Novembre 2007  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
La promozione e la didattica dell'italiano in Egitto. A colloquio con Adelia Rispoli di Paolo Torresan

ABSTRACT

L’Egitto è una realtà ricca di prospettive e di scambi: per l’Italia rappresenta, da un punto di vista commerciale, un ponte per l’Africa, tanto quanto il nostro Paese rappresenta per l’Egitto un ponte per l’Europa.

Adelia Rispoli, direttrice dell’IIC del Cairo, ci presenta le linee guida che l’Istituto ha seguito negli ultimi anni.

 

L’INTERVISTA

 

Gentile Dott. Rispoli, ci può inquadrare la situazione dell’insegnamento e della promozione dell’italiano in Egitto?

 

L’insegnamento dell’italiano ha fatto grandi progressi negli ultimi quattro, cinque anni.

Le strategie dell’Ambasciata e dell’Istituto hanno mirato ad aumentare il numero di iscritti di italiano nelle scuole secondarie egiziane.

Abbiamo inteso sostenere una diffusione dell’italiano nelle scuole dei vari governatorati (i quali, grossomodo, corrispondono alle nostre Regioni; ciascuno di essi ha una posizione autonoma in materia di istruzione). Uno tra i mezzi vincenti è stata la confezione di un manuale di italiano per scuole secondarie (2 voll.), con il supporto dell’Università per stranieri di Siena (Amici del Mediterraneo, Università per stranieri di Siena, Centro di Eccellenza, Osservatorio linguistico permanente dell’italiano diffuso fra stranieri o delle lingue migrate in Italia, Guerra, Perugia, 2004-5). Quest’iniziativa ha fatto sì che il numero degli iscritti ai corsi di italiano nelle scuole egiziane sia raddoppiato (da duemilacinquecento siamo arrivati a cinquemila, superando gli spagnoli).

A livello universitario, ci sono cinque lettori (tre al Cairo, uno ad Alessandria e uno a Minya, a metà Egitto). Le Università Ain Shams del Cairo e in quella di Minya rappresentano la fonte degli italianisti in Egitto, dato che oltre alla facoltà quadriennale, in queste università è possibile frequentare un Master e un Dottorato in Italianistica.

Tra i vari accordi, vorrei citarne uno in particolare, politicamente molto interessante. Si tratta di una serie convenzioni firmate dall’Università di Al Azhar (la più antica e prestigiosa dell’Islam, e la cui autorità è indiscussa dato che l’imam della moschea di Al Azhar è la voce più considerata di tutto il mondo sunnita) e alcune università italiane (tra cui la Bocconi, lo IUAV di Venezia, La Sapienza e la Fondazione Noja Noseda di Lesa). Queste convenzioni consentono scambi tra docenti e studenti, in particolare già laureati, i quali possono contare su borse governative. Si tratta di un’iniziativa proficua, dato che studenti egiziani possono recarsi in Italia e confrontarsi con la situazione dell’università italiana e del nostro paese in generale, correggendo eventuali stereotipi. Inoltre, dal prossimo anno, su iniziativa del Direttore del Dipartimento di Studi Classici, ad Al Azhar sarà attiva una cattedra di italiano: per noi si tratta di un grande risultato!

Ci siamo, poi, inseriti nella grande riforma che Mubarak sta varando sia a livello di scuola secondaria sia a livello di Università. La Moratti ha firmato un memorandum con il Ministro dell’Università e della Ricerca e con il Ministro dell’Istruzione Inferiore al fine di offrire un’assistenza tecnico-professionale. Al Cairo e ad Alessandria è presente, difatti, la scuola professionale Don Bosco che forma da anni buoni elettrotecnici e che può essere considerata la perla del Medio Oriente. Ora, in virtù dell’accordo ministeriale, otto professori della scuola professionale egiziana (elettrotecnici) si recano quest’estate in Italia per assistere ad un corso di aggiornamento. Pure questo è un traguardo significativo: un professore egiziano, in genere, non ha un income tale che gli permetta di pagarsi un viaggio in Italia.

Recentemente poi l’Ambasciata ha firmato un memorandum per l’istituzione di clusters, centri di formazione professionale sostenuti dall’Italia.

In definitiva, vi è un grande sostegno alla formazione tecnico-professionale, dato che essa è direttamente collegata al mondo del lavoro, e la ricerca di lavoro è la ragione principale per cui un egiziano si avvicina all’italiano: l’Italia è per l’egiziano un ponte per l’Europa (tanto quanto l’Egitto rappresenta per l’Italia un ponte per l’Africa). L’Italia, d’altronde, è il paese che offre il maggior numero di quote migranti. Coloro che emigrano e raggiungono il nostro paese devono però poter disporre sia di una formazione professionale di base sia di una competenza linguistica pari a un A2 del Quadro Europeo di Riferimento delle Lingue

 

Tuttavia c’è anche una grande richiesta di italiano interna all’Egitto e le istituzioni italiane immagino si muovano anche su questo fronte…

 

Certo. Guardi, Le presento il caso della Iveco.

Questa azienda ha donato in convenzione alla Don Bosco macchinario per un valore di un milione di Euro.

I Salesiani, mediante questo contributo, hanno avviato un corso per riparatori di motori pesanti. Coloro che si diplomano potranno usare la loro competenza per riparare tutti i tipi di motori pesanti, anche non Iveco, anche giapponesi se vogliamo, però il fatto importante è che avranno modo di costruire la loro professionalità in italiano!

 

Insomma, ci sono scambi che ci facilitano rispetto ad altri paesi europei.

 

Certamente.

 

per quanto immagino siano più recenti rispetto ai legami con altri paesi, penso alla Francia.

 

Noi siamo più amati, indubbiamente.

Quando, ai primi dell’Ottocento Mohamed Ali occidentalizzò il paese, chiamò gli italiani per formare i quadri (medici, militari, impiegati, ecc.). Il contributo italiano allo sviluppo del paese, tuttavia, non ha mai mostrato mire colonialistiche, a differenza di altri paesi europei. Abbiamo creato ditte senza ambizioni espansionistiche e questo l’egiziano lo riconosce.

Ad ogni modo un legame storico di venti secoli c’è, non va negato, e anch’esso contribuisce alla grande apertura verso il nostro paese.

 

Suppongo che un legame con l’Italia si mantenga vivo oggigiorno anche grazie alle immagini diffuse dai nostri mezzi di informazione.

All’arrivo in medio Oriente sono rimasto colpito dal numero di paraboliche installate sui tetti…

 

Sì, molti possono vedere la televisione italiana: si tratta di un contatto giornaliero che è un forte nesso di comunicazione.

Anche se ora si è spezzato, c’è stato un forte legame anche con il cinema italiano: cinquant’anni fai il Neorealismo ha dato un grande impulso al cinema egiziano. Se si parla con persone anziane, si scopre che conoscono a memoria tutti i nostri registi neorealisti.

 

Possiamo dire, comunque, che questo legame tra culture è a senso unico? Da quello che percepisco, difatti, un egiziano può avere delle notizie in più sull’Italia rispetto a quelle che un italiano possiede circa la cultura egiziana.

 

Sono d’accordo. L’immagine che l’egiziano medio ha dell’Italia è molto più concreta e rispondente alla realtà di quella che un italiano può avere dell’Egitto. Se Lei, in una qualsiasi città italiana, domanda sugli egiziani, nell’immaginario comune si passa dal faraone al pizzaiolo.

Per questo io insisto molto sulla traduzione del libro, non solo diffondendo classici italiani in Egitto, ma premendo con gli editori italiani perché traducano la letteratura araba contemporanea in generale, soprattutto quella egiziana che è ben rappresentata. Pensiamo al grande scoop che ha fatto la Feltrinelli con il libro di ‘Ala  Al-Aswani, Palazzo Yacoubian (già alla terza o quarta edizione), che ben raffigura la realtà odierna del Cairo. 

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