Giugno 2010  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
La mezzaluna e le stelle. Proposte culturali europee nel mondo arabo: il caso Giordania di Mattia Savia Matilde Sciarrino

ABSTRACT

Questo articolo si basa su una ricerca condotta nel 2009 in Giordania con l’obiettivo di verificare l’esistenza di una politica culturale comune delle Rappresentanze Diplomatiche europee e di capirne la rispondenza alle aspettative del pubblico.
Nel corso dell’indagine, iniziata a gennaio e conclusa ad ottobre, si è cercato di dare risposta a numerosi quesiti, spesso complessi anche per le loro implicazioni socio-politiche, sia attraverso la raccolta di dati oggettivi sia tramite interviste e questionari proposti in tre distinti ambiti: gli operatori culturali europei, gli operatori culturali giordani e il pubblico dei fruitori.

 

1. LE MOTIVAZIONI DELL’INDAGINE

 

In generale l’operatore culturale è colui che produce cultura in determinati contesti che conosce a fondo e di cui riesce a cogliere e a soddisfare i bisogni anche attraverso l’utilizzo delle risorse interne. Quando l’ambito di azione appartiene ad una cultura diversa dalla propria ci si muove con maggiori difficoltà e vengono richieste maggiori capacità interpretative ed operative. Infatti, per operare in un paese straniero è indispensabile avere un quadro il più ampio possibile del contesto di riferimento, cioè, riuscire a cogliere ciò che si nasconde dietro i comportamenti della popolazione di cui si è ospiti ed essere, così, in grado di capire ed interpretare gli eventi della vita quotidiana. Significa, dunque, sapere dove e come si può fare breccia per stendere le basi per una comunicazione culturale che non sia solo temporanea e fittizia, confinata, di conseguenza, nei limiti dello spazio e del tempo di un evento, ma sia reale interscambio, vero dialogo e mutua conoscenza. E per raggiungere questo obiettivo devono essere attivate competenze comunicative ed operative di tipo interculturale.

Secondo Ida Castiglione (2005:10) la competenza interculturale […]

 

ha a che fare non solo con l’efficacia e l’appropriatezza degli individui nelle relazioni interculturali, ma soprattutto con la loro capacità di aumentare progressivamente la possibilità di comprendere la realtà e, quindi, l’esperienza della differenza in maniera sempre più complessa. Questo livello della competenza si presenta come una sorta di contenitore, un equipaggiamento cognitivo di base, che possiamo riempire di capacità e competenze pratiche, ma senza il quale ogni sforzo di apprendimento, per esempio su un’altra cultura, rimane un’attività slegata, non trasferibile, in definitiva non utile nel contesto pluriculturale in cui siamo inseriti oggi.

 

Si tratta sostanzialmente di sviluppare la sensibilità interculturale in relazione agli strumenti di cui ci si deve appropriare per affrontare le nuove situazioni e sperimentare ed offrire l’esperienza della differenza.

Questa ricerca è stata ideata, condotta e redatta interamente, con la sola eccezione delle conclusioni, in Giordania, ad Amman, dove la scrivente ha vissuto dall’ottobre del 2007 all’agosto del 2009 per svolgere l’incarico di lettore di lingua italiana presso l’Università della Giordania con incarichi extra-accademici presso l’Ufficio Culturale dell’Ambasciata d’Italia.

Da questo osservatorio privilegiato si è avuto modo di percepire una situazione confusa o, meglio, una non chiara relazione fra l’offerta culturale delle istituzioni europee e il contesto, come se esistesse una sorta di frattura, di divario, una non rispondenza fra bisogni e tentativo di soddisfarli.

Da qui l’esigenza di capire come si estrinseca il cultural planning delle rappresentanze diplomatiche europee in una paese del Medio Oriente come la Giordania. Esiste, a monte, come base di partenza, uno studio del contesto? E ci sono, a valle, dei bilanci consuntivi successivi alla verifica della rispondenza degli eventi proposti alle esigenze del pubblico locale, degli espatriati e dei connazionali? O viene tutto lasciato all’approssimazione? E ci si accontenta dell’applauso, più o meno caloroso, e della platea più o meno affollata? Realizzare un progetto culturale, soprattutto all’estero, può essere paragonato al varo di una nave da uno scalo sconosciuto: richiede una lunga e difficile preparazione che però, se condivisa, può garantire un più facile raggiungimento del porto di destinazione, il successo dell’iniziativa.

 

 

2. IL CONTESTO DELLA RICERCA

 

La Giordania è un piccolo stato del vicino Oriente, indipendente dal 1946

quando è stato proclamato il Regno Hascemita del Giordano. È una monarchia costituzionale sulla base della Costituzione promulgata nel 1952 il cui capo attualmente è il re Abd Allāh II; ha una popolazione di circa 6 milioni di abitanti, di cui il 95% è composto da arabi, divisi principalmente in arabi giordani (55% circa della popolazione) e arabi palestinesi (circa il 40%). Il 92% della popolazione giordana è composta da musulmani sunniti, mentre il resto è composto per lo più da cristiani. La lingua ufficiale è l’arabo, ma l’inglese può essere considerato una seconda lingua.

La grande affluenza dei profughi palestinesi prima (conseguente alla guerra con Israele del 1967) e dei profughi iracheni dopo (dalla prima guerra del Golfo del 1990 in poi) ha cambiato il volto del paese, originariamente abitato unicamente da tribù di beduini del deserto, e dal punto di vista economico e sotto il profilo socio-culturale. Il conseguente fenomeno dell’inurbamento ha determinato uno sviluppo accelerato e spesso incontrollato della capitale, Amman, e delle altre città più importanti, modificandone il volto e, in alcuni casi, cancellandone l’autenticità.

Attualmente il Paese, giovane anche per l’età anagrafica della maggioranza della sua popolazione, vive momenti di grande prestigio internazionale grazie ai diversi tentativi di risolvere la difficile, complessa e tormentata situazione israelo - palestinese da parte sia del Re Abd Allāh sia della sua benamata consorte, la regina Rania, che, fra l’altro, è lei stessa di origine palestinese.

La città ospita numerose istituzioni culturali fra cui il Goethe Institut, il British Council, il Centre Culturel Français e l’Instituto Cervantes sono i più attivi. Per via della sua felice posizione geografica, come nel passato, ancor oggi la città rappresenta il cuore del Medio Oriente, crocevia di carovanieri una volta, di uomini d’affari e viaggiatori oggi. Amman ospita ogni anno numerose conferenze, convegni e manifestazioni culturali, anche di livello internazionale, nelle sue moderne strutture alberghiere, nelle sale conferenze e nei teatri. In uno dei suoi quartieri più antichi, Jebel Al Webdeh (una sorta di ‘quartiere latino’) sono concentrate numerose gallerie d’arte moderna e contemporanea e centri culturali dall’intensa attività. Gli abitanti di Amman, soprattutto i più giovani, hanno la possibilità di partecipare a vari progetti educativi e umanitari (concerti, corsi estivi, laboratori, lezioni e conferenze).

Comunque, nonostante questa offerta culturale abbastanza ampia, il popolo giordano appare molto serio e persino triste, senza voglia di divertirsi o anche di distrarsi. Il rigido codice morale imposto dalla religione e dalle consuetudini sociali e i ben noti conflitti da cui il paese è circondato rendono lo stile di vita quotidiano chiuso e austero.

 

 

3. GLI OBIETTIVI

 

Il fine ultimo di questo lavoro è stato l’avvio di una riflessione sull’azione delle istituzioni culturali europee in Giordania. Si è voluto verificare l’esistenza di una politica culturale, di una strategia di intervento, di una ‘studiata’ programmazione a breve, medio e lungo termine da parte delle istituzioni culturali europee. E, ancora, si è voluto capire se e fino a che punto esso abbia un ‘respiro europeo’ e preveda il coinvolgimento attivo delle istituzioni locali. In pratica, ci è chiesto se viene predisposta una politica culturale basata sullo studio del contesto predisponendo degli obiettivi e fissando delle priorità. Per esempio, il fatto che si opera in pieno Medio Oriente, in un ambiente fortemente influenzato dall’elemento religioso musulmano, è tenuto in debito conto? Vengono studiati i gusti e le preferenze culturali della popolazione giordana? E, ancor più specificatamente, chi sono gli operatori culturali? Cosa offrono? A quale pubblico si rivolgono? Che rapporto esiste fra le istituzioni occidentali, per lo più europee (Italia in prima istanza - per dovere di appartenenza, ma non certo per importanza o rilevanza - ma anche Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Delegazione dell’Unione Europea) e altri centri culturali attivi in Giordania e il contesto locale? Esiste un target locale oltre a quello ‘proprio’ delle singole istituzioni occidentali (i propri connazionali) e quello della comunità degli espatriati? E le esigenze dei propri connazionali vengono presi in considerazione? In che modo e con quali strumenti?

 

 

4. IL METODO

 

Per cercare di dare risposta a queste domande la metodologia seguita è stata quella propria dell’indagine sociologica, attraverso questionari e interviste.

Sono stati incontrati i direttori degli istituti di cultura europei e dei centri cultuali locali, oltre ai responsabili degli uffici culturali, di norma il primo segretario, delle rappresentanze diplomatiche di diversi paesi europei: l’Italia, ovviamente, e poi il Belgio, la Bulgaria, la Cecoslovacchia, la Danimarca, la Grecia, l’Olanda, la Polonia, la Romania, la Svezia e l’Ungheria e il Responsabile dell’Ufficio Culturale della Delegazione della Commissione Europea.

Si è anche avuto modo di intervistare alcuni i rappresentanti più in vista della vita culturale ammanita, le curatrici di tre gallerie, Makan, Darat AlFanun e Dar AlAnda, la responsabile relazioni esterne dell’Accademia Nazionale di Studi Cinematografici, la Royal Film Commission, la direttrice di OrangeRed, associazione di artisti giordani, e siamo anche riusciti ad incontrare Segretario Generale del Ministro della Cultura giordano, il dott. Jeres Samawi, egli stesso poeta e scrittore.

La ricerca si è svolta su tre diversi livelli e in quattro fasi ben distinte. I tre ambiti di indagine hanno riguardato gli operatori culturali europei, gli operatori culturali giordani e il pubblico degli spettatori.

La prima fase della ricerca è stata rappresentata dalla raccolta dei dati relativi a tutti gli operatori culturali, giordani e stranieri, operanti nel territorio e ai programmi culturali da loro offerti; si è trattato, in altre parole, di una ampia ricognizione del contesto.

In un secondo momento ci si è spostati dal palcoscenico al backstage per scoprire ciò che sta dietro all’evento, dall’ideazione e progettazione all’organizzazione e realizzazione per finire con la valutazione finale. Nella terza fase ci si è posti l’obiettivo di scoprire quali sono e come possono essere soddisfatti i bisogni del pubblico potenziale. Per restringere l’ambito di ricerca e, al contempo, renderla più facilmente gestibile, ci si è limitati a indagare la fruizione di tre dei film della Rassegna della S. D. A.

Infine, si è voluto conoscere più da vicino la realtà degli artisti giordani per capire i loro rapporti con l’Europa e le loro esigenze in relazione a ciò che i paesi della UE possono offrire.

Agli operatori culturali europei abbiamo posto dei quesiti relativamente alle loro conoscenze del contesto, ai criteri seguiti nella programmazione culturale e alle modalità di verifica e valutazione degli eventi proposti. Le domande poste agli operatori culturali giordani, invece, vertevano principalmente sullo stato di salute dell’arte giordana, sul ‘qui e ora ’ e sulle prospettive future.

Inoltre, avendo verificato che fra gli spettatori della Rassegna cinematografica organizzata dal Comitato della Società Dante Alighieri si registrava una scarsa presenza dei loro stessi corsisti, si è cercato di capirne le motivazioni. Sorprendente, infatti, risultava da un lato, l’entusiasmo e l’interesse per lo studio della lingua italiana e, dall’altro lato, il quasi totale disinteresse per gli eventi proposti dai docenti del Comitato allo scopo di sostenere e rinforzare gli interventi didattici.

 

 

5. I RISULTATI

 

In generale, sembra che non esista una programmazione culturale basata sull’analisi dei bisogni e su ricerche di mercato strutturate così come appare assente la parte relativa alla valutazione finale degli eventi culturali realizzati. L’elemento più rilevante che si è acquisito è che non esiste una politica culturale europea, cioè condivisa da tutti gli stati membri, che, anzi, talvolta si pongono deliberatamente in competizione fra loro.

Nel modus operandi degli uffici culturali delle Ambasciate è stata notata, da un lato, la tendenza a realizzare eventi di grande visibilità con l’utilizzo di sostanziose risorse e, dall’altro, la volontà di creare degli incontri di ‘nicchia’ con risorse limitate, ma non per questo meno efficaci.

I grandi eventi sono spesso delle occasioni mondane che richiamano un grande numero di spettatori, ma che si esauriscono nell’arco della stessa serata, senza un prima o un dopo.

E ciò a differenza di un’altra tipologia di eventi, che, invece, hanno un costo ed un target più limitati, ma un impatto, a nostro parere, più efficace e duraturo. Si tratta di iniziative, anche di tipo laboratoriale, spesso di nicchia e mirate ad obiettivi ben specifici, attraverso i quali sembra si possa penetrare più facilmente nel tessuto sociale del paese ospitante. Spesso sono eventi organizzati dalle ambasciate più piccole, come quella olandese o svedese, che possono contare su un budget molto ridotto che, però, non impedisce loro di acquisire visibilità e apprezzamenti. Si può citare, per esempio, il laboratorio di lettura di narrativa per bambini organizzato dall’Ufficio Culturale dell’Ambasciata svedese in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione giordano in occasione della donazione di una serie di testi di narrativa svedese per ragazzi nelle edizioni in lingua araba da parte della stessa Ambasciata alla Biblioteca per Ragazzi di Amman.

E si potrebbero anche enumerare le diverse lezioni universitarie o le conferenze che gli artisti europei sono invitati a tenere presso università, accademie e altre istituzioni giordane e non solo in concomitanza con l’esibizione.

Questa modalità propositiva, fra le altre cose, risponde alle richieste degli artisti locali i quali manifestano il loro bisogno di confrontarsi direttamente con i colleghi europei in Giordania oppure in Europa. Pertanto, sarebbe opportuno che tutti facessero proprio uno stile di intervento che risponda alle esigenze dei fruitori, fruitori che non vogliono essere un pubblico passivo e non si accontentano di incontri superficiali. In ogni caso, si dovrebbe cercare di ‘sfruttare’ l’ospite nel migliore dei modi organizzando, oltre all’esibizione vera e propria davanti al vasto pubblico, anche incontri con gli addetti ai lavori. Così facendo, aumenterebbero in maniera esponenziale i benefici che organizzatori e pubblico potrebbero trarre in quanto si entrerebbe in maniera efficace nel contesto, creando relazioni concrete e scambi produttivi al di là di incontri effimeri e superficiali.

In questa prospettiva l’evento culturale non è più unidirezionale, un percorso a senso unico in cui si dà e si riceve, ma un processo circolare in cui attori dell’evento e suoi fruitori diventano entrambi protagonisti perché interagiscono su uno stesso livello, comunicano ed imparano gli uni dagli altri.

 

 

5.1 GLI OPERATORI CULTURALI EUROPEI

 

L’opinione generale che gli europei hanno della vita culturale nella città di Amman è positiva in quanto la città negli ultimi cinque anni sembra essersi aperta alla cultura con la creazione di molti centri culturali, gallerie, apertura di spazi nuovi e organizzazione di festival di cinema e di teatro, come si è già sottolineato.

Comunque, la cultura, così come la intendiamo noi occidentali, qui è ancora ‘at the start’ (‘è ancora all’inizio’), come ci dice il Primo Segretario dell’Ambasciata olandese.

 

[…] Amman is a young city. I think the initiatives like the Symphonic Orchestra are very good. They have this big museum downtown, but they are still working on it. Also their main museum is still limited, has to be develop further…because it’s a big problem for Amman. I think, because, as you see, all the tourists who come to Jordan, they come to Amman and immediately leave and go to Petra because here there is not so much to see. So it is important also for Amman to develop this sector in order to make the cultural life the heart, the core of a city life. So they need more than this, what they have until now.

 

(Amman è una città nuova. Penso che iniziative come l’Orchestra Sinfonica siano molto buone. In centro c’è un grande museo, ma ci stanno ancora lavorando. Il loro ambito d’azione è limitato, devono svilupparsi ulteriormente …perché questo è un problema per Amman. Come vede, i turisti che vengono in Giordania, vengono ad Amman e poi ripartono subito poi recarsi a Petra o ad Aqaba risorse economiche perché qui non c’è molto Quindi è importante sviluppare questo settore allo scopo di far diventare la vita culturale il centro della vita della città, il suo nucleo centrale. E, pertanto, c’è bisogno di più di ciò che esiste allo stato attuale’. Nostra traduzione).

 

Di contro, molti altri suoi colleghi hanno lodato gli sforzi che le istituzioni locali continuamente compiono per promuovere eventi culturali prodotti in questo e in altri paesi del Medio Oriente.

E qui passiamo agli eventi culturali offerti dalle istituzioni europee. I responsabili delle Ambasciate concordano nel ritenere che alcune manifestazioni culturali europee sono di alto livello qualitativo, ma che il loro impatto sul contesto locale è abbastanza limitato, anche a cominciare dall’affluenza del pubblico che, in alcuni casi, è molto ridotta.

Nel corso delle interviste ci è stato riferito che molti uffici culturali organizzano le attività con partner locali nella fase di progettazione ed in maniera interattiva, cioè con un diretto coinvolgimento di artisti giordani nella fase di realizzazione. Come già rilevato, questo è sembrato molto interessante nella misura in cui se ne è constatata l’incisività ed il valore attribuitone dai soggetti coinvolti.

In ordine di priorità di scelta, la tipologia di eventi organizzati dagli operatori culturali stranieri in Giordania è di questo tipo: concerti di musica (in generale, musica classica), conferenze su tematiche specifiche, proiezioni cinematografiche, spettacoli di danza, manifestazioni sportive, laboratori creativi, organizzazione di viaggi. La musica, dunque, si conferma, come sempre d’altronde, come strumento di comunicazione universale perché non conosce i limiti imposti dal codice linguistico e non può essere oggetto di censura. Cosa che, invece, avviene per i film i quali spesso sono sottotitolati in due lingue (inglese e arabo) e vengono sottoposti al giudizio censorio di una commissione appositamente predisposta. E, quando questa sembra lasciarsi sfuggire qualche scena, ecco che la mano del pudibondo operatore cinematografico posta all’ultimo minuto davanti all’obiettivo del proiettore può agire come ulteriore filtro che salva il pubblico dalla visione di effusioni amorose o scollature ritenute esagerate dall’improvvisato censore. Questo è successo, fra lo stupore e l’ilarità generale, nel corso della proiezione di un film spagnolo all’inaugurazione dell’edizione del 2007 del Festival del Cinema Europeo. E può anche verificarsi che gli spettatori lascino la sala, come è accaduto quando la scrivente quando ha proposto agli studenti di lingua italiana dell’università la visione del film ‘Lezioni di cioccolato’ di Claudio Cupellini. Per lo stesso film, proiettato nell’ambito della Rassegna cinematografica della Società Dante Alighieri, sono stati raccolti numerosi commenti negativi che sottolineavano come l’aver mostrato certe immagini potesse essere considerato una forte mancanza di rispetto verso il pubblico musulmano. Pertanto, risulta sempre difficile scegliere un film di qualità che rispetti le norme imposte dalla religione e dalla morale comune. Per questo motivo molte istituzioni rinunciano a proporre dei film oppure sono molto prudenti nel farlo perchè, in ogni caso, operare una selezione è sempre difficile.

Ad ogni modo, l’importanza storica del paese, nei cui siti archeologici c’è ancora molto da scavare e da studiare, offre argomenti di studio a ricercatori e studiosi delle missioni archeologiche di numerose università europee, che sono sempre ben lieti di incontrare il pubblico e presentare i risultati dei loro studi.

Un altro genere di manifestazioni culturali sono, poi, organizzate dagli organismi di cooperazione governativi e non; si tratta, in genere, di mostre fotografiche, di proiezione di documentari o di spettacoli musicali relativamente ai due maggiori ambiti di intervento sociale nel paese, quello a favore dei rifugiati iracheni e quello nei campi profughi palestinesi.

Manifestazioni sportive e laboratori creativi sono per lo più proposti dal British Council che si distingue rispetto agli altri operatori culturali europei per la volontà di realizzare gli eventi sempre e comunque con partner locali in un’ottica di reciprocità. La prospettiva del centro inglese non è ‘top-down’, ma ‘bottom-up’. Ciò significa, secondo il direttore del British Council, non ragionare più sul ‘dare’ e sul ‘ricevere’, bensì mettere sullo stesso piano artisti giordani ed artisti inglesi affinché anche questi ultimi possano apprendere dai colleghi giordani. Entrambi insegnano ed entrambi, contemporaneamente, imparano.

 

We Europeans have nothing to show. The relationship must not be based on the teaching, but on doing, on creating together. In this way we can both profit from the relation and grow’.

 

(‘Noi europei non abbiamo nulla da dimostrare. Il rapporto non deve essere più impostato sull’insegnare, ma sul fare, sul creare; solo così si può crescere insieme.’ Nostra traduzione).

 

In relazione ai criteri che determinano le scelte, sono stati individuati quelli qui di seguito riportati in ordine di importanza:

 

    • interattività;

    • valore artistico degli artisti;

    • precedenti risposte del pubblico;

    • prospettive di successo;

    • rappresentatività ‘nazionale’ degli artisti e costo complessivo;

    • aspetti organizzativi;

    • attrattiva dell’evento (fama degli artisti in patria) e impatto sentimentale.

 

Ancora una volta appare prioritaria la necessità di proporre l’interazione, intesa come efficacia comunicativa e coinvolgimento attivo non tanto del pubblico dei fruitori quanto degli stessi artisti giordani. Sorprendente il dato relativo alla rappresentatività ‘nazionale’ dell’evento, che, contrariamente alle nostre aspettative, non è tenuto nella massima considerazione. E’ indubbio, pertanto, che si vuole far conoscere il proprio paese in maniera autentica, non attraverso il suo folklore o le sue tipicità locali, che rafforzerebbero quelle immagini stereotipate che in generale vengono ad esso associate. E ciò è tanto più meritevole in quanto è subordinato al valore artistico degli artisti (e ci sarebbe da indagare anche sui criteri che determinano l’espressione di giudizi di qualità) e sulla conoscenza che si ha dei gusti del pubblico, che, per quel che ci risulta, si basa in generale sulla valutazione empirica dalle precedenti esperienze.

Non sembra che le rappresentanze diplomatiche e le altre istituzioni europee presenti in Giordania collaborino nell’organizzare eventi culturali. Gli unici esempi di ‘eventi europei’ sono il Festival del Cinema Europeo, ormai giunto alla sua ventunesima edizione, e le celebrazioni della giornata europea, il 9 maggio di ogni anno. Ma, nel primo caso, più che di organizzare una rassegna unitaria, sembra che si tratti semplicemente di mettere insieme dei film, spesso scelti, è amaro ammetterlo, con il criterio della semplicità di reperimento di pellicole sottotitolate in inglese. Non viene scelto alcun tema che possa fare da filo conduttore e non vengono proposte attività collaterali che possano impreziosirne l’offerta. Ciò si è verificato solo nell’edizione del 2007 quando le proiezioni dei film sono state precedute da cortometraggi di giovani registi giordani fra cui, a conclusione dell’intera rassegna, sono stati premiati i più meritevoli. Questa lodevole iniziativa di promozione della giovane produzione cinematografica giordana, purtroppo, non ha avuto alcun seguito anche se sembrava essere molto apprezzata, soprattutto dai giovani cinefili.

Anche nell’organizzare le manifestazioni per la ricorrenza della giornata europea lo scorso mese di maggio il fronte europeo non si è rivelato unito perché sono state organizzate, lo stesso giorno e alla stessa ora, in due diversi teatri, due distinte manifestazioni musicali. Dietro, è evidente, c’era il contrasto sorto fra chi voleva promuovere musicisti europei (il Centre Culturel Français e l’Instituto Cervantes ) e chi, invece, voleva offrire un’occasione ad artisti giordani (la Delegazione della commissione europea e gli altri stati membri). E questo evento così eclatante la dice lunga sulla possibilità di proporre eventi sotto un’unica bandiera.

Inoltre, sempre in relazione allo spirito di cooperazione, è emerso che neanche le diverse ambasciate dello stesso paese operanti in Medio Oriente collaborano anche se, almeno per quanto riguarda l’Italia, una recente circolare del Ministero degli Affari Esteri invita a far ‘circuitare’ le iniziative all’interno delle diverse macro-aree al fine di consentire un migliore rapporto costi-benefici.

 

 

5. 2 IL PUBBLICO

 

Dalla lettura delle risposte al questionario compilato dagli studenti dei corsi di lingua della Società Dante Alighieri e dagli spettatori dei film della Rassegna Cinematografica organizzata sempre dalla Dante emerge sempre e comunque la richiesta di eventi più coinvolgenti e partecipativi, meno formali e imponenti. Per esempio, è stata suggerita l’organizzazione di manifestazioni nei quartieri più poveri e più popolari della città, ad Amman Est, attività ricreative all’aria aperta e manifestazioni culinarie, laboratori d’arte, corsi di cucina e conferenze con personalità di spicco della cultura italiana.

 

 

5. 3 GLI ARTISTI GIORDANI

 

‘Come possiamo farvi capire l’Europa se non vi aiutiamo a capire voi stessi?’ Da questa domanda che l’Ambasciatore della Delegazione della Commissione Europea ad Amman ha posto agli artisti giordani nel corso di una riunione programmatica l’estate scorsa, è stato avviato un percorso di riflessione che ha posto ed imposto numerosi quesiti relativamente allo ‘stato dell’arte’ in Giordania. La voce degli artisti giordani si è levata per comunicare uno stato di sofferenza e di insofferenza. Sostanzialmente, lamentano l’assenza di risorse finanziarie adeguate a sostegno dell’arte e della cultura del Paese ed esprimono la necessità di conoscere più da vicino l’arte europea mediante contatti diretti. Essi possono essere realizzati sia in Giordania invitando artisti del vecchio continente a tenere conferenze, a organizzare laboratori, a lavorare insieme, fianco a fianco, con artisti giordani sia nei diversi paesi dell’UE finanziando viaggi, studi e soggiorni agli artisti giordani. Artisti che si sentono soli, privi di spazi e di modalità di incontro, soli nel promuovere le loro opere con numerosi problemi, concreti e non, come la mancanza di fondi e le limitazioni imposte dalla censura. Il tutto aggravato dalla mancanza di una programmazione culturale nazionale viva e visibile, secondo quanto comunicato dagli artisti i quali richiedono alla Unione Europea di intervenire su due fronti: da un lato per la realizzazione di progetti di ampio respiro che li veda direttamente coinvolti e, dall’altro, per sostenere i diritti fondamentali di tutti gli artisti giordani al fine di assicurare la possibilità di esistenza, sviluppo e promozione di tutte le forme d’arte in questo Paese.

Inoltre, viene richiesta una maggiore divulgazione di conoscenze sulle misure promosse con fondi europei. Comunque, nel corso degli incontri svoltisi fra una delegazione di artisti giordani e il responsabile dell’Ufficio Culturale della Delegazione della Commissione Europea a cui siamo stati invitati abbiamo registrato un atteggiamento di diffidenza verso l’azione di tutte le rappresentanze diplomatiche europee che appaiono ai loro occhi poco unite e coordinate.

 

 

6. CONCLUSIONI

 

Dai dati raccolti sono emersi diversi spunti di riflessione in merito, soprattutto, al bisogno di conoscere e di far conoscere la cultura europea. E’ apparso chiaro che si può intervenire a diversi livelli: politico - strategico, culturale, socio-affettivo e psicologico.

Sul piano politico - strategico si è prospettata la possibilità di proporre un modo diverso di promuovere gli eventi culturali europei all’estero, inserendo gli eventi all’interno di progetti di più ampio respiro e associandoli a iniziative di cooperazione umanitaria o a interventi di tipo turistico e commerciale.

Dal punto di vista culturale si è appreso che, prima di avviare un progetto all’estero, debbono essere superati tutti quegli stereotipi che spesso costituiscono delle mura difficili da varcare e per i padroni di casa e per gli ospiti. Scevri da pre-concetti e pre-giudizi, entrambe le parti, e qui veniamo a un’ulteriore condizione, devono e possono imparare a conoscersi solo lavorando insieme. Pertanto, appare evidente che il successo di qualsiasi iniziativa dipende dalla possibilità che essa offre di coinvolgere, in maniera più o meno attiva, gli attori locali. In assenza di questi elementi, ogni tentativo di comunicare corre il rischio di essere fallimentare. E, comunque, che gli europei non abbiano solo da insegnare, ma anche da apprendere, non è un dato di fatto scontato e condiviso come potrebbe sembrare ai più.

E’ emersa la stessa esigenza di creare delle occasioni di incontro in cui ci si conosce, ci si scambia saperi e conoscenze, visioni del mondo e ci si intrattiene sempre e fondamentalmente per e con il piacere di stare insieme. E’ sul piano della comunicazione che si gioca l’affidabilità stessa degli operatori culturali, soprattutto occidentali, nella responsabilità assunta di veicolare la cultura del loro paese e tessere una trama di rapporti con il paese ospitante.

Ci sembra che tutte le persone interpellate nelle diverse modalità abbiano voluto dirci la stessa cosa: un evento culturale non è solo un evento, ma è un’opportunità per fare tante cose che vanno dalla sfera dei rapporti interpersonali e sociali a quelli economici e finanziari passando dalle relazioni politiche e diplomatiche.

Infine, per quanto riguarda la politica culturale europea, si è pervenuti alla conclusione, avvalorata anche degli episodi precedentemente citati, che la strada è tutta in salita; manca un sentire unitario europeo, almeno sul versante della cultura, anche in un paese come la Giordania così lontano dalla nostra cara vecchia Europa.

 

 

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