Febbraio 2008  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Andar per mari: storia di migranti in Perù di Roberta Ferroni

ABSTRACT

La presenza di italiani nel Perù ha origini molto antiche, fin dal XVI secolo alcuni liguri approfittando dei legami che la Repubblica di Genova aveva con la Spagna, si stabilirono qui per dedicarsi al commercio e alla navigazione. Dopo la crisi dell’impero spagnolo e la conseguente indipendenza delle colonie sudamericane, aumentò notevolmente la presenza di immigrati italiani in Perù. Il maggior flusso migratorio si verificò fra il 1840 e il 1880, in concomitanza con il boom del guano molti marinai liguri scelsero le coste del Perù per dar vita a numerose attività commerciali. Contemporaneamente arrivava dall’entroterra ligure una componente rurale più povera che spinta dalle altalenanti crisi economiche si adattò alla realtà urbana peruviana, dedicandosi alla coltivazione di orti o al piccolo commercio. Dal 1880 in poi, proprio negli anni in cui milioni di italiani migravano verso il Nuovo Mondo con il mito di andare a “fare l’America”, iniziò un lento e duraturo declino che fra alti e bassi si è protratto fino ai giorni nostri.

Queste a grandi linee sono le tappe più significative che hanno segnato la storia del movimento migratorio italiano nel Perù, per comodità abbiamo così suddiviso: il periodo coloniale; l’epoca del guano che va dal 1840 al 1880 e quella che va dal 1880 al 1940.

 

 

1. LE ORIGINI COLONIALI

La prima presenza italiana nel Perù risale all’epoca coloniale XVI-XVIII secolo. Sebbene la Spagna non consentisse l’ingresso a stranieri nelle proprie colonie americane, la presenza italiana fu tollerata dato che la dominazione spagnola in quegli anni si era estesa al Regno di Napoli e Sicilia e al ducato di Milano. La maggior parte degli italiani che arrivarono erano di origine genovese, la Repubblica di Genova dal 1528 si era alleata con la Spagna, questo consentì a molti commercianti di poter ampliare i loro giri d’affari sia in Spagna che in America. I primi immigrati si dedicarono principalmente al commercio e alla navigazione, attività che svolgeranno anche in seguito. Durante il secolo XVII furono introdotte dagli spagnoli leggi più severe in materia di immigrazione, cosicché gli italiani riuscirono ad introdursi in Perù in veste di pittori, artisti, scrittori al servizio dell’ aristocrazia spagnola.

Possiamo pensare che la migrazione italiana nel Perù abbia radici coloniali dato che nei periodi successivi certe costanti rimarranno inalterate nel tempo.

 

 

2. L’EPOCA DEL GUANO

Dalla metà del XVIII secolo, a causa della crisi commerciale che stava vivendo la Spagna, aumentò il numero di commercianti italiani nelle colonie del Sud America. Molti di loro erano marinai di origine genovese che rispetto al passato arrivavano direttamente da Genova, alcuni si stabilirono nel porto del Callao1 dove aprirono case commerciali, i più però si dedicarono al piccolo commercio. Il vero e proprio boom ebbe però inizio con la crisi della casa madre e la conseguente indipendenza delle colonie sud americane, da quel momento un numero sempre maggiore di commercianti genovesi raggiunse spontaneamente le coste del Pacifico toccando l’apice fra il 1840 e il 1880. Sono questi infatti gli anni in cui la repubblica peruviana conosce una forte espansione commerciale grazie specialmente all’esportazione del guano2. Secondo un censimento del 1857, fra gli europei residenti a Lima gli italiani occupavano il secondo posto con 3.496 presenze mentre al primo stavano i tedeschi con 4461 residenti. Alla fine del 1876 gli immigrati italiani in Perù erano circa 10.000 e il 70 % risultava stanziato nell’area metropolitana di Lima e dell’immediato porto del Callao dato che il commercio del guano e tutte le attività ad esso affini fiorirono lungo la costa. Gran parte degli immigrati era composto da piccoli e grandi commercianti e da un piccolo gruppo di ricchi impresari che andavano in Perù per consolidare una posizione economica già di per sé solida. Difatti ciò che caratterizzò fin dagli albori questa colonia e che la rese unica rispetto alle altre realtà, fu il discreto livello di agiatezza di cui godette. Un Console italiano andando in giro per l’America del Sud commentava a proposito del Perù: “gli italiani sono ricchi, molto industriosi e forse sono i più attivi che in nessun altro paese dell’America” (Galli 1867: 330) un altro documento consolare coevo descriveva gli immigrati radicati in Perù come fra i più ricchi del continente (Gallenga 1883:703). Una delle attività più diffuse fu quella del cosiddetto pulpero. Da un registro del 1863 risulta che delle 650 pulperías di Lima, circa 500 appartenevano ad italiani3. In questi negozi che di solito erano ubicati agli angoli delle strade si vendeva di tutto, dai generi alimentari ai liquori, ai vestiti. Oltre ad essere un punto di approvvigionamento svolgevano anche un ruolo sociale: qui la gente si incontrava per discutere e il negoziante stabiliva delle vere e proprie relazioni di amicizia con i clienti. Certo è che queste botteghe caratterizzarono il paesaggio urbano di Lima tanto che divenne proverbiale la figura dell’ italiano de la esquina4.

Un’altra occupazione tipicamente italiana fu quella dell’ortolano, secondo una testimonianza di inizio secolo, quasi tutti gli orti che circondavano Lima e il Callao erano coltivati da italiani (Sequi e Calcagnoli 1911:158)5. Nel 1880 un viaggiatore tedesco si meravigliava della gran quantità di verdure europee presenti nel mercato di Lima come “il cavolfiore, i cavolini di Bruxel, gli spinaci, la cicoria, le barbabietole, il prezzemolo, il sedano, i carciofi, i ravanelli, la lattuga e la scarola” (Middendorf 1973:407). Altre occupazioni furono la pesca, mentre il primo hotel inaugurato in Perù fu di proprietà di un certo Luigi Peschiera originario di Chiavari (Sequi e Calcagnoli 1911). Non mancò poi un piccolo gruppo di immigrati professionisti costituito da medici, in maggioranza rifugiati politici, come il cugino di Giuseppe Mazzini (Bonfiglio 1994:70), farmacisti e per concludere una nutrita schiera di artisti. Di sicuro la classe più ricca e agiata fu composta da coloro che si dedicarono al commercio marittimo, specie del guano, esemplare fu il caso di Giuseppe Canevaro che partì dalla Liguria e dopo pochi anni divenne uno dei commercianti più ricchi fino a intraprendere la carriera da diplomatico, o del genovese Pietro Denegri che si arricchì prima con il commercio del guano e poi con il traffico di cinesi.

In questi anni, come in quelli a venire, tutti i lavoratori arrivavano spontaneamente, i più giunsero attraverso catene migratorie grazie alle quali il flusso non fu mai massiccio e invasivo. Tali catene funzionavano sia come ausilio per l’arrivo sia come mezzo di ritorno al paese d’origine.

 

 

3. L’ IMMIGRAZIONE AGRICOLA: LA COLONIA DI CHANCHAMAYO

L’unico caso in cui il governo peruviano si organizzò per richiamare manodopera dall’Europa fu durante gli anni 1873-75.

Sotto la presidenza di Manuel Pardo fu creata nel marzo del 1873 la Società di Immigrazione Europea con l’intento di risolvere il problema della scarsità di mano d’opera nell’agricoltura dovuta alla conseguente abolizione della schiavitù. Il risultato di questa politica fu contraddittorio: da un lato si preferiva attrarre immigrati europei ma la maggior parte dei lavoratori che arrivarono furono cinesi. Dal 1873 al 1875 la Società di Immigrazione patrocinò l’arrivo di circa 3000 coloni, la cui maggioranza erano italiani, destinati a colonizzare le terre adiacenti alla costa. Data la mancanza di riforme del latifondo e di adeguati sussidi il progetto fallì. Di conseguenza molti immigrati furono rimpatriati, altri si adattarono ad occupazioni di emergenza: si aprì un dibattito pubblico al quale parteciparono le organizzazioni italiane che per l’occasione si erano schierate contro il Governo e la Società. Nel 1875 finalmente il Governo dava il consenso e creava dal nulla la colonia agricola di Chanchamayo dove furono inviati subito i coloni rimasti6. Fu in questa zona che nacque l’unica colonia agricola italiana del Perù7. Delle 145 persone residenti in questo comune, 85 erano italiani con il passare del tempo la comunità fu raggiunta dalle rispettive famiglie e alla fine del marzo del 1876 gli italiani erano passati a 189. Le principali coltivazioni erano costituite da mais, riso, yucca e verdure. Dal 1877 ebbe inizio un lento processo di crisi, il Governo diminuì l’assegnazione delle terre; di conseguenza molti abitanti lasciarono la comunità fino al completo abbandono. Nonostante il fallimento, questo progetto fu l’unico che riuscì a riunire un numero considerevole di coloni italiani. L’insuccesso dipese in prevalenza dall’assenza di un adeguato mercato del lavoro i latifondisti non erano disposti a pagare salari accettabili ai lavoratori agricoli europei e al loro posto preferivano affidarsi alla più economica manodopera asiatica.

 

 

4. 1880 -1940 VERSO IL DECLINO

A partire dal 1880 diminuì considerevolmente la presenza di immigrati italiani che da 6.000 passarono nel 1940 a 3.7748. Dopo la seconda guerra mondiale ci fu una leggero incremento ma negli anni a venire la tendenza fu di nuovo a diminuire. Anche le successive iniziative volte ad attrarre immigrati europei, promosse dallo Stato e dalle varie società di immigrazione, non produssero gli effetti sperati anzi incentivò l’arrivo di un numero sempre maggiore di immigrati provenienti dall’Asia e dal Giappone9. In questi anni i pochi immigrati italiani tendono a concentrarsi nella capitale, sono sempre più costituiti da gruppi familiari completi provenienti dalla Liguria. In quanto alle attività svolte possiamo affermare che si mantennero le tendenze già affermate negli anni precedenti. Da un censimento del 1908 sappiamo che il 50% degli immigrati italiani residenti a Lima erano commercianti mentre il resto si dedicava ad attività specializzate come l’artigianato e l’industria. Tra il 1880 e il 1925 delle 106 fabbriche che furono fondate 45 appartenevano ad italiani. In uno studio sull’economia peruviana di inizio secolo si legge: “A Lima, nel Callao e nei dipartimenti di Libertad, Ica e Arequipa gli italiani possiedono la maggioranza delle fabbriche di filati di lana e cotone, scarpe, cappelli di lana e paglia, fabbriche di liquori, di sigarette, di cioccolata, di sapone, di mobili, di acqua, di birra, pane, pasta e biscotti, ecc”. (Cisneros 1906:219). In quegli anni molte delle attività svolte notoriamente dagli italiani, come le pulperías e la pesca, furono abbandonate e cedute ai cinesi. Accanto ad una fiorente economia nacquero vere e proprie istituzioni fondate dalla comunità, una delle più importanti fu il Banco Italiano (1889). La fondazione di questa banca era l’espressione di una evoluzione economica della colonia10. Assieme a questa nascevano la Compagnia dei Pompieri, il Club Italiano, la Società Italiana di Beneficenza, la Società Italiana di Istruzione, la Società dei Canottieri, la Compagnia Assicurativa Italia11.

Durante questo periodo l’ideologia degli immigrati risentì del bagaglio culturale che le nuove generazioni portavano con sé, agli inizi del 1900 predominò l’ideologia liberale e anticlericale, mentre dall’Argentina e dal Cile giungevano gli echi dell’anarchismo. Il cambio ideologico più significativo si ebbe però con il fascismo che impose fra i coloni, nuovi stili di comportamento e rafforzò la propria immagine collettiva.

Fra il 1880 e il 1940 furono fondati molti periodici come La Patria (1872-73), L’Italiano (1877-79), L’Araldo (1894-1895), O Balilla (1902) e il più longevo La Voce d’Italia (1887-1943). Non mancano ovviamente dei piatti tipicamente liguri che sono penetrati e hanno influenzato la cucina peruviana come i noti spaghetti al pesto, la torta Pasqualina e la fogazza. In ambito educativo la prima istituzione italiana nasceva nel 1872, mentre nel 1930 venne fondata la scuola italiana Antonio Raimondi12.

 

 

5. ALCUNI CASI REGIONALI

Vale la pena di menzionare le innumerevoli colonie italiane che si stabilirono in epoche diverse nelle altre regioni del paese. Le regioni del sud, in particolar modo quelle lungo la costa, fin dal 1840 furono un importante punto di approdo per molti commercianti italiani provenienti dalla provincia di Genova. Fra i centri che conobbero una maggiore espansione ricordiamo Pisco, Chincha, Lomas, Arica. Nella valle di Chincha (150 km a sud di Lima) la prima colonia italiana risale al 1850; inizialmente gli italiani si dedicarono ad attività mercantili, in seguito si specializzarono nella coltivazione dell’uva e nella produzione del vino. Nel 1905 l’83% della produzione di vino era nelle mani di italiani, la maggior parte dei quali viveva nella valle di Chincha (Bonfiglio 1994: 241). Col passare del tempo alcuni coloni iniziarono a dar vita ad un processo di espansione economica, sviluppando l’agricoltura estensiva del cotone. Un processo analogo visse la provincia di Ica la quale prima fu occupata da marinai liguri che si dedicarono al commercio, poi grazie alle favorevoli condizioni agricole dette vita a numerose aziende vinicole, in cui furono introdotte anche varietà di uve importate dall’Italia. Un’altra colonia fu quella di Tacna, che nel 1880 costituiva la comunità italiana più importante dopo quella di Lima anche qui gran parte degli immigrati era di origine ligure e dedita al piccolo commercio. Rispetto alle altre comunità quella di Tacna godeva di una maggiore coesione e organizzazione, tanto che tra la fine del 1800 e i primi del 1900 furono fondate alcune importanti istituzioni: la Società Italiana di Beneficenza di Tacna, la Società di Mutuo Soccorso, la Compagnia dei Pompieri, il Circolo Italiano. Nel 1932 fu creato anche il Collegio Italiano, unica scuola italiana fondata fuori dalla capitale. Secondo il censo del 1935 a Tacna erano 160 gli italiani residenti e costituivano fra gli immigranti il gruppo più numeroso. Analogamente a quanto accadeva nel resto del paese, la colonia di Tacna si mantenne grazie al continuo flusso di catene migratorie.

 

 

6. CONCLUSIONI

Fin qui abbiamo ricostruito a grandi linee la storia della comunità italiana in Perù ma quali sono i tratti più visibili che questa migrazione ha portato con sé?

In primo luogo ciò che l’ha contraddistinta fin dagli albori è il carattere prevalentemente regionale e indipendente: gran parte degli immigrati italiani erano liguri e scelsero di stabilirsi in queste regioni per seguire gli effetti dell’espansione mercantile.

In Perù il flusso migratorio non fu mai massiccio a differenza di paesi come Argentina, Brasile e Stati Uniti, dove emigrarono milioni e milioni di persone. I marinai e i mercanti liguri che scelsero questo paese non sfuggivano, come nella maggior parte dei casi, dalla miseria e dalla fame ma andavano a colmare quel vuoto prodotto dall’assenza di piccoli impresari. Una volta entrati nel sistema iniziarono una sorta di scalata tanto che occuparono in alcuni casi anche posti importanti dell’economia peruviana. In Perù poté entrare solo un contingente ridotto dedito ad attività indipendenti, l’assenza di un mercato del lavoro moderno non permetteva la contrattazione di contadini italiani, come invece avveniva nel resto del continente. Questi immigrati arrivarono per mezzo di catene migratorie che funzionavano anche da controllo: solo coloro che avevano effettive possibilità di inserirsi si potevano stabilire.

Vorremmo terminare offrendo degli ultimi dati, sebbene come abbiamo già visto dal 1880 la tendenza sia stata verso la diminuzione, nell’immediato dopoguerra ci fu un lieve incremento. Nel 1940 c’erano solo 3774 italiani, dopo la seconda guerra passarono a 5716 per poi scendere a 4062 nel 1981. Contemporaneamente alla riduzione c’è stata anche una tendenza all’invecchiamento, secondo il censimento del 1981 il 55% degli italiani aveva più di 50 anni. Oggi che il Perù non è più un paese di immigranti ma di emigranti, gran parte degli italiani rimasti sono più che mai discendenti che hanno inevitabilmente perso la loro etnicità e fanno parte a pieno titolo del tessuto sociale peruviano.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Bellone, B., 1984, “La inmigración agrícola italiana en el Perù”, in Presenzia italiana en el Perù, Istituto italiano di cultura, Lima, pp.103-145.

 

Bonfiglio, G., 1994, Los italianos en la sociedad peruana, Lima.

 

Cisneros, C., 1906, Reseña económica del Perú, Lima.

 

Corbella, P., M., 1984, “La inmigración italiana en el Perù durante la época del guano”, Presenzia italiana en el Perù, Istituto italiano di cultura, Lima, pp. 233-248.

 

Croci, F., Bonfiglio, G., 2002, El baúl de la memoria, Fondo Editorial del Congreso del Perù, Lima.

 

Ferroni, R., 2006, “La diffusione dell’italiano a Lima”, Revista de Italianística XIII, pp. 148-150.

 

Fuentes M., A., 1863, Guía de Domicilio de Lima para el año 1864, Lima.

 

Gallenga, A., 1883, “L’Italia il suo commercio e le colonie”, Antologia, Vol. LXIX.

 

Galli, G., 1867, “Sull’emigrazione e colonizzazione europea nelle due Americhe”, Bollettino Consolare Ministero degli Affari Esteri, Vol IV.

 

Marassi, A., 1953, “Colonizzazione e immigrazione in Perù”, Emigrazione agricola nell’America Latina, Ministero Affari Esteri, Vol. II.

 

Middendorf, E., 1973, Perù, Lima.

 

Sequi, E., Calcagnoli, E., 1911, La vita italiana nella Repubblica del Perù; Storia Statistica Biografia, tip. La Voce d’Italia, Lima.

 

 

 

1 Maggior porto del Perù situato nelle vicinanze di Lima.

2 Concime naturale risultante da escrementi di uccelli marini depositati soprattutto lungo le coste e le isole povere di piogge del Perú e del Cile, contenente fosfati e nitrati e largamente usato come fertilizzante.

3 Questo dato è tratto dalla Guía de Domicilio redatta nel 1864 da Manuel Atanasio Fuentes che contiene informazioni sui residenti di Lima, la loro occupazione e l’indirizzo.

4 Per indicare questa professione furono coniati anche dei neologismi, ad esempio l’aiutante o il figlio del pulpero venivano chiamati pichìn che deriva dalla parola piccino.

5 Si trattò di un tipo di immigrazione rurale proveniente dall’entroterra ligure che spinta dalla miseria si adattò alla realtà urbana di Lima e introdusse nella cucina peruviana verdure di origine europea.

6 Questa regione situata fra le Ande orientali, è ricoperta da un fitto strato di vegetazione che durante il periodo delle piogge diviene inaccessibile inoltre, a causa della mancanza di vie di comunicazione risultava isolata.

7 In uno studio promosso dal Ministero degli Esteri italiano sull’ emigrazione agricola nell’America Latina a proposito della colonizzazione di Chanchamayo si dice: “Esso è opera quasi esclusiva di pionieri, di uomini dotati, più che di mezzi, di volontà e di costanza, provenienti principalmente dall’Italia”. Cfr., Marassi, A., 1953: 208.

8 Il decremento avvenne proprio in concomitanza con la crisi economica del 1870 e la guerra del Pacifico.

9 In una relazione fatta da un rappresentante italiano in visita in Perù si legge: “Le condizioni economiche del paese, eccessivamente depresse, e l’assoluta mancanza di preparazione a ricevere gli immigrati; la concorrenza dell’immigrazione asiatica che continua ad arrivare a grande scala su navi giapponesi, i quali cominciano già a sostituire fino ai bottegai genovesi, rendono impossibile la immigrazione europea in Perù e assolutamente sconsigliato che gli italiani si dirigano a questo paese”. Cfr., Emigrazione e Colonie. Raccolta di Rapporti dei Reali agenti diplomatici e consolari. Ministero degli Affari Esteri. Voll III Roma, 1909, pp. 24 -25.

10 Nel 1940 il banco fu nazionalizzato e divenne l’attuale Banco di Credito.

11 Col passere del tempo, molte di queste istituzioni furono sciolte o passarono ad un processo di perdita del carattere etnico.

12 La scuola Antonio Raimondi è ancora oggi attiva e ha da poco ottenuto la parità dal Governo italiano.

Per un quadro esaustivo sulle istituzioni educative italiane a Lima cfr., Ferroni, R.,2006.

 

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