva compilato un registro delle presenze e le lezioni si sono tenute sempre nella stessa aula, in modo che i bambini potessero “appropriarsi” di quello spazio e percepirlo come loro.

 

 

3.2. LA DIFFERENZIAZIONE

La differenziazione (D’Annunzio, Della Puppa, in Caon 2006: 147) risponde alla necessità di tenere in considerazione le diverse personalità e intelligenze degli alunni, l’attitudine di ciascuno per l’apprendimento delle lingue, la motivazione allo studio, diversa da persona a persona, lo sviluppo cognitivo, gli stili cognitivi e di apprendimento e il contesto socio-culturale di appartenenza (Caon 2006: 11-17).

Nel laboratorio la differenziazione è stata attuata rispetto:

 

  • alle metodologie e strategie didattiche (metodologia ludica, lavoro individuale, in coppia, ecc.);

  • alle tecniche didattiche;

  • alla tipologia di task, alternando attività orali, scritte, di manipolazione, di disegno, ecc.

  • ai ritmi di gestione della lezione e all’organizzazione spaziale nell’aula.

 

 

 

3.3. LA STRATIFICAZIONE

II concetto di stratificazione (D’Annunzio, Della Puppa 2006: 147-148) si riferisce in generale alla possibilità di procedere in classe proponendo attività, compiti o esercizi organizzati a strati, che vanno dal più semplice al più complesso ma che possono essere utilizzati simultaneamente in classe, spesso in un’unica scheda di attività o compiti da svolgere. Gli strati, costruiti ad hoc dal docente, possono corrispondere a diversi gradi di accessibilità ad un testo o ad un significato, ma possono anche costituire interessanti “aperture laterali” in direzione della personalizzazione.

Più fattori interrelati ci permettono di definire la complessità di un compito. Tali fattori riguardano in parte l’input, in parte l’output e in buona misura anche lo studente con le sue competenze, la sua preparazione e le sue abilità. I fattori di complessità del compito, di cui abbiamo tenuto conto per stratificare le attività nel laboratorio, sono riconducibili al contesto, al testo o al compito stesso (Coonan 2002: 181-182).

Per quanto riguarda il percorso di laboratorio si è operato in tre direzioni, stratificando i contenuti, in particolare gli esponenti linguistici previsti in produzione, i compiti e le tecniche didattiche (per una chiarificazione a riguardo si vedano i §§ 5.1. e 7.4).

 

3.4. L’ASPETTO NARRATIVO

La narrazione è la modalità cognitiva privilegiata attraverso cui i bambini strutturano l’esperienza e gli scambi con il mondo e che permette di rendere comprensibile e comunicabile l’esperienza umana (Levorato 2000: 37-44). Vista l’importanza che l’aspetto narrativo assume in questa prospettiva, si è scelto di far “tessere” il filo conduttore del laboratorio ad un personaggio fantastico: Zippi, un piccolo mostro, che all’inizio di ogni unità “spediva” una lettera ai bambini del laboratorio, letta al gruppo dalla ricercatrice. Ricorrere al genere narrativo ci ha permesso di:

 

  • veicolare i contenuti con una modalità particolarmente motivante;

  • consentire ai bambini di avvicinarsi all’altro, al “diverso”, identificandosi in uno dei personaggi diversi per eccellenza - il mostro appunto- ma per molti versi simile a noi, favorendo così un confronto sul piano interculturale.

 

 

 

3.5. LA GLOTTODIDATTICA LUDICA

Le attività sono state presentate secondo i principi della glottodidattica ludica (Caon, Rutka 2004). Si è cercato di variarne molto la proposta, per venire incontro alle diversità degli alunni in termini di stili cognitivi, preferenze per certe modalità di lavoro piuttosto che altre, ecc. Inoltre, si è cercato di bilanciare competizione e cooperazione per il raggiungimento di un obiettivo comune, attraverso attività in coppia, in piccolo gruppo e di squadra, dando particolarmente spazio alla socializzazione. Anche le attività individuali sono state proposte ai bambini in forma ludica, o perlomeno piacevole e diversa rispetto agli esercizi svolti abitualmente in classe.

 

 

4. UNA RETE DI UNITÀ DI APPRENDIMENTO

Il percorso si è snodato in una rete di nove unità di apprendimento, relative ad ambiti lessicali e contesti vicini all’esperienza dei bambini, quali le regole del laboratorio, il corpo umano, gli animali, il cibo, alcuni ambienti naturali, lo sport, le sensazioni di benessere e malessere fisico e le emozioni. Il tutto si è concluso con un incontro di riflessione sul percorso svolto. Alcune unità si sono sviluppate in più incontri e ciascuna è stata strutturata, riprendendo lo schema proposto da Balboni (2002: 100-102), nel modo seguente:

 

  • Globalità. Per favorire l’interazione tra i bambini e far emergere i loro concetti ogni unità si apriva con un input orale rivolto a tutti: la lettura di una lettera scritta dal personaggio fantastico, la visione di un pezzo di un film d’animazione o l’osservazione di alcune immagini, attività spesso precedute da brainstorming finalizzati ad attivare l’expectancy grammar (Balboni 20072: 18-21) ed elicitare le preconoscenze. Dopodiché si cercava di verificare la comprensione globale attraverso attività quali schede di ascolto o giochi in squadra.

  • Analisi e sintesi. In queste due fasi, caratterizzanti il focus di ogni unità, si sono alternati momenti di lavoro individuale, in coppia e in piccolo gruppo per l’analisi, la fissazione e il reimpiego delle strutture linguistiche e del lessico “attivati” nella fase di globalità, attraverso lo svolgimento di attività di tipo ludico (giochi comunicativi e a indovinare, interviste reciproche…) e utilizzando diverse tecniche didattiche (transcodificazione, costruzione di grafici e tabelle, associazione tra parole e immagini, esercizi di completamento, incastro delle battute di dialoghi…), a seconda degli obiettivi dell’unità. Inoltre, a differenza della fase precedente, si è spesso attuata una stratificazione delle attività, per consentire ad ognuno di elaborare gli input a seconda delle proprie competenze.

  • Riflessione. Vi sono stati momenti di riflessione sia collettivi che individuali rispetto al percorso didattico compiuto, agli aspetti affettivo-motivazionali, relazionali, contenutistici e procedurali. La riflessione prettamente linguistica invece, data la forte eterogeneità presente in classe, raramente si è potuta attuare a livello collettivo.

 

 

5. IL SILLABO

La specificazione dei contenuti è avvenuta attraverso la costruzione di un sillabo ibrido, contenente:

 

  • le funzioni comunicative;

  • gli atti comunicativi relativi alle diverse funzioni;

  • gli esponenti linguistici per ciascun atto comunicativo, declinati rispetto alla ricezione e alla produzione e stratificati per livelli linguistici;

  • riferimenti al lessico;

  • i verbi, intesi dal punto di vista lessicale.

 

Lo schema della struttura del sillabo utilizzato può fornire una chiarificazione a riguardo:

 

FUNZIONE:

ATTI COMUNICATIVI

ESPONENTI LINGUISTICI

LESSICO

VERBI

VINCOLI

IN RICEZIONE

IN PRODUZIONE

 

 

 

 

 

 

 

Tab. 1. Griglia per la strutturazione del sillabo

 

Nella colonna relativa ai “vincoli” si è esplicitato l’uso effettivo che si sarebbe fatto rispetto ad alcune strutture (l’uso solo di alcune persone o tempi di un verbo, ecc.) in base ai diversi livelli linguistici.

 

 

5.1. FUNZIONI, ATTI COMUNICATIVI ED ESPONENTI LINGUISTICI

Facendo riferimento all’approccio nozionale-funzionale (Balboni 2002: 238-239), nella comunicazione si possono individuare sei funzioni che si perseguono quando si usa la lingua per agire sul contesto: personale, interpersonale, regolativo-strumentale, referenziale, poetico-immaginativa e metalinguistica (Balboni 1994: 41-44). Ogni funzione si realizza attraverso atti comunicativi che, a loro volta, si concretizzano in diversi esponenti linguistici: ad esempio, l’atto del salutare si realizza con espressioni come “buongiorno”, “ciao”, ecc. a seconda dei vari registri.

Rispetto al percorso di laboratorio, le funzioni sono state “distribuite” nei vari incontri, alcune sono dunque state riprese più volte. La scelta delle funzioni e degli ambiti semantici o situazioni a cui sono state applicate, così come la loro sequenza, è stata per certi versi fittizia, in quanto nella comunicazione esse sono presenti contemporaneamente, anche se, ad esempio, l’esprimersi rispetto alle proprie emozioni è stato posto alla fine del percorso, perché è una argomento abbastanza complesso dal punto di vista linguistico e presuppone che si sia instaurato un certo rapporto tra insegnante e bambini. Si è cercato di focalizzare l’attenzione sugli atti comunicativi ritenuti adeguati all’età e alle caratteristiche dei bambini e affrontabili nel tempo a nostra disposizione, riportati sinteticamente nel seguente schema (un adattamento da Balboni 1994: 44):

 


FUNZIONI

ATTI COMUNICATIVI

Personale

  • Esprimere i propri gusti e preferenze (rispetto al cibo, allo sport…).

  • Esprimere il proprio stato fisico.

  • Esprimere le proprie emozioni.

Interpersonale

  • Salutare (in contesti informali).

  • Congedarsi (in contesti informali).

  • Ringraziare.

  • Dialogare rispetto allo stato di salute e alle emozioni.

Regolativo-Strumentale

  • Ricevere istruzioni.

Referenziale

  • Descrive­re (una persona, il cibo, un animale…).

Poetico-Immaginativa

  • Descrivere personaggi immaginari.

Metalinguistica

  • Formulare perifrasi.


 

Tab. 2 Funzioni e atti comunicativi del percorso.

 

Una volta scelta una funzione (ad esempio la funzione personale), l’atto comunicativo relativo (esprimere le proprie preferenze) e l’ambito semantico/situazione/contesto a cui applicarlo (lo sport), ci si è chiesti:

 

  • Quali espressioni linguistiche realizzano quel particolare atto comunicativo, applicato all’ambito semantico/situazione/contesto scelto? Per rispondere alla domanda è importante partire dai bisogni comunicativi degli alunni, prendendo in considerazione la loro età, il livello linguistico, e pensando a quali espressioni potrebbero risultare per loro significative dal punto di vista comunicativo (mi piace X, non mi piace X, il mio sport preferito è X… e non lo sport che più amo praticare è X).

  • Come stratificare gli esponenti linguistici? Nella programmazione di un percorso di insegnamento di italiano L2 è importante riflettere sulla distinzione tra lessico ricettivo e produttivo, in quanto il divario tra i due livelli è solitamente molto grande. Può infatti risultare difficile riuscire a produrre un certo lessico anche se a livello ricettivo lo si comprende, dal momento che il significato di certe parole o espressioni può essere inferito da aspetti paralinguistici, dal contesto, dalle immagini, ecc. (Balboni 20072: 19). Si è quindi ritenuto opportuno stratificare gli esponenti linguistici rispetto alla produzione, avvalendosi delle griglie di analisi dell’interlingua elaborate nella valutazione iniziale.

 

Ci preme sottolineare come il sillabo sia stato più volte modificato e ridefinito in itinere, poiché una parte consistente del lessico emerge dagli alunni stessi, dalla piega che prendono certe attività e dalle curiosità poste dai bambini. Esso è risultato particolarmente utile nella preparazione dei materiali utilizzati come input iniziale (ad esempio le lettere “scritte” dal personaggio fantastico) e delle attività stratificate.

 

 

5.2. IL LESSICO

Un obiettivo importante del percorso è stato l’arricchimento del lessico, il quale è stato presentato secondo le indicazioni del Lexical Approach, proposta didattica che attribuisce al lessico un ruolo centrale rispetto alla grammatica (Porcelli 2003).

Poiché ci si è focalizzati soprattutto sulla lingua della comunicazione, si è ritenuto opportuno proporre ai bambini testi con una tipologia di lessico il più simile possibile a quello parlato nelle situazioni quotidiane.

Gli ambiti semantici affrontati non sono stati intesi come compartimenti stagni a sé stanti, poiché spesso uno rimandava all’altro (l’ambito dello sport richiamava le parti del corpo, ecc.); si è infatti cercato di creare il più possibile circolarità delle conoscenze, riprendendo ciclicamente lessico e strutture durante tutto il percorso, al fine di consentirne una migliore acquisizione da parte degli alunni.

 

 

6. LA VALUTAZIONE

La valutazione nel laboratorio è stata un elemento costitutivo e ricorsivo. Oltre alla valutazione iniziale, di cui detto in precedenza, si è cercato di monitorare costantemente i progressi e le difficoltà degli alunni, attraverso osservazioni spontanee, in retrospettiva (tramite videoregistrazioni) e analizzando alcune produzioni orali degli alunni. Le verifiche si sono svolte attraverso modalità ludiche, coerenti con la metodologia adottata, e ci si è focalizzati su aspetti quali l’ascolto e la comprensione orale, la produzione orale, l’acquisizione delle strutture linguistiche e del lessico previsti (attraverso giochi collettivi con domande stratificate per livelli), la partecipazione alle attività, le modalità relazionali e la capacità di riflettere sulla lingua. Si è avuta inoltre una verifica finale per valutare l’acquisizione delle principali strutture linguistiche e del lessico affrontati, differenziata per livelli ed effettuata attraverso modalità ludiche.

Per la valutazione del laboratorio si è tenuto conto delle considerazioni espresse dai bambini nei momenti di riflessione e di quanto emergeva dai colloqui con le insegnanti rispetto ad eventuali transfer di competenze, abilità o atteggiamenti dal laboratorio alla classe.

 

 

7. ASPETTI SIGNIFICATIVI DELLA RICERCA

 

7.1. MOTIVAZIONE E GLOTTODIDATTICA LUDICA

In generale si è rilevato nei bambini un elevato coinvolgimento nello svolgere le attività in tale forma. Tuttavia, in base alla osservazioni effettuate, riteniamo importante fare alcune precisazioni. Innanzitutto, all’inizio del laboratorio l’accettazione di tale metodologia non è stata immediata per tutti e ipotizziamo che ciò possa dipendere sia dalla diversità dei bambini in termini di personalità e stili cognitivi, sia per la formazione avvenuta nel contesto socio-culturale di provenienza. Alcuni bambini si sono quindi abituati all’idea che fosse possibile apprendere l’italiano “giocando” solo man mano che prendevano confidenza con questa modalità di lavoro. Inoltre, si è notato che non a tutti piacevano gli stessi giochi o attività ludiformi. Riteniamo quindi che sia opportuno porsi anche nei confronti della glottodidattica ludica secondo l’ottica della differenziazione, variando il più possibile le proposte.

 

 

7.2. MOTIVAZIONE E NARRAZIONE

I bambini si sono mostrati partecipi e divertiti durante i momenti di narrazione, e i racconti di Zippi hanno spesso costituito uno spunto per conversazioni in chiave interculturale. Per coinvolgere anche i bambini più grandi, che non credevano all’esistenza del mostro, si è pensato di renderli “complici” del fatto che eravamo noi a scrivere le lettere e che sarebbe stato importante mantenere questo segreto nei confronti dei bambini più piccoli. È infatti importante valutare attentamente l’età e le caratteristiche dei bambini, in modo da scegliere con cura come presentare i personaggi e le vicende fantastiche.

Veicolare i contenuti attraverso la narrazione è dunque risultata una strategia efficace per creare maggiore motivazione, anche se è stata spesso necessaria una quantità di tempo notevole per adattare i materiali ai racconti del personaggio.

 

 

7.3. LA STRATIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ IN RAPPORTO ALL’ETEROGENEITÀ DEGLI ALUNNI

Differenziazione e stratificazione delle attività si sono rivelate strategie essenziali per consentire ad alunni di età, provenienze e competenze linguistico-comunicative assai diverse di condividere un percorso di apprendimento linguistico nello stesso contesto.

In base alle osservazioni effettuate, riteniamo che i principali punti di forza rispetto all’interazione tra i bambini in un contesto molto eterogeneo si possano ricondurre ai seguenti fattori:

 

  • La natura dell’interazione tra parlanti non italofoni. I bambini con minori competenze linguistiche avevano modo di interagire con parlanti che presentavano espressioni più ricche e, allo stesso tempo, i bambini di livello più avanzato, per farsi capire dagli altri, si sforzavano di comunicare in maniera più chiara possibile, affinando così la propria competenza comunicativa. In generale infatti, anche se l’interazione tra parlanti non italofoni è più povera rispetto a quella con i nativi,comunicare con parlanti non nativi spinge gli apprendenti a compiere uno sforzo maggiormente autonomo per rendere le proprie produzioni più comprensibili (si veda anche Pallotti 1998:178-181).

  • Il confronto con l’altro. Il fatto che i bambini appartenessero a culture diverse pensiamo abbia portato, nonostante alcune difficoltà, ad un arricchimento reciproco.

 

L’eterogeneità ha tuttavia implicato alcuni aspetti di criticità, in particolare:

 

  • Esigenze diverse in rapporto all’età, anche se l’aver creato dei momenti di lavoro in cui grandi e piccoli lavoravano separatamente ci sembra abbia ridimensionato questa problematica.

  • La difficoltà di una riflessione profonda sulla lingua. Forse questo ha costituito il limite principale del percorso, in quanto la forte diversità dei livelli linguistici, intrecciata con la notevole differenza di età (e, di conseguenza, di sviluppo cognitivo), ha reso spesso difficile riflettere assieme su molti aspetti della lingua.

 

A queste riflessioni si collegano direttamente quelle sulla stratificazione delle attività, i cui principali punti di forza rilevati sono:

 

  • Contenuti e compiti calibrati su ciascuno. La stratificazione ha consentito una personalizzazione degli apprendimenti.

  • Aumento della motivazione. Per i bambini si è rivelato motivante il fatto di poter scegliere quali attività svolgere e di affrontare il livello di difficoltà che sentivano più vicino alle loro capacità.

 

L’aspetto maggiormente problematico rispetto alla stratificazione delle attività è stato soprattutto il tempo necessario per la preparazione dei materiali.

 

 

7.4. UNA PROPOSTA DI ATTUAZIONE DELLA STRATIFICAZIONE

Alla luce delle considerazioni sugli aspetti positivi, le aree di criticità e i dubbi rimasti riguardo la strategia della stratificazione, cercheremo di delineare una proposta operativa attuabile in un contesto particolarmente eterogeneo.

Riteniamo che all’inizio di un percorso di apprendimento linguistico sia importante proporre attività in comune, in modo da favorire la socializzazione tra i bambini. Una volta creato il senso del gruppo e conosciute meglio le caratteristiche dei bambini, si può cominciare ad operare una stratificazione delle attività. Come affermato in precedenza, la stratificazione andrebbe attuata soprattutto nelle fasi di analisi, sintesi e, in alcuni casi, di riflessione. Nell’operare una stratificazione si possono adottare diversi criteri:

 

  • stratificare i contenuti, facendo lavorare i bambini su strutture linguistiche diverse a seconda del livello, ad esempio facendo ricostruire dei dialoghi, con lo scopo di drammatizzarli, e ogni coppia o piccolo gruppo lavorerà su una complessità di strutture diversa;

  • stratificare i compiti, ad esempio in una scheda di ascolto, uguale per tutti, con compiti eleggibili, in cui nello stesso foglio vengono riportate attività di difficoltà diverse e ciascun bambino sceglie quali svolgere;

  • stratificare le tecniche didattiche, si pensi ad un’attività di role-play, in cui, rispetto ad un dialogo ricostruito in precedenza, alcuni alunni potrebbero operare una drammatizzazione, altri potrebbero rappresentarlo in maniera più libera, attraverso un role-taking, mentre gli apprendenti con maggiori competenze linguistico-comunicative potrebbero svolgere un’attività di role-making (Balboni, 2007²:152-153, 179-180).

 

Nel percorso di laboratorio abbiamo ritenuto opportuno integrare questi diversi tipi di stratificazione. Potrebbe rivelarsi interessante condurre una ricerca rispetto all’utilizzo delle diverse modalità nel contesto classe, che pur essendo anch’esso eterogeneo è assai diverso da quello di un laboratorio, per rilevare quale o quali modalità risultino più efficaci in termini di motivazione e di qualità dell’apprendimento.

 

 

8. CONCLUSIONI

Attraverso colloqui regolari con le insegnanti, in generale, si è rilevato nella maggior parte dei bambini una maggiore partecipazione alle conversazioni effettuate in classe e più sicurezza nel comunicare in italiano. Qualcuno ha inoltre cominciato ad esprimere di fronte al gruppo classe e alle insegnanti aspetti del proprio vissuto relativi al Paese di provenienza e ad alcune tradizioni peculiari della comunità di appartenenza che prima non aveva condiviso.

L’aver constatato in quasi tutti i bambini una maggiore apertura e partecipazione anche in classe ci ha portati a pensare che, probabilmente, il laboratorio ha costituito un’occasione per scoprire che aprirsi agli altri ed esprimere i propri pensieri sentendosi accolti e non giudicati è possibile

Concordiamo con Caon e D’Annunzio (in Luise 2003: 148) quando affermano che i bambini che oggi imparano ad “abitare” la scuola e a sentirsi protagonisti in quel contesto, riuscendo ad appropriarsene affettivamente, domani avranno, probabilmente, minori difficoltà ad “abitare” nella società e a riconoscere la loro appartenenza al sistema collettivo che li ha accolti.

 

 

 

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